Bella, divertente, e molto seria.
Ma cos’é Liberetà? Cioè è una rivista, una rubrica di un altro giornale?
Sì, la pandemia ha messo alla prova tutti e tutto il nostro mondo.
È stato istruttivo far le file sotto il sole per entrare in un supermercato o in farmacia. È stato istruttivo perchè non ne avevamo idea di cosa significasse, spesso, la pazienza. Non avevamo pensato mai ad allenarci nell’arte di vivere il tempo.
Nè nell’arte di sentirci come le donne e i fanciulli durante le guerre della storia, e credo almeno fino almeno alla prima guerra mondiale : l’arte di stare. Stare a casa. Zitti, se soli. A parlare e bere caffè, in due o più. A leggere, sì. A fare inventando.
Mentre gli infermieri erano sulla terra del pericolo (l’hanno chiamata trincea, va anche bene, forse, però forse è meglio sforzarsi di inventare parole nuove per dare “dignità individualissime” ad ogni lotta o situazione di pathos).
Abbiamo, dicevo, imparato a non sentirci poi così importanti. Eccole, le nostre piccole tranquille vite, con le buste della spesa grande che ci segano le falangi delle dita, così che a casa abbiam tutte le mani rosse.
Ed ecco che io, che ho pubblicato vari libri, privo di qualsiasi pur minima ispirazione, durante il covid. Forse perchè, come diceva un grande scrittore un mesetto fa (non ricordo chi fosse, accidenti..) per poter scrivere una storia “la vita deve essere intera”, non tranciata a metà. Anche la vita di un prigioniero, di un detenuto, anche le vite raccontate da Primo Levi erano “intere”. Avevano un che di inevitabilità del male, in quegli anni agghiaccianti, che le rendeva misteriosamente intere : storie. Degne di chiamarsi storie.
Nel covid non eravamo nè all’inferno nè in paradiso nè in nessun luogo, orribile, sporco e violento, oppure sereno, luminoso, condiviso come una tavolata.
L’ordine era di fermarci. Non potevamo – mi si conceda l’esempio cruento del quale mi scuso, se fosse importuno – neanche lanciarci contro i fili spinati elettrici di un campo (immagino però questi fili al limite del quartiere o dei 200 m concessi per una passeggiata, o dopo la porta dell’ultimo supermarket o della farmacia più lontana).
Abbiamo dovuto imparard la pazienza del nulla, anzi quella pazienza il cui dolore è lo stare sul nulla.
Le foto sconvolgenti che pubblicava L’Espresso mi hanno aiutato a toccare quei corpi, a guardare negli occhi i guerriglieri delle terre del dolore, cioè infermieri, barellieri, a fissare le schiene curve e le spalle attonite dei parenti attorno alle operazioni di giramento da un lato all’altro del letto del proprio congiunto che pareva afflosciarsi come piuma o come una fascina di grano molle, sotto le braccia degli operatori. Sì, abbiamo imparato che non siamo così importanti. La mia vita non è così importante. Non più di quella di un qualsiasi ragazzo di Bergamo che non riesce a seguire online le lezioni, e sente scivolare via qualcosa del suo mondo che credeva sì complesso, ma mai più forte dell’allegria sua e dei suoi compagni ; essa, l’allegria, graniticamente avrebbe conquistato il mondo, pian piano : ne era sicuro anche quando andava ai Friday for Future, e per quanto era curioso, un giorno, di conoscere Greta Thumberg o Olga, la ragazza che legge ad alta voce la Costituzione Russa a Mosca davanti alla polizia. E invece no, maledizione : c’era, arrivava qualcosa di “materialmente” più forte di Greta e di Olga : il covid 19.
Ed ecco che imparo la pazienza, l’attesa, la marginalità di quando sei l’ultimo della fila alla posta. Ed ecco che imparo che la mia vita non è poi così importante, se esistono i drammi di ragazzi che con la testa fra le mani – e resistendo nonostante tutto – battono ì denti dalla paura che tutto, anche Greta e Olga, sia così fragile da rovinare giù per colpa di un batterio.
Dobbiamo restare, per questi ragazzi.
Massimiliano Crocco
Il COVID-19, secondo me, come tutti gli altri batteri e virus che hanno attraversato ed attraverseranno la storia umana, non ha cambiato e non cambierà l’algoritmo della vita terrena: continua e continuerà “il braccio di ferro” tra il male ed il bene nel tentativo di equilibrare l’incontro – scontro il più possibile. “I cattivi” sono peggiorati, tanto da pensare che i più deboli, i più sfortunati, i più affamati siano la causa di tutti i mali del mondo compreso la diffusione del COVID-19. “I buoni” cercano di resistere e di dimostrare che noi nasciamo tutti allo stesso modo e non è merito nostro se siamo più intelligenti o più stupidi, più sani o più malati, ma è solo questione di fortuna ; quindi dobbiamo cercare di aiutarci per vivere più serenamente e decentemente su questa terra. La mia speranza è che a fronte di cinque parlamentari, che si appropriano di 600 £, destinati, per l’emergenza virus , alle persone in grave difficoltà, se ne contrappongono almeno altrettanti che offrano parte del loro stipendio a chi naviga in grave difficoltà. Dobbiamo convivere, come è successo finora, con il bene ed il male cercando l’equilibrio migliore: questa è la vita e non esiste un’altra. buona giornata a tutti Antonio De Matteo Milano
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Bella, divertente, e molto seria.
Ma cos’é Liberetà? Cioè è una rivista, una rubrica di un altro giornale?
Sì, la pandemia ha messo alla prova tutti e tutto il nostro mondo.
È stato istruttivo far le file sotto il sole per entrare in un supermercato o in farmacia. È stato istruttivo perchè non ne avevamo idea di cosa significasse, spesso, la pazienza. Non avevamo pensato mai ad allenarci nell’arte di vivere il tempo.
Nè nell’arte di sentirci come le donne e i fanciulli durante le guerre della storia, e credo almeno fino almeno alla prima guerra mondiale : l’arte di stare. Stare a casa. Zitti, se soli. A parlare e bere caffè, in due o più. A leggere, sì. A fare inventando.
Mentre gli infermieri erano sulla terra del pericolo (l’hanno chiamata trincea, va anche bene, forse, però forse è meglio sforzarsi di inventare parole nuove per dare “dignità individualissime” ad ogni lotta o situazione di pathos).
Abbiamo, dicevo, imparato a non sentirci poi così importanti. Eccole, le nostre piccole tranquille vite, con le buste della spesa grande che ci segano le falangi delle dita, così che a casa abbiam tutte le mani rosse.
Ed ecco che io, che ho pubblicato vari libri, privo di qualsiasi pur minima ispirazione, durante il covid. Forse perchè, come diceva un grande scrittore un mesetto fa (non ricordo chi fosse, accidenti..) per poter scrivere una storia “la vita deve essere intera”, non tranciata a metà. Anche la vita di un prigioniero, di un detenuto, anche le vite raccontate da Primo Levi erano “intere”. Avevano un che di inevitabilità del male, in quegli anni agghiaccianti, che le rendeva misteriosamente intere : storie. Degne di chiamarsi storie.
Nel covid non eravamo nè all’inferno nè in paradiso nè in nessun luogo, orribile, sporco e violento, oppure sereno, luminoso, condiviso come una tavolata.
L’ordine era di fermarci. Non potevamo – mi si conceda l’esempio cruento del quale mi scuso, se fosse importuno – neanche lanciarci contro i fili spinati elettrici di un campo (immagino però questi fili al limite del quartiere o dei 200 m concessi per una passeggiata, o dopo la porta dell’ultimo supermarket o della farmacia più lontana).
Abbiamo dovuto imparard la pazienza del nulla, anzi quella pazienza il cui dolore è lo stare sul nulla.
Le foto sconvolgenti che pubblicava L’Espresso mi hanno aiutato a toccare quei corpi, a guardare negli occhi i guerriglieri delle terre del dolore, cioè infermieri, barellieri, a fissare le schiene curve e le spalle attonite dei parenti attorno alle operazioni di giramento da un lato all’altro del letto del proprio congiunto che pareva afflosciarsi come piuma o come una fascina di grano molle, sotto le braccia degli operatori. Sì, abbiamo imparato che non siamo così importanti. La mia vita non è così importante. Non più di quella di un qualsiasi ragazzo di Bergamo che non riesce a seguire online le lezioni, e sente scivolare via qualcosa del suo mondo che credeva sì complesso, ma mai più forte dell’allegria sua e dei suoi compagni ; essa, l’allegria, graniticamente avrebbe conquistato il mondo, pian piano : ne era sicuro anche quando andava ai Friday for Future, e per quanto era curioso, un giorno, di conoscere Greta Thumberg o Olga, la ragazza che legge ad alta voce la Costituzione Russa a Mosca davanti alla polizia. E invece no, maledizione : c’era, arrivava qualcosa di “materialmente” più forte di Greta e di Olga : il covid 19.
Ed ecco che imparo la pazienza, l’attesa, la marginalità di quando sei l’ultimo della fila alla posta. Ed ecco che imparo che la mia vita non è poi così importante, se esistono i drammi di ragazzi che con la testa fra le mani – e resistendo nonostante tutto – battono ì denti dalla paura che tutto, anche Greta e Olga, sia così fragile da rovinare giù per colpa di un batterio.
Dobbiamo restare, per questi ragazzi.
Massimiliano Crocco
Il COVID-19, secondo me, come tutti gli altri batteri e virus che hanno attraversato ed attraverseranno la storia umana, non ha cambiato e non cambierà l’algoritmo della vita terrena: continua e continuerà “il braccio di ferro” tra il male ed il bene nel tentativo di equilibrare l’incontro – scontro il più possibile. “I cattivi” sono peggiorati, tanto da pensare che i più deboli, i più sfortunati, i più affamati siano la causa di tutti i mali del mondo compreso la diffusione del COVID-19. “I buoni” cercano di resistere e di dimostrare che noi nasciamo tutti allo stesso modo e non è merito nostro se siamo più intelligenti o più stupidi, più sani o più malati, ma è solo questione di fortuna ; quindi dobbiamo cercare di aiutarci per vivere più serenamente e decentemente su questa terra. La mia speranza è che a fronte di cinque parlamentari, che si appropriano di 600 £, destinati, per l’emergenza virus , alle persone in grave difficoltà, se ne contrappongono almeno altrettanti che offrano parte del loro stipendio a chi naviga in grave difficoltà. Dobbiamo convivere, come è successo finora, con il bene ed il male cercando l’equilibrio migliore: questa è la vita e non esiste un’altra. buona giornata a tutti Antonio De Matteo Milano
Condivido ciò che scrivi, Antonio…
Un abbraccio
Massimiliano