Rino Formica, ce la farà Mario Draghi?
«Sì, nessuna forza in Parlamento ha interesse a mettersi di traverso in questa fase, significherebbe andare contro il Paese».
Anche i Cinquestelle?
«Troveranno il modo di digerirlo. Stiamo parlando di un partito con una rappresentanza del tutto abusiva».
In che senso abusiva?
«Non hanno più quel 32 per cento che li ha portati in Parlamento, se arrivano al 15 è già grasso che cola».
Lei conosce Draghi?
«Fu nominato direttore generale del Tesoro, quando io ero ministro delle Finanze nel governo Andreotti del 1990. Lo scelse Guido Carli».
Che ricordo ne ha?
«Di uomo molto riservato che non deborda mai».
Potrà durare?
«Dipende per quanto tempo durerà lo stato di necessità che i partiti hanno l’obbligo di sostenere per fare fronte alla pandemia e al Recovery. Ce la farà fino al 3 agosto, quando scoccherà il semestre bianco. Il Presidente della Repubblica non potrà più sciogliere le Camere e la vita di Draghi diventerà impossibile».
Perché Mattarella ha scelto proprio lui?
«È il garante della nostra credibilità internazionale. Lei ne vede altri in giro? Io no».
Serviva un messaggio all’Europa?
«La nostra crisi interna rischiava d’infettare anche gli altri Paesi. Le sorgenti del ribellismo e delle disgregazioni populiste si annidano ovunque. Draghi rassicura, e offre garanzie sull’uso dei fondi».
L’ha visto in tv al Quirinale?
«Sì, e si vede che ha sempre maneggiato l’esplosivo che regge il mondo: la finanza e la moneta».
Farebbe bene a dare un ministero pesante a Conte?
«No, lascerei fuori i protagonisti dei veleni, i sacerdoti del salvo intese».
Conte non le è mai piaciuto.
«È un avvocato a parcella».
Non è troppo duro?
«È stato indennizzato a sufficienza in vanità, direi».
L’arrivo di Draghi non è la sconfitta della politica?
«Lo è. Ma non è colpa di Draghi».
Renzi ha vinto?
«Resta un guastatore. A scopone è l’uomo dello spariglio, non potrebbe mai dare le carte»
Però voleva Draghi e l’ha ottenuto.
«Sì, ma alla lunga non costruisce nulla, perché la sua passione per la demolizione prevale. Ha voluto pure Conte e poi l’ha fatto cadere».
Il Pd rischia gli errori fatti con Monti?
«Il Pd era convinto di assorbire i populisti, ma era un errore figlio della vecchia spocchia dei comunisti e della sinistra dc. I democristiani erano convinti che la Balena bianca avrebbe ingoiato tutto».
Invece?
«I grillini li hanno contaminati portandoli in un luogo deserto».
Draghi è come Monti?
«Per niente. Monti è un professore che conosce solo i libri che ha studiato, e il libro che ha scritto. Draghi la dottrina, ma anche la pratica. Quello che ha fatto alla Bce è stata raffinatissima politica».
Dopo Monti non abbiamo avuto Di Maio e Di Battista?
«Dimentica che per Monti il debito è sempre un male, Draghi invece distingue tra debito buono e cattivo».
Come definirebbe il governo che nascerà?
«Di tregua istituzionale».
E cosa è successo nell’ultimo mese?
«È andato in scena un dramma interno al sistema politico che Cossiga aveva già lucidamente denunciato nel messaggio alle Camere del giugno 1991».
Ma sono passati trent’anni.
«E i problemi sono ancora tutti sul tappeto. Si è cercato di cambiare le leggi elettorali e di avvicendare i partiti e i leader, ma si sono ignorate le ragioni interne della crisi. Siamo eternamente nelle mani degli ascari, come ai tempi di Giolitti: almeno quelli erano più dignitosi dei responsabili che avrebbero dovuto salvare Conte».
«Sì, nessuna forza in Parlamento ha interesse a mettersi di traverso in questa fase, significherebbe andare contro il Paese».
Anche i Cinquestelle?
«Troveranno il modo di digerirlo. Stiamo parlando di un partito con una rappresentanza del tutto abusiva».
In che senso abusiva?
«Non hanno più quel 32 per cento che li ha portati in Parlamento, se arrivano al 15 è già grasso che cola».
Lei conosce Draghi?
«Fu nominato direttore generale del Tesoro, quando io ero ministro delle Finanze nel governo Andreotti del 1990. Lo scelse Guido Carli».
Che ricordo ne ha?
«Di uomo molto riservato che non deborda mai».
Potrà durare?
«Dipende per quanto tempo durerà lo stato di necessità che i partiti hanno l’obbligo di sostenere per fare fronte alla pandemia e al Recovery. Ce la farà fino al 3 agosto, quando scoccherà il semestre bianco. Il Presidente della Repubblica non potrà più sciogliere le Camere e la vita di Draghi diventerà impossibile».
Perché Mattarella ha scelto proprio lui?
«È il garante della nostra credibilità internazionale. Lei ne vede altri in giro? Io no».
Serviva un messaggio all’Europa?
«La nostra crisi interna rischiava d’infettare anche gli altri Paesi. Le sorgenti del ribellismo e delle disgregazioni populiste si annidano ovunque. Draghi rassicura, e offre garanzie sull’uso dei fondi».
L’ha visto in tv al Quirinale?
«Sì, e si vede che ha sempre maneggiato l’esplosivo che regge il mondo: la finanza e la moneta».
Farebbe bene a dare un ministero pesante a Conte?
«No, lascerei fuori i protagonisti dei veleni, i sacerdoti del salvo intese».
Conte non le è mai piaciuto.
«È un avvocato a parcella».
Non è troppo duro?
«È stato indennizzato a sufficienza in vanità, direi».
L’arrivo di Draghi non è la sconfitta della politica?
«Lo è. Ma non è colpa di Draghi».
Renzi ha vinto?
«Resta un guastatore. A scopone è l’uomo dello spariglio, non potrebbe mai dare le carte»
Però voleva Draghi e l’ha ottenuto.
«Sì, ma alla lunga non costruisce nulla, perché la sua passione per la demolizione prevale. Ha voluto pure Conte e poi l’ha fatto cadere».
Il Pd rischia gli errori fatti con Monti?
«Il Pd era convinto di assorbire i populisti, ma era un errore figlio della vecchia spocchia dei comunisti e della sinistra dc. I democristiani erano convinti che la Balena bianca avrebbe ingoiato tutto».
Invece?
«I grillini li hanno contaminati portandoli in un luogo deserto».
Draghi è come Monti?
«Per niente. Monti è un professore che conosce solo i libri che ha studiato, e il libro che ha scritto. Draghi la dottrina, ma anche la pratica. Quello che ha fatto alla Bce è stata raffinatissima politica».
Dopo Monti non abbiamo avuto Di Maio e Di Battista?
«Dimentica che per Monti il debito è sempre un male, Draghi invece distingue tra debito buono e cattivo».
Come definirebbe il governo che nascerà?
«Di tregua istituzionale».
E cosa è successo nell’ultimo mese?
«È andato in scena un dramma interno al sistema politico che Cossiga aveva già lucidamente denunciato nel messaggio alle Camere del giugno 1991».
Ma sono passati trent’anni.
«E i problemi sono ancora tutti sul tappeto. Si è cercato di cambiare le leggi elettorali e di avvicendare i partiti e i leader, ma si sono ignorate le ragioni interne della crisi. Siamo eternamente nelle mani degli ascari, come ai tempi di Giolitti: almeno quelli erano più dignitosi dei responsabili che avrebbero dovuto salvare Conte».
Concetto Vecchio, la Repubblica, 4 febbraio 2021
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