Le agenzie di domenica da Afrin avevano la fotografia di Zelukh Hemo, una ragazza curda di vent’anni, bel viso, bel sorriso, nome di battaglie Avesta Khabur. In rete ci sono video che la riprendono in varie circostanze, accanto ad altre combattenti, o mentre danza e canta, mentre gioca con l’acqua di un fiume, o racconta di sé. Sabato si è infiltrata nella linea turca, ha raggiunto un carro armato, ha lasciato cadere dalla torretta una granata ed è esplosa insieme all’equiaggio del carro. Shehid, martire, la commemorano le sue compagne delle Unità di protezione femminile, Ypj, e gli uomini del Ypg e i curdi di tanta parte del mondo. C’è una delicata questione sul modo di definire la sua azione: un attacco suicida? Chiamarla così rischia di assimilarla agli attacchi suicidi jihadisti, disprezzati dai laici militanti curdi. Inoltre gli americani, che hanno nei curdi del Rojava i loro alleati maggiori, e pressoché unici, sul terreno siriano, benché si tengano alla larga dall’enclave di Afrin, sarebbero in imbarazzo di fronte al ricorso agli attentati suicidi nei confronti della propaganda turca. Erdogan chiama terrorista l’intera comunità curda, quella che ha fatto fuori l’Isis da Kobane, Raqqa e Deir Ezzor. Bisogna dire che l’azione della giovane combattente Avesta non ha niente in comune con il terrorismo suicida islamista. E’ in corso – al decimo giorno ieri – un’aggressione al cantone curdo-siriano di Afrin da parte delle forze turche che impiegano per cielo e per terra una potenza militare smisuratamente superiore. L’azione di Avesta stringe il cuore ma risponde a questo oltraggioso divario di forza, e somiglia piuttosto all’abnegazione cui si ispira la tradizione delle nostre medaglie alla memoria. A Qobane nell’ottobre 2014, in un momento in cui la resistenza all’Isis era più disperata e solitaria, com’è oggi contro i turchi ad Afrin, un’altra ventenne, madre di due bambini e comandante del Ypj, Arin Mirkan, alias Dilar Genj Khamis, si era fatta esplodere sotto un tank prima di essere catturata, uccidendo una decina di miliziani dello Stato Islamico. E’ in causa l’idea stessa di sacrificio. Sacrificarsi per una causa creduta più forte e nobile della propria sopravvivenza è una disposizione antichissima e ammirata finché il sole risplenderà sulle sciagure umane. Al principio degli anni ’90 in Turchia avvennero degli attentati suicidi di donne curde e, almeno in un caso che io ricordi, di una donna che si finse incinta e si fece esplodere a un posto di blocco. Non era nemmeno là la venerazione islamista del martirio ma faceva già rintoccare la campana a morto sul primato dell’amore per la vita che è stato l’illusione delle culture fino alla mutazione del terrorismo suicida. Ma per le donne curde combattenti e militanti di oggi non si possono evocare né quei precedenti di Turchia, né i numerosi casi, come quello atroce delle cosiddette “vedove nere” cecene, in cui uomini bellicosi piegavano le “loro” donne al terrorismo suicida. E’ questo il punto, se non l’ho frainteso, in cui dissento dalla valutazione del sacrificio posta all’inizio dell’ “Innominabile attuale” di Roberto Calasso. Almeno nella nostra nozione comune di sacrificio sta una costosa rinuncia, la più costosa di tutte nell’evenienza del sacrificio della vita. Nell’attentato jihadista è difficile dire se il proposito di uccidere il nemico, l’infedele, l’altro qualunque, pesi più o anche solo quanto il desiderio di guadagnarsi una morte precoce e piena di premio. Una morte che fa dei suoi autori dei predecessori, avanguardie beniamine dell’aldilà. Del resto è questo che Calasso segnala come l’ultima forma di terrorismo, il “terrorismo casuale”, quello che non è più interessato a scegliere bersagli significativi. Quando, come nel terrorismo islamista, la vittima perfetta è l’attentatore, mi sembra che si esca per la prima volta dal territorio del sacrificio. (Quando poi si farà un’adeguata contabilità del terrorismo suicida, si vedrà probabilmente che i capi e i notabili, anche i più sfegatati e più pronti alla morte, l’avranno scansato con cura e delegato alle seconde file, ai ragazzini, alle bambine, agli infidi, ai superflui. A meno che non si tratti del trionfo celeste, della gloria delle Torri Gemelle, che quello è riserva dei più raccomandati).
Adriano Sofri, il Foglio, 30 gennaio 2018
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Il Consiglio comunale di Firenze ha approvato, all’unanimità, una risoluzione presentata dal gruppo Firenze Riparte a sinistra che condanna l’attacco della Turchia nel distretto di Afrin e nella regione autonoma di Rojava.
Questo il testo della risoluzione approvata:
Il Consiglio Comunale di Firenze
PREMESSO CHE
· la Siria a partire dal 2011 è stata teatro di una sanguinosa guerra civile;
· seppur in mancanza di dati certi, si stima che dall’inizio del conflitto siano oltre 500.000 i morti, di cui circa un terzo civili; · secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari la guerra in Siria ha provocato un esodo di massa di persone in fuga dal conflitto con circa 5 milioni di rifugiati ed oltre 6 milioni di sfollati;
· nel 2014, a seguito dell’avanzata del fondamentalismo islamico, lo Stato Islamico (ISIS) è arrivato ad occupare circa un terzo dell’intero territorio siriano, tra cui il cosiddetto “kurdistan siriano” ed i governatorati di Raqqa e Deir el-Zor;
· nel 2015 la sconfitta nella battaglia della città curda di Kobane ha di fatto segnato l’inizio del “reverse course” e l’arresto dell’avanzata dell’Isis;
· le unità di difesa popolare degli YPG e YPJ, inquadrate nell’alleanza curdo-araba (SDF) sostenuta dagli Stati Uniti e parte integrante nella coalizione internazionale anti-terrorismo islamico, sono state fondamentali nella resistenza al terrore dello Stato Islamico, contribuendo alla liberazione dal Califfato delle città di Aleppo, Raqqa e dell’intero nord della Siria;
· a seguito della sconfitta dell’Isis, ad Afrin e negli altri cantoni della regione del Rojava convivono oggi pacificamente curdi, arabi, cristiani ed etnie diverse in un innovativo e moderno sistema di democrazia partecipata, paritaria e di uguaglianza tra i sessi;
· le SDF curdo-arabe non hanno mai minacciato né attaccato i confini turchi;
CONSIDERATO CHE
· lo scorso 20 gennaio la Turchia con l’offensiva militare denominata “Ramoscello d’Ulivo”, ha violato la sovranità territoriale siriana, attaccando senza alcuna motivazione e giustificazione il cantone curdo di Afrin nel nord ovest della Siria;
· già nell’estate 2016 la Turchia aveva lanciato nel nord della Siria l’operazione militare denominata “Scudo sull’Eufrate”, con la scusa di combattere Daesh, ma con il preciso obiettivo di dividere i territori del Rojava curdo;
· l’offensiva militare turca, effettuata mediante attacchi di terra e raid aerei, ha già causato decine di vittime anche tra la popolazione civile, non risparmiando neppure il campo profughi di Rubar, ospitante oltre 20.000 rifugiati provenienti dal resto della Siria;
· il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato di voler estendere l’offensiva militare a tutto il territorio abitato dai curdi nel nord della Siria;
· l’aggressione militare della Turchia rappresenta un vero e proprio crimine contro l’umanità e si sta compiendo nel pressochè totale silenzio della Comunità Internazionale e che è a rischio l’incolumità e la sicurezza di decine di migliaia di civili e di rifugiati;
· questa aggressione militare va ad aggiungersi alle distruzioni delle città curde in Turchia, al massacro di centinaia di civili, alla destituzione e all’arresto di numerosi altri Sindaci ed eletti locali in atto a partire dal 2015;
RICORDATO CHE
· dal 1952 la Turchia è membro effettivo della NATO;
· dal 2005 sono aperti i negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea;
· l’Italia è uno dei principali partner commerciali della Turchia, con un interscambio commerciale di 16,2 miliardi di dollari nel 2016 e oltre 1300 società ed aziende con partecipazione italiana presenti in Turchia;
· nel novembre 2015 il Comune di Firenze ha ospitato il sindaco della città di Kobane durante il forum dei sindaci per la pace “Unity in diversity”;
TUTTO CIÒ PREMESSO, CONSIDERATO E RICORDATO,
ESPRIME solidarietà ed il proprio sostegno alla popolazione di Afrin e dell’intero Rojava;
CHIEDE al Governo Italiano di condannare quanto accaduto e di fare pressioni sul Governo Turco per la cessazione degli attacchi indiscriminati nei confronti della popolazione del cantone di Afrin e dell’intero Rojava;
CHIEDE al Governo Italiano di impegnarsi a promuovere in tutte le sedi istituzionali opportune – con particolare riferimento all’Unione Europea, al Consiglio di Europa e alla Nato – la ferma condanna di quanto avvenuto e l’attivazione di tutti gli atti politici necessari per tutelare la popolazione del Rojava e il rispetto delle libertà democratiche. (s.spa.)
3 Comments
Firenze ancora una volta “the first”. Bravi!
Anch’ io plaudo all’ iniziativa del comune di Firenze, cui mi associo.
Tuttavia, esprimo il mio personale ribrezzo per il ” sacrificio”. E in particolare per il sacrificio da parte di una giovane donna : resta un gesto abominevole.
Sandra Festi- Bologna.
Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi… Una sorte che ai curdi non è toccata e l’eroismo è sacrificio. A noi tocca almeno darci da fare per aiutare il popolo curdo; non so come, Sergio suggerisci.