La propaganda social leghista, la capacità di imporre temi nell’agenda pubblica – dai migranti alla legittima difesa – ha spaventato più del messaggio di Meloni, all’apparenza assai meno innovativo nelle forme e nelle parole d’ordine.
Eppure, da molti punti di vista, Giorgia Meloni è assai più inquietante di Salvini: a differenza della Lega, non ha alcuna coerente visione economica della società, ma solo una melassa composta di protezionismo, sussidi, redistribuzione a debito e poco altro. Si oppone a qualunque estensione dei diritti civili, messaggio tanto più efficace sul suo mondo perché viene da una donna.
E poi, Giorgia Meloni, guida una forza che è per sua natura anti-sistema, perché ultima erede di quella cultura politica che la Costituzione e le istituzioni repubblicane nascono per arginare.
Lei è riuscita a ipnotizzare tutti, spiegando che è di destra, ma non di quella destra, che certi eccessi non li tollera. Eppure guardate gli ultimi fatti rilevanti.
Il suo capodelegazione in Europa, Carlo Fidanza, si è autosospeso perché ripreso da Fanpage in compagnia di neofascisti e neonazisti. E Fidanza, come Meloni, è tra i fondatori del progetto di Fratelli d’Italia. A Milano Chiara Valcepina, la candidata di riferimento dei neonazisti di Fanpage, stava nelle liste di Fratelli d’Italia ed è stata eletta con 903 preferenze. Eletto pure Francesco Rocca, altro consigliere sostenuto dal “barone nero” Roberto Jonghi Lavarini e soci.
A Roma Meloni ha imposto al centrodestra come candidato sindaco Enrico Michetti, uno che due anni fa ancora vellicava il peggiore antisemitismo con discorsi in radio sugli ebrei che avevano le banche e cavalcavano i film sulla Shoah. Dell’assalto alla Cgil dice che è violenza, certo, ma non identifica la “matrice”, come se storia, tatuaggi, bracci tesi e slogan di Roberto Fiore e soci si prestassero a mille interpretazioni. Mentre a Roma volavano manganellate, Meloni stava in Spagna ad arringare (in spagnolo) i nazionalisti di Vox, a tessere alleanze di estrema destra.
Tutto indica che l’ascesa di Giorgia Meloni è da considerare come quella di Marine Le Pen in Francia o come il possibile ritorno di Donald Trump negli Stati Uniti: una minaccia alla tenuta della nostra democrazia. Una minaccia che si combatte con la netta affermazione dei valori sui quali la nostra democrazia è fondata, senza alcuna indulgenza. Meloni sta da una parte, la democrazia e le istituzioni italiane dall’altra.
2 Comments
la cosa che più mi sconcerta è che sia una donna a rappresentare il nuovo fascismo!
Il fascismo, il comunismo, in generale tutte le dittature enfatizzano “l’io” in nome del
” noi”, con metodi diversi ma il risultato è lo stesso:”io so io e voi non siete un c..” Eh si, secondo me, è così! e vale per tutti gli esseri umani, donne o uomini che siano.
La democrazia rappresentativa invece è l’unico algoritmo politico che tenta, con il compromesso delle idee di restituire agli umani la democrazia, la libertà di parola , la dignità, la solidarietà. In base al suddetto ragionamento, io confermo che il fascismo il comunismo, i regimi autoritari in generale non moriranno mai, ma si trasformeranno ed in positivo, com’è successo fino ad ora nella storia umana, per aderire alla democrazia rappresentativa. Certo il rischio “dell’uomo( per la donna è più difficile) solo al comando” c’è sempre, ma è comunque limitato rispetto ai tempi passati. Concludo dicendo, Come la pensava, grosso modo anche un grande statista : la democrazia rappresentativa è una brutta cosa, ma non esiste un regime migliore e tutti/e, anche Meloni Giorgia e Salvini Matteo, prima o poi ad essa dovranno adeguarsi. Grazie per l’attenzione e buona giornata a chi legge Antonio De Matteo Milano