Trent’anni fa un volume parlava di fine della storia. Si entrava nel secolo americano, non ci sarebbero più stati cambiamenti, gli Stati Uniti avrebbero dominato il mondo. Dopo pochi decenni tutto è cambiato: i paesi dominanti sono due, abbiamo un globalismo che si sta sfaccettando e una politica in movimento come mai avremmo pensato.
C’è una potenza assestata, direbbe Tucidide, e una in ascesa. Gli Stati Uniti sono la struttura militare ed economica – presa globalmente: finanziaria, bancaria e tecnologica – dominante, con un bilancio della difesa di poco sotto il 45% della spesa militare mondiale, tre volte circa quello della difesa cinese. C’è però un problema serio e che cambierà l’America: una società spaccata profondamente. La presidenza Trump ne è stata un aspetto politico, ma la faglia affonda prima ancora dentro la società. Anche i rapporti con l’Europa sono cambiati: dal punto di vista militare e della politica estera si è raggiunta un’unità inedita in queste settimane, ma dal punto di vista economico le tensioni sono molte. I Bush, padre e figlio, erano profondamente europei, coltivavano un legame naturale. Clinton non nacque come filo-europeo, ma lo diventò; è stato un convertito. Per Obama l’Europa era un punto qualsiasi nel mondo: lì si è rotto il legame affettivo. Per Trump l’Europa era un concorrente, se non un nemico, sotto il profilo economico ma anche politico. Biden sta ricostituendo un rapporto politico ma il tema economico esiste.
Dall’altra parte c’è la Cina, che si è imposta con una sua filosofia lontana dalla nostra. Il suo Pil ha quasi raggiunto quello americano, ma la Cina ha il quintuplo degli abitanti. È una potenza in via di sviluppo e perciò la prima cosa che vuole comprare è il tempo, quello che le serve per completare il suo sviluppo. Per questo non ama i movimenti sopra le righe, non ha appoggiato l’invasione russa della Crimea e vive con fastidio l’attacco all’Ucraina. Uno dei grandi errori dell’Occidente è stato lasciare che Cina e Russia convergessero. Ricordo, da presidente della Commissione europea, quando Putin assicurava che non avrebbe mai venduto un metro cubo di gas alla Cina. E anche l’ultima conferenza stampa congiunta: un giornalista chiese se fosse realistica la prospettiva di un ingresso della Russia nell’Ue. Era il 2004: entrambi, ovviamente, rispondemmo di no. Non era pensabile. Ma quello era lo stato dei rapporti.
Oggi la Russia è un paese immenso ma fragile e a bassa crescita. La Cina cresce di una Russia all’anno. Ecco perché la Russia non può stare da sola: non ha l’esperienza per tradurre la scienza in prodotto, non ha una potenza produttiva; è l’opposto della Corea del Sud. Per questo o si appoggia all’Europa o alla Cina. L’Europa ha lasciato che scivolasse verso Est.
Quando Gorbaciov mi preannunciò l’ascesa di Putin disse che stava salendo al potere un uomo dal curriculum che non ci sarebbe piaciuto ma che era l’unico capace di tenere unito il paese e dialogare con l’Occidente. Oggi assistiamo a un’assertività russa cresciuta con gli anni al punto da cambiare radicalmente lo stato dei rapporti di un tempo portando inquietudine nel mondo.
In questa dinamica l’Europa, la più grande potenza industriale al mondo, e il maggior esportatore, è assente. Il suo ruolo viene ridimensionato dalla mancanza di una politica estera, e di conseguenza militare, comune. E anche sotto il profilo tecnologico c’è un ritardo: delle venti più grandi società mondiali solo una è europea ed è la diciannovesima. Questo è il prezzo della disunione.
L’Europa ha portato il superamento dei nazionalismi. Ma è nata con una sconfitta: la bocciatura dell’esercito comune, nel 1954, affossato dall’assemblea francese. Le conseguenze le vediamo oggi, e avrebbero potuto essere ben più gravi.
L’apertura a Est, che da presidente della Commissione, mi è stata spesso rimproverata come troppo frettolosa, è stata uno di quei treni che passano una volta sola. Senza quel processo oggi la Polonia rischierebbe di essere nelle stesse condizioni dell’Ucraina. L’allargamento ha portato difficoltà politiche ma ha legato alla democrazia i paesi dell’Est e i loro popoli. La democrazia qui ha vinto. Ed è questa la forza dell’Europa, anche come attore nel conflitto in corso. Una forza che tuttavia non pesa. Perché? Lo snodo è il 2007, il grande sbandamento. Gli Usa, grazie al loro potere unitario, hanno reagito alla crisi che lì si era innescata; l’Europa si è divisa tra rigoristi e quelli che i tedeschi definivano “lassisti”. Questa crisi ha costruito i partiti populisti e un lungo periodo di tensione superato solo grazie al Next generation Ue, un grande intervento di solidarietà favorito anche dalla Brexit. Con la Gran Bretagna il recovery non sarebbe stato possibile: non è mai entrata nel vero spirito europeo.
La crisi ucraina per la prima volta ha dato vita a un’unione europea anche di politica estera. È il momento di fare un passo in più: Germania, Francia, Spagna e Italia sono maturi per una cooperazione rafforzata; gli altri seguiranno. È il momento di preparare il terreno. È possibile? Credo di sì: la guerra in Ucraina sta mostrando che i conflitti si possono risolvere solo sull’asse Stati Uniti-Cina e che l’Europa di oggi, pur essendo unitaria, è assente dall’aspetto decisionale. Se non parla con una voce sola non può pesare. —
Pubblichiamo un estratto dell’intervento di Romano Prodi sul tema “La forza dell’Europa” tenuto in occasione del trentesimo anniversario della costituzione della Fondazione Filippo Burzio, in collaborazione con il Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino.
Romano Prodi, La stampa, 18 Marzo 2022
2 Comments
Speriamo che la sanguinosa guerra tra Russia e Ucraina, convinca, finalmente, tutti gli stati appartenenti alla comunità europea a cedere parti dei loro poteri al parlamento, ed alle istituzioni in generale, dell’Unione Europea.
Creeremmo finalmente così l’unione degli stati Uniti d’Europa USE.
Speriamo sia la volta buona per avere finalmente un esercito europeo, con una politica estera europea, con un ministro degli Esteri europeo e perché no, una politica fiscale Europea.
Nel modo suddetto, la prima potenza industriale al mondo, il vecchio continente europeo, avrebbe finalmente una voce autorevole e forte, come scrive l’ex presidente della commissione europea professor Romano Prodi, nell’articolo sopra postato da Sergio. Auguriamoci che l’aggressione del Sanguinario presidente russo finisca immediatamente con il contributo determinante della nascente prossima nuova grande potenza USE. Gridiamo forte, come fanno gli americani con la loro sigla USA: USE! USE! USE! USE! USE!!…!!!..!!! ferma la guerra e stabilizza per sempre la pace.
Buona domenica ed un caro saluto a chi legge. Antonio De Matteo Milano
La vita si sveglia
Benvenuta primavera!
e che porti serenità vera
alla variegata umanità intera.
Tornino i grandi amori anche in questa era.
Evviva la pace severa!
ed abbassa la guerra su tutta la sfera.
Buon inizio settimana e buona giornata a chi legge Antonio De Matteo Milano