E’ un peccato che siano troppo pochi quelli che conoscono che cosa sia stata Weimar, non in quanto città, ma come punto di riferimento politico della Costituzione più moderna nata dalle elezioni tedesche del 1919: la data di inizio è significativa, come quella della fine definitiva con le elezioni del 1933 e la vittoria nazionalsocialista.
Sono molte le riflessioni che si impongono: la fine della prima guerra mondiale infatti pose le premesse della seconda. Bisognava reprimere la tradizionale vendetta sui perdenti e non imporre la pena dei vinti ai cittadini dell’ex-impero tedesco? Intuitivamente sembrerebbe che un mondo intenzionato alla democrazia vince davvero se salva economia e libertà anche agli sconfitti, ma prevalse la tradizione militare. Le condizioni della Repubblica nata dalle macerie divennero disastrose: alla maggioranza non importò nulla della grande creatività che si sprigionò dalle speranze di un paese che voleva risorgere migliore; non importò nemmeno che le insidie di un passato “imperiale” inducessero alla perversione nazionalista; nemmeno a sinistra (che tentò perfino le “repubbliche comuniste”) ci si accorse della suggestione di un nazional-socialismo agitate da un Adolf Hitler che nel 1923 aveva subito una condanna a cinque anni per sovversione dello Stato.
Le guerre sono esiziali per la mente, ma anche per la borsa che fa sempre deragliare l’umano egoismo: la crisi del dopoguerra tedesco (i milioni da pagare come pena) si protrasse fino alla più estesa e dannosa del 1929 (quella che ha più analogie con la nostra del 2008): i cittadini tedeschi non potevano reggere all’inflazione che comportava l’abbandono del portafoglio per una borsa piena di carta moneta svalutata per andare a fare una spesa precaria.
Si può arrivare alla sintesi semplificatoria: l’umanità è fragile e vulnerabile. Ma serve a poco. Oggi viviamo nel maggior benessere possibile dalla fine della seconda guerra mondiale; l’economia mondiale è sconvolta dalla fase di trasformazione di civiltà (una ben più grande Zivilisation ?); viviamo in democrazia senza curarcene, come se fosse naturale. Peggio che a Weimar: manca la creatività delle società che si sentono vive. E i fenomeni sono allarmanti: non solo emerge un nazionalismo egoistico, ignorante e straccione, ma “i popoli” si permettono la Brexit (di cui gli inglesi stanno già pagando i danni), la secessione catalana (come se non esistesse un’autonomia amministrativa che ha sostituito la lingua castillana e la polizia di Stato), la No-Tav.
E l’Europa che è la sola ancora di salvezza per un paese ricco e indebitato come nessun altro non solo non è oggetto di entusiasmo come ai tempi di Altiero (nel senso di Spinelli, di cui oggi pochi ricordano il nome e le idee), ma suscita sospetto e “distacco”. Dobbiamo assolutamente difenderla.
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Purtroppo le analogie sono sin troppo evidenti. E’ sorprendente la citazione del NO TAV, peraltro assolutamente azzeccata.