Caro Sergio,
impossibile condensare in poche righe vicende complesse e dai mille risvolti come quelle che hanno caratterizzato gli anni di Bettino Craxi. Eppure un elemento sembra emergere: l’errore maggiore compiuto un po’ da tutti, con il contributo determinante della “videocrazia”, è stato quello di spostare l’attenzione dalle dinamiche della società e della sinistra al temperamento e all’immagine dei leader. Comprensibile che il Pci temesse l’annessione o la marginalizzazione; altrettanto intuitiva la paura del Garofano rosso per le pulsioni egemoniche del Pci. Ecco: la somma delle due paure ha prodotto un disastro per la sinistra italiana, traducendosi in diffidenza, ostilità, aggressività da ambo le parti.
Pochi hanno praticato in quegli anni la virtù del discernimento, a cui tante volte ci richiama Emanuele Macaluso. Di contraddizioni e di aporie è colma la vicenda, nel dopoguerra, di soggetti come il Pci e il Psi. Occorreva distinguere, cogliere i mutamenti profondi seguiti al ’68, al referendum sul divorzio, al “riflusso” conservatore, all’introduzione delle nuove tecnologie; occorreva farlo non solo nei convegni e nelle tavole rotonde, bensì in maniera diffusa, nei partiti e nella società. Sarà vana dietrologia, ma da una competizione virtuosa la sinistra avrebbe forse potuto trarre nuova linfa. Sono prevalse, al contrario, le spinte distruttive, magari a motivo di un’idea della politica come prova muscolare. Vi sono invece prove e duelli dai quali si esce tutti sconfitti. E le sfide degli ultimi decenni (si pensi già all’arma nucleare e all’equilibrio del terrore) hanno spesso tale carattere.
Non si trattava (e non si tratta) di rimuovere il conflitto, di ignorarne le ragioni, bensì di interpretarlo diversamente, ripensando il ruolo della politica e il suo “primato”, rivedendo la categoria stessa del “politico” e cercando di coglierne i nessi con una società sempre più complessa e variegata e con assetti mondiali sempre più incerti. Solo da una sana e feconda tensione fra collaborazione e competizione poteva emergere il volto di una sinistra all’altezza dei tempi.
Danilo Di Matteo
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