Trovo stucchevole il dibattito di questi giorni sui compensi ai ‘comunicatori’ e la levata di scudi in difesa (anche se giusta) del Capo dipartimento della ragioneria generale dello Stato. Partiamo dalla questione Ragioniere generale. Ieri è intervenuto Sabino Cassese. Ci ha deliziato, come fa generalmente nei suoi ragionamenti , con un po’ di storia dell’amministrazione italiana. Ha tirato in ballo De Stefani e l’allora Ragioniere generale dello Stato restato in carica fino al 1932. Credo che andrebbe fatto un po’ chiarezza (in maniera diversa) sulle due questioni che sono figlie di uno stesso impianto normativo. Nel periodo 1996/2001 le pubbliche amministrazioni sono state invase di una nuova e brillante (nei titoli) normativa. Il tutto seguendo il vecchio adagio del Decreto Legislativo del 1993 (Ministro Cassese alla funzione pubblica e a seguire Sacconi) sul pubblico impiego. Si fece distinzione in maniera netta tra Amministrazione e Politica. Forse sull’onda di tangentopoli si pensò di non far toccare palla (firma dei provvedimenti) alla politica su cose dell’amministrazione. Si delegava alla dirigenza la decisione sul da farsi e sul potere di firma. Responsabilizzare la dirigenza! E si mutó il rapporto di pubblico impiego in rapporto di lavoro contrattualizzato. Insomma fu data piena voce al sindacato – i pessimi risultati sono sotto gli occhi di tutti – e si iniziò ad introdurre nelle amministrazioni termini quali manager, risultati, controllo di gestione, sinergie (uno dei peggiori termini del vocabolario di italiano) e osmosi tra lavoro pubblico e lavoro privato. Il tutto condito in salsa spoil system anticipando di fatto la ‘riforma’ elettorale del 2001 che lanciava un embrione di maggioritario con l’aggravante che non si modificò il dettato costituzionale sulla forma governo e sulla diretta elezione del capo di governo o del presidente della repubblica. Il risultato finale fu un aumento vorticoso degli stipendi pubblici delle figure apicali appena creati (i capi dipartimento ) quali il capo della polizia, il capo dipartimento del tesoro, il capo del dipartimento della ragioneria generale dello stato ed altri . Iniziavano a guadagnare compensi che oscillavano tra i 500 e i 700.000,00 euro anni . Si racconta che un potente Segretario generale della Presidenza della Repubblica salto sulla sedia quando vide questi stipendi. Sosteneva che quelle funzioni apicali si potevano svolgere gratuitamente per l’importanza di quei ruoli. Ma questa è pura aneddotica. I direttori generali tra i 140 e i 230.000,00 euro anno. I posti di funzione furono moltiplicati. Mentre il restante quadro normativo (efficienza, risultati, controllo di gestione…..) fu totalmente disatteso. A ciò (e veniamo al comunicatore Casalino) bisogna aggiungere la riforma delle strutture di supporto ai ministri (i Gabinetti). Da apripista fu il ministero del tesoro. Si creò una struttura ben diversa da quella immaginata da legislatore, ad inizio anni cinquanta, che fondamentalmente manteneva l’individuazione di tali strutture in un numero ridotto di personale interno all’amministrazione con l’aggiunta di poche unità di personale esterno (capo di gabinetto, capo della segretaria del ministro, capo ufficio stampa) in buona misura si parlava di magistrati amministrativi già dotati di uno stipendio e l’amministrazione ‘Sopportava’ le sole spese delle ore di straordinario. Poi c’erano collaboratori (giornalisti, professori universitari, ricercatori, studenti e similari) che offrivano gratuitamente il proprio lavoro. Era famosa la squadra del ministro Andreatta, gente di altissima qualità e tutti a ‘gratis’. Con la nuova idea di Gabinetto il gioco cambia e di parecchio. Le strutture furono affollate da figure esterne con compiti dirigenziali (leggasi stipendio), il capo di gabinetto veniva equiparato (in termini salariali) al capi dipartimento e per giunta al capo dipartimento che guadagnava di piú. Insomma, fino all’avvento del tetto massimo di stipendio portato a 240.000,00 euro (Renzi), fare il capo di gabinetto conveniva, in alcuni casi, rispetto a fare l’amministratore delegato di una media azienda. E per giunta con un potere enorme e senza responsabilità. Il capo di gabinetto non firma un pezzo di carta se non per un po’ di gestione amministrativa o lettere di trasmissione di documenti. Per chiudere. É una vergogna che un ministro chieda la ‘testa’ di un alto funzionario di una amministrazione diversa dalla sua. Qualora tale richiesta venisse dal ministro competente sarebbe più che legittimo. Certo criticabile. Ma é inutile parlare di De Stefani, di De Bellis , che diceva no al Duce. Altri pure hanno detto no e tanti dicevano si. Tutti noi che abbiamo avuto ruoli apicali nelle pubbliche amministrazioni abbiamo in qualche caso mandato al diavolo (io spesso, molto spesso) il ragioniere generale e i suoi uomini. Per Casalino (persona molto fastidiosa ma che il suo mestiere lo ha saputo fare facendo la fortuna di una banda di cialtroncelli, ma è un’altra storia) non capisco dove sta il problema. In Italia, la storia repubblicana ci insegna (con la storia dell’amministrazione e delle istituzioni) che il legislatore ha immaginato che il presidente del consiglio dei ministri ed i ministri, ed i sottosegretari, fossero dei parlamentari in linea di principio e quindi lo stipendio da ministro o da presidente del consiglio fosse un semplice appannaggio. Questo è il motivo per cui un portavoce guadagna più di un presidente del consiglio. Morale della storia 1. Quando si mette mano alle amministrazioni bisogna farlo conoscendo le amministrazioni. Conoscerle non significa aver letto la guida Monaci come fu fatto all’epoca. Quindi per le lamentazioni bussare a Franco Bassanini, Romano Prodi, Linda Lanzillotta e pochi altri. Morale della storia 2. Dalla lettura approssimativa delle azioni che intende adottare il Ministro Bongiorno (funzione pubblica) in materia di pubblico impiego poco si otterrà. CSI è una serie televisiva di successo……lasciasse perdere i furbetti del cartellino (un mio amico ritiene un eroe quello che in mutande andava a timbrare per lui e per gli altri) sono una sparuta minoranza nel mare magnum del pubblico impiego. Si interessasse invece su cosa devono fare le amministrazioni e quanta gente serve per farlo.
Giorgio Pagano
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Condivido il discorso del signor Giorgio Pagano anche se non ho capito tutto: lui è un grande esperto e io un grande ignorante, ma penso che il compito di un politico sia quello di verificare il funzionamento dell’amministrazione pubblica per adattarla ai progetti della maggioranza degli italiani. Quindi chi governa ha il diritto di intervenire sulla amministrazione pubblica rispettando gli addetti ai lavori e le loro opinioni. Servono fatti concreti e non clamorosi ,folcloristici attacchi sconsiderati agli addetti ai lavori del pubblico impiego. Speriamo Che la pubblica amministrazione possa offrire servizi buoni ai cittadini italiani a prezzi moderati e compatibile con l’alto debito pubblico italiano.
Caro signor Pagano io mi auguro che lei ci spieghi passo passo come funziona l’amministrazione pubblica e come si può fare in modo che funzioni meglio e costi meno. La ringrazio per le sue informazioni e per quelle che successivamente vorrà fornirci.
Buona giornata tutti Antonio De Matteo Milano