Il disegnatore si racconta, dalla militanza giovanile alla crisi personale, alla rinascita con Bobo. Oggi è “un anarchico riformista” che soffre perché “la sinistra sacrifica l’etica sull’altare di Conte”
By Nicola Mirenzi
A ottant’anni ha capito di essere un idiota: “Nel senso in cui lo intendeva Dostoevskij, però: cioè una persona ingenua, che prova compassione per il prossimo, nonostante gli schiaffi che prende in continuazione dalla realtà”. Disegnatore dei tormenti e dei bagliori dell’uomo di sinistra, da poco Sergio Staino ha compiuto più anni del Partito Comunista Italiano, scioltosi al settantesimo anno d’età, nel 1991: “Non sono più comunista da tempo. È terribile quello che abbiamo combinato dove il comunismo ha vinto. Oggi? Mi definisco un anarchico riformista. Perché senza riformismo l’anarchia è solo una bandiera che sventoli per te stesso. Senza l’anarchia, invece, il riformismo diventa una pratica del compromesso per il compromesso, l’anticamera della corruzione”.
Per festeggiare gli ottant’anni, Staino ha scritto – insieme a Mario Gamba e Marco Feo, che gli hanno rivelato la sua essenza dostoevskiana – Quell’idiota di Bobo (La Nave di Teseo), un libro che tira fuori la filosofia del suo personaggio più celebre, con il quale ha raccontato il mondo interiore del militante tardo comunista, poi post comunista, infine democratico, tessendo l’elogio del “buonismo nella vita, nella satira e nella politica”.
Niente di più lontano dall’odio di classe che Staino ha provato prima che creasse Bobo, quando era arrivato a tanto così dal terrorismo: “Ho militato per dieci anni nei marxisti-leninisti. Sono stati anni di purezza e di follia. Scendevo in piazza urlando che ‘il potere politico nasce dalla canna del fucile’. Credevo in Mao Tse Tung. Contestavo l’Unione Sovietica da sinistra. Giustificavo crimini contro l’umanità. Quando Renato Curcio, che era uno dei nostri, uscì per fondare le Brigate Rosse ci gettò nello scompiglio. Alcuni di noi lo seguirono. Molti lo capivano. C’era un Renato Curcio anche dentro di me. Diceva: ‘Smettila di parlare, parlare, parlare, è ora di passare ai fatti’. Arrivai a un passo dal prenderlo alla lettera”.
Cosa la trattenne?
Sono cresciuto nel mondo del comunismo toscano. Immerso nell’ambiguità. Il partito aveva fatto la svolta di Salerno, era entrato nelle istituzioni. I militanti invece sognavano l’insurrezione. Ci litigavo di brutto, ma ho sempre mantenuto un rapporto con quel mondo fatto di persone che andavano nelle case del popolo, frequentavano i sindacati e le sezioni. Fu l’appiglio con la realtà che mi salvò quando le cose si complicarono.
Quanto si complicarono?
A Firenze venne fuori l’ipotesi di un attentato alla sede del consolato spagnolo. In Spagna, avevano ucciso un militante anarchico. Per vendicarlo, proposero un’azione esemplare, con la dinamite. L’idea venne messa in minoranza. Soprattutto, perché non eravamo pronti militarmente. Dopo l’assassinio Moro, andai in crisi definitivamente. La realtà mi assalì. Realizzai quanto la ignorassimo.
Un esempio?
Ero sposato con una compagna del Partito marxista leninista. M’innamorai di un’altra militante peruviana, a sua volta sposata con uno dei nostri lì. Successe il finimondo. Il perbenismo era feroce. I latino-americani scrissero un documento in cui volevano dimostrare che ero sempre stato un fascista. Fui degradato. Lei tacciata di essere una ‘troia straniera’. Per giunta, anche incinta.
Che faceste?
Secondo la legge italiana, quella bambina non poteva essere nostra figlia. Se la riconoscevo io, sarebbe diventata figlia mia e di mia moglie. Viceversa, se l’avesse riconosciuta lei.
Chi la riconobbe?
Stava per essere approvata una legge che avrebbe sanato la situazione. Un nuovo diritto di famiglia. Mi battei per sostenere il referendum. Il Partito marxista leninista però si schierò contro. Dicevano: ‘È troppo poco’. Andai in giro ad affiggere i manifesti con le lacrime agli occhi. La fortuna fu che perdemmo. Al comune di Firenze fui il primo a dichiarare che la bambina era figlia mia e di Bruna, anche se non eravamo (ancora) sposati.
Morale?
Sapevo tutto dei soviet russi, della rivoluzione che non è un pranzo di gala, delle contraddizioni interne al capitale, ma non sapevo un cazzo di come vivevano le persone, che la notte non si accapigliavano sulla dittatura del proletariato, ma si svegliavano per cambiare il pannolino alla bambina. Quella fu la fine.
Che fece poi?
Andai in Sardegna per disintossicarmi dalla politica. Mi sentivo un fallito. La militanza era stata tutto. Il bilancio tragico, un disastro dopo l’altro. Non volevo più saperne di mozioni, congressi, tattica, strategia. Ero a pezzi.
Disegnava già?
Nei marxisti-leninisti mi guardavano con sospetto. Dopo un po’ che prendevo appunti, accennavo un ritratto, un caricatura, una fantasia. Per loro era una degenerazione piccolo-borghese. Credevano che il militante dovesse scrivere come Gramsci nei quaderni dal carcere. Nonostante ciò, non ho mai smesso di disegnare.
Perché?
Disegnare mi faceva prendere fiato. Mi aiutava a esorcizzare l’angoscia, fin da quando ero bambino. Fu in quel periodo che finii in ospedale per il distacco della retina. Mi dissero che sarei diventato quasi cieco. Temetti di non poter disegnare più. Per questo mi avvinghiai con tutta la mia forza a quel poco che vedevo. Riconquistai il mio tratto millimetro per millimetro. Era come imparare di nuovo. Era un tratto spezzato, a volte scollegato. C’era tutta la sofferenza che provavo. Così cominciai a disegnare Bobo.
Non aveva detto basta alla politica?
Ma infatti io volevo fare satira di costume. Disegnavo me stesso: il naso tondo e i punti neri, la camicia sbottonata alla Fidel, più calvo e grasso di quello che ero, come temevo che sarei diventato. Dissi a Bruna: ’Faccio delle scenette familiari. Metto dentro pure te e la bambina. Una cosa leggera. Senza pretese”.
Lei?
Leggeva e rideva. Come ridevano tutti quelli a cui le facevo vedere. Così presi coraggio e spedii le storie che avevo disegnato a Oreste Del Buono a Linus. Quando le pubblicò, ebbero un successo immediato e incredibile. Innanzitutto, per me.
Come se lo spiegò?
Credo si sentisse tutta la sofferenza che avevo messo nel disegno. Mentre le parole – lo capii dopo – erano la mia vita. Bobo era l’idealista riportato alla realtà dalla moglie e inchiodato alle proprie responsabilità dalla figlia. La politica, che avevo buttato via dalla porta, rientrava dalla finestra. Non sotto forma di proclami, fantasticherie, ma di vita concreta, relazioni, rapporti tra gli uomini e le donne, cose vere.
Lei è ancora idealista come Bobo?
Avere l’anima oggi è considerato impresentabile. L’imperativo è essere concreti. Andare al sodo. Ma se tu non hai un ideale, quando t’incazzi ti vien viene voglia di distruggere tutto, non di costruire qualcosa di migliore. È questo il problema di Grillo, Di Maio, Di Battista e Travaglio: non hanno l’anima. Vedono marcio ovunque. Vogliono farla pagare a tutti. Dal loro punto di vista, il bene non esiste. Non ci sono dei valori. Non ci sono ideali. Esiste solo il crimine e la forca. Per questo poi i voti vanno alla Meloni e Salvini.
È buono solo chi è di sinistra?
Ho conosciuto Giorgia Meloni quando era una giovane militante della nuova destra. Era una donna generosa. Si vedeva che era accesa da un desiderio di giustizia. Mi dissi: ’Ma come ha fatto a finire tra i fascisti una persona così?”.
Forse perché la bontà non c’entra niente con la destra e la sinistra?
Ma lo so che al Nazareno c’è un sacco di gente che pensa solo ai cavoli suoi. Però conosco altrettante persone che votano Salvini e che han fatto di tutto per far avere un permesso di soggiorno alla propria colf. La contraddizione è loro ed è evidente.
Lei voterebbe la sinistra con i 5 stelle?
Soffro per questa unione al Governo, che ha dei tratti perversi. I 5 stelle stanno con noi perché se andiamo a votare spariscono. Noi perché stiamo con loro? La sinistra sta sacrificando la propria etica sotto l’altare di Conte. Al massimo per eleggere il prossimo presidente della Repubblica. Ma mi chiedo – e vorrei che di questo si discutesse – è più importante custodire il governo, o il nucleo stesso della sinistra?
14 Comments
È un’intervista bellissima. Bellissima.
La domanda è sempre quella, ritorna la notte o mentre guardo le partite del Napoli da un amico che ha Sky, o mentre sono seduto ad un lounge bar : che cos’é sinistra, oggi?
Noi superstiti del covid riusciremo ad avere il coraggio di ricevere “sputazzate in faccia” dai social liberali “dalla quotidianità comoda”, proponendo di nuovo con “sana virulenza verbale”, senza pigrizie e sconti, lo “ius culturae” (e, quando ragionevole, “soli”) sùbito senza se e senza ma?
Ci batteremo per l’assoluta parità di diritti delle famiglie omogenitoriali di fatto, nonché per una vera “rivoluzione” delle leggi sulle adozioni di minori costretti in istituti, inserendo (sarebbe semplice logica e civiltà) nei “nuclei” adatti ad “amare” (amare!) un/a bambino/a anche le famiglie non sposate, quelle omosessuali, quelle transessuali, e -sì !! – i single maschi o femmine? Scrivo tutto con cognizione scientifica di causa, avendo la scienza ufficiale ormai appurato che il “destino” (che brutta parola, vabbè..) sessuale di un essere umano, di un embrione umano non c’entra nulla con l’ambiente di vita e altri ultratradizionalismi del genere.
Riusciremo ad avere questo coraggio? Ad essere sinistra come “luogo politico” della scienza e dell’onestà culturale?
Avremo il coraggio di batterci per un Mediterraneo aperto ad un numero sempre più grande di corridoi umanitari? Per un Mediterraneo amico delle Ong?
Ci sarà un giorno un /unaVon der Leyen – chissà, magari italiano/a – che (come fece papa Wojtila negli anni ’90) chieda perdono per tutti – tutti – i crimini (peccati va anche benissimo) perpetrati dall’Europa, da noi, da “me” che sto scrivendo, contro l’umanità lungo le rotte Libia-Italia, Marocco-Spagna, Siria-Turchia-Grecia, ecc., ecc., ecc. ?
A settembre ricominceremo a chiamarci sinistra senza arrossire come dei ridicoli Pulcinella che cercano solo un posto al sole e un piatto di maccheroni?
Ho fame. Ho fame, Bobo. Ho fame e sete, Sergio. Di dire a testa alta che sono di sinistra. E di saper anche spiegare cosa significa.
Massimiliano Crocco
Caro Massimiliano,
capisco l’entusiasmo che suscita in te l’intervista a Sergio Staino e al suo “Bobo”: quando si è giovani come te gli ideali sono necessari per vivere la vita, ma Sergio dall’ alto dei suoi ottant’anni ti dovrebbe dire qualcosa. Ad esempio che col motto “senza se e senza ma” Renato Curcio, fondatore delle brigate rosse, giustifico’ gli omicidi di tante persone democratiche che avevano la sola colpa di non essere d’accordo con i suoi ideali.
D’altra parte tutte le rivoluzioni degli esseri umani hanno agito sempre col motto suddetto provocando morti, distruzioni per poi tornare al punto di partenza. Io ho qualche anno in meno di Sergio, ma sono un vecchio che da ragazzino era affascinato dagli ideale di Stalin e dell’unione sovietica, poi ho scoperto che erano sbagliati e la storia l’ha certificato. Da giovane ho vissuto“ il 68“ votando PCI ed anche lì gli ideali di giustizia, democrazia e soledarieta’ dopo un po’ si sono sbriciolati . In seguito da sindacalista della Cgil ho capito che gli ideali vanno rapportati alla situazione reale in cui si vive. Ho scoperto, con grande soddisfazione, che la democrazia rappresentativa in cui vivevo era la migliore scelta politica per gestire la nostra società. Quindi non ho esitato a difenderla dalle brigate rosse e dai loro ideali rischiando la vita, come ho già scritto su queste pagine. Resto del parere che la nostra democrazia attuale va difesa a tutti i costi e migliorata . Naturalmente per realizzare quanto suddetto non c’è un’altra strada, se si esclude quella del compromesso dell’idee. Gli ideali nella vita servono, anzi sono essenziali, ma vanno regolati e modificati adattandoli all’ambiente in cui si vive, altrimenti diventano dogmi che escludono la ragione è creano le “sette”. Caro Massimiliano io penso che per vivere serenamente e con passione bisogna rispettare le idee altrui senza imporre la propria e cercare però, con il compromesso delle idee, a piccoli passi, di realizzare i propri ideali. Ho consumato la mia vita per difendere questo ideale e spero che voi giovani facciate lo stesso.Un Grande abbraccio a tutti Antonio De Matteo Milano
Grazie Antonio per il tuo intervento. Mi fai riflettere anche, o forse soprattutto, sulla modalità che ho di modulare il linguaggio. Ti abbraccio!
Massimiliano
Coloro che scriveranno la storia umana dovranno sapere osservare, cambiare e perdonare. Tu caro Massimiliano farai parte di quest’ultimi. Comunque te lo auguro con tutto il cuore. Buona estate ed un abbraccio a te e a tutti coloro che leggono su questo blog.
Antonio De Matteo Milano
Buona estate anche a te, Antonio, e a tutti!
Massimiliano
Caro Ernesto mi piacerebbe conoscere il tuo parere sul terribile periodo, insanguinato dalle ” brigate rosse”, che l’Italia ha vissuto con numerose vittime di cittadini innocenti. In particolare mi piacerebbe conoscere il tuo giudizio sulle persone che hanno rischiato la vita ( tanti purtroppo l’hanno persa ) per difendere l’attuale democrazia rappresentativa e coloro che alla ricerca di
” un’anima ” hanno esitato a difendere il nostro stato, magari col motto: ” ne con lo stato, ne con le brigate rosse “. Un caro saluto a te ed a tutti gli ospiti del blog. Antonio De Matteo Milano
Caro Antonio,
già a quei tempi, ormai quasi cinquant’anni fa, mi sono sempre rifiutato di considerare i gruppi armati come un problema politico. Erano e sono rimasti un problema di ordine pubblico e come tali andavano, e alla fine furono, trattati.
Loro cercavano uno scontro politico, ma le istanze erano talmente assurde che non doveva essergli concesso ad alcun costo.
Non avevano alcun progetto in testa che non fosse quello di impedire, anche con la violenza, l’evoluzione della sinistra verso un orizzonte liberal-socialista.
Personalmente non ho mai considerato i loro vaneggiamenti un discorso “politico”, ma solo provocazioni, in aggiunta di indirizzo molto incerto.
Non sapremo mai se e quanto i gruppi armati fossero eterodiretti; certo è che hanno oggettivamente sabotato il faticoso sviluppo democratico del Paese, rimettendolo in mano alla peggiore destra reazionaria e liberticida, dopo gli sforzi di Moro e Berlinguer per portarlo sulla via di una normale dialettica democratica.
Moro pagò con la vita, Berlinguer fu riassorbito dal massimalismo e non ebbe il coraggio di proseguire, anche da solo, sulla strada dell’evoluzione verso una sinistra liberal-socialista.
Avrebbe potuto anticipare di dieci anni la svolta di Occhetto (tanto il futuro dell’Unione Sovietica era già più che segnato…) e cercare di costruire un’alternativa con un PSI allora non ancora sbilanciato all’inseguimento della DC e dei suoi perversi metodi di potere.
Non lo fece, non ebbe coraggio o non capì, oppure si adeguò alla gestione di quel contro-potere che i lunghi anni del consociativismo avevano garantito alla classe dirigente del PCI.
Pagò anche lui a caro prezzo l’attaccamento a vecchi e superati schemi politici: l’appoggio alla fallimentare e antistorica occupazione della Fiat, lo scontro con Craxi, l’assurdo sostegno al referendum sulla scala mobile, l’arrocco su una politica dell’austerità che andava contro ogni spirito del tempo, …
Noi pure paghiamo ancora oggi la mancanza di visione della sinistra di quei tempi. La strada però è sempre la stessa, se vogliamo tenerci lontani dai sovranismi, dai populismi, dai massimalismi nefasti per la democrazia e per l’emancipazione sociale.
Per chi ha voglia di leggerle, allego alcune recenti considerazioni sul tema del liberal-socialismo.
https://www.uominiebusiness.it/default.aspx?c=635&a=28609&tag=10-07-2020-Lumieombredelfuturo
Caro Ernesto,
sono d’accordissimo con te su come andare avanti
sulla strada del liberal socialismo e sulla cultura, l’informazione corretta e pluralista da usare come mezzi per realizzarlo.
Dissento invece sul non considerare le brigate rosse ed i gruppi armati in generale come “un problema politico“, ma solo un problema “di ordine pubblico” e cerco di spiegare perché.
Nell’animo umano, secondo me, ci sono stato, ci sono e ci saranno sempre due filosofie prioritarie: la lotta di classe che porta alla supremazia di una classe sull’altra e la convivenza pacifica e serena degli essere umani su questa terra adottando come metodo il compromesso delle idee. Chi crede nella lotta di classe come mezzo di avanzamento della nostra società pensa che distruggendo l’avversario risolve i suoi problemi ed anch’io da giovane lo pensavo… Poi come succede a tutti si capisce che se tu spari al tuo avversario automaticamente gli autorizzi la stessa tua azione. La storia ha dimostrato, dimostra e dimostrerà che gli esseri umani per competere ricorrono alla lotta di classe. Fu così che i nobili nei tempi passati fecero sparare sui contadini che non volevano eseguire i loro ordini e quest’ultimi si ribellarono e spararono sui nobili per prender loro la terra. Ci sono stati, ci sono e ci saranno i gruppi armati di destra e quelli di sinistra e l’obiettivo è sempre lo stesso: la supremazia di una classe sull’altra.
Evidente che questi fenomeni non possono essere considerati come semplicemente ordine pubblico, altrimenti bisognerebbe giustificare l’atteggiamenti di Mussolini che incarcerò Antonio Gramsci ordinando ai suoi aguzzini : “quel cervello deve marcire”.
Il compito quindi del liberal socialismo è stato, è e sarà sempre molto difficile. La competizione tra gli essere umani è fondamentale e non si può eliminare, ma bisogna provare a convincere questi ultimi che spargere il sangue dell’avversario non serve a nulla e l’unico mezzo per vivere sereni e in pace rimane il compromesso delle idee. Ecco secondo me il grande compito del liberal socialismo è stato, è e sarà il seguente: battersi per il compromesso dell’idee difendendolo sempre comunque a tutti i costi. Grazie a tutti per l’attenzione e buona domenica. Antonio De Matteo Milano.
Pecchi un po’ di idealismo…
La lotta armata deve essere sempre un’eccezione, giustificabile solo da particolarissime condizioni di oppressione e dittatura: nulla a che vedere con la Repubblica italiana degli anni settanta-ottanta.
Lì c’era solo esaltazione, infantilismo e nessuna cultura politica in alcuni, volontà eversiva, avventurismo ed anche cinico doppio-giochismo in altri.
Come si poteva non capire che l’uccisione di Moro era oggettivamente funzionale al disegno restauratore di tutta la destra italiana e occidentale ed al mantenimento dello status quo da parte dell’Unione Sovietica?
Qualcuno manovrava scientemente e qualcun altro si è prestato ad un gioco terribile e sanguinario solo per leggerezza ed ignoranza politica.
Non dimentichiamo infine la provenienza di molti brigatisti dall’area cattolica più ideologizzata.
Gli ideali sono necessari per vivere, ma il problema da risolvere è come realizzarli. Io mi sono convinto che l’unico sistema che ti permette di realizzarli è il compromesso dell’idee a piccoli passi.
Nella storia umana c’è stato, c’è e ci sarà la filosofia della rivoluzione realizzata con spargimento di sangue ed imposizione ed anch’io da giovane ero affascinato dalla rivoluzione Bolscevica del proletariato, ma la realtà ha poi certificato il fallimento e l’inutilità della stessa. Gli idealisti ci sono stato, ci sono e ci saranno sempre ed il compito, non facile, del liberal socialismo dovrà essere quello di dimostrare Che solo il compromesso delle idee realizza risultati positivi ed il progresso facendo vivere gli essere umani serenamente ed in pace. Io spero che i posteri capiscano una volta per sempre quanto sopra detto e la smettano di farsi la guerra tra di loro il nome di falsi ed ingannevoli ideali. Sicuro di aver abbracciato l’algoritmo migliore per vivere il resto della mia vita in piena democrazia, libertà e solidarietà, ringrazio tutti i frequentatori del blog con un abbraccio. Antonio De Matteo
A volte è il linguaggio stesso che ci trasforma, ci porta ad essere ció che potremmo evitare dì diventare.
“Militanza” politica, “vittoria” elettorale, “antagonista” politico, e via all’infinito.
Che la politica sia “agone”, cioè lotta, è ovvio ed è anche bello.
Ciò che dimentichiamo è che chiunque sia il “vincitore” di tale agone, deve poi servire, ascoltare, rappresentare tutti : dal compagno di partito al neofascista, dal partito di Adinolfi alla Lega ai nuovi partiti comunisti come Potere al Popolo.
In breve : in politica vittoria NON DEVE essere sopraffazione, o una cosa tipo quelle in cui si brinda insieme (e il resto del mondo fuori) come per uno scudetto sportivo. Anche dopo una “vittoria” politica il “mondo umano” da governare con amore – sì, amore – è costituito, senza distinzioni, dai cittadini votanti la maggioranza e dagli altri… : mio “concittadino della vita” è il giovane di CasaPound, è l’estremista antiabortista, è il ragazzo senza cultura che dietro il seggiolino dell’autobus scrive Go home black. “Il mondo è anche di queste persone”, disse decisa una mìa amica filosofa, assolutamente di sinistra, mentre si parlava di una aggressione razzista in un bus. Disse, ricordo e parafraso: “scusate, ma che dovremmo fare, eliminare queste persone come questo ragazzo che ha usato violenza contro quella persona di colore? Il mondo é anche suo, è anche di questo ragazzo violento”
Dunque sono sul “binario” di Antonio e Ernesto : costruirsi un ideale, senza paura o vergogna (io sarò di sinistra fino alla morte..) ma ascolto costante anche dell’assolutamente altro. Egli calpesta il mio stesso mondo. Altrimenti per chi “vincerei” o “perderei” una elezione? Per una curva da stadio che esulta se io prevalgo sull’ “altro”?
Grazie ragazzi per le vostre riflessioni
Massimiliano
Bravissimo Massimiliano: il senso della nostra vita, per vivere sereni ed in pace, dovrebbe essere proprio quello che tu hai descritto molto bene. Questa mattina mi sono svegliato presto solo, vecchio e triste, ma dopo aver letto il tuo intervento su questo blog, in cui scrivi: “vittoria non deve essere sopraffazione”, ho ritrovato la mia serenità e la mia pace. Io mi sento appagato, quando i giovani, come te, compreso mio figlio che più o meno ha la tua stessa età, coltivano, difendono e portano avanti gli ideali di democrazia, libertà e solidarietà, perni dell’algoritmo migliore che ci permette di vivere sereni ed in pace su questa terra. Sì sono contento: gli ideale per i quali ho consumato la mia vita continueranno a sopravvivere ed a rafforzarsi grazie ai giovani come te, caro Massimiliano. Non mollare mai Massimiliano, non scoraggiarti se non puoi realizzarli subito e come vorresti i tuoi ideali. Meglio piccoli passi ma risultati positivi che grande disastri con le rivoluzioni sconvolgenti e sanguinarie.
Un grande abbraccio a te, a tutti i giovani come te e ai frequentatori di questo blog. Antonio De Matteo Milano
Un grazie commosso ed un abbraccio a te, Antonio!
Massimiliano
Ecco una barzelletta raccontatomi da un “Salviniano” ( iscritto alla lega per Salvini ). Spero di averla tradotta discretamente dal dialetto milanese in italiano. Non so se qualcuno riderà, ma esprime in realtà un pensiero molto comune tra i simpatizzanti della lega a partire da qualche “giornalista” che si è dimesso dall’ ordine dei giornalisti per evitare l’espulsione dopo aver sostenuto l’inferiorità intellettuale di noi meridionali. Un abbraccio a tutti, anche ai leghisti ai quali garantisco la mia freschezza: ho appena fatta la doccia con il sapone che noi terroni non abbiamo mai mangiato nonostante il loro appellativo appioppatoci: “terrun,magia saun” . Antonio de Matteo Milano
Un alce ed un cinghiale correndo si scontrano nella foresta.
Lo scontro è violentissimo ed i due animali cadono svenuti a terra.
Dopo un po’ si risvegliano ma non si ricordano quasi niente, neanche chi sono. L’alce dice al cinghiale:
“descrivimi un po’ il mio aspetto voglio capire chi sono.”
Il cinghiale lo guarda con attenzione e poi comincia la descrizione: “hai delle corna lunghe ramificate, una pelliccia molto spessa e piena di peli un corpo robusto, una testa somigliante a quella del bue …….,”
L’alce interrompe la descrizione ed esclama:
“ho capito sono un alce ed adesso provo io a descrivere te“.
“Sei peloso,sporco di terra, corpo tozzo, basso,puzzi……”
Il cinghiale disperato urla: “non sarò mica un terrone?“