Riprendo con il blog offrendovi questa per me graditissima sorpresa: un mini saggio sul mio lavoro scritto da due persone che non ho il piacere di conoscere. Il link originale lo trovate cliccando qui.
Sergio Staino
Il diavolo, l’acquasanta e il forno a microonde.
Fenomenologia di Bobo.
Articolo di Mario Gamba
Come è noto, molti e molti anni fa Benedetto Croce scriveva che la politica “è al di là, o piuttosto al di qua, dal bene e dal male morale“, e che pertanto essa “non si può esorcizzare e cacciare dal mondo con l’acqua benedetta” (Etica e politica, 1931). Ed è come dire che per il filosofo abruzzese la vita politica, la vita dello Stato, risponde sempre e solo alla logica ‘economica’ dell’utile, dell’interesse di una parte sociale che si impone sulle altre, e nulla ha a che vedere con gli imperativi morali. In altri termini, è come dire (e come di fatto Croce diceva) che etica e politica appartengono a gradi diversi della vita umana, e che la politica vanta una totale autonomia rispetto al giudizio etico.
Se dunque assumiamo che l’etica (in quanto riflessione che mira a individuare “ciò che è dovuto da ciascuno a tutti” 1) sia qualcosa che appartiene alla sfera di ciò che è nobile e disinteressato e puro e ‘divino’; se cioè l’etica è -nella metafora suggerita dal passo di Croce- “l’acqua benedetta”, la politica diventa allora, per mera opposizione, qualcosa di diabolico perché strutturata secondo la dimensione dell’utile personale o di parte, secondo la logica del particulare. E voler moralizzare la vita politica risulta, in questa prospettiva, una operazione non solo vana ma addirittura decisamente ridicola! Perché la vita politica è amorale per definizione! Con buona pace dei vari Gobetti e Calamandrei e Bobbio e tutti quelli che hanno sempre pensato e agito diversamente2.
Ne discende che -sempre (e solo!) in questa prospettiva- il concetto d’una ‘politica disinteressata’ è contraddizione in termini, ossimoro con valenza puramente ‘poetica’, clowneria linguistica, ciarlataneria buona per imbonitori… Non esiste politico disinteressato, se non per creduloni disposti a farsi infinocchiare dal mestierante di turno!
E, a ben vedere, la realtà politica attuale sembra confermare in pieno la (e venir in pieno confermata dalla) dicotomia etica-politica sopra ricordata. Con sempre maggior evidenza, corruzione, opportunismi e disonestà varie rendono sempre più difficile ai ‘Bobo‘ reali vivere la vita della polis senza cadere in scetticismi, dubbi, incertezze riguardo agli stessi leader dei partiti politici di appartenenza.
Già, Bobo… perché, come si sa, la figura di Bobo è da sempre associata a quella di una generazione di persone ormai politicamente (ma anche ‘esistenzialmente’) disincantate, disilluse, dubbiose e spesso confuse: la generazione di Sergio Staino.
Due questioni: in primo luogo, cosa potrà mai pensare Bobo, e dunque Staino, della idea per cui moralizzare la vita politica è impresa fallimentare in partenza, e dunque ridicola? E poi, in secondo luogo, dov’è finita l’acquasanta (cioè, fuor di metafora, gli ideali, i valori di bontà e di compassione universale) con cui ‘benedire’ la politica, sempre più mefistofelica e particularistica? Chi o cosa può oggi, nell’epoca della fine delle ideologie, fornire l’acqua benedetta per esorcizzare e scacciare disonestà, violenza, malaffare dalla vita della polis?
PRIMA QUESTIONE.
In una serie di interviste rilasciate in tempi recenti, e in particolare in quella concessa a Mauretta Capuano, Sergio Staino, il papà di Bobo, ha affermato che per ricostruire la vita politica (e in particolare il variegato mondo della sinistra politica, in cui Staino si è sempre riconosciuto) bisogna insistere sugli ideali e sulla bontà degli individui, perché “con la cattiveria non si costruisce nulla“3. E ancora: “Bisogna levare il partito dalle mani degli affaristi e darlo a persone belle, idealiste e buone“4.
Di più! Ad Andrea Coccia, parlando della crisi e delle fratture in seno alla sinistra politica italiana, Staino viene a dire che -complice il berlusconismo che “ha infilato [nella politica]i soldi, le donne, le macchine“- la sinistra ha perso “ogni connotato di eroismo“: mentre una volta i leader politici vivevano in modo spartano, con pochi soldi, da veri e propri missionari laici, ma godevano di ampio rispetto sociale presso il popolo, oggi “conta solo se hai successo. Ma successo economico, non morale. […] Oggi invece il rispetto sociale è andato alla merda“5.
Pare chiaro, chiarissimo, a chi legge anche solo queste poche righe che il punto di vista di Staino è ancora quello di chi vuole andare alla ricerca di ‘acquasanta’, di persone che mirino al “successo morale”, e siano ‘idealiste e buone’, solidali, per curare i mali della sulfurea politica-mefistofele. Anti-crociano senza forse nemmeno immaginarlo, il papà di Bobo, vuole combattere anche con i suoi fumetti e le sue strisce l’imputridire immorale (e non semplicemente amorale) della vita associata. E lo si capisce bene -a nostro avviso- se solo si presta attenzione ad alcune vicende fumettistico-familiari di Bobo.
Una su tutte, a mo’ di esempio.
Si pensi al Bobo di “Forno a microonde“6: qui Bobo e la moglie Bibi si presentano inizialmente entusiasti per l’acquisto (al ‘solo’ prezzo di “un milione e due”di lire) di un forno a microonde: un marchingegno tecnologico capace di liberarli dalla schiavitù dei lavori di cucina, [VIGNETTE] ma in realtà simbolo e strumento di una nuova schiavitù, quella del denaro, dell’iperconsumo, dell’inutile: il frullatore, i due bagni, i due televisori, i computer etc. a cui il fumetto fa riferimento. Ma l’entusiasmo di Bobo è destinato a spegnersi in modo brusco davanti agli urli strazianti di Michele, il figlio piccoletto, che quasi soffoca per la vergogna e la rabbia dinanzi all’acquisto dei genitori: il bambino, innocenza non ancora del tutto corrotta dalla trappola consumistica in cui sono caduti Bobo e Bibi, protesta in nome della solidarietà con il suo amichetto Thomas, un compagno di scuola nero e povero, che non ha nemmeno i soldi per comprare uno zainetto. Davanti alla reazione di Michele, Bobo vien colto a sua volta dalla vergogna e dal dubbio (come spesso accade, nelle strisce di Staino), e poi confessa alla moglie la “nuda verità“: “siamo nella merda“. Un’unica e sola consolazione resta ai due genitori, a Bobo e Bibì, alla fine del fumetto: la concreta possibilità che Michele, da grande, vista la sua sensibilità, possa diventare missionario in qualche paese del Terzo o del Quarto Mondo, pronto a soccorrere e aiutare il prossimo: “Penso che diventerebbe missionario“.
Storia esemplare, dicevamo. Una storia (e non certo una ‘storiella’!) dalla morale chiara (ma niente affatto ‘semplice’): sfuggire alla ‘merda’ equivale a recuperare quella solidarietà, quel senso comunitario del vivere che la nostra società fatta di cose superflue (e priva del senso del sacro, dell’eroismo, del dispendio) ridicolizza.
Traspare qui, sia pur giocata con dolce ironia e senza alcuna pedanteria didascalica, l’equazione che ci pare essere tipica di Staino: l’idea della politica come ‘missione’ e vocazione, come Beruf (la ‘vocazione’ di cui ci ha parlato tanto tempo fa Max Weber), come ricerca della felicità condivisa, come slancio ideale (l”eroismo’ di cui ha detto Staino nell’intervista rilasciata a Coccia). O, in altri termini, la visione morale della politica: connubio difficile dal sapore utopico, poichè -come ben sa Bobo/Staino- gli slanci ideali possono non condurre a risultati concreti, possono rivelarsi incapaci di cambiare le cose del mondo, ma ciononostante rendono dignitosa la vita degli uomini.
Anche per questo Bobo, con tutti i suoi dubbi e le sue buone intenzioni, non può essere accostato a Homer Simpson, un altro celebre omino di carta. Come giustamente ha sottolineato Luca Raffaelli, Homer è un neghittoso poltrone che si ritrova ad essere vittima becera, incosciente, ignorante (e ignorata) del sistema sociale; Bobo no, Bobo fallisce spesso ma non si arrende. Bobo “è un idealista, coraggioso, fragile intellettuale […] Bobo, al contrario di Homer, un’umanità nuova la vuole, la pretende“7. Anche se poi Bobo, proprio come Homer, spesso finisce “nella merda“. Bobo è un idiota? Certamente sì, se però al termine idiota attribuiamo il significato che Dostoevskij gli dava : quello di un uomo “positivamente bello”, dalla ingenua bontà, capace -come il celebre principe Myškin- di compassione verso il prossimo anche se continuamente schiaffeggiato dalla realtà. In tal senso, Bobo ci pare essere il Myškin della nostra epoca, l’epoca dunque del disinganno e del disincantamento del mondo.
‘Andare alla merda’, ‘essere nella merda’ et similia sono espressioni cachettiche che suggeriscono con forza la situazione di disincanto e delusione e amarezza di molti che -come Staino- hanno partecipato in gioventù degli ideali sessantottini di giustizia sociale (intesi spesso alla maniera marxista-leninista, quella maniera che Staino ha chiaramente abbandonato, vista la insopportabile giustificazione della violenza politica che ne è derivata). Espressioni così ‘popolane’ e icastiche vengono spesso recuperate oggi da vari intellettuali di fama per dire la stessa situazione di squallore morale nella quale ci si ritrova a vivere: è il tema dello “smerdamento dell’ Ideale“8, che lo psicoanalista Massimo Recalcati imputa all’iper-edonismo insito nel “discorso del capitalista”. E la risposta moralmente corretta che Staino/Bobo ci pare voglia dare a tale situazione è quella racchiusa nello strillo d’orrore di Michele, lo stesso acuto urlo che Stephane Hessel ha condensato nel suo famoso “Indignatevi!“: una indignazione non violenta contro “la vertigine del “sempre di più“9.
E infine -bisogna aggiungere- nelle strisce di Staino a indignarsi sono spesso i giovani (a volte i bambini), i Michele, più che gli adulti (i Bobo dubbiosi o i Molotov rintronati dalla ideologia). Che i fumetti di Staino vogliano scegliere come interlocutori privilegiati i giovani ancor più che gli adulti smarriti e delusi?!
SECONDA QUESTIONE.
Ma che cosa in concreto si può proporre ai giovani e agli adulti scettici, disillusi e smarriti?! E cioè, dove trovare l’acquasanta per superare la logica del forno-a-microonde, benedire la politica e indirizzarla verso l’ideale, la bontà, la comprensione degli altri?
Dicevamo in precedenza, del concetto della vita politica come impegno missionario e vocazione, cioè come Beruf. Ma la vocazione, nel senso weberiano del concetto, è innanzitutto una ‘chiamata’, un venir chiamati (convocati, ‘advocati’) da una qualche realtà superiore (il Dio di Lutero e Calvino, nella cultura protestante) a compiere un’opera buona. Chi ci chiama, oggi, nell’epoca della Entzauberung, del weberiano ‘disincantamento del mondo’ e del trionfo del ‘forno a microonde’?
Dov’è Dio? Lontano,incomprensibile, muto e irraggiungibile come il conte West-West nel Castello di Kafka? O, più semplicemente, inesistente?
E dove sono i ‘supplenti’ di Dio, le granitiche ideologie politiche e i grandi assoluti laici (in primo luogo, ma certo non solo, il marxismo) capaci di orientare l’umanità verso il “sole dell’avvenire”? Scomparsi!
O forse qualcuno crede ancora all’esistenza di qualcosa come la coscienza morale kantiana, con i suoi imperativi categorici assoluti?!
A chi o cosa ancora prestare fede? Perché mai dovremmo ancora farci ‘missionari’ e impegnarci per il prossimo, come Michele, il figlio di Bobo? Morto Dio e morte le ideologie, non è forse anche giunta l’ora della “morte del prossimo”, come ci ricorda il titolo di un famoso libro di Luigi Zoja10?
Una piccola ma significativa risposta ce la dà Staino nell’ultima parte del 2017: no, il prossimo non è morto, e val sempre la pena impegnarsi con disinteresse politico a favore del prossimo. Parola di Jesus!
Le nuove strisce di Staino (Hello, Jesus!, pubblicato su Avvenire, quotidiano di ispirazione cattolica) vedono Bobo trasformarsi in Giuseppe, il papà di Jesus, giovane falegname impegnato a satireggiare l’immoralità del nostro mondo, a condannare i drammi della povertà e della immigrazione, e l’orrore del consumismo. Staino, già marxista leninista, ora ritrova nella figura di Cristo la via fumettistica per continuare a condurre la sua battaglia per una “umanità nuova”. Proprio lui, Staino, uno dei presidenti onorari della UAAR, la “Unione atei e agnostici razionalisti”, si ritrova da non credente a venir pubblicato sul quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana. Ma la cosa non ci stupisce minimamente. A voler continuare il gioco della lettura ‘letteraria’ del lavoro fumettistico di Staino, potremmo dire che finalmente Bobo/Myškin, l‘idiota del fumetto tardo-novecentesco, ora ha trovato finalmente il suo Cristo umanissimo, il Cristo in cui riconoscersi (come nell’opera di Dostoevskij). Hello, Jesus!, infatti, non nasce per caso, come racconta Staino a Marina Corradi:
“Già otto anni fa ho messo mano a questo mio Gesù, ma non ho mai pubblicato le strisce. Solo ora le ho proposte a Avvenire, giornale di cui ho stima. Trovo che il giornalismo cristiano abbia uno sguardo aperto sulla realtà. Devo dire anche che io sono cresciuto, come tanti, in un oratorio, e con dei preti simpatici” […] Sono stato poi appieno un sessantottino, un figlio dei fiori, e contro la famiglia tradizionale. Con tutto ciò quando incontravo don Ernesto Balducci, mio amico e conterraneo, mi diceva: “Guarda, Sergio, che tu in fondo sei più credente di me” […] Per me Gesù è un bellissimo personaggio storico, il primo dei socialisti, il primo a combattere per i poveri. Lo dico sempre, quando vado nelle scuole a parlare: non mi toccate Gesù, che ha fatto tanto bene al mondo…”11
Staino resta non-credente, e Bobo si è trasformato in Giuseppe, non in “san Giuseppe”. Gesù di Nazareth è, per Staino, uomo e solo uomo, un personaggio storico senza traccia di divinità; ma il fascino di Gesù resta formidabile sull’artista toscano come su chiunque sia idiota, cioè persona “positivamente bella”, morale, ‘buona’ (altro termine che ricorre spesso nei discorsi di Staino). Che poi Gesù sia stato davvero “il primo dei socialisti” è cosa ampiamente discutibile, ma è innegabile che così lo veda Bobo.
Il messaggio di Gesù, il mandatum novum dell’amore e della compassione, sembra dunque essere oggi più che mai l’acquasanta a cui giovani e meno giovani dovrebbero far ricorso per emendare la politica, per sciacquare via tutte le immoralità interessate che la inquinano. E papa Francesco, nei confronti del quale il nostro Bobo/Giuseppe prova evidente affetto, è, di questo messaggio, il veicolo e il grande estensore. Papa Francesco, di cui Staino ha detto “Trovo che quest’uomo sia per il mondo una boccata di ossigeno”12.
Il papa e la parola di Gesù sono dunque l’ossigeno capace di neutralizzare le derive della politica affaristica e di restituire il senso del disinteresse all’impegno dei cittadini.
Già, il disinteresse… Perché in fondo, come ha di recente affermato Adriano Sofri, spesso citato da Staino, “Il disinteresse è in realtà un interesse personale differito, nel tempo e nello spazio, […] sui nostri figli e nipoti”13.
Il disinteresse politico, insomma, come agire intelligente e interessato al bene dei nostri figli, senza il quale i nostri figli non avranno futuro, ma solo un mondo pieno di forni a microonde, solitudine, denaro, cose inutili e devastazione morale e ambientale.
Il disinteresse politico, cioè un ‘interesse idiota‘: un ossimoro sensato, un “bobo-ossimoro”!
Note:
1Roberta De Monticelli, La questione morale, Raffaello Cortina editore, Milano, 2010, p. 54.
2A questo riguardo, si veda a titolo puramente esemplificativo il giudizio di Norberto Bobbio sull’essenza del pensiero di Piero Gobetti e del gobettismo: “Alla base di questo nucleo di idee c’è anzitutto una concezione etica della politica […] una politica ispirata a principî, non a interessi di questo o quel gruppo, e conta per essa molto di più la fedeltà ai principî che non la certezza di raggiungere il fine”. Norberto Bobbio, Italia fedele, Passigli editore, Firenze, 1986, p. 130.
3Mauretta Capuano, Sergio Staino, Bobo ‘Alla ricerca della pecora Fassina’, www.ansa.it, 6-4-2016.
4Ibidem.
5Andrea Coccia, Sergio Staino: “Non torno con D’Alema nemmeno fucilato”, www.linkiesta.it, 14-4-2016.
6Sergio Staino, Bobo, I classici del fumetto di Repubblica, Roma, 2004, pp. 187-195.
7Luca Raffaelli, Chi è Bobo, introduzione a Sergio Staino, Bobo, I classici del fumetto di Repubblica, Roma, 2004, p. 7.
8Massimo Recalcati, Il complesso di Telemaco, Feltrinelli, Milano, 2013, p. 23.
9Stephane Hessel, Indignatevi!, add editore, Torino, 2011, p. 27.
10Luigi Zoja, La morte del prossimo, Einaudi, Torino, 2009.
11Intervista rilasciata a Marina Corradi, Io, Staino, l’amarezza e un nuovo sorriso, www.avvenire.it, 1 ottobre 2017.
12Ibidem.
13Adriano Sofri, Contro la folle sinistra che sceglie Di Maio, Il Foglio, 28 dicembre 2017.
L’ironia di un fumetto che ci insegna a non prenderci troppo sul serio.
Articolo di Marco Feo
Una delle principali capacità di Sergio Staino è quella di saper parlare dei grandi valori della vita e della società, narrando l’apparente banalità della vita quotidiana (si veda a tal proposito Gli angeli del cortile di Adriano Sofri).
L’elemento autobiografico è spesso presente nelle sue strisce. Bobo, il suo personaggio principale, è lo stesso Staino, in maniera evidente e dichiarata. L’autore chiama addirittura i suoi character con i nomi dei suoi familiari: la moglie Bibi, il figlio minore Michele, la figlia maggiore Ilaria.
La forte carica auto-ironica, la capacità di prendere in giro se stesso prima che gli altri, permettono all’artista di instaurare un gioco particolare con il proprio lettore, quasi portandolo in un mondo di confidenze, che gli permette di criticare usi, costumi e sistemi del pensiero precostituito della nostra società (si veda ad esempio la storia Camping Paradiso).
Nelle sue storie Bobo ci porta fra i problemi di tutti i giorni: da cambiare un pannolino ad un neonato, al dover fare la spesa al supermercato; dalla diversità di pensiero fra marito e moglie, alle discussioni o confidenze fra amici; dalla politica discussa al circolo, ai problemi di cronaca nazionale. Partendo dal basso, Staino fa riflettere in realtà su tutto quanto ci circonda, trasformando le sue strisce di fumetti in pedagogia del nostro tempo e storia del nostro paese.
Il disegno di Staino è essenziale, stilizzato, veloce, ridotto al minimo. Se confrontiamo le sue prime strisce pubblicate sui quotidiani Il Messaggero e L’Unità notiamo ancora una ricerca di raffinatezze ed eleganza, seppur attraverso un disegno veloce e quasi schizzato (la cifra stilistica che lo caratterizzerà nella sua evoluzione più matura).
Man mano che il suo stile prende sicurezza, si allontana da ogni compiacimento grafico, da ogni leziosità, a favore di un tratto che scorre veloce sul foglio di carta come se fosse un taccuino degli appunti su cui riportare riflessioni del quotidiano. In Bobo sono fondamentali i dialoghi piuttosto che il contesto visivo. E’ ciò che dicono e che pensano le persone che interessa a Staino. Vuole raccontare delle vite concrete, piene di dubbi, paure e sbagli, ma in fondo felici di vivere, non un mondo idealizzato attraverso la ricerca di un disegno perfetto. Lo stesso lettering all’interno dei balloons, spesso scritto di getto, leggibile ma non calligraficamente perfetto, vuole suggerire un’idea di immediatezza sia nella fase di realizzazione grafica che in quella successiva di lettura. Nelle vignette il disegno si riduce ad una linea unica, tracciata con un normale pennarello, di quelli che si tengono in tasca per prendere appunti, mentre gli sfondi e gli oggetti si riducono all’essenziale.
Questo non significa che Staino non sappia disegnare. Tutt’altro. L’autore ha abbondantemente dimostrato la sua abilità grafica, magari attraverso l’utilizzo di particolari tagli prospettici, o alla ricerca di un particolare effetto stilistico, ma solo quando tutto questo è necessario per il racconto. Non è una scelta facile per un disegnatore. La narrazione è la cosa più importante per Bobo/Staino e viene prima del compiacimento estetico e dell’illustrazione. Proprio per questo possiamo dichiarare che i disegni di Staino sono fortemente fumetto e non illustrazione. Non rendono più bella una situazione, la raccontano per come i personaggi la stanno vivendo, attraverso i loro pensieri, le loro emozioni, i loro stati d’animo.
Staino rappresenta le considerazioni dei personaggi piuttosto che la loro visione prospettica, il loro punto di vista emotivo piuttosto che quello ottico. Lo stesso approccio l’autore lo sviluppa attraverso il colore, realizzato solitamente grazie ad un acquerello istintivo, ispirato all’esperienza dei grandi autori del fumetto come Hugo Pratt. Anche in questo caso le vignette non appaiono mai vezzose, il colore non serve per abbellire una vignetta, per rendere più realistico il disegno, quanto piuttosto a legare le vignette fra di loro per velocizzare il passaggio da un balloons all’altro, per sottolineare l’espressività di una scena (ad esempio essere verdi di rabbia).
Ed il fumetto è proprio questo. In un racconto letterario spesso la verità è nascosta dall’autore nell’interlinea, cioè nello spazio bianco fra le righe del testo, nel non detto, nel non descritto. Allo stesso modo nel fumetto la sua essenza risiede nello spazio bianco fra una vignetta e quella successiva. Se il lettore passa velocemente da una vignetta all’altra senza stacchi di lettura, senza distrazioni, magari per contemplare la bellezza di una scena o i dettagli del disegno, la narrazione si compie nel modo perfetto.
Un segno così minimale non limita la capacità espressiva dell’autore, anzi è proprio in questa scelta di apparente povertà che sta la sua grandezza. Con pochi tratti, con una forma che a volte può apparire quasi trasandata, brutta o veloce, Staino riesce a cogliere e a raccontare i sottili passaggi di umore che possono nascere durante un dialogo tra due innamorati, nel confronto tra amici, nel litigio tra fratello e sorella. Per questa sua peculiare capacità Staino è un autore politico. Non perché faccia riferimento ad un partito, anche se fin dall’inizio della sua carriera il suo schieramento politico è sempre stato dichiarato chiaramente. E’ politico perché parla dei problemi della vita, ciò di cui la politica dovrebbe occuparsi. Anche arrivando ad ironizzare fortemente sul suo partito e sui suoi maggiori rappresentanti (magari proprio sulle pagine dell’organo di stampa di quel partito).
Solo attraverso l’auto-ironia, ci insegna Staino, ci si può veramente prendere sul serio. Solo con la capacità di rivedere i propri punti di vista, di rimettere in gioco le proprie sicurezze, verso una maggior condivisione di idee, si possono risolvere i problemi e fare veramente politica.
Sergio Staino – Biografia
L’autore Sergio Staino debutta come disegnatore di fumetti nel 1979 sulle pagine di “Linus” con il personaggio di Bobo. All’inizio degli anni 80 lavora per i quotidiani “Il Messaggero” e “L’Unità”. Nel 1986 fonda e dirige il settimanale satirico “Tango”, sulle cui pagine sfilano le migliori firme della satira italiana, molte delle quali provenienti da “Il Male”.
In quegli stessi anni inizia a lavorare anche per la TV, ove trasporta Bobo in alcuni sketch dello show “Drive In”, dirige nel 1987 la rubrica “Teletango”, inserita nel contenitore domenicale “Va’ pensiero”, realizza il film-video “Io e Margherita”, cura la parte satirica negli “special elettorali” del TG3. Nel 1993 firma “Cielito lindo”, una sorta di “Zelig” ante litteram condotto da Claudio Bisio e Athina Cenci. Nell’inverno 1995-96, collabora al TG3 con una vignetta satirica quotidiana.
Lavora anche per il cinema, sceneggiando e dirigendo nel 1988 il film “Cavalli si nasce”, con Paolo Hendel e David Riondino, e nel 1992 “Non chiamarmi Omar”, tratto da un racconto di Altan.
È nominato direttore artistico del Teatro Puccini di Firenze e dell’Estate Fiorentina, nonché presidente dell’Istituzione Servizi Culturali di Scandicci. Tra gli altri suoi lavori recenti, le illustrazioni (con Isabella Staino) del racconto di Adriano Sofri “Gli angeli del cortile” (2003), e “Novecento”, la versione attualizzata del burattino collodiano Pinocchio.
Tra i riconoscimenti ottenuti, si può ricordare il Premio Satira Politica Forte dei Marmi, lo Yellow Kid come “miglior autore” al Salone Internazionale dei Comics, il Premio Tenco/Canzone e fumetto e il Premio Persea, consegnatogli a Firenze durante la convention Comicstrip.
2 Comments
Non mi stancherò mai di ripetere che un partito politico NON è e non DEVE essere una ONLUS.
E’ proprio tutta un’altra cosa. Mestieri diversi, finalità diverse.
Nessuna ONLUS deve prendere voti, vincere elezioni e poi governare Comuni, Regioni, Stati.
Questo non autorizza i Partiti ad essere immorali e peggio amorali.
Ma richiede che alle categorie della moralità, dell’onestà, della correttezza si affianchi anche quella dell’efficacia.
Non servono santi in politica, Servono persone brave, competenti, lucide, coraggiose, e ovviamente oneste.
Non facciamoci fregare dai grillismi: l’onestà è precondizione per ogni attività sociale, mica solo per la politica.
Può essere un ladro un sacrestano, se ruba le elemosine, o il mio vicino, se mi ruba il giornale dalla cassetta della posta.
Non è meno riprovevole che prendere tangenti. Non si fa e basta. E la legge punisca i trasgressori!
Tutti noi siamo purtroppo vittime della vergognosa demonizzazione della SOLA politica, come se tutto il resto fosse un paradiso.
Se l’Italia è ridotta così, è perché per anni si è guardato colpevolmente solo alla politica, dimenticando, o fingendo di dimenticare, tutte le infinite consorterie, che in realtà spadroneggiano da sempre nel nostro Paese. E guai a chi le tocca!
Non vale la pena elencarle: guardatevi intorno e ne vedrete a bizzeffe. Bisogna combatterle tutte..
Stiamo sperimentando sulla nostra pelle, sui nostri sogni, sui nostri soldi, questo attacco al cuore dei nostri principi democratici.
Svegliamoci e non facciamoci travolgere dal vento. Adesso ce lo abbiamo, forte e violento, proprio in faccia.
In barca si riduce la velatura e si fanno i bordi, ovvero si tiene la direzione ma si adatta la rotta.
Si viaggia lo stesso, purché sia chiara la meta e nessuno dell’equipaggio tagli le scotte.
Auguri e buon vento.
Interessante l’articolo del giornalista Gamba, ma qualcuno può spiegarmi cos’ è la morale in modo obiettivo? In certi paesi una donna con la gonna corta viene considerata immorale e punita.
Per anni era immorale, anche in Italia, far votare le donne.
Qualche anno fa la chiesa considerava immorale il grande scienziato Galileo Galilei e lo condannava. È immorale inventare uno scoop per un giornalista che difende la sua testata? Qualcuno l ‘ha fatto e continua tranquillamente a svolgere il suo mestiere. È immorale condannare ingiustamente una persona?
Tanti magistrati lo fanno e poi fanno carriera. Io penso che la fortuna della nostra società e di quelle precedenti è strettamente legata alla esistenza della politica che in qualche modo permette la nostra sopravvivenza. Per fortuna la politica può essere buona e cattiva ed io sono per quella buona. Buona serata a tutti. Antonio De Matteo