In tutto questo tourbillon de la vie che ha portato ad un’Italia con governo penta-leghista, si è smarrito qualcosa, e quel qualcosa è un’idea di futuro. (E se è una femmina si chiamerà Futura). Il problema è quello, mica le storielle del “populismo” o dell’eterno ritorno del fascismo. Non so bene cosa voglia dire “populista”; ho l’impressione che con questo termine si etichetti ormai tutto ciò che ci sta sulle scatole. Al punto che ogni tanto (ma sempre con moderazione), per due minuti, mi viene una mezza voglia di essere populista anch’io. Tanto per vedere l’effetto che fa. (Poi vedo i cosiddetti populisti veri e vi assicuro che mi passa). E credo ancora meno al grido di “fascista”, perché l’ho sentito risuonare troppe volte, quasi sempre a sproposito.
Ognuno è il fascista di qualcun altro. E questa specie di eterno fascismo, contro cui combattere anche quando non c’è, è utilissimo, perché ci fa sentire buoni. Fa sentire buoni anche coloro che buoni non sono mica tanto. Si marcia tutti assieme gridando all’unisono (nulla di più fascista, peraltro) slogan contro il « fascismo sempre presente », come diceva un amico mio. Fino a un secondo prima ci odiavamo tra noi, tra conservatori, liberali, centristi che non sanno manco loro, progressisti moderati e sinistrorsi che più “de sinistra” non se può (mai abbastanza per chi è un millimetro più a sinistra di loro). Fino a un attimo prima il nemico era il vicino di sedia: poi d’improvviso appare il “fascista” e il mondo torna a tingersi di rosa e siamo di nuovo tutti fratelli. Pronti a randellare il cattivo, per confermare la nostra bontà e tolleranza. Il fascista per noi democratici progressisti baciati dal lume della tolleranza è un po’ come l’ebreo per molti dei succitati fascisti: il nemico che spiega e incarna ogni male. Insomma, date retta a uno scemo come me: inutile gridare al “populismo” e al “fascismo”.
Quello che sarebbe utile, invece, è avere un’idea di futuro in testa. Dire e spiegare che speravamo (sinceramente, onestamente, laicamente) in qualcosa di meglio, qualcosa di più di quel che ci propone questo sedicente “governo del cambiamento” penta-leghista. Non perché questo governo sia illegittimo (non lo è) o “fascista”. Ma perché in questo governo, non c’è un’idea di futuro, uno straccio di idea. E se c’è, mi dispiace: non l’ho vista. Quel che ci vedo (magari son miope io) è invece l’idea di un paese asserragliato in una fortezza, ripiegato su se stesso. Un paese che magari ti farà andare in pensione un annetto prima (benone, se il tuo lavoro è faticoso e usurante e hai cominciato presto; ma davvero necessario in caso contrario, in un paese ormai anziano in cui la spesa pensionistica già assorbe la maggior parte della spesa sociale?). Che ti darà qualche soldino se non lavori (quindi anche se lavori in nero). Che ti darà una medaglia in diretta televisiva se spari a un ladro (Sei contenta se un ladro muore, se si arresta una puttana, faceva una canzone di Claudio Lolli). Che non farà le infrastrutture che servirebbero per spostarsi un po’ meglio e più facilmente; ufficialmente perché costano e sono considerate inutili (costano sempre, sono sempre considerate inutili, e ci sarà sempre un motivo per non farle), ma soprattutto perché non ci sarà la capacità di farle in modo rispettoso e decente, e poi perché non fare è sempre più facile che fare.
Un paese che predica l’onestà (ai politici) ammiccando però all’evasione fiscale (come così bene ha spiegato Di Maio in Confcommercio). Un paese che distribuirà soldi che già non ci sono, e che saranno sempre di meno, perché, come così bene ha spiegato Salvini, saranno diminuite le tasse su chi guadagna di più. Un paese ostile all’Europa, perché percepita solo come una dittatura tecnocratica, chiuso verso l’immigrazione, perché incapace di un vero progetto di integrazione, ostile ai diritti civile, considerati un lusso di pochi.
Un paese sempre più chiuso su se stesso, asserragliato in una fortezza, con il rosario in mano, con benestanti ancor più benestanti , un esercito di pensionati, i cittadini ringhiosi liberi di sparare a negri e zingari, un po’ di giovani mantenuti perché lavoro non ce n’è. Un paese che ha rinunciato a provarci e che si mette in pace sul divano a guardare la televisione: pensionato, mantenuto, defiscalizzato, protetto dagli immigrati e dalla cattiva Europa. Il problema non è il “populismo” o il “fascismo”. Il problema è che speravamo (e speriamo ancora) in qualcosa di meglio, qualcosa di più.
Maurizio Puppo
Caro Maurizio,
non riesco a seguirti del tutto. Purtroppo i fallimenti del populismo, dopo aver distrutto le istituzioni democratiche, portano inesorabilmente alla ricerca del famoso “uomo solo al comando” e quindi al fascismo e questa è la strada su cui ci siamo incamminati con grillini e leghisti. Per me il fascismo non è una abbreviazione superficiale della politica ma una cosa molto concreta che è in attesa dietro l’angolo.
Un abbraccio
Sergio
2 Comments
Non perdiamoci nelle definizioni: gli atti concreti e le parole dette e ridette dai “campioni ” di questo governo, al di là del fascismo e del populismo, descrivono bene a sufficienza lo squallore e la pochezza delle loro proposte, che però sono sufficientemente semplici e schematiche da ottenere il plauso di una moltitudine di persone non molto lucide, anzi un bel po’ annebbiate da 4 anni e più di bombardamento mediatico, che ci ha convinti tutti che viviamo in un inferno di mondo.
Non è vero. Non è così.
I fatti, i numeri, la statistica, la scienza economica e la demografia ci dicono che non è così. senza ombra di dubbio.
Apprendo che ci sono testi di Hans Rosling o di Michel Serres, ad esempio, che dimostrano con dovizia di dettagli che il mondo di oggi è il migliore da sempre.
Il che non vuol dire che non ci sia chi vive una vita d’inferno (è altrettanto evidente e purtroppo ci sono sempre stati), ma che la nostra percezione è drogata, è confusa, soprattutto è condizionata.
Figuriamoci se chi governa in una tale temperie può essere visto di buon occhio! E allora: dalli alla casta! Qualunque cosa significhi.
Se ne accorgeranno anche questi ultimi arrivati che l’umore della “ggente” cambia in fretta, se non è sostenuto da un minimo di razionalità.
E allora che facciamo? Aspettiamo tempi migliori?
Certo, ma nel frattempo lavoriamo con santa pazienza a ricostruire un’alternativa di governo, un programma, sapendo che quello che abbiamo fatto è lì a testimoniare che noi sappiamo dove e come mettere le mani.
Non ci serve a nulla fustigarci ed incolparci a vicenda, come se avessimo sbagliato caterve di gol a porta vuota.
La porta non era affatto vuota e molte palle le abbiamo buttate dentro, che non era affatto facile.
Toccherà presto di nuovo a noi.
Il problema continua ad essere: avremo imparato qualcosa dalle esperienze passate? saremo ancora lì a contarci i peli rossi per vedere chi ne ha di più? ci guarderemo ancora con diffidenza se non con astio?
Spetta a noi capirlo. Se lo faremo, diventeremo magicamente più attrattivi e convincenti.
Sono pronto a scommettere …
Amici, vi ricordate quando molti di sinistra, gridavano, in occasione del referendum costituzionale, che Renzi era e voleva comandare come un dittatore, bene adesso saranno contenti che i dittatori sono dentro le mura.
Auguri.
Repetti Camillo