Caro Sergio,
in questi ultimi tempi di grande confusione politica non ho avuto il coraggio di intervenire su tante questioni che hanno caratterizzato il dibattito pubblico a sinistra, o perché le mie idee venivano già espresse molto bene da altri (vedi i temi civili) o perché ho una gran confusione in testa e mi pare che molto spesso le varie posizioni mi sembrano soffrano di eccessivo ideologismo (vedi le questioni riguardanti il lavoro o l’istruzione).
Ma su questa proposta di Grasso, a nome di Liberi e Uguali, di abolire le tasse universitarie mi sento di dire la mia, anche perché con i dati che riguardano il mondo universitario ho avuto a che fare per almeno gli ultimi trent’anni, avendo fra l’altro partecipato alla nascita e alla crescita del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea.
Inoltre ho fondato AlmaDiploma, che si occupa di diplomati e su questi conduce indagini periodicamente; pertanto conosco molto bene anche i dati che riguardano gli istituti superiori. AlmaDiploma tutti gli anni elabora dati provenienti da oltre 300 istituti superiori distribuiti su tutto il territorio nazionale e almeno 50.000 diplomati (il 10% del totale).
Ebbene da queste indagini tutti gli anni emergono queste costanti:
- se ottenere un buon voto di licenza media dipende dal livello d’istruzione dei genitori (in particolare della madre) e non dalla loro professione, la successiva scelta di andare al liceo, invece di un istituto professionalizzante (tecnico o professionale), è determinata anche dal censo;
- analogamente il voto di maturità è legato al grado di istruzione dei genitori e non al censo, mentre la scelta di proseguire gli studi, iscrivendosi all’università, dipende fortemente anche dalla classe sociale.
Pertanto in queste due transizioni, scuola media/scuola superiore e scuola superiore/università, la scelta del percorso che porta all’università dipende fortemente dalla classe sociale della propria famiglia.
In questi ultimi anni solo il 30% dei diciannovenni si iscrive all’università e, tenendo conto di quanto detto in precedenza, questo 30% è selezionato anche dal punto di vista sociale. Inoltre già dopo il primo anno di iscrizione all’università una quota non trascurabile di iscritti abbandona l’università e si tratta in prevalenza di diplomati non liceali e quindi provenienti da famiglie meno abbienti.
Ora ammettendo che l’abolizione delle tasse universitarie aumenti la platea degli iscritti all’università provenienti da famiglie svantaggiate, bisogna ricordare che le tasse universitarie sono solo una parte dei costi da sostenere per conseguire la laurea.
Con questa misura non si metterebbe in moto l’ascensore sociale che un buon sistema d’istruzione deve garantire, favorendo i migliori indipendentemente dal censo.
In sostanza la proposta di eliminare “tout court” le tasse universitarie ha gli stessi difetti della eliminazione dell’IMU sulla prima casa per tutti. Sposta sulla fiscalità generale tutti i costi dell’istruzione superiore con esclusivo vantaggio delle classi più abbienti che ne usufruiscono in pieno.
Tanto per cominciare sarebbe già meglio se venisse proposta l’eliminazione delle tasse per i soli meritevoli. Ma questo ancora non può bastare, perché come si è detto molti altri e ben più importanti sono i costi che una famiglia deve sostenere per mantenere un figlio fino alla laurea. In primo luogo la mancanza di un reddito durante gli studi.
Quindi l’eliminazione delle tasse universitarie per i meritevoli dovrebbe essere accompagnata dall’assegnazione di adeguate “borse di studio” ai meritevoli provenienti da famiglie meno abbienti. Questo per cominciare!
Anche se questo tema poi richiama quello del funzionamento dell’università e dell’istruzione in generale, che spesso vien affrontato dalla sinistra in chiave puramente demagogica con parole d’ordine sbagliate come questa: aboliamo le tasse universitarie.
Con amicizia,
Elio Pasca
4 Comments
Dove si dimostra che Grasso s’è allineato ai peggiori, Di Maio in testa. Ma sarà un caso?
Sono totalmente d’accordo con il sig. Pasca, perché ho riscontrato in diversi casi di amici che non hanno potuto mandare figli all’università non per le tasse ma per i costi in itinere negli anni .
grazie
Camillo Repetti
La faccia con la quale Grasso annunciava questa grande idea (ricordava il bambino che ha aperto l’uovo di Pasqua) già potrebbe bastare, ma aggiungerò la mia esperienza di studio. Venivo da una famiglia molto modesta (“della razza mia il primo che ha studiato”), e dal 68 al 74 ho potuto frequentare Medicina, fuori sede, solo grazie al presalario. Per chi se lo ricorda, erano 500 mila lire l’anno, solo ai poveri e meritevoli, e a me bastavano quasi per tutto. Ovviamente con gli stessi criteri non pagavo tasse. Ecco, se vogliamo fare un discorso di sinistra (che Grasso ignora, ma anche quelli che stanno con lui) ritiriamo fuori quella grande istituzione.
Poi, ieri, la stessa forza politica ha aggiunto: abolire il numero chiuso. E allora mi tocca ricordare (si è avanti negli anni apposta) che il numero chiuso fu introdotto, all’inizio solo a Medicina, perchè il corso esplodeva, la disoccupazione medica era allarmante, soprattutto in prospettiva (con quella laurea non puoi fare altre cose) e la qualità della didattica precipitava.
Queste due proposte mi hanno aperto gli occhi su una cosa: ho capito com’è che negli anni dal centro-sinistra sono venute fuori alcune idee balzane e dannose. C’era evidentemente un gruppo che se ne doveva andare. E che non ritorni, per favore.
Grande Gianfranco!