Matteo Salvini (che negli anni ha detto: Berlusconi frequenta Vladimir Luxuria, io preferisco Vladimir Putin; fra Renzi e Putin scelgo Putin tutta la vita; io vorrei Putin come alleato; Putin è un leader mondiale; Putin ha le idee chiare per una società ordinata, pulita e armoniosa; io sto con Putin; preferisco Putin all’Unione europea; Putin fa, io sarei più sicuro con uno come lui; io voglio la pace, sto con Putin; Putin è fra i migliori statisti in circolazione; apprezzo la visione dell’Europa di Putin; le sanzioni contro Putin sono da cretini/ deficienti/idioti; ammiro Putin per le idee chiare, la fermezza, il coraggio, la visione della società; Putin non ha difetti; Putin ha scelto la Lega come unico interlocutore; Putin garantisce la pace in Europa; farei carte false per avere Putin presidente del Consiglio; Putin è libero, non è schiavo delle banche; mi basterebbe essere minimamente al livello di Putin; Putin è un modello; con Putin faremo la storia; Putin è un gigante; più Putin e meno Obama; Putin è fonte di speranza; in Italia ci vorrebbero dieci Putin; darei due Mattarella per mezzo Putin; meno male che c’è Putin.
Se avessimo Putin in Italia staremmo molto meglio; mi piace Putin, lo stimo; Putin è uno degli uomini di governo più lucidi, lungimiranti e concreti; da Putin mi sento a casa mia; Putin è il miglior uomo di governo sulla faccia della terra insieme a Trump; Putin è un grande; Putin è un amico) non capisce proprio perché, se sostiene la necessità di dialogare con la Russia semplicemente per evitare la guerra, poi «finisco sui giornali come amico di Putin».
Mi chiama un amico per mettermi a parte del rinvio a giudizio di Piercamillo Davigo. Non mi importa, rispondo. Insiste: sai quanti ne abbiamo oggi?
Sì, dico, è il 17 febbraio, sono trent’anni esatti dall’arresto di Mario Chiesa, ma non mi importa, da molti anni ritengo Mani pulite un grande abbaglio, l’alibi per tutti noi di considerarci dei poveri sgobboni taglieggiati dalla casta, l’occasione per la magistratura di assumere l’osceno ruolo di moralizzatrice del paese, per i giornalisti di sferruzzare i loro articoli da tricoteuse, una gara invereconda a chi era più onesto, praticamente un paese di 59 milioni e 950 mila onesti messi nel sacco da 50 mila disonesti, per i quali abbiamo invocato e ottenuto il patibolo preventivo.
Eravamo già grillini, prima di Grillo, altroché. Gli dico, vatti a risentire il discorso di Craxi passato meschinamente alla storia come quello del così fan tutti, in cui in realtà diceva che la magistratura doveva indagare i reati, cercare i colpevoli, eventualmente condannarli, ma la politica doveva fare la politica, e riversare tutto sul capro espiatorio socialista significava ripartire dalla menzogna e prepararsi un futuro di menzogne: ecco, il ladro aveva ragione e gli onesti avevano torto.
Ma non mi importa più. Non voglio più rovinare a nessuno la sua storia di Zorro, auguro a Davigo una pronta assoluzione e passo oltre. Ma io, dice l’amico, volevo solo leggerti una frase di Edmund Burke: «Qui finiscono tutti gli ingannevoli sogni e visioni di eguaglianza e di diritti dell’uomo. Nella palude Serbonia di questa vile oligarchia tutti saranno assorbiti, soffocati e perduti per sempre».
Mattia Feltri
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