E’ in corso una manovra politica di nessuna eleganza e di così basso livello politico da rischiare di portare all’autodistruzione del Pd, che è e rimane l’unico partito un po’ riformista di questo paese. La manovra è sottile, anche se abbastanza volgare, e si compone di vari step:
1- Elezioni siciliane. Il Pd, come è atteso da tutti, viene sconfitto. Da qui parte tutto il resto.
2- Matteo Renzi, segretario con il 70 per cento dei voti, viene messo sotto accusa: ecco a cosa porta la tua linea.
3- Esiste una sola salvezza per la sinistra italiana, rieditare una specie di Ulivo: dal Pd fino a dove si può, compreso quindi Mdp, Pisapia e altri che vorranno.
4- E’ chiaro che in una formazione del genere ci vuole un leader non divisivo.
5- Renzi è stato la ragione di tante divisioni, storicamente. Quindi non può essere lui il leader. Spiace, ma deve farsi da parte, meglio se torna a casa, dalla moglie e dai suoi bimbi.
6- Anche perché il leader non divisivo lo abbiamo già, dicono i sostenitori di questa operazione, e si chiama Gentiloni.
In questa brigantata convergono gli interessi dei signori di Mdp, che sono usciti dal Pd con grande strepito, ma che si stanno accorgendo che rischiano di non vedere mai più uno scranno parlamentare in vita loro. E quindi vogliono ritornare in pista, ma con i voti del Pd, ovviamente, mica i loro che non esistono. E quelli degli “interni” (Franceschini, Orlano, Emiliano, ecc.), ben felici di liberarsi di un segretario così ingombrante e popolare. E, infine, ci sono anche le brave persone come Pisapia che inseguono testardamente il fantasma di una sinistra unita per restaurare l’articolo 18 e fare contenta la Cgil.
Insomma, una sorta di festival del “vecchio”, del già visto, e dello scartato secoli fa.
L’operazione, si diceva, non è di alcuna eleganza. Ma verrà portata avanti con decisione: o adesso o mai più.
Se c’è un momento per fare fuori Renzi e liberarci di lui, si raccontano i congiurati, sarà subito dopo le elezioni siciliane. E bisognerà colpire duro.
Dietro l’angolo già si intravede un Pd con segretario Franceschini, Emiliano e Orlando in segreteria e Gentiloni (o un altro) come candidato premier.
Un affare dal 12 per cento di voti. E la fine di una sinistra finalmente liberal. Tornano le mucche nel corridoio e i tacchini sul tetto. Buone le vecchie magliette.
5 Comments
Turani, sì, è così. Ma raccontiamo anche il seguito della storia: il siluro a Renzi conta al PD la perdita di adesioni ( tra cui la mia ) e di voti ( tra cui il mio ). Da primo partito il PD scende a terzo e governare non è più affar su. L’Italia torna in mano a Berlusconi, o a chi per lui, e a quel vasto mondo cultural-radical-affaristico un pò scic sci ma anche burino ( fica, nani e affaroni ) che ha distrutta l’Italia dal 1994 al 2014. La sinistra contenta di fare quello che gli riesce meglio, cioè perdere, terrà pensosi convegni con la CGIL. Allegria!
Caro Sergio,
giorni fa, poco prima della nascita del blog, in occasione di una preoccupata, anzi allarmata, lettera di Franco Quercioli, che invitava all’unità, alla comprensione reciproca nella sinistra, in tutti quelli che vogliono FERMARE RENZI, io posi una semplice domanda, di grande attualità, ora anche alla luce della spietata e purtroppo lucidissima analisi di Turani.
Chiedevo:
“Ma perché questo assillo, totalizzante e quasi assiomatico, di FERMARE RENZI?”
“Perché non porsi invece il problema, a sinistra, di come aiutarlo a riformare il Partito, e soprattutto l’Italia?”
“Perché Renzi, Segretario del PD, costituisce, per una parte del PD e per tutta la sinistra fuori del PD, un problema, un impiccio, un ostacolo (a che?) e non un’opportunità di crescita e di sviluppo?”
Tutto qui. Domanda forse banale ed ingenua, ma chiedevo qualche risposta in termini politici e non personalistici. Contenuti e non analisi della personalità. Analisi, non psicoanalisi.
Proviamo a rilanciare la domanda dal blog?
Ernesto Trotta
Torino
Caro Sergio.
Turani lancia spesso le sue provocazioni, lo sappiamo entrambi, tuttavia la sua analisi non è senza fondamento. Che nel PD, pur dopo la scissione, permangano frange antirenziane è indubbio; che abbiano interesse a cercare (ancora!) di farlo fuori nel caso, probabile ma non certo, di una sconfitta in Sicilia, credo si possa mettere in dubbio, anche perché lo capirebbe chiunque che, fuori Renzi, il PD sarebbe destinato, se non a sparire, a ridursi ad un’entità insignificante. L’esodo di iscritti ed elettori sarebbe biblico! Quanto a Trotta, la domanda che lui ha fatto me l’ero posta anch’io, ma sono riuscito a darmi una risposta, che è poi quella che ho indicato, credo più volte, nelle mie frequenti esternazioni che ti ho inviato quando dirigevi l’Unità. Il mio pensiero è che Renzi sia diventato il bersaglio di quel “sistema”, al quale appartengono molti esponenti della “vecchia guardia” del nostro partito, ora in prevalenza “esodati”, creatosi nel nostro Paese negli ultimi 30 anni (quindi risalgo a prima di Berlusconi!), nel quale viceva la regola del “consociativismo”, degli “intrallazzi” e degli “inciuci”. Costoro hanno creato una tale rete di interessi, fra loro intrecciati, nella quale sono coinvolte centinaia di migliaia di persone, in prevalenza appartenenti agli apparati di partito, del sindacato e della miriade di cooperative che fanno riferimento alla “sinistra”. Quando Renzi ebbe la malaugurata idea di parlare di “rottamazione” per tutti questi s’è accesa una luce rossa ed è suonato l’allarme: “questo vuole farci fuori tutti”! E da lì è partito il tutto, che è culminato col referendum del 4 dicembre ’17, il cui risultato, confermo il mio radicato convincimento, è stato determinato dalle indicazioni di voto per il No della sinistra, inclusa la Cgil!
Un abbraccio.
Silvano
Sono d’accordo con tutti gli interventi precedenti, anche se non credo che ci sarà la forza di scardinare Renzi dopo una eventuale sconfitta siciliana. Se accadesse, non perche io ami Renzi ma perchè amo un partito che sostiene il suo segretario dopo averlo eletto a larga maggioranza, dovrei concludere che questo non è più il mio partito. E dal momento che non ne conosco un altro, entrerei, come temo molti di noi, nella grande schiera di quelli che il giorno delle elezioni restano a casa.
Sergio condivido la preoccupazione sull’analisi di Turani però l’obiettivo più grande del Partito resta, non la difesa del suo segretario nazionale in quanto con la sua rielezione ha certificato che gode comunque di ottima salute, ma la sua organizzazione nei territori senza la quale difficilmente potrà concretizzare risultati adeguati in termini di consenso. Auguriamoci quindi che Alessia Rotta e tutti coloro che potranno essere impegnati sapranno organizzare qualcosa di significativo.