Leggo da qualche parte che Salvini vuole introdurre un esame di italiano e di cultura generale per gli immigrati che desiderano diventare nostri concittadini. È un’idea buffa e ridicola, copiata di sana pianta. È una storia lunga, ma vale la pena, forse si impara qualcosa.
Nel 1960 la Corte suprema degli Stati Uniti ha già decretato la fine della segregazione razziale nelle scuole. Ma i razzisti bianchi della Louisiana non si arrendono. Per bloccare i bambini neri e impedire loro l’accesso alle scuole desegregate si inventano un esame di ammissione speciale (per neri). È così difficile che in tutta New Orleans solo sei bambini riescono a superarlo.
Le ricorda qualcosa, ministro Salvini?
Cinque famiglie, vista l’ostilità, decidono di lasciar perdere e iscrivono i figli nelle normali scuole segregate per neri.
Ma non Lucille, la mamma di Ruby Bridges. Per la sua “principessa” vuole una scuola normale, la stessa dei bianchi. In città si crea subito una grande agitazione quando Lucille iscrive la figliola a una scuola per bianchi. Si annunciano disordini.
Non si sa come, la voce arriva fino alla Casa Bianca, dove siede Dwight Eisenhower, l’eroe dello sbarco in Normandia. Colui che ha sconfitto i nazisti, che ha aperto e svelato l’orrore dei campi di concentramento nazisti e che a Norimberga ha fatto impiccare i colpevoli che è riuscito a far arrestare.
Dwight ha visto che cosa può accadere con il razzismo e il nazionalismo. Li ha combattuti e ha vinto. Quando è tornato in patria, il Congresso, in seduta straordinaria, con una legge speciale approvata in dieci minuti ha conferito a lui, e solo a lui, la quinta stella da generale da appuntare sulla divisa. Poi lo hanno eletto presidente. In questa veste, oltre ai grandi poteri che la carica conferisce, Eisenhower aggiunge anche una sorta di potere morale: è il grande eroe americano, è il generale che ha fatto piazza pulita del nazismo con le armi in mano.
È un conservatore, ma la sua storia lo porta a detestare i razzisti bianchi del Sud, proprio non li può digerire. Quando viene a sapere la storia di Ruby, la bambina che i bianchi non vogliono nelle loro scuole si incazza come poche volte nella vita (impara Salvini).
Convoca il capo degli U.S. Marshall e gli dice semplicemente: “Ruby deve andare nella scuola dove si è iscritta. Fate quello che dovete”.
Ci manda il presidente
Il primo giorno di scuola in casa di Lucille e di Ruby, mentre la mamma prepara il vestito buono per la bambina, c’è una certa agitazione. In quel momento, però, quattro omaccioni suonano alla loro porta. Si presentano: “Siamo U.S. Marshall. Per ordine del Presidente scorteremo Ruby a scuola e sorveglieremo che non le accada niente. Questa sera la riporteremo a casa”.
Gli U.S. Marshall sono gli eredi degli antichi sceriffi del West, sono omaccioni di un metro e 80, girano sempre pesantemente armati. Il loro lavoro standard è proteggere giudici e testimoni dai malviventi. Di solito devono vedersela con gangster e mafiosi. Sanno che quando c’è un problema, nel 90 per cento dei casi ci sarà da sparare.
Quando escono dalla casa di Lucille e Ruby si vede benissimo chi sono. Ma, a scanso di equivoci, indossano anche un vistoso bracciale con scritto appunto “U.S. Marshall”. Il buffo corteo si mette in movimento. Due davanti e Ruby, uno scricciolo di bambina, al centro. E due dietro.
Arrivati a scuola, vedono che i bianchi, bambini e genitori, stanno facendo cagnara nelle aule e nei corridoi. Sono gli stessi Marshall a decidere che non è il caso di gettare benzina sul fuoco. Il piccolo gruppo passerà la giornata nell’ufficio del preside, mentre fuori impazza la gazzarra.
La maestra, Barbara
Il giorno dopo l’ambiente è più tranquillo e Ruby finalmente entra in classe: non c’è nessuno. Solo la maestra. Una maestra bianca, la prima maestra bianca di Ruby, che infatti dirà: “E’ la maestra più bella del mondo”.
La maestra, Barbara Henry, è del Massachusetts, il grande stato democratico, quello dei Kennedy per intenderci. Ma non è nemmeno questo che conta. Ha fatto tutta la sua carriera insegnando nelle basi militari all’estero. Il razzismo le è totalmente estraneo. (Salvini bisogna girare un po’ il mondo…)
Per parecchi giorni la scuola di Ruby è questo: lei e Barbara, nessun altro. A un certo punto si sparge la voce che i razzisti bianchi, esasperati, stiano meditando di avvelenare Ruby e la mamma. Dalla Casa Bianca arriva un altro ordine per gli U.S. Marshall: comprate il cibo nelle città vicine e fatelo confezionare dalla mamma in persona.
Poi, una mattina, accade l’imprevisto. Davanti alla scuola si presenta, accompagnata dal padre, una bambina bianca: prende per mano Ruby e insieme entrano a scuola, il giorno dopo si uniscono altre due bambine bianche, e poi tutte. La segregazione è finita. (Vedi Salvini, i bambini cambieranno il mondo, non tu).
Gli U.S. Marshal torneranno a casa.
La Ole Miss
Qualche anno dopo l’università Ole del Mississippi non vuole iscrivere degli studenti neri. Alla Casa Bianca c’è Kennedy, il fratello Bob è alla giustizia, da cui dipendono direttamente gli U.S. Marshall. Bob è ancora meno paziente di Eisenhower.
Chiama il capo degli U.S. Marshall, James McShane, e gli dice. “Vada giù e mi iscriva questi ragazzi all’università”. Poiché prevede disordini, gli assegna due carri armati e un reggimento della Guardia Nazionale.
Giù, McShane trova in prima fila il governatore, George Wallace (una specie di Salvini, ma molto più determinato), che sventola un Winchester. McShane cerca di trattare, ma capisce subito che con quegli invasati non c’è niente da fare. Non dice una parola, con un gesto fa posizionare i carri armati e muove la Guardia Nazionale. La battaglia dura un giorno intero, con due morti e molti feriti. Ma alla fine i rivoltosi si arrendono.
McShane, protetto da due ali di soldati della Guardia Nazionale, colpo in canna, sale i pochi gradini che lo portano in segreteria, tenendo per mano James Meredith. E, come suo costume, quasi non parla, dice al funzionario: “Per ordine del ministro della Giustizia, sono qui per iscrivere questo ragazzo all’università. In caso di resistenza, lei è passibile di arresto immediato”. Meredith viene subito iscritto.
Dopo questo episodio, nessuna università americana si è mai più permessa di negare l’iscrizione agli studenti neri. Anzi, molte hanno varato programmi specifici di integrazione.
Queste storie hanno una coda, che forse può interessare a Salvini. Un famoso pittore americano, Norman Rockwell, ha dipinto Ruby in mezzo agli U.S. Marshall mentre va a scuola. Quel quadro è finito alla Casa Bianca. Obama ha invitato Ruby, ormai una signora, a trovarlo e a posare davanti a quel quadro. Poche parole: “Se oggi siamo qui, si deve anche terribili lotte che voi avete sostenuto”. Trump avrà mandato il quadro in cantina. Salvini potrebbe farselo regalare e tenere in ufficio.
Ma anche il Sud, in qualche modo, ha voluto chiedere scusa a Ruby: l’università di Tulane le ha conferito una laurea honoris causa e il distretto di Alameda (California) ha intestato molte scuole elementari a Ruby Bridge.
Ecco, caro Salvini, le ho voluto dedicare questa storia di razzismo che ha al centro due uomini straordinari, Dwight Eisenhower e Bob Kennedy, una maestra e due bambine eccezionali.
Non credo che lei cambi strada. Resta il fatto che Eisenhower e Bob Kennedy sono entrati nella storia, lei, forse, nella cronaca confusa di questi anni. Di più, mi sembra impossibile.
6 Comments
Grazie Sergio, grazie Giuseppe Turani per questa importante e quasi ignota pagina di storia…
Un abbraccio
Massimiliano
Caro Sergio,
in questi giorni mi ha colpito la bella fotografia scattata durante lo sgombero della casa occupata a Primavalle di quel ragazzino di colore che si avvia verso chissà dove portando con sé una montagna di libri. Sai che cosa ho pensato, mentre lo guardavo e gli vedevo negli occhi una mite determinazione? che un giorno sarà lui, o uno come lui, il nostro Obama che riscatterà con lo studio e la perseveranza l’onore del nostro Paese.
Un abbraccio
Grazia Valente
Sono d’accordo, Grazia! (Ho visto anch’io la foto…).
Penso che gli esseri umani sul nostro pianeta debbano colloquiare e cercare sempre un compromesso per vivere in pace e progredire . Contrariamente all’atteggiamento del direttore Giuseppe Turani , io, pur condividendo ed apprezzando quanto scritto da questo ultimo, vorrei sapere, dal ministro dell’interno Matteo Salvini quali saranno i requisiti, secondo lui, che uno straniero, bianco o nero che sia, debba avere per aver diritto alla cittadinanza italiana. Non credo che il ministro esaudirà il mio desiderio scrivendo su questo blog; ma io voglio precisare quanto segue.
Io penso che chiunque voglia la cittadinanza italiana debba comunque superare un esame non discriminatorio. Mi sembra giusto che parli decentemente la nostra lingua ed accetti le nostre tradizioni e modo di vivere. Non darei mai la cittadinanza italiana a chi in nome di Dio ammazza e discrimina le donne o in generale altri esseri umani rifiutando la nostra lingua. Non credo di essere razzista e sono pronto a colloquiare con chiunque anche con i razzisti. Buona giornata a tutti Antonio
Sì, Antonio ha ragione. L’ “esame” é anche una spia della leale e sincera volontà, da parte di una persona (che sia giapponese, canadese o burkinabé o nigeriana) di inserirsi nella nostra società.
Nella pagina di storia americana citata, si trattava di cittadini dalla pelle nera “già” americani, e dunque era una discriminazione assurda e odiosa.
C’è da dire, ovviamente, però, che un paese moderno e laico non puó richiedere un esame senza attivare corsi di lingua, storia, cultura, istituzioni (soprattutto lingua e diritto e educ. civica : la storia può venire dopo, in un percorso integrativo permanente) . Cioè, il punto è questo : un paese deve mostrare la volontà di accogliere, la sapienza e la consapevolezza che sta lasciando entrare risorse umane, culturali, professionali, intellettuali.
Se il fatidico “esame” diventa un appuntamento al buio” di masse di candidati non preparati da scuole, non seguiti, e che magari per poter lavorare e mangiare non hanno potuto trovare il tempo di aprire un libro di grammatica o un compendio della Costituzione o degli statuti del loro comune, allora il punto di partenza “sotterraneo” diventa simile a quello della vecchia Lousiana : esiste una legge, da noi facciamo in modo di metterti il bastone tra le ruote. E questo governo ne sarebbe lieto e capace, almeno nella persona del suo Min. degli Interni.
Per il resto ho guardato sempre con favore alla possibilità di prove d’integrazione come le ha descritte Antonio.
L’unica paura, ripeto, che deriva dal fissare il volto di chi é al potere, è che queste verifiche possano trasformarsi in processi kafkiani per le categorie di persone “non gradite” .
Per il resto sono d’accordo con Antonio : c’è tanto da chiarire con forza a chi arriva. Il nostro diritto familiare, il divieto di pratiche discriminatorie verso la donne e le bambine (patriarcati, matrimoni di minori, ma cito giusto qualcosa non pretendendo di conoscere bene altre culture! ).
Per dirla in termini banalissimi, quasi infantili… : il punto è solo che un paese laico e moderno deve “sperare” di promuovere, e non di bocciare chi si presentasse a queste prove. Esse non dovrebbero essere temute, ma attese, e magari reiterabili.
Grazie Antonio per la necessaria riflessione..
A proposito dei governanti attuali,
forse possiamo dire che il ministero Tominelli ha capito di appartenere ad una minoranza di Italiani ed Europei che non possono bloccare il TAV. che è disponibile a trasportare il suddetto ministro gratis a londra.
Speriamo che provi il treno ad alta velocità: noi Italiani Europeisti saremo disposti se rinsavisce a considerare la sua futura richiesta di asilo politico. Viva la democrazia rappresentativa, la quale prevede che a comandare sia sempre la maggioranza dei rappresentati.
Le minoranze sono state, sono e saranno sempre garantite. Tranquillo ministero Tominelli: noi Europeisti non abbiamo epiteti da attribuirle, ma le chiediamo solo di attuare i nostri desideri: dia il via al Tav e si prenda una lunghissima meritata vacanza. Buona serata a tutti Antonio