Il nostro ministro Calenda mi affascina molto, ha una capacità di ragionamento e una semplicità di esposizione rare in questo periodo. Tanta è la confusione sotto il cielo e nella mia testa che non sono in grado di giudicare d’amblé se è tutto ragionevole ciò che ci propone, sia come analisi che come suggerimenti operativi, ma la cosa è assai intrigante e ricca di riflessioni e bisogna assolutamente leggerla con attenzione. Non so se si tratta di un razionale sogno liberal democratico come quello che per poco tempo aveva provato a fare Macron e tanto meno so se sia il modo giusto per porsi di fronte a un nuovo modo di essere di sinistra. Forse è entrambe le cose ed è con questo spirito che lo posto e lo offro alla vostra discussione. Il fatto che il PD non possa rimanere zitto e fermo ma tenti di prendere una iniziativa politica lo condivido pienamente.
Il Pd non può restare immobile, deve farsi promotore di una proposta per uscire dallo stallo. Deve mettere sul banco l’idea di “un governo di transizione”, sostenuto Da tutti i partiti. Che possa affrontare la “tempesta perfetta” pronta ad abbattersi sul nostro Paese. Che duri almeno un paio di anni, affronti la crisi internazionale, dia sostengo alle nostre debolezze economiche e disegni un nuovo assetto costituzionale.
Carlo Calenda, ministro uscente dello Sviluppo economico e da poco iscritto al Partito Democratico, esce dal silenzio in cui si era trincerato dopo le elezioni del 4 marzo. E lo fa lanciando sul tavolo la via dell’esecutivo di tutti per provare ad uscire dalla paralisi politica e dal blocco che si è determinato dopo il voto nel sistema dei partiti.
Carlo Calenda, ministro uscente dello Sviluppo economico e da poco iscritto al Partito Democratico, esce dal silenzio in cui si era trincerato dopo le elezioni del 4 marzo. E lo fa lanciando sul tavolo la via dell’esecutivo di tutti per provare ad uscire dalla paralisi politica e dal blocco che si è determinato dopo il voto nel sistema dei partiti.
«La crisi Siriana – premette – è destinata ad allargarsi anche se si dovessero arrestare temporaneamente i raid. Il Medio Oriente sta vivendo la sua guerra dei 30 anni. Sciiti e Sunniti al posto di Cattolici e Protestanti ed esattamente come nella guerra dei 30 anni il conflitto sta risucchiando le grandi potenze esterne al mondo mussulmano. Dobbiamo preparaci ad un’instabilità prolungata che contagerà il nord Africa con pesanti riflessi sui flussi migratori».
In realtà non sembra che quel sta accadendo in Siria stia provocando in tutte le forze politiche – a cominciare proprio dalla Lega – sussulti di responsabilità.
«Ma bisogna capire che non è una situazione ordinaria. L’Italia rischia di essere l’anello fragile di un Occidente fragilissimo. Siamo esposti finanziariamente, a causa del debito, e geopoliticamente come frontiera sud dell’Europa.
Tutto ciò mentre gli stimoli della Bce vanno esaurendosi e una guerra commerciale sembra più vicina, con potenziali riflessi pesantissimi sul nostro export. Non possiamo affrontare questa tempesta perfetta in una situazione di instabilità politica e istituzionale che rischia anche di tagliarci fuori dal lavoro che Francia e Germania stanno iniziando per rifondare l’Europa».
Tutto ciò mentre gli stimoli della Bce vanno esaurendosi e una guerra commerciale sembra più vicina, con potenziali riflessi pesantissimi sul nostro export. Non possiamo affrontare questa tempesta perfetta in una situazione di instabilità politica e istituzionale che rischia anche di tagliarci fuori dal lavoro che Francia e Germania stanno iniziando per rifondare l’Europa».
Quindi?
«Il Pd dovrebbe proporre la costituzione di un Governo di transizione sostenuto da tutte le forze politiche e parallelamente la formazione di una commissione bicamerale sulle riforme istituzionali che risolva tre questioni fondamentali: la possibilità di formare esecutivi stabili in un sistema politico tripolare, il rapporto tra autonomia delle regioni e interesse nazionale, i tagli ai costi della politica e soprattutto la trasparenza nella gestione dei partiti. Una Commissione la cui Presidenza possa essere del Movimento 5S che rappresenta oggi il primo partito e potrebbe proporre alle altre forze la sua idea sulla terza repubblica».
Mi scusi, ma mi pare che lei la faccia troppo facile. Il suo partito, il Pd, ha tenuto tutt’altra linea fino ad ora. Nessuna alleanza.
«Ma noi non dobbiamo accettare alleanze. Se mi parlassero di un accrocchio politico, anche io direi no. Ma a questo punto non può dire soltanto “opposizione e basta”. Va rovesciata la prospettiva».
Lei dice “a questo punto”. A quale punto si riferisce?
«Si è capito che nessuno ha vinto le elezioni e i tentativi di costruire un governo politico tra Lega e M5S mostrano tutta la fragilità di questo progetto. È viceversa chiaro che il Pd ha perso le elezioni e che non può partecipare ad un governo politico con i grillini o la destra senza tradire se stesso e i propri elettori. Noi allora non possiamo rinchiuderci nel recinto delle nostre infinite polemiche interne su Assemblee, primarie e caminetti o nel “tanto peggio tanto meglio” arrivando ad auspicare un Governo Salvini-Di Maio».
Renzi, che un peso nel partito ce l’ha ancora, non ne vuol sentire nemmeno parlare. Preferisce che si certifichi prima l’insuccesso di Lega e M5S.
«Ripeto: quel governo sarebbe una iattura. E io non chiedo un governo politico. Su questo sono assolutamente d’accordo con Renzi. Dobbiamo però fare una proposta. Per uscire da questo vicolo cieco e anche per aprire in modo ordinato e sicuro la terza Repubblica».
Scusi, ma sulle riforme costituzionali mi pare che il Pd si sia già scornato. Servirebbe una transizione davvero lunga.
«Lo so. Ma possiamo rinunciare? So bene che ci servirebbero almeno due anni. Ma solo così si uscirebbe dalla Seconda Repubblica».
Con questo tripolarismo quale legge elettorale può garantire la stabilità?
«Il doppio turno maggioritario con, appunto, una riforma costituzionale».
Lei saprebbe anche a chi affidare la presidenza del consiglio di questo governo?
«No, non lo so. In questo momento bisogna in primo luogo verificare se c’è la disponibilità a una prospettiva più larga rispetto a quella di cui si discute in questi giorni».
Qualcuno dirà che lei si candida alla guida di questo esecutivo.
«Se avessi questa idea, non farei questa intervista. Rimarrei in silenzio».
Lei fa riferimento all’emergenza internazionale. Ma la Lega, sia sulla Siria sia sull’Europa, non ha fornito garanzie piene.
«Prima delle elezioni tutti volevano uscire dall’euro, ora non ne parla più nessuno. Quando si esce dal voto, le cose cambiano. C’è spazio per fare un accordo di programma che parta da alcuni principi: stabilità dei conti pubblici e riduzione del debito, rispetto della collocazione internazionale dell’Italia, partecipazione attiva al disegno di ricostruzione europea nel senso di un’Europa capace di proteggere, stimolare gli investimenti e implementare finalmente il migration compact proposto dall’Italia, una politica economica orientata alla difesa dell’interesse nazionale, agli investimenti e alla protezione a partire dal rafforzamento del reddito di inclusione. Una cabina di regia formata dai segretari dei partiti che sostengono il Governovigilerebbe sul rispetto del programma».
Ma lei davvero pensa che Lega e M5S che si sono dichiarati i vincitori di questa tornata elettorale, sarebbero davvero pronti a un passo indietro del genere?
«Converrebbe anche a loro. Salvini e Di Maio hanno dimostrato di essere politici capaci ma la loro esperienza di Governo è fragile ed è il momento meno indicato per compiere salti nel buio. Il rischio di bruciarsi insieme al paese sarebbe altissimo anche per loro».
E il Pd è in grado di reggere un urto di questo tipo? Non ha un segretario definitivo, lo scontro tra renziani e antirenziani è senza fine.
«Martina sta facendo bene il lavoro di reggente. Poi, certo, servirebbe una segreteria larga, costituente. Con dentro gli ex segretari come Renzi e Veltroni, e gli ex premier come Gentiloni e Letta. Il Pd va rifondato e serve l’aiuto di tutti. I governi di Paolo e Matteo sono stati i migliori degli ultimi anni ma siamo stati travolti da un’ondata di riflusso che colpisce i partiti progressisti in tutto il mondo. La destra può rifugiarsi nel nazionalismo, la sinistra deve trovare la sua nuova strada».
Nel frattempo il governo dimissionario di cui lei fa parte deve affrontare alcuni impegni. Su Tim , ad esempio, è sceso in campo.
«Cdp è intervenuta per supportare un progetto che vuole trasformare Tim in una public company e scorporare la rete non per prendere il controllo dell’azienda. Vivendi è stato un pessimo azionista e l’Italia ha bisogno di una rete unica forte capace di mobilitare investimenti.
Sono favorevole agli investimenti esteri, ma questo non vuol dire rimanere inerti quando dimostrano di distruggere valore piuttosto che crearlo soprattutto quando in ballo c’è un interesse strategico».
Sono favorevole agli investimenti esteri, ma questo non vuol dire rimanere inerti quando dimostrano di distruggere valore piuttosto che crearlo soprattutto quando in ballo c’è un interesse strategico».
Scusi, Cdp sarà un socio transitorio di Tim ma anche della rete societarizzata?
«No, lo Stato dovrà avere una presenza ma non necessariamente il controllo. La rete telefonica dovrà essere come quella del gas, dell’elettricità o dell’acqua. Sarà una garanzie per tutti gli operatori».
Su Alitalia, invece, ha delle preferenze tra le tre offerte?
«I Commissari hanno fatto un buon lavoro. Il prestito ponte è sostanzialmente intatto ma, andrà comunque restituito dopo la vendita. Alitalia rimane fragile e ha bisogno di un partner. C’è la possibilità di lavorare sulle offerte e arrivare a una soluzione strutturale che non costi più ai cittadini. Ma anche qui c’è bisogno del nuovo Governo altrimenti gli investitori non compreranno. Per questo faremo il decreto di spostamento dei termini della vendita.
Oggettivamente, però, l’offerta Lufthansa è quella più promettente».
Oggettivamente, però, l’offerta Lufthansa è quella più promettente».
Claudio Tito, La Repubblica, 16 aprile 2018
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