Finalmente una bella notizia! La si trova nell’interessante resoconto di Giuseppe Salvaggiulo su La Stampa di ieri circa le divergenze fra magistrati in ordine alla condanna di Mimmo Lucano. Bella notizia, perché la magistratura finalmente prova a riemergere dalla maleodorante e soffocante poltiglia del laido sistema Palamara, confrontandosi su temi puliti, diversi dalle clientele e cordate per lo scambio di nomine. La condanna dell’ex sindaco di Riace è un brodo di coltura perfetto per discussioni e conflitti. Prima di tutto per l’opinione pubblica, per la politica e per l’informazione: nell’area cristiana Mimmo Lucano è come un santo, un modello pionieristico di accoglienza, un uomo che ha fatto solo del bene; per molti laici è un uomo coraggioso, un disobbediente civile emulo di Danilo Dolci o addirittura di Gandhi; per altri invece è il capo di un’associazione a delinquere, un affarista spregiudicato, un falsario, un profittatore, un bandito.
La magistratura vive e opera nel mondo che la circonda e ne respira gli umori. Ed ecco discussioni e conflitti anche al suo interno. Ma con un recupero da parte delle “correnti” – la bella notizia – del ruolo di strumenti di dibattito e orientamento culturale (pubblico e trasparente) com’era prima della degenerazione causata dal sistema Palamara. Così, tra i magistrati si va da chi teorizza la difesa «senza se e senza ma» dei colleghi di Locri, «fatti bersaglio di inusitati e ingiustificati attacchi»; a chi invece parla di «chiusura ed autoreferenzialità di una casta sacerdotale», di indifferenza rispetto agli «inevitabili effetti sociali dei provvedimenti» giudiziari, di «alibi del tecnicismo per nascondere l’acquiescenza a politiche securitarie». Dispute antiche, che al di là delle formule ripropongono il tema fondamentale e intramontabile del rapporto fra legalità e giustizia: se il magistrato debba interpretare la sua funzione con un’impostazione burocratico-formale, oppure facendosi anche carico di contestualizzare le vicende da giudicare nella realtà concreta che le ha espresse.
Quanto al tecnicismo, vero è che a volte può essere un alibi (tipico, in alcuni processi di mafia, il tecnicismo in modalità scaltrezza, consistente nel riconoscere in teoria la pericolosità della mafia per le sue connessioni col potere legale, per poi perseguire costantemente la sola ala militare dell’alleanza). Ma nel caso Lucano è un profilo da valutare quando si potrà verificare la coerenza della motivazione della condanna. Ponendo fin d’ora, per altro, alcune domande. Una delle tante possibili si riferisce all’art. 133 C.P., secondo cui il potere discrezionale del giudice nell’applicazione della pena – entro la forbice minimo-massimo – va esercitato in base alla gravità del reato, tenendo altresì conto dei precedenti penali e giudiziari e, in generale, della condotta e della vita del reo antecedente, contemporanea o susseguente al reato (sul punto non sembra vi siano ombre su Lucano, incensurato); per capire, in sostanza, come sia stata motivata l’esclusione di ogni attenuante, comprese le generiche che in pratica non si negano a nessuno; e in definitiva come si sia arrivati ad una pena assai severa ( di fatto quasi il doppio della già pesante richiesta del pm). Sperando che interrogarsi sulla proporzionalità della pena non comporti l’addebito sprezzante di buonismo, per ora – ripeto – è già importante che i magistrati abbiano ripreso a confrontarsi su temi che a Palamara e ai suoi epigoni dànno l’orticaria.
Giancarlo Caselli, La Stampa, 4 ottobre 2021
2 Comments
In quest’articolo Caselli cerca di cavarsela circoscrivendo il problema al “laido sistema Palamara”. Troppo comodo!
Caselli sa benissimo (o dovrebbe saperlo e se non lo sa è grave…) che Palamara è quello che è venuto allo scoperto.
I problemi della Magistratura non possono essergli caricati addosso “in toto”.
Fino a quando i magistrati si rifiuteranno di fare una seria autocritica e non metteranno in atto azioni e provvedimenti correttivi radicali, resterà tutto com’è. Ovvero una grave metastasi della democrazia.
Dispiace che Caselli non riesca a sfuggire al filtro ideologico che tanti danni ha fatto e continua a fare!
Cari renziani
l’ex poll (exit poll) vi ha subito dato una brutta notizia: ha vinto come deputato e come Segretario con il nome di Enrico Letta. Non solo ma vincerà anche a Roma stabilizzado e coordinando gli “unculati”.
Complimenti al segretario Enrico Letta per la sua vittoria personale come deputato e per la grande affermazione della sua linea politica che ha fatto vincere alle elezioni amministrative di domenica scorsa le forze politiche di centrosinistra. Amici renziani forse poi il segretario di noi popolo dem non è “così pollo” o no? Buona giornata a chi legge Antonio De Matteo Milano