La sola idea di Beppe Grillo azionista di un governo di Mario Draghi mi induce a rivedere il mio agnosticismo, a incontrare un Dio per ringraziarlo di vivere un’epoca meravigliosa. Capite? Beppe Grillo al governo col nume tutelare dell’euro, col banchiere dei banchieri, con l’elitario delle élite, quello che lui chiamava criminale e voleva trascinare in ceppi: grazie Dio! Soltanto un essere celeste eterno onnipresente onnisciente poteva immaginare un’architettura della nemesi così perfettamente surreale, e poi – Dio mio! – i modi. Per farla digerire agli squinternati che votano su Rousseau s’è inventato un quesito non proprio asettico, una roba tipo «volete voi o no un governo con quel santo di Draghi, che è anche un po’ un bell’uomo, per imporgli il programma più figo della plurimillenaria storia dell’umanità?». E il programma l’ha persino messo sul blog. Me lo sono letto con un flûte di champagne in mano. Salute circolare (praticamente, prevenire invece di curare), scuola 2.0, acqua pubblica, autostrade pubbliche, banca pubblica degli investimenti, tetto agli stipendi di chiunque, anche di Cristiano Ronaldo, reddito universale, riforma fiscale ecologica, voto ai sedicenni, legge sul conflitto d’interessi, patrimoniale, cioè tutto quanto il suo Giuseppe Conte non ha mai fatto. Ma lo farà Draghi, perdiana! Sennò ci sente! E il sublime è che gli hanno creduto, di nuovo. Gli hanno detto vai Beppe, distruggi le banche e le élite insieme con Draghi. E io oggi sono felice che questo formidabile turlupinatore abbia raggirato il suo popolo una volta di più. Sarei però felicissimo se fosse l’ultima.
Mattia Feltri, La Stampa, 12 febbraio 2021
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