Caro Sergio,
credo che i militanti e gli elettori del Partito Democratico siano le persone più pazienti, più miti, più responsabili che si possa desiderare come base elettorale. Ce ne hanno fatte vedere di tutti i colori, dovremmo essere esasperati, e un po’ lo siamo, per queste diatribe continue che rendono lo schierarsi nell’area cosiddetta progressista quanto di più faticoso e esasperante si possa immaginare. Verrebbe voglia di dire, anzi di gridare: adesso basta! Fate quello che vi pare, unitevi, dividetevi, accoltellatevi, dissanguatevi, a noi non interessa più. E’ come la fine di un amore costellato di litigi e prevaricazioni. Ognuno per la propria strada, e a non rivederci mai più. Il Partito è diventato un padre-padrone davanti al quale si deve soltanto obbedire e, ovviamente, al quale dare sempre e comunque il proprio voto. Una chiamata alle armi, anzi alle urne, in nome di sempreverdi pericoli fascisti, contro le Destre sempre attive, contro l’antipolitica (oggi non più così esecrabile). Intanto il popolo, o come lo si voglia chiamare, deve combattere da solo contro i propri problemi, le proprie ansie spesso assolutamente motivate, legate ai problemi economici, a quelli familiari, all’anziano da sistemare, al figlio da sistemare, alla salute da preservare. Tutto in assoluta solitudine. Anche se io personalmente non ho mai militato nel Partito con l’obiettivo di ottenere favori o vantaggi, l’ho comunque sempre considerato portatore di emancipazione e di giustizia sociale, che non può evidentemente essere insensibile ai problemi “veri” delle persone. Tramontate le grandi battaglie, mi chiedo davvero quali siano, oggi, gli obiettivi di un partito che si definisce progressista: le nozze gay? Lo ius soli? Il suicidio assistito? All’orizzonte non vedo altro. Tutte battaglie giuste, intendiamoci, ma poco incisive per la maggior parte delle persone. E vorrei ricordare che se Berlusconi è diventato incandidabile per un certo periodo è stato grazie alla ministra della Giustizia Severino, nel governo Monti, un governo “tecnico”. Comunque, è meglio che le divisioni vengano allo scoperto piuttosto che agiscano sott’acqua. Per quanto riguarda gli articoli che hai proposto sono d’accordo con te, ma vedo nell’appello di Cuperlo a Zingaretti perché ritiri le dimissioni il solito comportamento “responsabile” che io leggo invece come “dacci il tempo di organizzarci”. Il guaio, chiamiamolo così, del PD è che i tempi attuali richiedono anche velocità decisionale, un elemento che purtroppo manca.
Ti abbraccio,
Grazia
3 Comments
Quanta onestà mentale e quanta passione vera nelle parole della compagna ( si può dire?) Grazia!
Perché i dirigenti di un Partito erede del meglio della cultura politica italiana ( gli avversari se ne facciano una ragione, ma è così!) sono così incapaci di trasformare questi sentimenti delle migliaia di militanti in carne ed ossa in ragioni programmatiche, organizzative ed operative?
Davvero non riesco a capacitarmi, caro Sergio: voglio comunque sperare in un ravvedimento generale!
Il problema dei nostri dirigenti, a me pare, non è tanto politico, quanto esistenziale!
Mi ha molto convinto una affermazione lapidaria di J.P. Sartre nella sua intervista a 70 anni: “Da giovane credevo che la Rivoluzione fosse sostituire il potere con un altro potere; oggi ho capito che l’unica Rivoluzione possibile sia togliere potere al potere”.
Ecco, se ci si liberasse dell’assillo del potere ( per altro inafferrabile) torneremmo ad essere quello che fummo in tutti i Partiti che oggi si sono associati: comunità di uomini e donne, solidali al proprio interno, aperti al mondo, da interpretare sempre e da cambiare, perché non viviamo nel migliore dei mondi possibili!
Gerardo Vespucci
Qualche considerazione, non proprio ottimistica …
https://ilquadernodiet.blogspot.com/2021/03/unfit-inadatti.html
E qualche avvertenza …
https://ilquadernodiet.blogspot.com/2021/03/e-ora.html