Non c’è dubbio che in questo momento la parola Odio è molto più popolare della parola Amore. Tanto che parlare d’amore è diventata una pratica spregevole, quel tipo di pratica su cui, a dire dei sistematici detrattori, si intestardiscono alcuni «radical chic», che appartengono al mondo dei sognatori, dei buonisti, di coloro che non conoscono le dure spine della realtà e credono nel Paese dei Balocchi. Eppure gli innamorati della vita continuano a pensare che senza l’accettazione dell’altro e la voglia di aiutarlo, senza la cura per la natura, il rispetto per la giustizia, l’aspirazione alla libertà e la difesa della democrazia, il mondo si ridurrebbe a un mucchio di detriti senza senso. Ma lasciamo da parte la screditata parola Amore e parliamo della parola Dare. Molti pensano che dare significhi cedere qualcosa, essere derubati di una parte di sé o delle proprie ricchezze, insomma sacrificarsi. «Il tipo commerciale» scrive Fromm «è disposto a dare ma solo in cambio di ciò che riceve. Dare senza ricevere significa per lui essere ingannato. Gli animi aridi pensano che dare sia un impoverimento.» Chi esalta il sospetto e l’intolleranza non riesce a capire che dare vuol dire invece arricchirsi. Dare «è la più alta espressione di potenza», perché dando qualcosa di sé si esercita la propria energia, la propria vitalità. Chi sa dare senza chiedere niente in cambio, sa che si prova più gioia a regalare che a ricevere. Chi odia non sa che quando dedichiamo attenzione, affetto, riguardo e rispetto, tiriamo fuori la migliore parte di noi, e quindi entriamo in un ambito sacrale. La scuola per esempio, come istituzione è in forte crisi e non sa più dare niente, ma resiste e vive per la rete di insegnanti generosi che continuano a offrire tempo e attenzione. Ma cosa vuol dire dare nell’insegnamento? Semplicemente sapere creare un dialogo, ovvero usare la pratica dell’attenzione, della comprensione, dell’intelligenza affettiva verso l’altro, vuol dire attivare un processo di conoscenza che aiuterà sia l’alunno che l’insegnante e arricchirà la comunità nel suo delicato momento di crescita comune.
Dacia Maraini, Corriere della Sera, 1 ottobre 2019, Il sale sulla coda.
3 Comments
Caro Sergio,
per una volta NON condivido.
Non condivido che “non c’è dubbio” (c’è, ce ne sono molti, di dubbi e convinzioni…) che la parola ‘odio’ è oggi più popolare di ‘amore’. Paura, imprevedibilità, prudenza, riservatezza, anche egoismo, ma non odio. Non è vero che questo “coso” sia così popolare!
Abito in una zona centrale, commerciale e popolatissima di Roma. Ogni giorno ci si muove in migliaia. ma TUTTI con le mascherine, TUTTI con rispetto di persone e regole, per strada come nei negozi o uffici pubblici. Coscienti – TUTTI – della pandemia come della nostra attenzione e prudenza. Ma non vedo né ho visto odio da nessuna parte.
Men che meno condivido la presunta depauperizzazione e il valore intrinseco di “DARE”. Alcuni, certamente (ma non “molti”), sono restii a dare-senza-nulla-in-cambio, ma per fortuna la “solidarietà” c’è ancora: la maggioranza delle persone di mia stretta conoscenza è solidale, attenta, positiva e propositiva, oltreché prudente, come la situazione consiglia.
Aggiungo, infine, che i giornalisti e le persone di chiara fama culturale, nel riflettere e commentare la situazione reale di questo ‘fenomeno’ inusuale hanno certamente il sacrosantissimo dovere di ‘seminare’ prudenza e rispetto, ma altrettanta speranza e ottimismo. La paura, la disperazione e certi allarmismi eccessivi non portano bene, e appaiono nella maggior parte dei casi “fuori luogo”.
Mi scuso ancora, ma resto del mio parere: in questi casi, meglio una parola positiva e cortese, che infonda fiducia, piuttosto che cento o mille allarmismi – per di più non sempre giustificati – che possono infondere un ulteriore isolamento psicologico…
Viva noi! E tutti gli ‘altri’!!! ‘A dd’a passà ‘a nuttata!…
un caro abbraccio dal Melanton.
Caro Melanton,,
sicuramente ci sono tante, tantissime persone che tifano per il bene; ma quanti sono quelli che operano per l’odio?
Tutti coloro, che inneggiano alla propria razza al proprio stato con parole tipo: “america first! prima gli italiani! padroni a casa nostra!”, come possono pensare al bene del prossimo se pensano solo ed esclusivamente a loro stessi? Il bene non è tale se non riguarda tutti, o perlomeno la maggioranza dei componenti di una comunità. Quando parliamo di odio, io non intento una violenza inusitata, i campi di concentramento nazisti, i forni crematori, eccetera eccetera, ma un mondo in cui prevale l’io sul noi e quel sentimento inestirpabile, e per certi versi fondamentale, che è l’odio, circola liberamente e senza contrasto. Quindi penso che sia giusta la considerazione della grande scrittrice Dacia Maraini, ma sicuramente esistono tanti esseri umani che praticano il bene, come scrivi tu caro Melaton. Certamente sono tante le persone che in questo periodo di pandemia cercano di rispettare le leggi, ma quanti sono quelli che portano la mascherina attaccata sotto il mento o addirittura al abbraccio e lo fanno solo per evitare la multa ? Quanti sono i “benefattori” Che vendono le mascherine spacciandole per conforme al marchio europeo e quindi adatte a difenderci dal virus a prezzi ingiustificati? Comunque sono anche d’accordo che vada evidenziato sempre di più l’algoritmo del bene riferito alla nostra società che sicuramente darà forza ad un mondo più giusto, più solidale e democratico e terra’ a bado l’odio che esiste ed esisterà comunque. Grazie per l’attenzione e buona giornata a tutti coloro che leggono Antonio De Matteo Milano
Correzione: ….e terra’ a bada l’odio che esiste ed esisterà comunque.