Su suggerimento di Silvano Fassetta pubblico questo articolo del direttore del Dubbio Piero Sansonetti
Che il caso CONSIP fosse una bufala si sapeva. Non è un caso se i grandi giornali hanno smesso di parlarne. I grandi giornali fanno così: si occupano di un caso giudiziario finché l’accusa appare forte; se a un certo punto l’accusa si smonta, il caso scompare. Nessuno si preoccupa di dare risalto all’innocenza di quelli che erano finiti nel tritacarne. Questa, del resto, è la regola del giornalismo scandalistico, e in Italia il giornalismo scandalistico è quello vincente. Ora però scopriamo qualcosa di più. Scopriamo che il caso CONSIP non è stato solo una bufala, è stato – a quanto pare dalle dichiarazioni dei testimoni chiave – un complotto politico serio.
Un complotto che aveva come bersaglio Matteo Renzi e il Pd.
E che ha prodotto risultati notevolissimi, se è vero che nel dicembre del 2016, quando iniziò l’operazione-Consip, il Pd era accreditato più o meno del 32 per cento dei consensi elettorali, e da quel momento è iniziata la frana che ha portato via al partito di Renzi più o meno la metà del suo elettorato. È chiaro che non si può risolvere la discussione sul perché della sconfitta storica del Pd con la teoria del complotto. No. Però sarebbe sbagliato non mettere nel conto anche questo.
E soprattutto sarebbe sbagliato non porsi la seguente domanda: dunque in Italia, anche con forze molto limitate, si può realizzare un complotto politico in grado di modificare le sorti del paese? Una volta era necessario controllare l’esercito, la polizia, la televisione, la radio, le prigioni. Ora si possono fare grandiosi complotti con mezzi artigianali.
Se le accuse gravissime del testimone Filippo Vannoni, consegnate al Csm, sono vere (e ne hanno tutta l’aria) è esattamente così. Se è vero che il testimone Vannoni – cioè il testimone chiave di questa vicenda – fu indotto ad accusare il sottosegretario Lotti di avere “bruciato” l’indagine Consip (e fu indotto, a quel che lui dice, con metodi assolutamente illegali e del tutto estranei alle consuetudini di un paese democratico), e se è vero quello che dice Vannoni sulla volontà di alcuni inquirenti di colpire direttamente Renzi (circostanza, peraltro, già prospettata da una magistrata emiliana, e avvalorata dalle informazioni false contenute nell’informativa del capitano Scafarto), vuol dire che alla fine del 2016 e all’inizio del 2017 ci fu una vera e propria congiura contro il primo partito italiano (che era al governo), organizzata da alcuni carabinieri infedeli, e realizzata con l’appoggio (consapevole o inconsapevole) di uno o più sostituti procuratori e di un organo di stampa, cioè Il Fatto Quotidiano, al quale furono consegnatele carte segrete e che si occupò di propagandarle e di renderle una bomba atomica contro Renzi e il Pd, nei primi mesi di funzionamento del governo Gentiloni. Sarà il Csm, e successivamente la Procura di Roma, a stabilire come andarono esattamente i fatti e quali siano, eventualmente, gli aspetti con valore penale di tutta questa brutta vicenda. Noi però oggi sappiamo che un uso distorto della giustizia, da parte di qualche giornale, o viceversa (un uso distorto del giornalismo da parte di qualche magistrato) può portare a danni irreversibili. La demolizione del Partito democratico e il suo clamoroso e imprevedibile ridimensionamento, e la sua cacciata dall’area di governo, sono frutti di questa operazione, e sono eventi che non possono più in nessun modo essere cambiati. La magistratura ora potrà rendere giustizia a Lotti, e naturalmente anche a Renzi, e probabilmente ai comandanti dei carabinieri che finirono nel tritacarne insieme a Lotti (forse anche per via di una guerra interna, ferocissima, al vertice dell’Arma) ma non potrà in nessun modo modificare l’andamento della storia politica. E dunque? Io credo che noi giornalisti dovremmo porci questo problema. L’uso dei giornali per manovre politiche spregiudicate, illegali e reazionarie, non è una questione che può lasciarci indifferenti. Il Caso-Consip fu aperto dal Fatto Quotidiano, è vero, e per diverse settimane ignorato dagli altri giornali, che probabilmente avvertivano l’inconsistenza delle accuse. Poi però, da quando i magistrati iniziarono a passare le carte non solo a Marco Lillo ma ad altri giornalisti di altre testate, per alcuni mesi tutti i grandi giornali entrarono nella scia del Fatto. E restarono in quella scia finché non saltò fuori la storia dell’informativa taroccata del capitano Scafarto e il capitano Scafarto non fu indagato.
Allora io mi chiedo: vale sempre quella frase fatta (“Se io ricevo delle carte dai magistrati è mio dovere professionale pubblicarle”) che risolve tutti i dubbi intellettuali (non dico morali: dico intellettuali) di noi giornalisti? Credo di no. Il giornalismo rischia di diventare un manganello in mano a un pezzo (il peggiore) della magistratura. Un manganello pericolosissimo per la democrazia. Dal quale diventa impossibile difendersi. Noi possiamo accettare questo? Cioè possiamo accettare di trasformarci da agenti dell’informazione in agenti provocatori? Io credo di no.
10 Comments
Grazie per la pubblicazione di questo articolo, che ti avevo sollecitato anch’io qualche giorno fa.
Quando si parla di “character assassination” nei confronti di Renzi e del PD non si parla a vanvera, evidentemente.
Io credo che dobbiamo tenere bene a mente quanto è successo, nel momento in cui formuliamo giudizi sugli ultimi 4 anni.
In questo sciagurato Paese sono state messe bombe, ed è stato ucciso Aldo Moro, pur di non permettere il cambiamento del quadro politico.
Cosa volete che sia, nei tempi moderni, armare un caso simile com le opportune complicità …!
Quindi non stupiamoci più di tanto e soprattutto non perdiamo il senso della storia.
Come dice Virzì, almeno per quattro anni abbiamo potuto svolgere un’importante azione riformatrice. Non è stato poco.
Adesso vedremo se, come e soprattutto quando riusciremo a riprenderla.
Auguri.
Per evitare “i complotti“ di qualsiasi genere è, come sempre, necessario mobilitare i cittadini italiani e per fare questo è assolutamente necessario controllare il territorio italiano. Quanto detto vale per le forze armate, addetti alla protezione della nostra società, ma soprattutto per le forze politiche che hanno il compito di provare a migliorare la vita dei propri cittadini. Coloro che credono nel PD devono smetterla di protestare e cercare un capro espiatorio per consolarsi. Bisogna andare a confrontarsi con i cittadini del proprio quartiere sui problemi grossi dell’emigrazione ,del lavoro e della democrazia in generale. Noi della zona bicocca di Milano abbiamo costituito un comitato di quartiere ( atto costitutivo del 29 maggio scorso presso l’agenzia delle entrate Milano) e cominciamo a confrontarci con i cittadini. Lavoro difficile complesso ma ci proviamo perché non pensiamo ci sia un’altra strada per governare l’Italia. Faccio un appello a coloro che abitano nella zona bicocca di Milano e vogliono partecipare a questa esperienza: possono contattarci tramite il sito sul Web.Buona giornata a tutti Antonio De Matteo
Ottima iniziativa, per la quale faccio i complimenti e formulo i migliori auguri.
Ma che c’entra con il contenuto dell’articolo?
Il problema è che fino a quando giriamo per i quartieri e facciamo iniziative di solidarietà, non diamo fastidio a nessuno e ci lasciano fare.
Quando proviamo a toccare interessi più grandi, succede quello che è successo.
Tutto qui. Ed è meglio saperlo.
Anche qui, Ernesto, c’è molto da ridire. Anch’io mi complimento con Antonio ma, a differenza di te, giudico il suo lavoro di una importanza strategica per il partito. Non è vero che è un lavoro che non fa paura a nessuno. Il lavoro sul territorio è la vita del partito, è con iniziative come queste che ci si lega agli strati popolari, si acquista la loro fiducia, si aiutano a crescere culturalmente, con loro comprendi la realtà e, alla scadenza elettorale, ti danno quei voti necessari per mantenere la democrazia in Italia. Renzi, come ho detto più volte, ha snobbato moltissimo questi aspetti disorientando tutta la nostra base militante ed elettorale. A livello di massa, esperienze come queste valgono molto più dello scoprire le torbide trame dietro lo scandalo Consip. Quindi creare due, tre, cento, mille Bicocche.
Giusto Ernesto.
Repetti
Caro Ernesto,
ringrazio Sergio per la risposta che ti ha dato Che condivido totalmente. Noi, del comitato Bicocca, non facciamo “iniziative di solidarietà” caro Ernesto, il nostro compito è quello di ascoltare e di informare i cittadini ed insieme con loro provare a risolvere i problemi del quartiere. Del contenuto dell’articolo in oggetto forse ne parleremo nella prossima riunione se avremo dati precisi da offrire ai cittadini. Comunque se il cittadino è informato correttamente con dati precisi e concreti che stimolano la discussione , sicuramente è in grado di scegliere meglio cosa votare e capirà meglio la differenza tra noi del PD e gli attuali governanti. La lezione di teoria deve essere seguita sempre dall’esercitazione pratica, altrimenti non resta nulla di quella teoria. Noi del PD abbiamo lasciato nelle mani della lega e del Movimento 5 Stelle i problemi della gente, sostenendo che la sicurezza non era un problema perché i reati a livello nazionale erano diminuiti e che il numero degli emigranti erano pochi rispetto alle altre nazioni; ma non abbiamo verificato che nei quartieri i furti esistevano ed esistono e che gli emigranti chiedevono e chiedono l’elemosina ad ogni angolo della strada. Noi come comitato vogliamo affrontare questi problemi con la cittadinanza e provare a risolverli insieme senza andare né in televisione e né far l’intervista al giornale. Le rivoluzione sono nate nei quartieri e non nei salotti. Spero di essermi spiegato bene ed aver risposto alla tua domanda caro Ernesto, ma se non fossi riuscito nell’intento chiedo scusa e spero di spiegarlo meglio col comitato in futuro. In marcia (spero) con i tanti comitati. Antonio
Cari Sergio e Antonio,
non mi piace che venga travisato quello che scrivo, specie se è scritto con sufficiente chiarezza.
Non voglio fare polemiche né mancare di rispetto a chi sta facendo lavori importanti sul territorio.
Mai sognato di sminuirli.
Ho solo detto, e mi dispiace ripeterlo, che il caso Consip è stato montato perché altri ed alti interessi sono stati toccati.
Il lavoro sul territorio è un’altra cosa e non ritengo corretto mescolare due argomenti che non sono nemmeno lontani parenti.
Forse sotto sotto (e così mi metto anche io a fare illazioni) pensate che il caso Consip “ce lo siamo andati a cercare”, come disse Andreotti commentando l’attività di Ambrosoli?
Se vi sfugge la portata politica e la minaccia alla vita democratica costituita da un presunto, probabile, tradimento di giudici e funzionari dei Carabinieri, nonché dall’uso improprio dei mezzi di informazione, se vi sfugge l’enormità della cosa, mi spiace molto, me ne preoccupo assai e vi invito a pensarci su un momento in più.
Ma, detto tutto questo, cosa c’entra il meritorio lavoro del Partito sul territorio?
Serve a cambiare discorso?
Caro Ernesto,
Io non sono abituato a traversare il discorso degli altri e per questo preciso quanto segue:
1 ) io non ho detto che il fatto Consip non sia importante, ma ho sostenuto e sostengo che oltre a parlarne fra di noi è giusto discuterne con la gente;
2 ) forse mi sono espresso male, chiedo scusa per questo, e sono disposto a ripetere, magari in altro modo, ma non ti do nessuna colpa se non hai capito il mio pensiero;
3 ) io e Sergio non siamo nemici del PD: io ho sostenuto e non rinnego le politiche del governo Renzi, Sergio, secondo me, ha dei dubbi, visto il risultato elettorale; ma tutte e due pensiamo che bisogna cambiare strada e quella del confronto con i cittadini ci sembra la migliore;
4 ) il mio pensiero può essere non condiviso, sono disposto a confrontarmi con l’idea altrui e trovare un compromesso per far diventare grande il PD contribuendo a realizzare una società più giusta ed equilibrata;
Spero di essere stato chiaro: ieri sera era troppo tardi e forse mi sono espresso male. Buona giornata ( a Milano oggi alle ore 8 si preannuncia finalmente una splendida giornata) a tutti Antonio De Matteo Milano
Tutto chiaro Antonio..
Buon lavoro e buona giornata anche a te. Confido anch’io nel sole a Milano (sono in treno e ci sto arrivando!)
Parlano compagni, ci diciamo cose interessanti eppure troviamo l’appiglio o come in questo caso, l’incomprensione per dividerci.
caro sergio stavolta devo dissentire sul tuo commento.
Una prima volta per dirti che il commento del compagno Trotta era chiarissimo, la seconda per dirti che l’attività di base del PD almeno per quello che ho visto a Torino è sempre stata scarsa se non inesistente.
mi ero iscritto al PD ai tempi delle primarie di Veltroni ma ho subito desistito perchè le sedi non erano vuote ma chiuse.