Gianni Cuperlo sulla sua pagina Facebook sta tenendo un diario di queste giornate particolarmente interessante. Riporto qui una metà del post pubblicato ieri perché mi sembra interessantissimo perché spiega benissimo le due posizioni presenti attualmente nel PD su come affrontare questa crisi.
Sergio
Diario della crisi. Sesta puntata. 14 agosto 2019
[…]
Ora torniamo alla crisi giunta al settimo giorno (più o meno, e se così fosse sarebbe per costume quello dove ci si riposa un po’…).
Ieri sono accadute alcune cose, in parte previste, in parte no. Era atteso che l’Aula del Senato avrebbe negato a Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia l’anticipo a oggi della sfiducia a Conte. Il tabellone luminoso ha immortalato una maggioranza diversa coi voti dei 5Stelle, i nostri e il gruppo misto (in buona parte) a confermare le comunicazioni di Conte per martedì prossimo.
L’aspetto inatteso è stata la mossa di Salvini, gesto tattico più che altro. Si è alzato in piedi e ha rivolto agli ex alleati una proposta che lì per lì dev’essergli sembrata la mossa del cavallo. “Voi volete approvare la riduzione dei parlamentari e poi siete disposti a votare? Bene, ci sto. Votiamo la quarta lettura della riforma costituzionale alla Camera tutti assieme e poi si torna alle urne. Ok?”.
Questo Salvini. Ma c’è un dettaglio. Che a fare come dice lui si tornerebbe a votare con le vecchie regole (i famosi mille parlamentari) perché non avendo la riforma che riduce quel numero ottenuto in Parlamento i due terzi dei consensi, per diventare esecutiva dovrebbe passare dal referendum confermativo e dalla riperimetrazione dei collegi (insomma almeno sei mesi buoni). Votare con le vecchie regole dopo che si è approvata (seppure senza referendum) una riforma costituzionale che riduce il numero di parlamentari, al Quirinale è apparsa subito una stramberia, ma di quelle originali davvero.
A parte questo, per fare la furbata di Salvini sarebbe necessario che la Lega ritirasse la mozione di sfiducia a Conte dal momento che se sfiduci il premier non c’è più governo e la Camera non può votare la riforma. Insomma, più che mossa del cavallo è sembrato un capotare in parcheggio.
Il nodo vero però, lo sapete bene, è cosa accade adesso e qui si misurano due (almeno) scuole di pensiero.
Provo a descriverle senza nomi, ma solo per rendere più neutro (e depurato da un eccesso di faziosità) lo schema delle posizioni.
Allora, la prima scuola dice più o meno così: c’è una destra arrembante e pericolosa che punta a prendersi il banco (maggioranza solida nei due rami del Parlamento e da lì il capo dello Stato, le autorità di garanzia, i giudici della Consulta e chi più ne ha più ne metta). Inoltre questi geni hanno lasciato conti in disordine e senza impedire l’aumento a gennaio dell’Iva ci ritroveremo in una recessione peggiore di ora. Quindi (sintesi) per salvare gli italiani dalla recessione e per fermare questa destra barbara bisogna sedersi al tavolo coi 5Stelle e dare vita a un governo che allontani le urne e metta in sicurezza il paese, conti, istituzioni e tutto il resto. Corollario della tesi: se Salvini, dopo aver chiesto e preteso le elezioni come un dittatorello qualunque, resta con un pugno di mosche anche la parabola del suo consenso è destinata a sgonfiarsi. E’ anche vero che fino a ieri coi 5Stelle dicevamo “mai, neanche un cappuccino al bar”, ma le condizioni in un lampo sono mutate e oggi, nel nome del senso di responsabilità verso la nazione e la democrazia, siamo pronti a ingoiare il rospo. Del resto anche in passato la sinistra, di fronte al pericolo, ha tessuto alleanze sulla carta improbabili e questo lo si fa ogni qualvolta i rischi per la democrazia sono superiori agli interessi di parte.
Abbastanza chiaro no?
Ora vediamo l’altra tesi: c’è una destra arrembante e pericolosa che punta a prendersi il banco (maggioranza solida nei due rami del Parlamento e da lì il capo dello Stato, le autorità di garanzia, i giudici della Consulta e chi più ne ha più ne metta). Fino qui, come vedete, premessa uguale alla tesi sopra. Ma a questo punto le letture divergono e il ragionamento prosegue così. Se dopo un anno disastroso dove i 5Stelle hanno approvato tutto e di tutto, compreso il peggio che si potesse, e dopo che hanno dimostrato di essere una versione del populismo meno autoritaria ma non meno confusa e pericolosa dell’altra (la leghista), ecco se dopo tutto questo, per paura delle urne (perché questa sarebbe la lettura), noi ci si fa un governo assieme non solo non è detto che l’operazione riesca ma è probabile che forniamo a Salvini un’arma micidiale per capitalizzare ancora di più il consenso di cui gode ora imbracciando la bandiera del “diamo voce al popolo e difendiamo la democrazia”. Insomma, se davvero la destra in campo è quella roba lì, allora una sinistra che abbia l’orgoglio delle sue radici e ragioni la deve sfidare, deve combattere, deve chiamare il popolo democratico a reagire e ribellarsi a una dittatura in fieri. Perché se non fa questo semplicemente smette di essere credibile agli occhi di milioni di persone. E dare per scontata la vittoria di quella destra vorrebbe dire abdicare alla propria dignità di una forza che di fronte all’avversario non ripara in una manovra di palazzo, ma scende in campo e aggredisce la sfida.
Abbastanza chiaro anche questo vero?
Personalmente ho un’idea, come ciascuno di voi immagino, su ciò che sarebbe saggio e comunque giusto fare e nella terza, quarta e quinta puntata ho provato a esprimerla, ma siccome gli eventi si succedono è bene tornarci sopra. Però la puntata si è allungata non poco e quindi (a chi interessa) ci si torna domani (ok Cinzia?).
Anche perché, giunti a questo punto, mi preme capire come la vedete. Se vi sentite più prossimi alla prima o alla seconda tesi, o se magari ne avete una diversa, il che sarebbe più che legittimo.
Ah, per quel tanto di consuetudine maturata qui sopra vorrei anche augurare a voi e a chi vi sta vicino un ferragosto sereno, qualche buona lettura e un bicchiere fresco di buon vino per brindare (non so precisamente a cosa, ma non dubito che un motivo lo troverete!).
Buona giornata e a domani.
Comment
Io ci provo a dire la mia: Sarei per la prima soluzione con delle precondizione. Ma siccome queste precondizioni non credo che il M5S le accettera’, si andra’ per la seconda soluzione rispetto alla quale inviterei a mantenere un dialogo costante e fruttuoso col M5S in quanto la destra fascioleghisti e’ troppo pericolosa per la democrazia e ci sara’ bisogno di alleanze larghe. A gia’, volete sapere delle precondizioni, bene: il M5S dovrebbe fare autocritica ed affermare che fascismo ed antifascismo sono due cose diverse ed antitetiche. Che tra un partito apertamente razzista che strizza l’occhio a movimenti fascisti e neonazisti gradendone i voti e forze democratiche come il PD (con i suoi difetti) ci corre un abisso incolmabile e quindi il M5S dovrebbe ricoscere di avere sbagliato, procedendo ad un ricambio “democratico” di gruppo dirigente. Sulle cose da fare per il bene dell’Italia, lavoro. Lavoro, lavoro. Ambiente, ecc. si potrebbe trovare una sintesi comune.
Giuseppe Deidda