Quando si scontrano due leggi, la legge dell’amore e la legge dello Stato quasi sempre vince la seconda. Ma la prima non perde mai. Mimmo Lucano non è un eroe, ma non è neanche un criminale. Non lo è tecnicamente perché dovranno essere dei giudici eventualmente a deciderlo. Per ora siamo solo alle accuse, gravi senz’altro, di aver violato due norme specifiche in materia di immigrazione e di rifiuti. Ma Lucano non è un criminale perché tutto ciò che ha fatto l’ha fatto per amore o, se volete, per solidarietà. Per ‘eccesso’ di solidarietà. Da romantico rivoluzionario che ritiene di poter piegare leggi che ritiene ingiuste. Persino di farne di proprie.
Così si spiega, e spiega lui stesso nelle intercettazioni, la decisione di celebrare matrimoni combinati o di consegnare carte d’identità con pochi approfondimenti. Lo fa per salvare donne a rischio e senza protezione. Bello, eticamente giusto, ma illegale. Non siamo sotto a una dittatura, ma in una democrazia, in uno Stato di diritto. E con lo stesso spirito, per far lavorare le due cooperative che coinvolgono i rifugiati Lucano si inventa ‘norme comunali’ che scavalcano quelle nazionali e regionali. Bello, ma illegale. Poi uno gira per Riace e vede un paese accogliente, ordinato, pulito. Dove gli immigrati, i rifiutati della terra, sono accolti e integrati. E dove i rifiuti dell’uomo sono gestiti efficientemente. Bello ma, accusa la procura di Locri, realizzato con azioni illegali.
Non ce ne sono, invece, nella gestione dell’accoglienza. Il gip, infatti, pur riscontrando «estrema superficialità», non ha ravvisato reati. Dunque, a essere sotto inchiesta, a essere colpito non è il ‘modello Riace’, che in realtà è realizzato in tanti altri Comuni, anche calabresi. Ma singoli episodi. Come dimostrano le ispezioni della Prefettura di Reggio Calabria, la gestione dei fondi per l’accoglienza è stata disordinata, approssimativa, ma sempre a fin di bene. Certo non è più il momento dell’accoglienza solo ‘col cuore in mano’, ci vogliono correttezza, trasparenza, conti che tornano, bilanci limpidi, ma sempre assieme all’anima. Lucano non si è arricchito di un centesimo, e anche il gip non accoglie le accuse di concussione e truffa, ma il sindaco nel suo stile ‘vetero’ ha pensato di poter fare così, per poter fare. Ha fatto. E ha sbagliato. Al di là delle responsabilità penali che ora andranno dimostrate, c’è ora il gravissimo rischio della generalizzazione, della confusione. A essere accusato, a finire agli arresti domiciliari, non è il sistema dell’accoglienza diffusa che in Riace ha avuto il modello più noto. E sbaglia chi, ministro Salvini in testa, oggi esulta contro «i buonisti che vorrebbe riempire l’Italia di immigrati ». Lucano ha riempito di vita un paese di cui è stato eletto sindaco e che stava morendo. Ben altri sono gli affaristi dell’immigrazione, quelli che si sono arricchiti sulla pelle dei rifugiati, che li hanno ammassati in luoghi invivibili, risparmiando perfino sul vitto, e magari d’accordo coi clan della ’ndrangheta, come apparso nella sua drammaticità nell’inchiesta sul Cara di Isola di Capo Rizzuto, sempre in Calabria.
Riace non è così. Nel piccolo centro jonico tutto è per i vecchi e nuovi cittadini, italiani e immigrati. Troppo? Sbagliando sugli strumenti? Andando oltre il lecito? Un giudice lo accerterà. Ma è sicuramente sbagliato, falso e offensivo cogliere l’occasione per mettere sotto processo tutto il sistema dell’accoglienza, addirittura per condannarlo a colpi di slogan. Il decreto Salvini, come hanno subito capito in molti, penalizza fortemente l’accoglienza diffusa degli Sprar, quella di Riace e di tanti Comuni virtuosi e aperti, in collaborazione con cooperative sociali e volontariato. Mentre favorisce i Cas, soprattutto i grandi, luoghi dove la buona integrazione è più difficile e dove gli affari dei furbi e dei criminali sono più facili.
Leave A Reply