Non è finito soltanto inchiodato a un letto, Mario. Non deve soffrire solo «costanti dolori che interessano la zona del collo, della colonna vertebrale, delle spalle, le scapole, i muscoli e la vescica», come ha scritto nella lettera inviata a La Stampa l’11 agosto. Non è finito solo attaccato a un catetere, a macchine che lo tengono in vita da quando – 10 anni fa – un incidente ha reso la sua esistenza insopportabile. Mario è caduto anche in un vuoto normativo che prolunga il suo strazio e contraddice la sua volontà. Soprattutto, contraddice una sentenza della Corte Costituzionale secondo cui chi si trova nelle sue condizioni ha diritto al suicidio medicalmente assistito.
C’è solo una cosa che potrebbe aiutare Mario e le persone come lui a tornare a decidere della propria vita. Anche quando questo significa decidere la propria morte. E non sono i pronunciamenti del tribunale e del comitato etico delle Marche che qualche settimana fa aveva dato loro una speranza. A Mario, a chi come lui soffre e vorrebbe andar via on dignità – questo chiedono, «con dignità» – serve una legge.
Ma quella legge, anche stavolta, è pressoché impossibile che arrivi. E davvero ci vorrebbe un miracolo perché il testo che faticosamente le commissioni Affari Sociali e Giustizia riunite alla Camera stanno tentando di mettere in piedi superi la prova dell’Aula, che già arriva tardi rispetto al previsto. Che superi i voti segreti. Le resistenze di chi delle norme così non le vuole votare e che importa se c’è un referendum che bussa e rischia di risolvere la questione nel modo in cui non può essere risolta: con un quesito che secondo alcuni rischierebbe di autorizzare l’omicidio del consenziente senza il lavoro di mediazione che solo un Parlamento può fare. Se finalmente comprende che è tempo, che i Mario d’Italia non possono e non devono attendere ancora.
Si è inceppata, la storia, su quella che il deputato di Più Europa Riccardo Magi chiama «una tecnicalità». L’Asur Marche dovrebbe, lo dicono le sentenze, lo dice il comitato etico, consentire a Mario di morire attraverso un farmaco. Che però qualcuno deve scegliere. L’Asur non vuole farlo. Non ci sono protocolli. Deve intervenire, ancora, un tribunale. Magi ha chiesto come sia possibile in un’interrogazione parlamentare ieri pomeriggio a Roberto Speranza. Il ministro della Salute, in aula a rispondere, ha ricordato come lui stesso abbia pungolato le Regioni per la creazione dei comitati etici, delle condizioni cioè perché la prescrizione della Consulta possa essere applicata. I radicali chiedono che faccia di più. Il governo non ritiene di poter andare oltre. «Ma non può nascondersi dietro il Parlamento, dietro le Regioni», dice Magi. E lancia un altro allarme: «Il testo sul suicidio assistito doveva andare in aula il 30 novembre, è stato rinviato al 13 dicembre, nel frattempo si sta annacquando con emendamenti che vanno incontro al centrodestra. Il risultato è che, tra la manovra da votare a dicembre, la chiusura natalizia e l’elezione del capo dello Stato, tutto finirà su un binario morto». Ieri, la Commissione ha votato gli emendamenti all’articolo 1. Nel Pd si rivendica come le modifiche apportate – la patologia irreversibile deve essere anche a prognosi infausta, le sofferenze fisiche “e” psichiche, non “o psichiche” come da sentenza della Consulta, l’introduzione dell’obiezione di coscienza, non annacquano ma rispettano e in alcuni casi allargherebbero la sentenza costituzionale.
Anche con questi cambiamenti però, che hanno convinto il centrodestra a non fare ostruzionismo, l’ostilità alla legge attraversa un fronte trasversale. Non solo a destra quindi, ma anche tra i cattolici del Partito democratico (in una riunione sono venuti fuori molti distinguo e criticità) e nel Movimento 5 stelle. In queste condizioni, con un Parlamento che stenta ad agire anche davanti a un referendum che ha raccolto oltre un milione e 200mila firme, più di un deputato ammette che il testo «rischia di fare la fine della legge Zan prima ancora della legge Zan». Le norme contro l’omotransfobia avevano superato il vaglio della Camera prima di essere bloccate da quello – storicamente più duro – del Senato. Sul suicidio assistito, a Montecitorio alcuni dicono: «Proviamo». Ma nessuno oggi può guardare negli occhi Mario, e fargli una promessa. —
Annalisa Cuzzocrea, La Stampa, 2 dicembre 2021
La Stampa, 3 dicembre 2021
Comment
Quando si parla di eutanasia si affronta un argomento molto difficile e drammatico. Capisco la difficoltà nel trovare un compromesso in parlamento per emanare una legge, ma credo non ci siano alternative ad esso. Soprattutto mi auguro che medici, infermieri e parenti dei pazienti terminali aiutino con amore ed impegno quest’ultimi ad attraversare il tratto più duro ed inaccettabile del cammin di nostra vita. Io ho cercato di aiutate mio padre, malato terminale per un maledetto tumore al colon che 38 anni fa ed alla ancora giovane età di 62 anni lo portò via con dolori terribili ed inaccettabili. Le mie mani chiusero terrorizzate e con amore infinito i suoi stanchi occhi per sempre ed ancora adesso la macabra scena mi da pena e mi tormenta, ma spero che mio figlio faccia altrettanto nei miei confronti se sarà necessario. Scusatemi, ma “il fine vita mai” è la speranza di tutti noi esseri umani e quando ineluttabilmente scopriamo che non è vero la commozione e’ inevitabile ed incontenibile. Vogliamoci bene finché possiamo : prima o poi, come il mio grande papà, la selva oscura dobbiamo attraversare ed i vecchi come me cercano affetto con dolcezza per trovare il coraggio in quest’ultimo passaggio. Un grande abbraccio a tutti/ e coloro che leggono. Antonio De Matteo Milano