Cari amici,
sono felice e, al tempo stesso, molto triste. Felice perché vi mando due scritti che giudico estremamente importanti su cui riflettere approfonditamente. Triste perché questi due scritti che hanno illuminato di intelligenza la mia mattina sono prodotti da due compagni ultranovantenni. La saggezza senile è cosa meravigliosa quando riesce a esprimersi ma quando essa rimane la sola in un panorama sociale così tormentato le nostre preoccupazioni non si possono dissolvere. Anch’io ho la netta sensazione che, grazie ad una sistematica dissoluzione della sinistra, grazie ai velleitari untori grillini, grazie all’appoggio di Putin il nostro sistema istituzionale si stia piegando alle brame di Salvini, seguito da una enorme quantità di popolo. Speriamo di arrivare ancora in piedi alla manifestazione annunciata dal PD per ottobre.
Eccovi Macaluso dalla sua pagina Facebook e Rino Formica dal Manifesto.
Sergio
La morte della Morrison e il razzismo che cresce in Italia – Emanuele Macaluso
Interrompo il mio silenzio sulla miseria della politica italiana, che in questi giorni è sempre più misera, perché la morte della grande scrittrice afroamericana Toni Morrison mi ha fatto molto riflettere sul razzismo di oggi grazie alla sua battaglia condotta soprattutto attraverso i romanzi sui neri d’America, di ieri e di oggi.
Sui giornali ho letto scrittori e critici italiani sull’opera e la personalità di questa donna che aveva ottenuto anche il Nobel, l’unica afroamericana premiata dall’accademia svedese. Leggendo questi articoli mi ha particolarmente colpito quello di Antonio Monda su La Stampa, che fu amico della Morrison, il quale racconta fatti tratti dalle sue conversazioni con la scrittrice. Tra questi, interessa sottolineare il colloquio che Monda ebbe con lei parlando di Clinton e Obama. Ecco: “Una volta mi spiegò che Bill Clinton era il primo presidente nero. Non si riferiva solo alla sua efficacia oratoria del sud, influenzata dai predicatori protestanti, ma per l’empatia che dimostrava per la sua gente: “È stato allevato da una madre singola, è nato povero, in una classe di umili lavoratori, ama il sassofono e l’orrendo cibo dei McDonald’s”. Sorrideva quando ne parlava e non poteva immaginare che nel giro di dieci anni Barack Obama avrebbe conquistato la Casa Bianca. Quando avvenne quella rivoluzione la chiamai per festeggiare ma la trovai amara, mi disse: “Oggi è un momento storico e dobbiamo esultare, ma temo che rimarrà soprattutto un momento simbolico, cambierà poco per tutti noi, questa rivoluzione scatenerà una reazione terribile”.
I poeti, i grandi scrittori spesso intravvedono fenomeni politico-sociali prima degli uomini politici. Nessuno, tra questi anch’io, dopo l’elezione di Obama, pensava che negli USA sarebbe stato eletto Trump, con il concorso decisivo del razzismo bianco, un presidente razzista che ha dato il via alla “terribile reazione” prevista dalla Morrison. È quel che vediamo oggi in Europa e soprattutto nel nostro Paese. Mi son venuti subito alla mente non solo i consensi che una parte consistente del popolo riversa su Matteo Salvini, ma i tanti episodi “minori” raccontati ormai nella cronaca quotidiana in ogni parte d’Italia, al nord e al sud. Tra tutti questi fatti ignobili, ricordo quello di quel “signore” milanese, di cui ho parlato anche in questo spazio, il quale alle ragazze che raccoglievano fondi per aiutare i bambini africani nei loro paesi, rispose così: “Io i negri li brucerei tutti”. È quel che fece Hitler con il consenso di tanta parte della società, del suo popolo, con gli ebrei e con gli zingari. E cosa dire di racconti che ho letto a proposito di quei genitori che hanno adottato bambini neri, oggi adolescenti, insultati e umiliati in alcune scuole, per strada, nei luoghi dove si gioca?
Parlo di tutto ciò perché mi pare che non vi sia una reazione forte a questi fatti quando invece , nel nostro paese, dovrebbe esserci. Questo, oggi, è il compito fondamentale della sinistra e dei democratici. Fate leggere i libri della Morrison per capire cosa è stato il razzismo negli Usa e cosa può essere adesso in Europa e in Italia.
EM.MA in corsivo, 8 agosto 2019
Rino Formica: «È l’ultima chiamata prima della guerra civile. Ora il Presidente parli»
L’intervista . L’ex ministro socialista: «Assistiamo alla decomposizione delle istituzioni, nel decreto sicurezza si accetta la fine del ruolo di Palazzo Chigi. I leader politici sono screditati. Solo un’autorità morale e politica può mobilitare la calma forza democratica dell’opinione pubblica. Lo strumento c’è, è il messaggio del Colle alle camere»
«Quando si rompono gli equilibri istituzionali o c’è la soluzione democratica, o decide la forza. Se non ci sono soluzioni democratiche c’è la guerra civile». Con Rino Formica – classe 1927, socialista, più volte ministro, da più di mezzo secolo le sue definizioni della politica e dei politici sono sentenze affilate, arcinote e definitive – il viaggio per approdare all’oggi, un oggi drammatico, inizia da lontano. Con il Pietro Nenni «di quei dieci giorni lunghi quanto un secolo fra il 2 e il 12 giugno del ’46», racconta, «fra il referendum e la proclamazione della Repubblica c’è il tentativo del re di bloccare la proclamazione della Repubblica. Umberto resisteva al Quirinale. I tre grandi protagonisti, De Gasperi Togliatti e Nenni, presero la decisione di convocare il Consiglio dei Ministri e di dare i poteri di capo dello stato a De Gasperi, che era presidente del consiglio. De Gasperi andò al Quirinale sfrattò Umberto. In quei giorni noi, dalle federazioni del partito socialista, chiedemmo che fare. C’era il rischio reale che si bloccasse il processo democratico. Nenni appunto diramò la disposizione: quando si rompono gli equilibri istituzionali o c’è la soluzione democratica o la parola passa alla forza». Questa è la «questione», sostiene Formica.
Stiamo assistendo a una rottura istituzionale?
Questa rottura è antica, maturava già dagli anni 70, ma il tema viene strozzato. Il contesto internazionale è bloccato, un paese di frontiera come l’Italia deve fronteggiare equilibri interni ed internazionali. Nell’89 questo blocco salta, ma le classi dirigenti non affrontano il tema della desovranizzazione degli stati che diventavano affluenti dell’Europa unitaria. I grandi partiti entrano in crisi. Il Pci è in crisi logistica e di orientamento; il Psi perde la rendita di posizione; la Dc è alla fine della sua funzione storica.
Torniamo alla nostra crisi istituzionale.
Da allora abbiamo due documenti importanti. Il primo è del ’91, il messaggio alle camere di Cossiga che spiega che l’equilibro politico e sociale è superato. Poi, nel 2013, il discorso del secondo mandato di Napolitano. Due uomini diversi, con due approcci diversi, con coraggio pongono al parlamento il tema del perdurare della crisi. E i parlamentari, fino ad oggi, continuano a far finta che tutto va bene, che è solo un temporale, passerà. Oggi siamo alla decomposizione istituzionale del paese.
Quali sono i segnali della «decomposizione»?
Innanzitutto il governo: non c’è. Oggi ci sono tribù che occupano posizioni che una volta erano del governo. Il presidente del consiglio convoca le parti sociali, ma il giorno dopo le convoca il ministro degli interni. E i sindacati vanno. Quando il sindacato non ha un interlocutore istituzionale ma va da chi lo chiama si autodeclassa a corporazione: vado ovunque si discuta dei miei interessi. Allora: non c’è un governo, perché la sua attività è stata espunta; non ci sono i partiti né i sindacati. È la crisi dei corpi dello stato. Si assiste a un deperimento anche delle ultime sentinelle, l’informazione, la magistratura.
Sta dicendo che non c’è alternativa alla guerra civile?
C’è. Oggi siamo in condizione di mobilitare la calma forza democratica dell’opinione pubblica? Chi può animarla? I leader politici sono deboli o screditati. Serve l’autorità morale e politica che può creare un nuovo pathos nel paese. Uno strumento democratico c’è, sta nella Carta. È il messaggio del presidente della Repubblica alle camere. Nell’81 la camera pubblicò un volume sui messaggi dei presidenti. Nella prefazione il costituzionalista Paolo Ungari spiega che il messaggio alle camere ha una grande importanza. Il presidente ha due modi per dialogare con il parlamento. Il primo è quando interviene nel processo legislativo. Quando rinvia alle camere un disegno di legge per incostituzionalità. È vero che non ha il diritto di veto ma – dice Ungari – porta il dissenso dinanzi al parlamento e anche all’opinione pubblica, «un terzo e non silenzioso protagonista».
Dovrebbe succedere con il decreto sicurezza bis?
Leggo che Mattarella ha dubbi. Forse ha dubbi su di sé: le norme incostituzionali stavano già nel testo che ha firmato e inviato alle camere. Lì si accettava il superamento della funzione del presidente del consiglio: non c’è più, viene informato dal ministro degli interni. È la negazione della norma costituzionale. Ma è vero che se oggi lo rimandasse alle camere la maggioranza potrebbe ben dire: abbiamo votato quello che tu hai già firmato.
Allora cosa può fare?
La situazione di oggi è figlia dell’errore del 2018. Il presidente dà l’incarico esplorativo a Cottarelli e questo incarico viene sospeso dall’esterno da due signori che notificano al Quirinale di non procedere perché stanno stilando un «contratto» di cui indicano l’arbitro, il presidente del consiglio. È il declassamento dall’accordo politico a contratto di natura civilistica, uno stravolgimento costituzionale. L’accordo di governo è altra cosa: stabilisce una cornice politica generale. L’errore è dei contraenti, ma chi lo ha avallato poteva fare diversamente? Se il presidente del consiglio è arbitro si accetta il fatto che la crisi istituzionale si supera attraverso una extrademocrazia aperta a tutti i venti.
Un punto di non ritorno?
Il problema ora è mettere uno stop. Il presidente della Repubblica dovrebbe fare un messaggio sullo stato di salute delle istituzioni. Il presidente del consiglio non c’è più, il governo neanche, la funzione della maggioranza è mutata fra decretazione e voto di fiducia. Ormai, di fatto, una camera discute, l’altra solo vota. Si sta consumando un mutamento dell’equilibrio istituzionale. Il presidente ci deve dire se questa Costituzione è diventata impraticabile.
Intanto il Viminale allarga i suoi poteri.
Salvini crea una novità nel nostro tessuto democratico. All’interno di un sistema di sicurezza crea una fazione istituzionale di partito: spezza un corpo dello stato in fazioni politiche. Il rischio è che nasca una polizia salviniana. Che avrebbe come conseguenza la nascita della Rosa bianca, come sotto Hitler. E non solo. Ormai Salvini fa in continuazione dichiarazioni di politica estera che si pongono al di fuori dei trattati a cui aderisce l’Italia.
Mattarella ha gli strumenti per fermarlo?
Mattarella viene da una educazione morotea, quella della inclusione di tutte le forze che emergono, anche le più incompatibili. Ma ne dà un’interpretazione scolastica. Moro spiega la sua visione nell’ultimo discorso ai gruppi parlamentari Dc, prima del sequestro. Convince i suoi all’inclusione del Pci nel governo ma, aggiunge, se dovessimo accorgerci che fra gli inclusi e gli includenti c’è conflitto sul terreno dei valori, noi passeremo all’opposizione. L’inclusione insomma non può prescindere dai valori. Altrimenti porta alla distruzione dei valori anche di quelli che li hanno. Infatti il contratto non è un’intesa fra i valori ma tra gli interessi.
Insomma questo governo è un cavallo di troia nelle istituzioni?
È la mela marcia che infetta il cesto.
Mattarella può ancora intervenire?
Non c’è tempo da perdere, deve rivolgersi al parlamento. L’opinione pubblica deve essere rimotivata, deve sapere che ha una guida morale, politica e istituzionale. Si sta creando il clima degli anni 30 intorno a Mussolini.
I consensi di Salvini crescono, l’opinione pubblica ormai si forma al Papeete beach.
Ma no, Salvini cresce perché non c’è un’alternativa. Un messaggio del presidente darebbe forza a quelle tendenze maggioritarie nell’Ue che hanno bisogno di sapere se in Italia c’è qualcuno che denuncia il deperimento democratico. Anche perché, non dimentichiamolo, l’Unione ha l’arma della procedura di infrazione per deperimento democratico, già usata per la Polonia.
In questo suo ragionamento l’opposizione non ha ruolo?
Il paese è stanco, il Pd non è in condizioni di rimotivarlo. Nessuno ne ha la forza. La stampa è sotto attacco, si difende, ma per quanto ancora? Hanno aggredito Radio radicale, i giornali, dal manifesto all’Avvenire, intimidiscono anche la stampa più robusta. Solo una forte drammatizzazione istituzionale può riuscire. All’incontro con i cronisti parlamentari Mattarella ha fatto un discorso importante. Ecco, tutti insieme dovrebbero chiedergli di ripeterlo ma in forma di messaggio alle camere. Per dare un rilievo ufficiale agli attacchi alla libera stampa. La signora Van der Leyen non potrebbe non intervenire.
Anche perché resta il dubbio che la Lega sia strumento della Russia contro l’Ue.
I rapporti fra Salvini e la Russia di Putin sono servili. La Russia ha un forte interesse a un’Italia destabilizzata per destabilizzare l’Europa. Il disegno non è di Salvini, lui è solo un servo assatanato di potere.
Ministro, con Salvini sono tornate le ballerine, stavolta in spiaggia?
Quando parlai di «nani e ballerine» intendevo che non si allarga alla società civile mettendo in un organo politico i professionisti del balletto. Qui siamo alla versione pezzente del Rubigate. Quello di Berlusconi era un populismo di transizione ma non si può negare che intercettasse sentimenti popolari. Salvini invece eccita i risentimenti plebei.
Chiede al Colle di agire un conflitto inedito nella storia repubblicana?
Ma se questa situazione va avanti, fra due anni Salvini si eleggerà il suo presidente della Repubblica, la sua Consulta, il suo Csm e il suo governo. Siamo al limite. Lo dico con Nenni: siamo all’ultima chiamata prima della guerra civile nazionalsovranista.
27 Comments
Grazie Sergio…
Spero tanto che la profezia di Formica non si avveri..
Ma l’angoscia in questi giorni sale.
Lo vedo anche in altri, i più sensibili e colti che si incontrano, anche per caso, anche quasi sconosciuti : quasi ci si riconosce dai volti, tirati, seri. C’è non rabbia, ma angoscia.
Alcuni sentono su di sè questa tempesta, e quasi ne perdono in salute.
Ma sono pochi. Nella “folla” c’è o indifferenza individualista, o banale (non riflettuto), silenzioso consenso verso l’uomo dal pugno fermo.
Che fare?
Sergio, amici, che fare?
Basterebbe un po’ di razionalità al posto dello scazzo uterino alla Calenda.
Un po’ di onestà intellettuale invece della prosopopea presuntuosa alla Zanda.
Un po’ di lungimiranza invece del tiki-taka zingarettiano.
Un po’ di rigore sui principi invece della flessibilità farisea di Franceschini.
E anche un po’ più di umiltà da parte dell’unico che ha le idee chiare…
Avremmo una classe dirigente capace di fare miracoli e invece andiamo dritti contro il muro.
Quos Deus perdere vult, dementat prius.
Caro Ernesto,
basterebbe usare la parola compromesso che tutti noi odiamo e respingiamo: la nostra idea è la migliore le altre sono “scazzo uterino”, “prosopopea presuntuosa”, “ tic tac zingarettiani “.
Forse bisognerebbe comporre una sinfonia con le varie proposte in cui tutti i protagonisti siano gli autori delle singole idee. Complicato è persino scriverlo, ma non c’è un’altra strada per realizzare i nostri progetti. Da soli non riusciremo a fare un passo con la nostra idea. Abbiamo bisogno di un leader, di un direttore d’orchestra, che metta insieme le tante idea del centro sinistra e ci proponga un compromesso in cui tutti si sentono rappresentati. I leader che si rispettano e si affermano sono coloro che in poche parole scrivono un programma partendo dall’esigenza dei propri elettori. Certo un compromesso scontenta un po’ tutti ma una parte della mia idea la realizza di sicuro. Salvini, segretario della lega lombarda, continua a crescere nei sondaggi: propone agli italiani/ e il divieto di ingresso allo straniero e la salvaguardia dei privilegi delle classi agiate, Il centro sinistra cosa dice, cosa propone: scontri violenti e incomprensibili tra le varie fazioni politiche e nessuna proposta concreta che possa convincere il popolo italiano a votarlo. Forse bisognerebbe dire due cose semplici, banali. 1 ) Per risolvere il problema dell’emigrazione noi proponiamo i corridoi umanitari e l’integrazione assicurata mediante un piano concordato con i paesi di provenienza degli emigranti. 2) concorderei con le classi più fortunate del nostro paese un piano per l’aiuto al nostro prossimo in difficoltà; dimostrato che la ricchezza non è un reato e sarà difesa se è meglio distribuita. Scusatemi, ma il mio tentativo è quello di suggerire una qualche idea per trovare un compromesso e presentarci uniti alle prossime imminenti elezioni politiche. Caro Massimiliano non farti prendere “ dall’angoscia” : I problemi umani si risolvono con la pazienza e la determinazione tenendo fuori l’ansia e la paura. Forza ragazzi il nostro mondo va avanti per fortuna, nonostante noi abitanti facciamo di tutto per complicarci la vita. Dov’è giornata a tutti Antonio Milano
Chi mi commuove è ancora una volta Ernesto e mi commuove perché ha la caparbietà degli innamorati. Non dice il nome di colui che è l’unico che ha le idee chiare ma tutta la sua corrispondenza precedente fa pensare ad un’unica persona, proprio quella che con costante caparbietà ha distrutto tutto ciò che aveva intorno e, cosa incredibile, continua a farlo anche adesso. Come si fa a dire che è l’unico con le idee chiare? Sognare un partito di centro, magari con gli esuli di Forza Italia e tagliando i ponti con la sinistra riformista significa avere le idee chiare? Mah!
Certo che se la sinistra riformista è rappresentata da Zanda, Franceschini e Cuperlo (e Bersani no?) vuol dire che siamo ben messi per un futuro radioso! Auguri!
Serve una alleanza tra leader carismatici e leader radicali, serve “fare muro” a Salvini formando una testuggine che vada da Renzi a Cuperlo, da Martina a Zingaretti, da Minniti e Gentiloni a Calenda.
Nessuna energia può andare sprecata.
Nè il carisma di Renzi nè la preparazione e cultura politica di Cuperlo. Ormai, hic et nunc, non possiamo permetterci di dividere la scaltrezza dalla radicalità, la capacità organizzativa da quella dialettica.
Basta attaccarci a vicenda!
Ben venga Renzi in trincea con la sua energia insieme a Zingaretti e Cuperlo, Sergio! Da non renziano dico : abbiamo bisogno della sua dialettica e della sua idea di riformismo, e di tutte le energie di questa porzione di partito! Mila Spicola, Scalfarotto, non so… Questo è il momento di vincere, non di testimoniare diversità.
Il rischio è troppo alto. Siamo di fronte ad una “marcia su Roma”, una marcia incontrastata e “legittimata” dalla forma democratica che avrebbe : la vittoria elettorale regolare e “non impugnabile”, come dire. Ma sempre di “marcia su Roma” parliamo, in quanto guidata da due fascisti veri (non di un “nero” immaginario) come Salvini e Meloni.
Ci serve come il pane Renzi, in questo momento. Ci servono tutti i diversi carismi. Ripeto, il mio è un grido di un non renziano. Ho troppa paura, semplicemente. Paura di queste urne ravvicinate.
E non per me, di me mi è sempre fregato poco. Ho paura per la desertificazione dei diritti civili e di quelli umani a cui andremmo incontro, diventando come l’Ungheria orbaniana. Una democrazia illiberale.
È tempo di un arco resistenziale vasto, aperto, anche “brodoso”, magari, all’inizio, ma vasto : bisogna vincere, semplicemente, perché dalle urne può uscire un mostro fascista senza più freni.
C’è bisogno di Sergio e di Ernesto allo stesso modo. Restiamo uniti, ve ne prego, perchè l’ora è troppo grave.
Perdonate la lunghezza
Massimiliano
Sono d’accordo con tutti.Il momento è certamente grave.Quindi prima di tutto:razionalità ( lungimiranza e rigore) ,sangue freddo e compromesso ( che non è una brutta parola!).Che poi rimangano paura ansia fatica è normale.Fanno parte del fare e amare la politica.
E sopratutto uniti tutti contro un nemico molto pericoloso. Resistenza.E’ una preghiera e un invito di una della generazione di Macaluso che la resistenza l’ha fatta.Coraggio amici. Non c’è più tempo.
Sono d’accordo con tutti. Certamente il momento è molto grave e pericoloso.Quindi: razionalità (lungimiranza ,rigore…) e sangue freddo.Compromesso ( che non è una brutta parola!).Certo rimangono paura angoscia ansia fatica .ma questo è normale per chi vive e ama la politica.
E soprattutto unità,uniti TUTTI contro un nemico molto pericoloso.Resistenza. È un invito di una della generazione di Macaluso che la resistenza ‘ha fatta.Coraggio amici!
Non c’è più tempo.
Grazie Rosanna delle tue parole…
cioè Rossana…Scusami, avevo sbagliato il tuo nome..
Caro Sergio, spero che i tuoi problemi di salute siano risolti, ti ringrazio per aver pubblicato sia Macaluso, con il quale sono quasi sempre in contrasto ma questa volta no ma soprattutto l’intervista di Rino Formica due vecchi da ascoltare sempre.
Sono reduce dalla lettura di M il figlio del secolo e rabbrividisco.
Nel 1919 la sinistra stravince in tutto il paese ma Mussolini da poco ex socialista discutendo con D’Annunzio dice “ tranquillo tanto nell’arco di due anni la sinistra si autodistruggerà. Così è avvenuto e il fascismo tra manganellate, olio di ricino e la cecità della sinistra e del sindacato è salito al potere con quella buffonata della marcia su Roma. Sia chiaro è salito al potere grazie finanziamenti degli industriali e dei grandi latifondisti.
Oggi il fascista Salvini salirà al potere grazie ai fondi russi e americani ma soprattutto grazie ad una sinistra orba è divisa insieme ad un sindacato che va a colloquio con Siri, pluriindagato senza scandalizzarsi mentre si scandalizzava quando Renzi aumentava di 80€ le retribuzioni e proponeva la “ buona scuola”
dando il via alla meritocrazia, cosa che tutti nel partito e nel sindacato volevano ma siccome l’ha fatta Renzi allora bisognava bastonarlo. Renzi è il colpevole di tutto non chi ha distrutto la sinistra tra polemiche inutili e scissioni, no è lui il colpevole e intanto che ci grattiamo gli occhi per far uscire la pagliuzza ci colpirà la trave che ci sta arrivando addosso con un nuovo fascismo che randella attraverso i social e imbarbarisce la ns. società.
Caro Sergio, finiamola, Renzi o chi la pensa come lui, non è il nemico, il nemico sta altrove, ha ragione Ernesto solo noi abbiamo una classe dirigente capace ma non la sappiamo sfruttare.
Un’ultima cosa che mi sconforta caro Sergio ed è la mancanza tra quei due vecchi ( Macaluso Formica) di un terzo e cioè Eugenio Scalfari che è stato per me un esempio, una figura alla quale devo la mia maturazione politica, anche lui colpito purtroppo da quella maledetta pagliuzza che ci porterà ad un altro ventennio nero.
Chissà se tra cento anni ci sarà ancora qualcuno che dovrà scrivere S il figlio del secolo ma noi non ci saremo.
Un abbraccio a tutti
Marco bs
Grazie e bravo Marco: condivido tutto quello che hai scritto. Aggiungo che la ” sinistra dei puri e duri ” preferisce Matteo fascista a Matteo democristiano: sperano ancora nella dittatura del proletariato senza sapere come attuarla. Con la gente suddetta è molto difficile trovare un compromesso con noi che abbiamo condiviso la politica di Matteo Renzi. Il PD deve rivolgersi politicamente al centro se vuole tornare a governare. Buona notte a tutti Antonio
Grazie e bravo Marco: condivido tutto quello che hai scritto. Aggiungo che la ” sinistra dei puri e duri ” preferisce Matteo fascista a Matteo democristiano: sperano ancora nella dittatura del proletariato senza sapere come attuarla. Con la gente suddetta è molto difficile trovare un compromesso con noi che abbiamo condiviso la politica di Matteo Renzi. Il PD deve rivolgersi politicamente al centro se vuole tornare a governare. Buona notte a tutti Antonio
Non vogliono la dittatura del proletariato.Vogliono rimanere all’opposizione.
Concordo pienamente con Marco e Antonio.Su Scalfari da tempo ormai stendo un velo pietoso.
E ora che siamo in piena bufera non posso che ribadire quanto ho già detto. Freddezza e lucidità di valutazione della pericolosità e delicatezza del momento.La pancia lasciamola in spiaggia!E’ anche una occasione che non si può mancare….Attenzione…se no possono essere c….i molto amari ! E scusatemi per il francesismo romanesco !
Ci servono tutte le forze antifasciste, in questo momento.
Io continuo a leggere (per resistere) Repubblica – e anche con piacere gli editoriali di Scalfari – , L’Espresso e gli editoriali “resistenti” di Marco Damilano, leggo (per respirare) le rubriche di Saviano e di Michele Serra, e non mi interessa se un intellettuale abbia una posizione antirenziana o renziana, nell’ambito della dialettica a sinistra o all’interno stesso del Pd.
Io non sono “anti-renziano”, ma non sono renziano, e per me non ha senso definirmi tale, o zingarettiano o giachettiano. Io sono nel solco storico della tradizione del Pd, che va da Moro a Berlinguer a Prodi a Veltroni a E. Letta (sì, a Enrico Letta, traghettatore di uno dei momenti più spinosi e bui del partito) . Non mi piacciono gli indici puntati “tra di noi”. Qual è il problema se un politico di centrosinistra o un giornalista è “in modo deciso non renziano”? E che problema costituirebbe il contrario?
Non si possono delegittimare coloro a cui non piace un modus operandi politico. È la bellezza della dialettica che deve caratterizzarci come partito. Io non sento più l’ossessione di attaccare o difendere Renzi. Lui è una risorsa enorme, per carisma e carattere decisionista, per energia e capacità oratoria. Ci è necessario, ma basta. Che problema c’è se a qualcuno non piace?
Il problema sono stati gli avventati e capricciosi Bersani, Speranza, D’Alema.
Ma “nel” partito la dialettica può ed è sano che sia anche aspra. Basta che nessuno faccia il fanciullo offeso che si allontana mormorando “non gioco più”. Basta, amici, parlare di Renzi, o posizionarsi di qua o di là da lui, come fosse un “ideologia” rispetto alla quale situarsi a destra o a sinistra.
Renzi è semplicemente uno di noi, dotato di grandi qualità, la cui presenza nella lotta ci è irrinunciabile. È il leader che ci ha portati al 41%, non possiamo dimenticarlo! Ma ha diritto di cittadinanza nel partito (e sui giornali vicini al Pd) chi marca maggiormente la discesa da tale 41% al 18% delle politiche. Ma qual è il problema? L’importante è che nessuno voglia cacciare o relegare nell’angolino nessuno. Come si fa a rinunciare, in questo momento buio di possibìle transizione illiberal – fascista, al leader del 41%?
Ma, detto con forza questo… basta squarciarci e cannibalizzarci su Renzi!
E per me dobbiamo essere uniti anche ai nostri intellettuali, ai nostri giornali (considero “nostri” tutti i giornali storicamente di centrosinistra, e antifascisti).
Vi abbraccio forte
Massimiliano
Grazie dei tanti spunti di riflessione!
Caro Massimiliano,
mi dispiace ma questa volta non sono d’accordo con te : io non voglio combattere Salvini allegandomi con coloro che credono ancora nel comunismo, nella dittatura del proletariato e sono contro l’Europa unita; non voglio allegarmi con gli anarchici insurrezionalisti e con tutti coloro che non rispettino la legalità e la nostra democrazie rappresentativa; non vogliamo stare insieme con coloro che hanno la verità in tasca e pensano di aver sempre ragione e per fare un esempio penso ai Bersani, D’Alema, Fassina, Civati, ecc. Sono pronto a combattere contro Salvini e compagni, insieme a coloro che sono per la difesa della nostra costituzione, della nostra democrazia rappresentativa e per una Europa unita, forte e coesa. Un esercito di mercenari non ha mai vinto una guerra importante. Garibaldi sceglieva i suoi soldati tra gli uomini motivati ad un obiettivo ben preciso, per quello che vinceva realizzando l’unità d’Italia. Mi pongo e vi pongo una domanda: tutti quegli intellettuali italiani che parlavano di Matteo Renzi come una deriva autoritaria, un uomo solo al comando, perché tacciono adesso su Salvini? Non mi pare di leggere in giro nessun commento Su Salvini dei soliti intellettuali anti renziani.
Ci servono le idee chiare e motivanti per battere Salvini: se mi allego con chi non vuole l’ Europa unita, è contro la democrazia rappresentativa, è per l’accoglienza di tutti gli emigranti in Italia senza se e senza ma, è per il non rispetto della legalità, faccio un favore a Salvini. Concludo dicendo che io voglio scegliermi i compagni di lotta in base a degli obiettivi che condividiamo insieme e non per combattere contro qualcuno.
Per quanto mi riguarda non servano allarmismi ,non serve l’ansia e la preoccupazione, ma serve un programma serio condiviso e motivante in pochi e chiari punti sul quale chiamare gli italiani e le italiane a votare prossimamente. Spero che il PD si faccia promotore di un programma elettorale per il centro sinistra.
Buona Serata a tutti Antonio De Matteo Milano
Ciao Antonio, grazie della tua risposta.
Ma sono perplesso, non avendo citato nessun politico o intellettuale favorevole al comunismo o all’anarchia! E, ancora, non avendo per nulla parlato di politici o scrittori antieuropeisti o fautori della “democrazia diretta”. Non ho parlato di grillini, in nessun punto del mio intervento, nè di marxisti-leninisti.
Non capisco.
Gli intellettuali che ho citato (Scalfari, Damilano, Serra, Saviano), non ricordo (davvero non ricordo, perdonami) se parlassero di “uomo solo al comando” riguardo a Renzi, in ogni caso non passa singolo giorno in cui non alzino la voce contro il neofascismo di Salvini, e stanno lottando con tutte le loro forze e i loro strumenti contro quello che per loro è esplicitamente un “mostro”, ed é “il” pericolo per quest’Italia minacciata e maltrattata dal suo “squadrismo” espressivo e culturale.
Dunque sinceramente non capisco, Antonio, in quale punto del mio intervento tu abbia ravvisato il mio avvicinamento ai mondi che citi (vecchio comunismo, anarchia, antieuropeismo o democrazia non rappresentativa).
Ho citato tutti politici e intellettuali che sono, con razionalità e mentalità moderna, dalla nostra parte, pur avendo fisiologicamente simpatie o antipatie all’interno del centrosinistra.
Intellettuali che sono (e ne condivìdo la visione) non per la “accoglienza” senza se e senza ma dei profughi in Italia, bensì per lo “sbarco senza se e senza ma” dei passeggeri delle ong o navi di Guardia Costiera che accostano ai nostri porti.
Ripeto, non capisco dove fossero, nel mio contributo, le tracce delle realtà politiche estremiste che hai citato.
La mia amicizia con degli iscritti di Rifondazione (colti e preparati, non “bolscevichi”, ed in ogni caso “amicizia”, non illusione di alleanze politiche) , il mio profondissimo rispetto per il mondo del Manifesto, per il pugolo fecondo che rappresenta, l’amicizia con studiose del pensiero femminista e dei gender studies, per le quali provo affetto e filosofica stima, tutte queste cose le rivendico con convinzione come, ripeto, amicizie, affetti, interesse, ascolto, di cui abbiamo sempre bisogno, ma non li citerei riguardo ad un progetto politico concreto. Ció non mi vieta di ascoltarli e scovare in essi semi e provocazioni di crescita, che nessuno ha il diritto di frustrare.
Ma non si dica che io li abbia citati per una idea di governo, perchè non è vero.
Li immagino al massimo come opposizione da sinistra ad un nostro governo (dove opposizione è quanto di più stimolante ci sia in democrazia). Ma non si dica che li ho proposti per un progetto di governo.
Io ho solo auspicato una fine, un agognato termine dell’ossessiva guerra di trincea renziani- non renziani.
Grazie Antonio delle tue parole, anche se le ho considerate frutto di fraintendimento
Massimiliano
Ragazzi (si fa per dire!), tutti noi di sinistra dovremmo essere congenitamente predisposti al dialogo e al confronto.
Quindi si parla e ci si confronta con tutti, ci mancherebbe altro. Ma dovremmo anche, sempre, cercare di convergere e non divergere sistematicamente.
Tempo fa scrissi una storia della sinistra vista attraverso le sue divisioni, a partire dal 1921 (Cent’anni di divisioni, la chiamai in omaggio al grande Gabo).
Purtroppo, siamo ancora lì, perché non abbiamo, mai nelle nostra storia, voluto condividere l’assoluta necessità ed ineluttabilità di governare, per cambiare il mondo. A qualcuno è sempre parso più comodo (il termine non è scelto a caso) cercare di farlo dall’opposizione.
Governare significa essere maggioranza ed essere maggioranza significa allargarsi, aprirsi, includere e non escludere pezzi di società, pezzi di mondo, pezzi di pensiero. E non misurare continuamente chi ce l’ha più di sinistra, come i ragazzini.
E’ una faticaccia: molto meglio pontificare da una ridotta, ben protetta dai fastidi e dalle responsabilità di governo.
Stringi stringi, è tutto qui.
Allora non giriamo intorno al problema: la vocazione maggioritaria significava quello e non altro. Invece abbiamo perseguito con insistenza la vocazione minoritaria, e ci siamo trovati come ora, a guardarci o in cagnesco o interrogativi sul come andare avanti.
Fino a quando non avremo tutti introiettato la tolleranza verso le altre anime della sinistra, non avremo imparato che si comanda uno per volta e che i regimi assembleari portano alla rovina, fino a quando non avremo riconosciuto pari dignità e pari importanza alle radici socialiste, liberali, solidaristiche, ambientaliste, radicali e quant’altro, e cercato di fare sintesi per somma e non per sovrapposizione/sopraffazione, fino ad allora siamo destinati a soffrire, tormentarci e soprattutto non concludere nulla di positivo.
Capisco che non sia facile, ma noi non abbiamo le scorciatoie semplicistiche ed autoritarie della destra.
O siamo così o non siamo. E, se non siamo, vincono e comandano gli altri, i Salvini o i Berlusconi di turno.
Ci abbiamo provato molte volte a fare le cose per bene, e qualche volta ci siamo anche riusciti, per un po’.
Poi il demone ci ha sopraffatto e siamo ripiombati daccapo.
Avete presente Sisifo?
Non prendetela come una provocazione superficiale ma mi chiedo con grande serietà perché mai il nostro compagno Ernesto Trotta non indirizzi queste sue riflessioni direttamente al maggior responsabile attuale della ennesima divisione: Matteo Renzi. Non nascondiamoci dietro il classico dito, ormai il nostro ex segretario si sta direttamente impegnando, mobilitando il Giglio Magico (vedi stamani Maria Elena Boschi) per screditare del tutto il segretario Zingaretti e la sua posizione politica attuale sulla crisi governativa proponendone una alternativa di 180 gradi e aprendo lui, proprio lui (!), che ci impedì a suo tempo un dialogo con i 5 Stelle buttandoli subito tra le braccia di Salvini, proponendoci ora di collaborare con loro. Ma siamo pazzi? Ma vi rendete conto che non c’è più un atteggiamento da parte di Matteo Renzi che vada un minimo in favore di quell’unità che su questo blog tutti i partecipanti auspicano? Rottura, solo ricerca di rottura. Come fate a non accorgervene?
La storia viene ormai da lontano e tanti compagni, me compreso, ne hanno vissuto e patito le conseguenze. Chiunque di noi si è messo al servizio della segreteria Renzi, me compreso, vivendo la derisione e gli insulti di quei dirigenti che poi sono andati a formare LeU o a rafforzare i grillini, si son trovati ad un certo punto traditi proprio da Renzi. Tutto quel gran lavoro in comune che lui ci spingeva a compiere è stato in breve tempo trasformato in uno status monocratico in cui lui faceva il bello e il cattivo tempo. Chi ha personalizzato fino all’estremo il referendum costituzionale? Chi ha messo l’elettore davanti alla domanda “o con me o contro di me?” facendo dimenticare le giuste motivazioni di quel referendum e portandoci alla più clamorosa sconfitta? Lui, solo lui. E adesso che non è più segretario, grazie al cielo, e che nel partito si è riattivata una voglia unitaria chi è che ad ogni passo si leva in piedi per rompere questa unità e delegittimare la segreteria? Renzi, solo Renzi. O siete in combutta con lui, con questo suo atteggiamento delinquenziale, o siete resi ciechi da un amore trascendente da ogni razionalità. E’ il momento che questa frattura si operi, è il momento che Renzi se ne vada con i suoi e con i rimasugli del centro a farsi un altro partito. Se lo faccia e ci lasci in pace. Noi invece bisogna capire che è il momento di chiamare all’unità intorno al partito per battere la destra ma l’unità delle persone oneste, quelle persone che non fanno le scelte per difendere le loro poltrone come stanno facendo grillini e Renzi. Andare ad elezioni significherebbe per entrambi perdere il numero di deputati e senatori che hanno in questo momento senza nessuna possibilità di essere rieletti. E’ per questo che non vogliono andare ad elezioni, solo per questo. Noi, invece, con i tanti dirigenti bravi che fortunatamente abbiamo ancora, dal segretario Zingaretti a Gentiloni, a Veltroni, a Fassino, a Cuperlo, a Pollastrini, a Orlando, a Delrio, Franceschini, Provenzano, Spicola, Verini, Prodi, Martina, Enrico Letta, Minniti, Realacci, Carofiglio, Calenda, Sala, Pisapia, Chiamparino, e i tanti che in questo momento mi sfuggono e con i quali mi scuso, possiamo dar vita ad un cartello elettorale nuovo, garantito dalla qualità di questi nomi. Senza D’Alema da una parte e senza Renzi dall’altra. Senza cioè chi per vanità personale ha scelto la rottura dal partito e a chi, sempre per vanità personale, continua a metterlo in crisi permettendo a tutti i giornali, ogni giorno, di sottolineare le divisioni all’interno del PD. Solo così, con questo cartello di dirigenti degni della nostra fiducia, potremo presentarci ad elezioni subito chiedendo, da una parte, ai tantissimi compagni della sinistra delusi e finiti nell’assenteismo e, dall’altra, alle tantissime persone di sinistra finite erroneamente nei grillini di darci la loro fiducia e di votarci. Se riusciamo a mobilitare queste due moltitudini di persone oneste, infilate in una crisi che non si meritano, daremo sicuramente filo da torcere alle truppe di Salvini. Ogni altra soluzione è fallace. Fare un qualsiasi accordo oggi con Grillo e Di Maio, come invece vuol fare Renzi, getterebbe fasce di persone utili all’Italia alle ortiche della più piena sfiducia verso la politica. Per questo invito Zingaretti ad andare avanti con la sua posizione rigorosa di voto subito.
D’accordissimo su tutto, Ernesto, sul concetto di sintesi tra le anime socialiste, ambientaliste, liberali, radicali, solidariste.
D’accordissimo con l’imperativo : provare a vincere e a governare, non “testimoniare” da una nicchia tutto sommato narcisistica.
Ma sono in sintonia anche con Antonio, come lui con noi : ieri sono stato solo frainteso, probabilmente, ma ciò non costituisce alcun problema.
Vi abbraccio tutti
Massimiliano
P.s. Qual è la vostra opinione (anche come procedura più democratica e costituzionalmente sana ) riguardo alla questione voto sùbito- non voto sùbito ?
Grazie!
P.s. non avevo letto il pezzo di Sergio, la mia risposta dunque è da considerarsi precedente. Leggerò Sergio appena posso!
Massimiliano
Ecco, letto.
Ora si scatenerà un putiferio sul blog… ma é doveroso continuare ad arricchirci dei nostri diversi pensieri. Con ironia, oltre alla naturale asprezza dell’agone intellettuale.
Io in linea generale leggo con interesse il pezzo di Sergio : anche a me qualcosa non torna, sento che qualcosa non va in questo tentativo di metter su una maggioranza pd-5s, che rischia di sgretolarsi in un modo (se possiile) ancor più teatrale di quello a cui abbiamo assistito con l’ormai ex maggioranza.
È una sensazione, non so.
Ieri Lucia Annunziata, sul Post, scriveva che a suo avviso rischia di essere un operato poco “democratico” allungare i tempi del voto, azione che contribuirebbe a scavare ancor più il solco profondo che già divide cittadini italiani e istituzioni.
Gli italiani a suo avviso direbbero : “ecco, la crisi se la gestiscono “loro” all’interno del palazzo, timorosi della nostra partecipazione”… (come successo con Dini e Monti, almeno nel vissuto politico di tanti italiani).
La Annunziata proseguiva ritenendo pericolosamente non democratico rimandare un voto perchè l’avversario più forte stringe attualmente un 38% e più dei consensi. Anche se quest’avversario è fascista. Sarebbe come considerare gli italiani incapaci di compiere una scelta, quasi bambini immaturi “da preservare dal male” (cit. da Annunziata) . E il “buco” tra popolo e “palazzo” aumenterebbe a dismisura.
Comunque sono solo riflessioni.
Io spero che Renzi e Zingaretti si “parlino”, se questa non è ormai una brutta parola. Ma vis à vis, non da twitter o facebook o interviste incrociate da questo o quel tg, e nemmeno da colonne di giornale. Intendo da vicino, davanti a un caffè (per dire..) , guardandosi negli occhi, con amicizia (anche quest’ultima è desueta in politica?).
Spero comunque che parleremo di tutto questo, e del pezzo di Sergio, sul blog, con la solita nostra amicizia e stima reciproca.
Anche i mieì sono solo spunti, sensazioni, di cui parlare insieme.
Massimiliano
Bravo, hai fatto bene a citare la Annunziata. In genere non sono quasi mai d’accordo con lei ma su questa riflessione ha ragione da vendere. Se facciamo il passo agognato da Renzi ci bruciamo il futuro. Lui, si sa, pensa solo al suo presente e anche in questo caso gli andrebbe bene.
Per chi non lo avesse letto, ecco il post citato da Massimiliano. E’ utile leggerlo. https://www.huffingtonpost.it/entry/come-due-scilipoti-qualunque_it_5d503fdbe4b0fd2733f1caab
A Scilipoti – questo “metro e qualcosa di uomo”, come si diceva nelle discussioni etiche “alte” indicando la sua brevità come evidente indicazione di un destino di inadeguatezza-; a questo Senatore – indagato per corruzione (da cui è stato poi assolto), esempio brandito da un impetuoso movimento antipolitico come simbolo della fine di ogni principio nella politica italiana – dobbiamo evidentemente oggi delle scuse. Scilipoti aveva capito cose che noi umani non siamo riusciti a vedere – che la differenza fra un robot e un uomo è nel fatto che la carne avverte, sente, soffre; e che il sacrificio in nome del proprio paese è il più alto gesto con cui la razza umana rivendica la propria superiorità.
E qui torniamo ai suoi eredi. Di Matteo Renzi forse non dovremmo essere del tutto sorpresi – il Senatore fiorentino ha più volte dimostrato di essere un abile tattico, e già in una ormai famosa occasione, dopo aver promesso all’Italia della sinistra elezioni subito dopo le primarie, cambiò idea andando direttamente a Palazzo Chigi dove c’era il “tranquillo” Enrico Letta; una manovrina di Palazzo ben oleata, fatta ovviamente per non far entrare il paese nel caos in una “congiuntura cosi’ delicata”. La congiuntura nemmeno a dirlo era un incombente fronte antipolitico, e, ovviamente, la finanziaria. Non vennero nominate, ma era anche in ballo un giro di nomine di Stato, quelle stesse che vengono a scadenza oggi, e il cui impatto sul futuro di qualsiasi leader o corrente o partito è sempre sostanziale. Dunque forse del senatore Renzi non dovremmo sorprenderci.
Ma Grillo? Che dire di Grillo? Sentirlo assumere il ruolo di responsabile nei confronti di un sistema politico disprezzato, di formule considerate morte, di alleanze con uomini e partiti, il Pd in particolare, considerati fino a 24 ore fa il vertice di ogni corruzione, è più che una sorpresa, è una esperienza sensoriale. Fra le tante stupide domande che mi vengono in mente la più grande è sicuramente: ma adesso, Grillo, nel talk show del nuovo governo di scopo, riammetterete anche il buon Bersani che venne invitato a uscirne nel primissimo contatto fra Pd e i tuoi, durante la prima consultazione in streaming?
Sono purtroppo stupide curiosità del genere, quelle che vengono in questo momento. Perché è impossibile prendere il tutto sul serio. O dovremmo davvero credere che è l’orgoglio della politica che parla in queste proposte e non l’evidente opportunismo della politica? Dobbiamo davvero pensare che Grillo non sta difendendo la voglia di restare al governo, con un 33 per cento di eletti che non avrà mai più? Vogliamo davvero credere che sia un sacrificio per Matteo Renzi abbracciare i propri nemici per eccellenza, quegli stessi 5Stelle su cui aveva tracciato finora la linea discriminante per una sua scissione?
Ma, insomma, su Grillo e Renzi queste obiezioni sono tutte fin troppo facili. Parlarne val la pena, in fondo, per una sola, seria, ragione: la conversione in pecorelle istituzionali di questi due Molok dello scontro identitario, fornisce la prova di quanto forte, cocciuto e radicato, di quanto permanente organizzato, sia, in Italia, il partito del non-voto.
Dell’impatto avuto da questo partito sulla recente storia nazionale (qualche esperto ne ha rintracciato la vita in tutto il declinare della storia della nostra Repubblica) si è parlato tanto, ma senza mai andare oltre il cumulo di domande che ha lasciato sul tavolo. Era necessario un governo Monti, o il paese sarebbe stato più stabile se la sconfitta di Berlusconi fosse uscita dalle urne? La sinistra avrebbe avuto più forza se Bersani non fosse stato eliminato con una figura di mediazione come Letta? E il rinnovamento delle istituzioni sarebbe avvenuto nel segno della politica e delle forze democratiche se Renzi fosse passato per le urne? Potremmo persino chiederci, tanto per arrivare al presente, che senso ha avuto nel “salvare l’Italia” fare un governo così incoerente come quello appena franato fra M5s e Lega?
Di tutte queste domande rimane solo una certezza: i grandi sforzi fatti dal partito del non voto, mirati a fermare la deriva populista, l’antieuropeismo, il giacobinismo antiistituzionale, non solo non hanno avuto successo. Al contrario hanno legittimato il sentimento antiistituzionale, alimentando la narrativa di istituzioni chiuse su se stesse e i propri interessi. Esattamente quello su cui punta ora Salvini per la sua scalata finale al cielo del governo dell’uomo solo al Comando. Ha bisogno di dire che tutti, assolutamente tutti, inclusi i suoi vecchi alleati, sono compromessi con il sistema e le poltrone. Una narrazione che ha avuto tempo di diventare una canzone sulle spiagge d’Italia.
Quando parliamo del partito del non voto, parliamo insomma di un modello. Partito perbenista, e per bene. Fatto da uomini molto bravi e rispettabili– come Prodi e Letta che proprio in queste ore si sono espressi a favore di non andare al voto – gente che ha esperienza di politica, relazioni internazionali, ed economia, e che concepisce la politica come un teorema della gestione, più che dello scontro. Il senso di questo partito è infatti incastonato nella discussione su clausole di salvaguardia, leggi di bilancio, agenzie di rating, spread.
Ma la ripetuta inefficacia di questo approccio nel corso degli ultimi drammatici anni, lo ha insterilito. La forma con cui si presenta oggi il partito del non voto è infatti quella di un fallito governo che, dopo averci regalato la peggiore svolta a destra del paese, propone oggi responsabilità nella forma di “aggiungi un posto a tavola”, una coalizione tra diversi e ancora e sempre nemici. Prova ne è che lo spirito con cui in questo accordo si parla di Iva, finanziaria, elezioni, è un approssimativo gergo para-economico: sposta questo conto di tre mesi, metti l’altra spesa sui consulenti, anticipa un po’ di pensionamenti, e supera questo anno. Come se invece di parlare di governo si trattasse di chiudere il bilancio di una piccola azienda, con voci da chiudere, invece che di atti politici, quali sono e quali dovrebbero essere trattati.
Una finanziaria è oggi il maggior atto politico che questo paese può fare all’interno di una scelta Pro-Europa: non mi dite che il Tesoro non ha già sul tavolo multiple ipotesi di lavoro, incluso quella di una accelerazione dovuta a una crisi di governo. In questo senso i tempi, lo abbiamo visto più volte, sono essi stessi funzionali all’atto politico. Un esempio per tutti: la finanziaria del primo anno del governo del cambiamento, decisione raccontata come epocale, per assistere alla cui nascita stampa, opinione pubblica ed esperti sono stati bloccati per mesi, fu presentata all’Europa con un valore di sforamento del 2.4 per cento. Fu rimandata a casa e divenne dello 2,04 per cento in soli 3 giorni 3.
A proposito di responsabilità, che finanziaria presenteremo all’Europa con un governo provvisorio che nelle vite precedenti dei suoi vari votanti ha sostenuto il jobs act, il reddito di cittadinanza, e la quota 100?
Se è vero, come è vero, che la sfida oggi è molto più seria di prima, che lo scontro ha raggiunto proporzioni più drammatiche, che in Italia passa, come già successo nei periodi peggiori della guerra fredda, il destino della collocazione europea, la linea rossa che divide la Russia dall’Europa, davvero un governicchio di sconfitti e mal appaiati è la scelta più responsabile, nonché piu’ attrezzata, più muscolare, per entrare a petto in fuori nella scelta fra Russia e Europa? Davvero aiutiamo gli italiani a scegliere più consapevolmente, e il paese viene messo in maggiore sicurezza perché qualche profugo, qualche pentito, e qualche furbone starà al governo per un po’ di mesi in più? Davvero l’Italia è più stabile se si tira avanti fino al prossimo presidente della Repubblica?
Facciamo decidere gli italiani. Come si fa in ogni paese, specie in epoche di crisi. Poniamo nelle piazze, sui tavoli, sui media le conseguenze delle scelte. I cittadini sono il cuore della democrazia. Smettiamo di trattarli come bambini che devono essere protetti dal male, o disprezzarli considerandoli incapaci di fare le giuste scelte.
E se il risultato finale sarà la vittoria delle forze sovraniste, delle forze anti-europa, cioè Salvini, che poi è il vero problema dietro tutte queste chiacchiere, vorrà dire che le forze sconfitte dovranno fare i conti con la loro sconfitta. Magari davvero cambiare, ricominciando dalle proprie macerie. Churchill, statista molto citato a parole, ma mai imitato dai politici italiani sapeva che le vittorie sono figlie di sconfitte ben gestite.
Detto tutto questo, credo che alla fine il partito del non voto è così forte che avrà ragione e non si andrà a votare.
E che tutti coloro che si sono schierati per andare invece al voto, saranno accusati di aver aiutato Salvini.
Caro Sergio posso fare due considerazioni da vecchio impertinente? Ovviamente le faccio prima che tu possa rispondere altrimenti che impertinente sarei.
Eccole.
1 )Il vero politico oserei dire lo statista vero, deve adattare il suo pensiero al momento che sta vivendo. Per questo non accetto e non voterò mai un politico che propone la sua filosofia senza considerarla nel momento che la società accogliente vive.
2 ) Nell’interesse del popolo italiano un vero politico può decidere, visto che su questo blog siamo tutti per la democrazia rappresentativa, tramite, gli organi direzionali del proprio partito preposti , a maggioranza relativa, la linea del proprio partito.
Non capisco quindi perché un dirigente del PD, in questo caso Matteo Renzi, non possa esporre la sua proposta sulla attuale crisi politica italiana. La proposta di Matteo Renzi non l’ho ancora capito completamente, ma Sergio non mi ha aiutato con la sua spiegazione, anzi mi è parso di capire che lui sì auguri la fuoriuscita di Matteo Renzi dal PD e quindi della sua corrente.
Io mi auguro che il PD resti unito: è l’ultimo baluardo al nuovo fascismo e l’ex segretario del PD non può essere considerato un nemico del centro sinistra. Se poi Renzi deciderà di uscire dal PD allora lo considereremo come D’Alema e Bersani e con lui non faremo accordi; ma se poi il suo partito vincerà alle elezioni future il PD non esisterà più. Forse è meglio stare insieme e combattere i nazionalismi ed i sovranismi di lega e gli attuali dirigenti del Movimento 5 Stelle. La linea del partito democratico Italiano, caro Sergio, la deciderà l’organo direzionale dello stesso ed io accetterò il verdetto qualunque esso sia e spero tu faccia lo stesso. Basta demonizzarci tra di noi. Proviamo a dare un parere rispettando quello degli altri e poi aspettiamo le decisioni del PD.
Caro Sergio a te le proposte di Renzi non ti piacciono ed ormai lo sanno anche i sassi, ma la tua proposta prevede di votare con al comando del ministero degli interni Salvini e con chi ci dobbiamo allegare? Recuperiamo la calma e cerchiamo di essere costruttivi ne abbiamo bisogno tutti in questo momento. Mi verrebbe voglia di dire che Dio vi benedica, ma, a parte Massimiliano, al quale confermo che ci eravamo spiegati male e sono d’accordo con lui,
capisco che anche il padre eterno potrebbe avere difficoltà a benedire la comunità del PD alquanto irruente e quindi mi limito a dire pace e bene a tutti e buona serata Antonio
E dagli. Tutti questi anni ho fatto mie e ho operato in base al ragionamento che fai tu, Antonio, perché allora ripeti a me queste cose che condividiamo? L’intervista sul Corriere di domenica in cui in pratica Renzi non proponeva umilmente una sua opinione sul da farsi bensì, perentoriamente, lasciava intendere “o facciamo così o io e i miei ce ne andiamo”. Tutto qui. E a chi dice questo io ho sempre risposto, da D’Alema a Bersani a Civati a Fassina, “prego, signori, quella è la porta, addio e buona fortuna”. Perché non devo fare la stessa cosa con Renzi? Buon Ferragosto.
Caro Sergio,
condividiamo gli obiettivi ma non i mezzi per raggiungerli. Vediamo se riusciamo ad intenderci anche su questo.
Io dico, e su questo siamo d’accordo, che chi esce dal PD è un masaniello in cerca di gloria che distrugge sistematicamente la sinistra e prepara, anzi aiuta, l’ascesa della destra. La storia mi pare che l’abbia dimostrato ampiamente anche recentemente da Mussolini a Prodi ecc. il professor Clemente forse ce lo può spiegare meglio di me. Io però non voglio usare la frase “prego, signori, quella è la porta, addio e buona fortuna” frase molto usata nella nostra società sia nel pubblico che nel privato. Nelle società private il manager di turno imposto come capo ha come arma principale la suddetta frase e questo me lo conferma anche mio figlio che come quadro lavora in una grande multinazionale del commercio oltre ad averlo verificato personalmente già 15 anni fa come lavoratore. Non c’è colloquio nelle grandi strutture ma anche in quelle piccole: o si fa quello che dice il capo o se no quella maledetta porta è sempre aperta e se esci da lì trovi il deserto, la disoccupazione assicurata, solitudine e disperazione. Succede così anche in politica chi esce da un partito di solito finisce male. Così finisce male chi accetta di uscire da quella maledetta porta e chi l’ha indicata: chi esce si trova ad affrontare il mondo esterno da solo chi resta al comando perde un’intelligenza e un’opportunità. Alla luce di quanto sopra detto a me sempre più ragionevole trovare un compromesso tra idee diverse. Cominciamo a lasciar fuori gli epiteti “cafone, terrone bullo, bulletto e via di seguito’, e proviamo ad ascoltare gli altri senza preconcetti, senza puzza sotto il naso ma cercando di capire quali sono i loro obiettivi e vedere se è possibile coniugarli con i nostri. Io la proposta di Renzi Matteo non l’ho ancora capito molto bene; ma se fosse orientata a creare, insieme ad una parte Consistente del Movimento 5 Stelle, una alternativa al centro-destra di salvini, razzista, fascista anti Europeo e secessionistico, per me andrebbe bene. Per te caro SergIo no? Ho ascoltato l’intervento di Matteo Renzi al Senato e mi pare che abbia detto che a decidere la posizione del PD sarà Zingaretti che non ha posto veti ed è disponibile ad ascoltare tutti. La situazione suddetta per me è meglio di quella che prospetta il vegliardo Macaluso: le guerre, i combattimenti, le Rivoluzioni, hanno sempre portato , morti, distruzioni, quasi sempre inutili, per poi comunque arrivare ad un compromesso. Cerchiamo su questo blog di ragionare pacatamente e concretamente: evitiamo di diventare come una cattiva assemblea di condominio dove tutti urlano e non si combina niente. Un’altra cosa che mi piacerebbe vedere ; nei giornalisti, nei professori, negli insegnanti, in coloro che orientano il popolo, è la disponibilità a capire le esigenze dei singoli senza usare la frase “ qui comando io per chi non è d’accordo la porta è sempre aperta“. Facciamo uno sforzo insieme e forse chi lo sa possiamo fare un accordo anche con il nostro avversario. La calma è la virtù dei forti, diceva Shakespeare, ed a noi anziani È l’unica arma che ci resta per difenderci. Grazie Sergio e grazie a tutti coloro che scrivono su questo blog e leggono. Buon Ferragosto a tutti Antonio De Matteo Milano