Una lucida lettura politica nella relazione di Ivan Pedretti
E’ il Congresso decisivo, come tutti pensano, come tutti scrivono. E’ quello dei lavoratori pensionati iscritti allo Spi-Cgil, in corso in un antico tempio operaio, il Lingotto di Torino. Rappresentano una forza potente e i loro delegati, quelli che andranno al Congresso di Bari della Confederazione, a fine gennaio, saranno quelli che influenzeranno la scelta finale del nuovo segretario generale. E’ nota la predisposizione del gruppo dirigente nazionale, ma anche di buona parte dei gruppi dirigenti territoriali, favorevoli alla nomina di Vincenzo Colla. La relazione introduttiva di Ivan Pedretti, ricca di spunti interessanti, però non fa nomi.
Non cita né Vincenzo Colla né Maurizio Landini. Non spiega quali sono i meriti dell’uno e i demeriti dell’altro. Anche se qualcosa fa capire. Come quando cita il carissimo Riccardo Terzi: “Non ci riconosciamo in quella forma di populismo rappresentato dalla democrazia plebiscitaria, nella quale il popolo si riconosce nel suo leader, senza mediazioni, senza istituzioni intermedie, in un rapporto diretto, con un’investitura fiduciaria totale che non sopporta limitazioni, regole, garanzie”. E ancora: “In questa logica l’ostacolo da abbattere è tutto l’apparato delle istituzioni di mediazione e di garanzia, per far risplendere in tutta la sua potenza la figura del leader, l’unico che è unito al popolo in una simbiosi di tipo mistico”. Il cronista sarà maligno ma a lui sembra che si alluda a Landini e alle sue doti trascinanti. Come se fosse impossibile usarle e inserirle in un lavoro collettivo.
E allora come andrà a finire? L’invito di Ivan Pedretti è rivolto a Susanna Camusso: ci pensi lei a risolvere l’intoppo. “Chiedo a tutto il gruppo dirigente di fare uno sforzo unitario, lo chiedo in primo luogo al segretario generale uscente, faccia un’azione di ricomposizione unitaria della nostra organizzazione prima che ci lasci”. E tale ricomposizione non dovrebbe riguardare solo il segretario generale “ma anche la squadra che sarà chiamata a governare la CGIL insieme al o alla segretaria generale”. E’ possibile immaginare che Susanna Camusso potrebbe obiettare di avere già avanzato una proposta sorretta da un “ascolto” diffuso a favore di Landini, anche per una squadra oltre che per un progetto (sul quale non ci sono disaccordi).
Certo anche Pedretti è cosciente che una grande organizzazione come la Cgil “non può dividersi plasticamente di fronte al Paese, sarebbe un segnale negativo per tutti”. Non può nemmeno, a suo parere consentire fughe in avanti strattonando le regole a favore di questa o quella soluzione”. Un’accusa, anche questa rivolta alla Camusso. E allora, par di capire che un’intesa sarà impossibile. Cosicché prevede che “di fronte a più candidature, l’assemblea generale eletta dal congresso avrà il compito di eleggere una presidenza e affidargli l’incarico di assumere le candidature, ascoltare i componenti dell’assemblea e poi rappresentare all’assemblea generale l’esito dell’ascolto”. Tutto rimandato a Bari, in una disputa, temo, un po’ sotterranea, tra i membri della nuova presidenza.
Il rischio, nel frattempo, è di mantenere in piedi un duello spesso incomprensibile. Oppure ridotto a etichette che vogliono dire tutto e niente: il riformista Colla e il movimentista Landini. Eppure lo stesso Pedretti sostiene che occorre “tenere insieme le ragioni del radicalismo con quelle del riformismo”.
Non mi convince nemmeno la teoria sussurrata qua e là che sia in atto una specie di Opa del Pd, un partito troppo preso dai suoi guai per poter architettare un’operazione così ambiziosa. C’è semmai da dire che forse entro la Cgil, come dentro una moltitudine di persone reduci da esperienze di sinistra, permangono, spesso contemporaneamente, posizioni diverse. Una che spera ancora nella rinascita di un Pd capace di trarre un insegnamento dalle sconfitte accumulate. Un’altra che spera nella nascita di una nuova forza di sinistra magari con l’aiuto del sindacato. E poi, certo, si contrappongono forze mature, educate, ad esempio nel Pci, alla cultura del progresso, degli obiettivi raggiungibili, senza colpi di testa. E forze magari più giovani che percepiscono di più la tensione, spesso anche contro il sindacato, che nasce nel Paese e che danno più peso alle strutture di base, alle Rsu. E ci sarebbe da riflettere sul fatto che sondaggi e inchieste hanno da tempo appurato come una buona fetta degli iscritti ai sindacati abbia dato la propria adesione alla Lega o ai 5 stelle. Un dato anche questo che segnala sfiducia, rancore. E non basta saper spiegare loro dove porta il populismo.
Lo stesso Ivan Pedretti nella sua relazione ad un certo punto esclama “vorrei tornare ad iscrivermi ad un partito, a credere ancora alla possibilità del cambiare insieme, in un collettivo, a non consegnare le decisioni al Leader in voga del momento, ma alla lentezza delle decisioni prese insieme, alla partecipazione di milioni di persone non all’elezione del segretario, ma alle scelte delle linee politiche”.
Non gli piacciono gli eroi appena usciti o quasi di scena, quando rammenta “La politica esuberante e populista di Renzi”. Oppure di coloro che puntavano “sempre più sulle ragioni del capitale e della finanza anziché su quelle del lavoro”. E cita D’Alema, Veltroni, Bersani. Mentre, con grande piacere della platea del Lingotto, cita Enrico Berlinguer: “La salvezza poteva trovarsi solo in un profondo rinnovamento dei partiti, delle istituzioni dei costumi e delle culture, dei rapporti sociali”.
Un passo in avanti può venire da una rinata speranza nell’unità organica dei sindacati. Già Landini ne aveva accennato. Ora Pedretti parla della costruzione di una vera e propria costituente per l’unità. “Una costituente guidata da CGIL CISL e Uil, aperta ai nuovi soggetti, ai nuovi e diversi lavori”. Un impegno che potrebbe partire dalla stessa categoria dei pensionati. Ivan sembra ricordare quella anche sua gloriosa FLM nata tra i metalmeccanici e poi venuta meno. Oggi SPI, FNP, UILP (i sindacati degli anziani) “possono, aprire quel cantiere, quella costituente”.
L’unità del resto comincia a dare i suoi frutti. Lo dimostra la mobilitazione in corso che vede proprio i pensionati in prima fila, mentre le tre Confederazioni (sia pure in ritardo) annunciano una manifestazione nazionale il 6 febbraio. Un impegno che intende contrastare un governo sul quale permane un giudizio assai negativo. Pedretti usa l’aggettivo ”pericoloso” perché “denigra le istituzioni e cancella i corpi intermedi”. E’ possibile combatterlo, ottenere risultati. Non è davvero tempo per divisioni laceranti.
5 Comments
Io mi auguro, come ex sindacalista della Cgil, per la sopravvivenza ed il rafforzamento del sindacato in generale, che dirigenti sindacali come Landini, non abbiano la maggioranza relativa al prossimo congresso della Cgil. Il sindacato è importantissimo nella nostra società, ma non può vivere di slogan e prediche inutili: deve affrontare i problemi sporcandosi le mani se è necessario. Tantissimi auguri a tutti i lavoratori ed i delegati della Cgil per un congresso vero democratico e risolutivo. Antonio De Matteo Milano
Sono d’accordo con Antonio, si critica Renzi e poi si vorrebbe Landini con pieni poteri alla guida di un sindacato rappresentato da tre anime e molte volte in contraddizione tra loro.
Io sono per un segretario autorevole non autoritario e sempre antagonista come Landini che non ha accettato il riformismo del PD al governo.
Camillo
La CGIL, come sempre persa nella sua perenne conflittualità e nella difesa delle sue prerogative castali, non si pone mai il problema del governo e del riformismo.
Ricava il suo potere dall’antagonismo e tanto gli basta.
I suoi dirigenti stanno diventando non solo inutili ma anche dannosi. Autoreferenziali, staccati dal mondo reale ed incollati a schemi antiquati, hanno perso il ruolo di rappresentanza degli interessi dei lavoratori. Di tutti i lavoratori, ai quali si dovrebbe garantire un futuro, aldilà dei riti stanchi della conflittualità permanente. Hanno flirtato col Governo, sperando in non so ché e adesso tardivamente cercano di rifarsi una credibilità.
Urge davvero un sindacato nuovo.
E’ tardi, fdorse troppo tardi e tuttavia sarebbe ora di un ritorno della CGIL alla saggezza, posso?… sempre espressa prima da Di Vittoio, poi da Luciano Lama e da quelli che poi ne sono seguiti. Poi se ne sono perse purtroppo le tracce. La nostra Confederazione è stata incapace di camminare con la velocità deitempi, si è autoesclusa dai processi innovativi. Bloccata da una autocontemplazione che la paralizza. Il prossimo congresso o esce da uno stato paralizzante oppure diviene veramente abbastanza inutile, mentre la preoccupante situazione del Paese richiede tutt’altro. Giorgio
Un sindacato unitario,non solo delle tre Confederazioni.Un sindacato nuovo.Moderno.Sara’ possibile?? Certo augurabile è necessario.Speriamo……