Ha ragione il segretario del Psi Vincenzo Maraio. La legge contro l’omotransfobia va portata a casa. E proprio per questo occorre prendere atto che al Senato, anche sommando i voti di tutto il centro-sinistra, compresa Italia viva, la Bonino e Azione, più quel che resta dei Cinque stelle, non si arriva alla maggioranza assoluta.
Questo basterebbe per indurre coloro che ne propugnano la necessità a evitare di portarla in Aula così com’è col duplice rischio di finire sotto e poi di mettere una pietra tombale su una legge che si ritiene così rilevante. Poi vi è almeno un punto, in realtà sarebbero tre, che a un lettore disincantato pare almeno scritto male. Il puntum dolens è l’articolo 4 che può dare il verso a sospetti di incostituzionalità. Come si fa a condizionare la libertà di espressione con le sue possibili conseguenze. Recita questo articolo infatti: “Sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. L’articolo 21 della Costituzione sostiene: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Senza vincolare la libertà del pensiero a un “purché”. Si tratterebbe dunque di un concetto, quello espresso dall’articolo 4 del Ddl Zan, in contrasto col dettato costituzionale in quanto esso delega a un magistrato quando tale libertà di espressione sia “idonea a determinare il concreto pericolo di compimento di atti discriminatori o violenti”. Peraltro questa correlazione dovrebbe essere solo attinente le conseguenze di atti discriminatori o violenti a carattere omotrasfobico? In tal caso si tratterebbe di un’evidente, e anch’essa illegittima, discriminazione. O dovrebbe essere ampliata a tutte le libere espressioni? Se ad esempio tale principio venisse generalizzato come non rilevare una possibile conseguenza tra l’espressione di valori rivoluzionari e conseguenti atti di violenza? Con una regola del genere negli anni settanta milioni di italiani potevano finire in manette. Si tratta di un articolo scritto male o di un consapevole principio illiberale che attribuisce a una magistratura mai come oggi in crisi di credibilità un ampio spazio discrezionale? Sia come sia credo abbia fatto bene il senatore Nencini a pretendere una revisione dell’articolo 4. Mi fermo a questo, anche se palesi contraddizioni emergono alla lettura dell’articolo 1 sull’identità di genere, messi opportunamente in rilievo da Calenda e da Renzi, e sull’articolo 7 che attiene la giornata sulla omotransfobia (in quale età se ne deve parlare nelle scuole, anche prima che si inizi a trattare il tema della sessualità e anche nelle scuole private a prescindere dai contenuti del Concordato firmato da Bettino Craxi e monsignor Casaroli?). Giusta invece una legge che ampli la Mancino ai reati contro gli omosessuali e i transessuali perché come per quelli che riguardano la razza anche per quelli che riguardano il sesso gli atti di violenza sono commessi non solo contro il singolo ma contro tutti quelli che appartengono allo stesso genere. E introducendo l’istigazione all’atto violento anche contro omosessuali e transessuali si compie una scelta di parità. Ma proprio per questo, se vogliamo salvare una legge che aumenta le pene, non possiamo introdurre varianti a carattere etico e illiberale. Se si vuole salvare il meglio del Ddl Zan si getti dunque subito il peggio.
Mauro Del Bue, l’Avanti, 11 luglio 2021
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