Devo dire che come convivente e vittima di quel sistema che si chiamava “comunista” non sono del tutto d’accordo su questa frettolosa affrancazione dal comunismo come viene fuori oggi. Il mondo è cambiato e basta.
La rivoluzione bolscevica certamente non aveva scelte. O si presentava e si sosteneva nel modello marxiano di ristrutturazione profonda delle regole economiche e politiche oppure non poteva che pensare a consolidare il proprio potere che era giunto a quel gruppo dirigente e per la gran parte nemmeno conquistato ma caduto dagli errori altrui.
Se fu un disastro la Comune di Parigi non lo sarebbe stato con una contro rivoluzione russa. Siamo davanti a realtà storiche e culturali del tutto diverse e soprattutto profonde. La Russia è una realtà di conquistatori di una terra difficile e, per certi aspetti come gli USA, che non vogliono interferenze sul loro fare in qualsiasi direzione. Un popolo che si ritrova nelle sue identità etniche e nazionali conoscendo bene l’appetibilità di quanto fu strappato al mondo quando quelle ricchezze non si conoscevano o non si sapeva che farne. Siano Zar o Presidenti, sia capitalismo privato, o capitalismo di Stato o un ibrido non cambia nulla. La Russia viveva e vive una separazione fra quello che tocca singolarmente il soggetto e quello che è Stato. Banalmente si curano gli appartamenti e si trascurano le scale condominiali.
Lenin aveva solo una scelta: o morire con la bandiera rossa in mano su una barricata oppure mettere in atto ogni mezzo per mantenere il potere. In un dibattito molto profondo e travagliato è prevalso il senso del potere e di questo Stalin è stato il fedele interprete che ha lavorato, a qualsiasi prezzo, alla creazione di uno Stato moderno con grandi benefici a tutti i cittadini.
É stato questo comunismo? No, decisamente no!
Questo era chiaro anche ai dirigenti del PCI, quelli grandi. Quelli che ci hanno lasciati nel nostro immaginario per carpire la nostra spinta giovanile nella direzione della presa del potere. Gruppi di giovani di buone maniere, studiosi, propagandisti di contenuti di vita, buoni guidati da politici di professione e con un senso vivo di quello che è il potere e le sue esigenze.
Caro Sergio,
il comunismo italiano eravamo noi. Quelli che di tanto in tanto rimanevano a bocca aperta e non si sapevano giustificare i cinesi che sparavano contro i russi e viceversa, l’invasione di stati come la Cecoslovacchia, i vietnamiti che il giorno dopo della vittoria andavano ad invadere la Cambogia…… per non parlare del processo interno: via italiana al socialismo. Stessa strada opportunista che vende la matrice marxista leninista ad un processo socialdemocratico fatto di uomini più forti e determinati dei socialdemocratici di allora. Addio ideologia e mal arrivato opportunismo.
Io sono convinto che essere comunisti vuol dire avere una visione sociale ed individuale buona, generosa e premiante per quello che siamo e per quello che riusciamo a dare. Una cosa così bella che non me la voglio inquinare con quello che oggi il mondo mostra: un boccio da preservare fino a quando non ci saranno le condizioni per aprirsi.
Al di là di quello che si deve fare per vivere nelle regole ed onestamente io mi sento di appartenere ancora a quel mondo che non c’è mai stato.
Per cui non mi sento di dire “Addio comunismo c’eravamo tanto amati”. La mia letterina inizierebbe così:
“Caro Comunismo, sono un tuo fan al quale avrebbe fatto molto piacere vederti all’opera in qualsiasi parte del mondo”.
Franco
Mi sembra che siamo molto più vicini di quanto tu voglia far apparire. E solo una questione di parole: tu chiami comunismo quello che io chiamo socialismo e il tuo comunismo non ha dietro Stalin così come il mio socialismo non ha dietro i craxiani. Quello che hanno in comune i termini da noi usati è la passione, la solidarietà e il sogno di una società di liberi e uguali. Forse questo sogno dovremmo chiamarlo più correttamente utopia anarchica, perché sono loro che lo hanno inventato . E per questo che oggi , quando mi chiedono cosa sono, mi piace rispondere : anarchico riformista. Può sembrare un ossimoro ma non lo è, e un delicato equilibrio tra cuore e cervello, difficile da costruire ma che va raggiunto. Il sogno anarchico da solo, finisce nell’immobilismo o peggio, in veri disastri. Il riformismo , basandosi necessariamente sul compromesso tra le forze in gioco, da solo porta inesorabilmente all’opportunismo e alla corruzione. I due si possono correggere a vicenda.
Un abbraccio
Sergio
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Si chiama liberalsocialismo, quell’ircocervo che scommette sulla possibilità che gli esseri umani possano vivere insieme senza pestarsi i piedi, migliorando le proprie condizioni di vita e salvaguardando tutti i benefici di una vita associata. Perché per vivere insieme e progredire, ovvero vivere sempre meglio, serve:
– uguaglianza, dei diritti e dei doveri
– libertà, di pensare, agire migliorarsi
– solidarietà, perché nessuno sia lasciato solo.
Lo Stato deve garantire le regole del gioco sociale.
Sono banalità? Non credo, visto che da oltre trecento anni ci proviamo in tutti i modi, tra tragedie e parziali successi, passi avanti e passi indietro, contraddizioni risolte e riproposte.
Intanto il mondo è andato avanti ed è indubbiamente un posto migliore per viverci di trecento, o solo duecento, o solo cento, o anche cinquanta anni fa.
Mai smettere di lottare per un mondo migliore, per tutti.
Concordo perfettamente con quanto scritto da Ernesto Trotta, a proposito del “Liberalsocialismo“. La filosofia comunista puntava, per realizzare la sua dittatura, sulla disperazione degli ultimi che sono tanti rispetto ai pochi che godono delle ricchezze e delle fortune del nostro mondo. I tanti abitanti di questa terra che hanno creduto, come me, nella dottrina comunista erano convinti di poter vivere in una società più giusta, più solidale, più competitiva e soprattutto più libera. In pratica però ai dirigenti comunisti interessava realizzare un mondo in cui poter imporre le proprie idee senza contraddizioni alcune ed assicurando a tutti e tutte un minimo di sopravvivenza. La realizzazione della società comunista in tutte le parti del mondo dove si è verificata ha semplicemente sostituito il “padrone“ con il funzionario di partito, ma con una grande differenza: i “padroni“ non erano,non sono e non saranno tutti uguali, mentre i funzionari sì. Gli essere umani hanno bisogno per mandare avanti la vita su questa terra di tre cose, secondo me. Eccole: la competitività, la libertà di parola, la dignità umana. Nel comunismo le suddette tre caratteristiche vengono annullate completamente.Non può esistere competitività se la comunità deve lavorare su un’unica idea imposta con la violenza e la dittatura. La libertà di parola viene completamente negata e serve solo per acclamare quello che il dirigente al comando dice e propone.Nell’ambito della società comunista la dignità umana viene completamente mortificata ed annullata: se io non posso provare a realizzare un progetto mio che possa aiutare la comunità,in un modo diverso da quello che il partito predica, perdo la mia dignità, limitandomi ad eseguire gli ordini per forza e senza poter partecipare alla creazione degli stessi. Per quanto sopra scritto io penso che la democrazia rappresentativa, che i nostri padri hanno conquistato con durissimi sacrifici, sia il miglior algoritmo esistente per governare le comunità umane. Certo l’individualismo, aratteristica più spiccata dell’umanità che alimenta la competitività, va in qualche modo controllato per evitare che diventi strettamente personale ad uso e consumo proprio. Ovviamente tutto ciò che realizza l’essere umano è imperfetto ed in continuo miglioramento, ma resta comunque sempre opinabile e modificabile con la democrazie rappresentativa e questo mi rende soddisfatto e sereno. Non rinnego niente dei tentativi e prove fallite fatte per arrivare alle suddette conclusioni, non ho nessuna nostalgia del mio passato e sono pronto, per quel poco che mi resta ancora da vivere, a lottare per difendere sempre e comunque la democrazia rappresentativa. Lunga vita ad essa ed ai suoi sostenitori. Voglio concludere con una battuta, nei confronti dell’amico Ernesto Trotta col quale condivido parecchie cose. Parafrasando, il modo d’accoglienza dei miei amici settentrionali, dopo un po’ di anni che li frequentavo, dico di Ernesto come battuta e spero non si offenda. “ È un bravo figlio, ma ha un difetto: è un renziano”. Sicuramente però i renziani sono diversi dai “terroni” epiteto col quale i settentrionali apostrofavano ed apostrofano, ora in maniera più leggera, noi meridionali. “ Brau fioeu, ma terun”. Un caro saluto a tutti e tutte Antonio De Matteo Milano