Cari amici,
posto un pezzo molto chiaro e sintetico sui pericoli dei partiti personali. Insieme a questo una mia striscia uscita ieri sul Corriere della Sera.
Un abbraccio
Sergio
Non sarà l’uomo forte a salvare l’Italia. Crederlo è un’illusione, che da decenni ammalia e affascina la nostra società. Ma soprattutto è controproducente: perché i problemi del Paese sono gravi e radicati, dalla pubblica amministrazione alla giustizia, al Mez zogiorno, dall’istruzione e innovazione al sistema delle imprese, fino alle istituzioni e alla vita dei partiti. Richiedono un grande sforzo collettivo, una presa di coscienza che sappia ritrovarsi in una classe dirigente preparata e lungimirante, che poi si fa carico di soluzioni difficili. Tutto il contrario dell’opportunismo di breve periodo, che invece pervade larga parte della nostra politica sin dagli anni Ottanta (con qualche eccezione, fra cui la stagione dell’entrata nell’euro guidata da Prodi e da Ciampi). E che inesorabilmente accompagna il nostro declino.
D’accordo. Ma da dove viene fuori questa classe dirigente, come sperare di trovarla? Sappiamo che buoni livelli di istruzione, incentivi meritocratici e un alto senso dell’etica pubblica la favoriscono – doti di cui l’Italia scarseggia. Ma sappiamo pure che nessuna di queste è condizione necessaria, forse nemmeno sufficiente: la ricetta ha ancora qualche ingrediente misterioso, a giudicare dalla storia, o a guardare altri casi nel mondo.
Tant’è vero che finanche il nostro Paese, l’Italia, ha dato prova almeno un paio di volte di saperla trovare, la sua classe dirigente. E proprio grazie a questo è riuscito a risollevarsi dai suoi periodi più bui. Così fu negli anni Novanta dell’Ottocento, quando dopo lo scandalo della Banca romana e la sconfitta di Adua (e trent’anni di stagnazione) sembravamo destinati a rimanere nella periferia d’Europa, poveri e arretrati, sotto il tallone di un governo autoritario e corrotto. Venne fuori invece la classe dirigente della sinistra liberale, guidata da statisti del calibro di Zanardelli, Giolitti, Nitti: fu il nostro primo decollo industriale. Così sarà, di nuovo, dopo la Seconda guerra mondiale, quando i grandi partiti antifascisti e gli imprenditori privati e pubblici diedero vita al miracolo economico (che miracolo non fu, ovviamente, ma il risultato di precise scelte di personaggi di grande levatura, al governo come all’opposizione). Così è stato, infine, ma per un periodo troppo breve e tormentato, nella stagione di centrosinistra che seguì Tangentopoli, e che ha tentato di raddrizzare le storture degli anni Ottanta, cioè un modello di crescita fondato su debito pubblico, svalutazione e lassismo generalizzato. È possibile anche oggi uno scatto analogo, che tiri fuori il Paese dalle secche del declino? Non lo sappiamo, ma una cosa sembra assodata: non servono i partiti personali. Anzi, sono d’ostacolo. Questo non vuol dire che non ci vogliano leader, figure carismatiche. Ma devono essere alla testa di partiti contendibili, dove si discute (a partire da una visione condivisa) con regole chiare. Dove quel che conta è la lealtà, non certo la fedeltà. E dove quindi i dirigenti non siano yes men, ma persone selezionate in base al merito. E ancora: partiti in costante dialogo con i corpi intermedi, indispensabili in società complesse come la nostra. Nei partiti personali è invece il capo che decide, coadiuvato da fedelissimi: cerca un rapporto diretto con l’elettorato, e lo fa inevitabilmente con proposte semplici e di grande impatto mediatico. Ma che spesso proprio per questo non risolvono i problemi. Anzi li aggravano. Non è un caso che in quasi tutti i Paesi avanzati troviamo grandi partiti contendibili (anche quando hanno un leader forte). Come, in Italia, era e rimane il Pd. I partiti personali sono invece la norma nelle economie deboli, corrotte o in declino, dal Sud America alla Tunisia, alle repubbliche ex sovietiche. Non stupisce: favoriscono il populismo, oggettivamente, ne sono espressione; e il populismo rinsalda la via del declino. E non solo l’economia, ma anche la democrazia in quei Paesi è più fragile. Il paradosso è che tutto questo, in Italia, sembrano non capirlo proprio coloro che dicono di rifarsi alla cultura liberale (oggi Renzi, Calenda). Noi da che parte del mondo vogliamo stare?
Emanuele Felice, la Repubblica, 12 ottobre 2019
9 Comments
Ciao Sergio, purtroppo nell’analisi di Emanuele Felice c’è un errore: il PD non è più un partito contendibile, forse non lo è mai stato. Anche i meriti storici della classe dirigente del passato sono forse un po’ esagerati… Per il resto sottoscrivo!
Un abbraccio,
Alessandro Bucelli
Perfetto, Sergio, ma in Italia, il primo a fare un partito con il nome e cognome del suo capo e’ stato Marco Pannella e mi ricordo che questo personalismo era allora ammantanto di modernismo, cosi’ come la repubblica presidenziale. Tutti parlano di lotta alla burocrazia e poi la burocrazia aumenta. Da un lato si evocano scorciatoie populiste come se le fasi di controllo di in provvedimento fossero una rottura di scatole e invece che una tutela per i cittadini e quindi della democrazia. Nel frattempo si fanno leggi sempre piu’ difensive al punto da paralizzare tutto. Moriremo di sicurezza, Sergio e saremo sicuri di morire. Lo so bene io che faccio il pediatra, le maestre sono terrorizzate dal far fare qualunque cosa ad un bambino, anche alzare un sopracciglio senza un certificato del pediatra, i genitori pure, pezzi di carte per mangiare, per pisciare, per pregare. Perche’ per giocare a pallavolo a scuola ci vuole un certificato medico e per farlo per strada o nel cortile vicino casa no?
Una sola risposta: non siamo piu’ una comunita’.
Andrea Satta
Se mi posso permettere, quella che ho letto, per essere buono, è una analisi fuori posto senza alcun riscontro oggettivo.
Partito personale quello di Renzi? Ma dove sta scritto? toglietevi per favore queste fette di prosciutto davanti gli occhi. Italia Viva sta nascendo dal basso, con le adesioni che arrivano spontanee e con una costruzione e organizzazione che la Leopolda definirà insieme a tutti non davanti ad un caminetto, compreso il simbolo.
Ma c’è un leader? certo che c’è un leader, e un leader, non si elegge, o c’è o non c’è. Il problema che erode molti e che gli altri partiti non ce l’hanno, questo è il problema di chi sciorina quel pappone di cui sopra.
E smettiamola di continuare a dire che in Italia Viva non ci sono dirigenti che “non siano yes men, invece di persone selezionate in base al merito”. Mi dispiace per voi, ma si sta facendo spazio proprio una classe dirigente, nuova, giovane, femminista che ha meriti da vendere.
“Dove quel che conta è la lealtà, non certo la fedeltà” : volete l’elenco delle persone che hanno lavorato e sostenuto Renzi che non possiedono nè lealtà, nè fedeltà?
E poi il top del top: ” È possibile anche oggi uno scatto analogo, che tiri fuori il Paese dalle secche del declino? Non lo sappiamo, ma una cosa sembra assodata: non servono i partiti personali. Anzi, sono d’ostacolo”.
A tirare fuori il ns Paese dalle secche AVEVA INIZIATO (voi desiderosi di maghi e chiromanti) a farlo Renzi con il suo governo con una azione RIFORMISTA che non si era vista negli ultimi 30-40 anni. Ma di cosa sta parlando questo sig. Emanuele Felice ?
Portateci riscontri oggettivi, reali, concreti non la solita retorica fumosa dettata solo dall’odio personale su una persona. Magari, per dirne una, possiamo parlare di una riforma costituzionale che si è boicottata con il referendum del 2016 per riproporla oggi in brutta copia .
Cercate di usare più oggettività e onesta intellettuale.
saluti
Gianni Moscatellini
Se la mettiamo sul piano dell’onestà intellettuale ho ben poco da risponderti, Gianni
Non buttare la palla in corner, Sergio.
Gianni fa una serie di osservazioni che chiederebbero (eventuali) risposte o controdeduzioni nel merito, e non battute piccate.
Ma temo che non ci sia più voglia di entrare nello specifico e ci si accontenti di fare gli offesi …
Caro Gianni Moscatelli,
Io ho difeso Renzi, condividevo e condivido le riforme proposte dal governo Renzi, ma non credo più in lui: non si è dimostrato un grande dirigente ma un piccolo masaniello. Le riforme se il tuo popolo non le capisce non le può condividere e Matteo Renzi continua ad insistere e parlare lo stesso linguaggio, senza tener conto di coloro che ad un certo punto non hanno più capito la sua filosofia. Continua a lanciare i suoi messaggi, che pur essendo condivisibili, non si capisce come vuole realizzarli. Predicava una legge elettorale maggioritaria, un PD a vocazione maggioritaria ed adesso cosa dice: “io voglio fare il capo e mi adopererò per dividere l’elettorato italiano in tanti piccoli partitini e poi imperare su di essi.” La stessa cosa che ha fatto Massimo D’Alema. Diceva quando lui era un dirigente del PD: “sono costretto a parlare con generali senza esercito che ti ostacolano in tutti modi pur di affermare il loro potere”. Poi per continuare a fare il capo ha creato un partitino del 2% insieme con l’altro “grande” dirigente Bersani. Alla Leopolda, Renzi dovrebbe invitare quelli che lo contestano non quelli che lo applaudono e dovrebbe spiegare con chi le realizzerà la sue riforme e come, rinunciando al suo io e per un attimo ai suoi fedelissimi, compreso te Gianni. Tu con le tue lodi esagerate, io oserei dire sperticate da innamorato, come ero io, non fai che indebolire e rendere più antipatico un buon futuro dirigente del popolo italiano che purtroppo crede di essere un “profeta”. Caro Gianni, ma come fai a pensare di realizzare l’ammodernamento della nostra società senza coinvolgere il PD, il sindacato, la magistratura, gli intellettuali, ecc, ma puntando tutto sul tuo( per mia fortuna non più mio) grande idolo Matteo Renzi? Io non Capisco voi “vivaci”, ma forse sui problemi Italiani da risolvere ci potremmo intendere. Con questo augurio ringrazio tutti per avermi letto, chiedo scusa se ho usato qualche parola di troppo e buona serata .Antonio De Matteo Milano
Caro Antonio, non posso che essere d’accordo con Gianni e a te dico,ma con chi Renzi dovrebbe modernizzare la società?
Con i sindacati, ma hai visto come si trattano bene questi signori con pensioni triplicate da regole fatte per loro.
E i magistrati, non hai visto cosa è successo nel CSM.
E gli intellettuali che saltano da un carro all’altro disinvoltamente.
Che queste persone facciano bene il loro lavoro e vedrai che anche Renzi avrà modo di dialogare.
Per ultimo il PD di cui io sono stato iscritto fino a ieri e se Renzi aveva qualcosa da dire, non glielo hanno permesso ostacolandolo in tutti i modi(a… le correnti di minoranza che volevano condizionare il segretario pro tempore.
Quindi adesso vediamo cosa succede e se IV avrà qualcosa da dire ai cittadini italiani.
Camillo
Caro Camillo, nel campo militare non sono i “gradi”che fanno grande un comandante , ma il suo carisma, le sue capacità, la sua intelligenza ed in generale le sue caratteristiche superiori ai suoi concorrenti, riconosciuti ed osannati ,a maggioranza, dalle truppe da guidare. Renzi ha dimezzato il suo esercito (41% alle elezioni europee, meno del 20 % alle elezioni politiche) quando guidava il PD. Attualmente come capo della nuova formazione, “Italia Viva” i sondaggi gli danno il 4% dell’elettorato italiano ed anche se voi seguaci siete tutti “vivaci”come pensate di imporre le vostre idee alla maggioranza degli italiani, visto che non volete parlare, con i magistrati, con i sindacati e meno che meno con l’ex minoranza del PD che adesso è maggioranza? Caro Camillo, io penso che il PD sia l’unica forza in grado di sconfiggere la destra reazionaria e fascista che oggi scende in piazza insieme a coloro che inneggiano ad uno stato autoritario omaggiando mussolini. Io voglio parlare, con i sindacati, con i magistrati con gli imprenditori, ecc ed anche con voi “vivaci” per cercare un compromesso delle idee e gestire la società italiana nel migliore dei modi. Matteo Renzi farebbe bene ad ascoltare coloro che non lo capiscono o non condividono più le sue idee, come me. ma lui preferisce essere incensato ed adulato: nel suo partitino non esistono le minoranze e a chi ha un’idea diversa o non capisce oppone silenzio ed esclusione. Io ho scritto a Matteo Renzi e fino a quando l’ho “osannato ” mi ha risposto, quando ho cominciato ad obiettare che non capivo o non condividevo ha taciuto per sempre. Per me il leader è colui che mi aiuta a risolvere i problemi, non quello che mi impone le sue idee. La differenza tra Matteo Renzi e Sergio Staino, adesso l’ho capita e mi schiero totalmente con quest’ultimo: sul suo blog possiamo parlare liberamente e lui mi ha ospitato anche quando l’ho attaccato inneggiando a Matteo Renzi, alla “Leopolda” Sergio ed io non potremmo parlare liberamente. Viva la democrazia rappresentativa, viva l’Italia e l’Europa unita, nella libertà uguaglianza e fraternità. Un caro saluto a tutti Antonio De Matteo Milano
Caro Camillo,
nel campo militare non sono i “grandi“ che fanno grande un comandante, ma il suo carisma, le sue capacità, la sua intelligenza ed in generale le sue caratteristiche superiori ai concorrenti, riconosciuti ed osannate a maggioranza dalle truppe da guidare. Renzi ha dimezzato il suo esercito (41% all’elezione europei, meno del 20% alle elezioni politiche) quando guidava il PD. Attualmente come capo della nuova formazione “Italia viva“ i sondaggi gli danno il 4% dell’elettorato italiano ed anche se voi seguaci siete tutti “vivaci“Come pensate di imporre le vostre idee alla maggioranza degli italiani, visto che non volete parlare con i magistrati, con i sindacati e meno che meno con l’ex minoranza del PD che adesso è maggioranza? Caro Camillo io penso che il PD sia l’unica forza politica in grado di battere la destra reazionaria e fascista che oggi scende in piazza insieme a coloro che inneggiano ad uno stato autoritario omaggiando Mussolini. Io voglio parlare con i sindacati, con i magistrati, con gli imprenditori, eccetera ed anche con voi “vivace”per cercare un compromesso delle idee e gestire la società italiana nel migliore dei modi. Matteo Renzi farebbe bene ad ascoltare coloro che non la pensano e non condividono più le sue idee, come me, ma lui preferisce essere adulato: nel suo partitino Non esistono le minoranze e a chi ha un’idea diversa o non capisce oppone il silenzio ed esclusione. Io ho scritto a Matteo Renzi e fino a quando l’ho “osannato“ mi ha risposto, quando ho cominciato ad obiettare che non capivo o non condividevo le sue idee ha taciuto per sempre. Per me il leader è colui che mi aiuta a risolvere i problemi e non quello che mi impone le sue idee. La differenza tra Matteo Renzi e Sergio Staino adesso l’ho capita e mi schiero totalmente con quest’ultimo: sul suo blog possiamo parlare Liberamente e mi ha ospitato anche quando l’ho attaccato inneggiando a Matteo Renzi; alla Leopolda Sergio ed io non potremo parlare liberamente. Viva la democrazia rappresentativa, viva l’Italia e l’Europa unita nella libertà, uguaglianza e fraternità un caro saluto a tutti Antonio de Matteo Milano