Caro Sergio,
il 6 agosto 1945 Hiroshima veniva distrutta da un ordigno atomico. Cominciava una nuova era.
Come è noto, quella iniziata nel 1989 con il crollo del Muro di Berlino rappresenta solo l’ultima, possente ondata del fenomeno chiamato globalizzazione, preceduta ad esempio dalle scoperte geografiche del XV e XVI secolo. E se proprio con l’epoca del terrore nucleare fosse cominciata la penultima ondata? Sono celebri le affermazioni di Palmiro Togliatti, sviluppate in particolare nel 1962 in occasione del decimo congresso del Pci, sulla “coesistenza pacifica” e sul mutamento della stessa nozione di “lotta di classe” dinanzi a un possibile terzo conflitto mondiale.
Per la prima volta gli umani erano in grado di autodistruggersi, mettendo a rischio persino la sopravvivenza degli altri esseri viventi. E in effetti l’ “equilibrio” fra Usa e Urss, pur caratterizzato da decine di guerre “locali” o “regionali”, si basava in quei decenni sulla “deterrenza” e sul timore della distruzione reciproca.
Si trattò, per certi versi, di una sorta di globalizzazione del terrore. Milioni di persone erano accomunate dalla consapevolezza del destino di morte inesorabilmente legato a un’eventuale guerra su scala planetaria: una vera e propria spada di Damocle era sospesa sulla testa di tutti e di ciascuno. L’umanità si trovava in una situazione mai vissuta prima.
Se volessimo far leva sul gusto per il paradosso, potremmo dunque dire che proprio la “cortina di ferro” e la costruzione del Muro di Berlino, simboli per eccellenza di divisione, segnarono anche un momento decisivo di ciò che definiamo globalizzazione.
Danilo Di Matteo
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