Buona sera a tutti.
Il 9 ottobre è il 50° anniversario dell’uccisione di ERNESTO CHE GUEVARA.
In questi giorni si parlerà molto del guerrigliero argentino.
Io mi permetto di ricordare come la notizia della sua morte arrivò a Roma. Si sapeva che la spedizione di Guevara in Bolivia non stesse andando molto bene. Quindi, in Europa, la notizia ancora non ufficiale della sua morte non giunse inaspettata. Il 15 Ottobre 1967 Fidel Castro riconobbe pubblicamente che il corpo esposto a Villagrande dagli ufficiali dell’esercito boliviano era effettivamente quello del Comandante Ernesto Che Guevara.
A Roma fu immediatamente organizzata una grande assemblea popolare. L’oratore ufficiale fu l’importante dirigente delle ACLI Gian Mario ALBANI. Il mondo cattolico postconciliare era in grande fermento. Don Lorenzo MILANI era morto da pochi mesi e l’anno prima (1966) in Colombia era morto in combattimento il sacerdote-guerrigliero Padre CAMILLO TORRES. In America Latina cominciavano a circolare le idee della “Teologia della Liberazione”. Suscitarono interesse anche i film del regista brasiliano GLAUBER ROCHA.
Secondo me la scelta di fare commemorare il “CHE” a un militante/dirigente cattolico fu giusta e anche obbligata. In quegli anni (il ’68 bussava alle nostre porte) il tema della “rivoluzione in occidente” era un argomento che divideva la sinistra tra “duri e puri” e “riformisti”….tanto per cambiare…..Quindi meglio affidarsi a un cattolico.
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In allegato invio le ultime lettere del CHE a Fidel Castro e ai genitori.
Dipenderà dagli anni che passano, sarà la vecchiaia, sarà che forse quelli furono i “migliori anni della nostra vita” ma ogni volta che le leggo mi viene ancora la pelle d’oca.
Buona notte a tutti!
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Mauro Bitti – Iscritto al PD Roma
Circolo Laurentino “LUIGI PETROSELLI”
Ultima lettera a Fidel Castro
L’Avana, Anno dell’agricoltura [31 marzo 1965]
Fidel,
mi ricordo in questa ora di molte cose, di quando ti conobbi in casa di Maria Antonia, di quando mi proponesti di venire, di tutta la tensione dei preparativi.
Un giorno passarono a chiedere chi si doveva avvisare in caso di morte e la possibilità reale del fatto ci colpì tutti. Poi scoprimmo che era vero, che in una rivoluzione si vince o si muore (se è vera). Molti compagni sono caduti lungo il cammino verso la vittoria.
Oggi tutto ha un tono meno drammatico perché siamo più maturi, ma il fatto si ripete. Sento di aver compiuto la parte del mio dovere che mi legava alla rivoluzione cubana nel suo territorio, e mi congedo da te, dai compagni, dal tuo popolo, che ormai è il mio. Rinuncio formalmente ai miei incarichi nella direzione del partito, al mio posto di ministro, al mio grado di comandante, alla mia condizione di cubano. Nulla di legale mi unisce a Cuba, solo vincoli di altra natura, che non si possono rompere con le nomine.
Facendo un bilancio della mia vita passata, credo di aver lavorato con sufficiente lealtà e dedizione per consolidare il trionfo della rivoluzione. Il mio unico errore di una certa gravità è stato di non aver avuto maggiore fiducia in te fin dai primi momenti della Sierra Maestra e di non aver compreso con sufficiente rapidità le tue qualità di dirigente e rivoluzionario. Ho vissuto giorni meravigliosi e al a tuo fianco ho provato l’orgoglio di appartenere al nostro popolo nei giorni luminosi e tristi della crisi dei Caraibi. Poche volte come in quei giorni uno statista ha brillato tanto; e sono orgoglioso anche di averti seguito senza esitazioni, identificandomi con la tua maniera di pensare, di vedere e di valutare i pericoli e i princìpi. Altre terre del mondo reclamano il contributo dei miei modesti sforzi. Io posso fare ciò che a te è negato per le tue responsabilità alla direzione di Cuba, ed è giunta l’ora di lasciarci.
Si sappia che lo faccio con un misto di allegria e di dolore; qui lascio la parte più pura delle mie speranze di costruttore e i più cari tra i miei cari…e lascio un popolo che mi ha accolto come un figlio: ciò lacera una parte del mio spirito. Sui nuovi campi di battaglia porterò la fede che mi hai inculcato, lo spirito rivoluzionario del mio popolo, la sensazione di compiere il più sacro dei doveri: lottare contro l’imperialismo ovunque esso sia; ciò riconforta e cura ampiamente qualsiasi lacerazione.
Ripeto ancora una volta che libero Cuba da qualsiasi responsabilità, tranne quella che emana dal tuo esempio. Che se l’ora definitiva mi raggiungerà sotto altri cieli, il mio ultimo pensiero sarà per questo popolo e specialmente per te. Che ti ringrazio per i tuoi insegnamenti ed esempio e che cercherò di essere fedele sino alle estreme conseguenze dei miei atti. Che mi sono sempre identificato con la politica estera della nostra rivoluzione e che continuo a farlo. Che ovunque andrò, sentirò la responsabilità di essere un rivoluzionario cubano e come tale agirò. Che non lascio a miei figli e a mia moglie niente di materiale, ma ciò non mi preoccupa e mi rallegro che sia così. Che non chiedo nulla per loro, perché lo Stato darà loro quel che è sufficiente per vivere ed istruirsi.
Avrei molte cose da dire a te e al nostro popolo, ma sento che non sono necessarie: le parole non possono esprimere ciò che vorrei e non vale la pena di imbrattare altra carta.
Fino alla vittoria sempre.
Patria o Morte!
Ti abbraccia con tutto il fervore rivoluzionario.
Che
Ultima lettera ai genitori
Cari vecchi,
Sento di nuovo sotto i talloni i fianchi di Ronzinante, riprendo la strada, scudo al braccio.
Sono quasi dieci anni che vi ho scritto una lettera d’addio. Se ricordo bene, mi lamentavo di non essere un soldato migliore e un miglior medico; medico, non m’interessa più, e come soldato non sono poi così male.
Non è cambiato nulla di fondamentale, se non che sono molto più consapevole, che
il mio marxismo si è approfondito e decantato. Credo nella lotta armata come unica soluzione per i popoli che vogliono liberarsi, e sono coerente con ciò che credo.
Molti mi tratteranno come un avventuriero, e lo sono, ma di un genere diverso, e di quelli che rischiano la pelle per difendere le proprie convinzioni.
Può darsi che stavolta sia l’ultima. Non la cerco, ma è nel calcolo logico delle probabilità. Se così fosse, vi abbraccio per l’ultima volta.
Vi ho amati molto, ma non ho saputo dar voce alla mia tenerezza.
Nei miei atti sono molto rigido e credo che talvolta non mi abbiate capito. È vero,
non era facile capirmi. Oggi, semplicemente credetemi.
Adesso, una volontà che ho affinato con gusto d’artista sosterrà le mie gambe molli
e i polmoni affaticati. Andrò fino in fondo.
Ricordatevi di tanto in tanto di questo piccolo condottiero del XX secolo. Un bacio a Celia, a Roberto, Juan, Martín e Patotín, a Beatriz, a tutti. Vi abbraccio, vostro figlio prodigo e recalcitrante,
Ernesto
2 Comments
che dire? mancano le parole per esprimere l’ammirazione e il compianto. come in molti altri casi della storia la sua figura verrà tirata da tutte le parti, ma la sua immagine non sarà mai offuscata agli occhi di chi crede nell’emancipazione e nel sacrosanto diritto alla libertà per tutti i popoli. Grazie ancora una volta Che.
Mi ricordo così bene l’interesse sulla Teologia della Liberazione e i ” preti operai ” !! Da atea ne parlavo appassionatamente con i compagni cattolici. La lettera a Fidel del Che è preziosa è essenziale e profondamente commovente oltre che un messaggio senza tempo per tutti quelli che credono nella libertà,nella solidarietà,nella uguaglianza.