Urge una riflessione approfondita sulla democrazia come sistema istituzionale nel XXI Secolo.
Troppi sono i problemi sul tavolo (vere e proprie crisi di sistema), che chiedono risposte, ma sono troppo importanti e delicati per farlo senza un preventivo attento esame di come si è andato modificando l’assetto istituzionale nei paesi avanzati dell’Occidente.
La democrazia, come la conosciamo oggi, con i suoi strumenti ed i suoi riti (consultazioni elettorali, referendum, suffragio universale, istituzioni elette, candidature libere, pesi e contrappesi istituzionali), si è andata affermando dalla fine del secolo XIX, in concomitanza con i processi di emancipazione di larghe masse di cittadini da condizioni di povertà, emarginazione, fame, analfabetismo, sfruttamento, irrilevanza sociale.
Il progressivo miglioramento delle condizioni delle masse permetteva e anzi richiedeva l’allargamento della base sociale di riferimento per la gestione della cosa pubblica.
Malgrado le tragiche traversie della prima metà del Novecento (fascismo, nazismo, stalinismo), i Paesi occidentali, man mano che miglioravano le condizioni di vita, coinvolgevano sempre di più tutta la popolazione nella gestione dello Stato.
I cittadini, sempre più coscienti ed istruiti, potevano e dovevano esercitare, nei limiti della legge fondamentale, la sovranità (vedi l’art. 1 della nostra Costituzione).
Insomma, è di tutta evidenza che la democrazia e la coscienza civile sono sempre andate di pari passo. Più cresceva quest’ultima, più affidabile ed efficiente diventava la prima.
E adesso? È ancora così in Occidente?
Pare di no. I cittadini di oggi sembrano avere perso punti di riferimento (fine delle ideologie), hanno difficoltà ad individuare il loro interesse, confondono la realtà con la rappresentazione che gliene viene data dall’esterno ed esercitano la democrazia più in base all’istinto del momento che in base a considerazioni razionali, almeno di medio periodo.
Brexit, Trump, il populismo dilagante in Europa non paiono essere scelte meditate quanto piuttosto lo scatto di nervi di società che non riescono più ad emanciparsi e progredire, hanno paura del futuro, insomma in misura non trascurabile, regrediscono culturalmente.
La perdita di autorevolezza del sistema formativo, l’invasività e la superficialità dei media tradizionali ed ora della rete e, da ultimo, i morsi della crisi economica e le conseguenze della globalizzazione contribuiscono a favorire semplificazioni e schematizzazioni di fenomeni complessi, che richiederebbero ben altra coscienza civile.
E così il popolo si suicida.
E già, perché tragicamente non è affatto vero che il popolo ha sempre ragione.
Già in passato i popoli, con libere elezioni, hanno portato al potere Mussolini e Hitler, anche se poi, vivaddio, i popoli occidentali hanno pure sviluppato sistemi sociali dei quali andiamo giustamente fieri (la partecipazione, il welfare, la solidarietà sociale).
Adesso sembra tutto rimesso in discussione. L’emancipazione si è arrestata, almeno per consistenti fette di popolazione, il futuro sembra sempre più fosco ed allora la democrazia “tradizionale” non pare più in grado di risolvere i problemi della gestione della cosa pubblica.
Nasce e prende piede la cosiddetta “democrazia autoritaria”, una finta democrazia che però risponde egregiamente alle richieste più immediate di quella parte di popolazione, mentre l’altra si interroga sul come reagire e contrastare quanto sta avvenendo. Non a caso tale sottospecie di democrazia si è affermata in Paesi come la Russia, la Turchia, alcuni Paesi dell’Est, per non parlare di Cina, India e parte del Sudamerica. Tutti Paesi che non hanno avuto la complessa evoluzione economica e sociale dei principali Paesi europei. Ora però pare toccare anche agli altri, tra cui noi.
Ecco perché dobbiamo riflettere ed elaborare strategie innovative. E non abbiamo tutto il tempo del mondo.
Dobbiamo capire come adattare gli strumenti della democrazia alle mutate condizioni, senza rinunciare alle sue specifiche prerogative cui siamo abituati.
Vaste programme: da dove si comincia?
Dalla scuola, certo, anche se ci vuole tempo. La centralità e l’autorevolezza dell’istruzione pubblica devono essere un caposaldo per ogni sistema civile. Ma, ammesso di riuscire a fare buone riforme, comunque i loro effetti si possono dispiegare solo nel medio lungo termine.
Dai media, anche, ma bisogna saperli e poterli adoperare saggiamente. Sono richieste competenze sopraffine, norme delicatissime perché toccano la sfera privata delle persone, e quindi anche una buona dose di coraggio, vista la loro invasività.
Dal contatto diretto con le persone, anche se la polverizzazione dei rapporti sociali non aiuta certo.
Dalle organizzazioni di base, il Partito, le Associazioni, i sindacati, il terzo settore, tutti i luoghi dove la gente possa confrontarsi senza paura.
E poi bisogna imparare a sintetizzare, a dare messaggi semplici ed univoci: attenzione, non semplicistici o schematici, ma capaci di trasmettere un’emozione diretta, insieme al contenuto razionale.
Dare l’idea di una classe dirigente che sa cosa fare e prova a mettere in atto strumenti per farlo. Nulla è più destabilizzante del vedere i dirigenti oscillare, tentennare, contraddirsi, ostacolarsi.
E poi, forse la cosa più importante, costruire sistemi istituzionali intrinsecamente stabili e non aleatori.
Capisco che può essere un rischio, perché la stabilità vale per la sinistra e anche per la destra, ma la loro assenza mi pare un rischio maggiore, contribuendo essa al discredito delle istituzioni, in un momento in cui le istituzioni sono la sola àncora a cui attaccare le prospettive di sviluppo di una società civile ed ordinata.
A mio parere c’è di che discutere, approfondire, analizzare. Dobbiamo trovare la voglia e la forza per farlo apertamente, senza ipocrisie. Ne va della sopravvivenza della nostra civiltà.
Ernesto Trotta
4 Comments
Certo, caro Ernesto, se avessimo vinto il referendum e passato l’Italicum, forse adesso governerebbe la destra, ma almeno non ci saremmo dilaniati così come siamo e avremmo potuto iniziare a ricostruire i centrosinistra a trazione PD.
Cordiali saluti.
Camillo Repetti
Se avessimo vinto al referendum avremmo avuto il vento in poppa e per un po non avremmo avuto problemi
Caro Ernesto,
dobbiamo, secondo me, creare il popolo del PD ed è a questo che noi dobbiamo parlare: il popolo in generale è una entità astratta, un insieme di numeri tutti diversi fra di loro . Una volta esistevano i popoli, comunisti, socialisti, democristiani ed una serie di “ populismi” Extra parlamentare fino ad arrivare alle brigate rosse o nere che dir si voglia. Ora, quando,i politici citano il popolo, si rivolgono a un volgo disperso che nome non ha,come diceva il Manzoni, e bisogna darglielo. Naturalmente per fare questo i dirigenti del PD devono fare un compromesso per parlar tutti la stessa lingua: la babele l’attuale non aiuta a creare il popolo del partito democratico.
Un caro saluto a tutti Antonio De Matteo
Ernesto Trotta, certo che hai sollevato il problema dei problemi grande quanto una montagna.
Da dove incominciare? A saperlo saremmo già un buon punto.
Io penso che la Democrazia come l’abbiamo conosciuta noi è ancora la meno peggio organizzazione che l’umanità abbia realizzata da sempre, sono le insidie antiche e moderne che la possono travolgere.
La Democrazia si regge sull’equilibrio dei poteri e non sullo scontro come a quello che stiamo assistendo negli ultimi trentanni.
La Democrazia si articola in rappresentanza di interessi che pur diversi dovrebbero rispettarsi e riconoscersi reciprocamente e il conflitto dovrebbe puntare al bene comune.
La Democrazia ha nella Politica la rappresentanza principe che detta e regola la vita pubblica, tutti dovremmo contribuire ad aiutarla e a irrobustirla e invece succede tutto il contrario. Una Politica debole diventa terreno per scorribande di approfittatori e quindi succube di poteri forti legittimi e non.
La Politica dovrebbe organizzarsi nelle forme che facilitano l’aggregazione di persone fisiche trasparenti, riconoscibili e con chiara visione della società a cui si tende.
In un mondo sempre più globale la Democrazia e i suoi diritti andrebbero inquadrati oltre gli attuali confini di stati (Europa politica)
La Democrazia ha la necessità di essere difesa dall’uso distorto dei media e dalle nuove tecnologie che sono un pericolo latente per la manipolazione del pensiero individuale e collettivo.