Gianni Moscatellini in un suo commento fa riferimento all’intervento di Roberto Morassut all’assemblea del 19 maggio. Posto qui di seguito il commento che Morassut ha scritto dopo quest’assemblea, mi sembra materiale molto interessante per il lavoro che ci aspetta.
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L’Assemblea svolta sabato ha confermato che il Pd non ha, oggi, al suo interno le energie necessarie per aprire una fase davvero nuova. Credo che si debba andare nella direzione di un radicale processo di rifondazione politica e ideale che deve trovare modo di svilupparsi in occasione del prossimo congresso. Un congresso non ordinario ma costituente. Un Congresso politico e non suoi nomi con le solite primarie preparate da accordi interni.
Questo vuol dire che si deve partire da un lavoro di elaborazione affidato ad un organismo misto di figure politiche, intellettuali e scientifiche che riaccenda interesse e che possa essere discusso in tutto il Paese attraverso assemblee pubbliche che siano, di fatto, i luoghi di incubazione di un soggetto politico che superi il Pd, la sua attuale forma partito ormai obsoleta e si caratterizzi come un movimento orizzontale e federato che riconosca in modo paritario le realtà civiche e associative che condividono i valori “Democratici” ma non l’oggetto reale attuale incarnato da questo Pd. In sostanza il Pd va sciolto e contestualmente ricostruito in un Movimento Democratico.
Senza questo ineludibile passaggio il correntismo interno (che ci ha portato al rocambolesco spettacolo di sabato) non sarà mai superato se non a parole o sterili appelli che lasciano il tempo che trovano. Sostengo queste cose, contro corrente, da anni e spero che davanti a tutto quello che sta succedendo e in presenza di un fatto nuovo ed enorme come la nascita di un governo populista e sovranista (un OGM politico come lo era il fascismo negli anni 20) ci si renda tutti conto che è finito il tempo di girare intorno al problema.
Mi auguro che Martina vada con determinazione anche se con la necessaria ragionevolezza su questa strada che secondo me è l’unica percorribile. Renzi in parte ha aperto questa strada con le Leopolode. Ma quei meeting, pur essendo stati in questi anni i soli momenti veri di iniziativa davvero civica prodotti dal campo democratico, non sono diventati identificativi di un Pd diverso perché sono rimasti legati ad un timbro personale che, vuoi o non vuoi, ha sempre un limite. Io voglio credere che Renzi non sarà mai davvero tentato da un avventura “macroniana” che non so cosa possa significare in questa Italia di oggi così carica di tossine populiste. Noi dobbiamo fondare i ‘Democratici’, un movimento aperto e sintonico con la società civile sapendo che la classe dirigente dei partiti democratici ed i loro eredi non ha più la rendita naturale del passato e che ognuno deve spendersi la propria rendita al pari di tanti che militano e si impegnano fuori dai partiti e non sono meno di noi.
Vedo che questo tema cruciale fatica ad imporsi nel balletto dei retroscena, dei giochi di corrente, del ping pong tattico e quotidiano. Ma questo è il nodo cruciale e ineludibile per noi. Serve una terza fase del cammino dei Democratici. Prima iniziamo a percorrerla e meglio è per tutti. Io ho espresso in Direzione la mia opinione su questo e sono abbastanza convinto che non vi sia alternativa. A meno che non si voglia rigenerare testardamente un qualcosa che non ha più luce. Ma sarebbe un grave errore ed un regalo all’OGM populista-sovranista che occupa anche lo spazio di una sinistra democratica immobile, ferma sulle gambe e intrappolata dalle sue rendite sempre più ridotte.
7 Comments
Cari Compagni, Amici e Conoscenti, anche se ho appena rinnovato la tessera, non vi nascondo che mi viene da chiedermi come Morassut (e Bartali) se non sia “tutto da rifare”. Però parliamo di come, perchè se si tratta di insediare una Commissione di Pensatori, no grazie. Anche se si tratta di fare tanti dibattiti nei Circoli (magari!) dove poi non si sa chi tira le conclusioni e come le riporta al livello più alto, anche qui dico: abbiamo già dato. Io ho provato a fare un gioco con i miei amici di sinistra: un “quizzone” dove rispondere ad una ventina di domande, se la tal cosa è di sinistra o no. Non era facile rispondere nemmeno per me, ma è questo il problema: dobbiamo interrogarci non sui principi ma sulle scelte reali per definire se oggi una cosa è o no “di sinistra”,. Sui principi siamo bravi tutti, andiamo invece ad immergere le mani nel materiale quotidiano, quello che ha dato la rendita ai due partiti che oggi rappresentano metà dell’elettorato, e vediamo se esistono risposte più civili (non dico più di sinistra, ma almeno civili). Per questo propongo di copiare l’avversario. Anche i Romani copiarono le armi dei Sanniti. Dunque creiamo un nostro sistema di consultazione on line della base degli iscritti, un sistema efficace e trasparente, ed usiamolo per dare voce veramente agli ormai pochi che resistono con questa tessera in mano. Sono loro il PD, facciamo in modo che possano definirlo sulle scelte importanti come un Governo, ma anche su quelle che non sono da meno, come se per esempio l’ILVA debba chiudere o no, se tutelare l’ordine pubblico sia un valore di sinistra o no, e cosette di questo genere. Facciamo un grande congresso on -line di tutti gli iscritti, non di mille delegati guidati da dieci pensatori o cinque capi-fazione. Ce la potremmo fare, ammesso che il gruppo dirigente abbia il coraggio di stare a sentire quello che pensano gli iscritti.
Non mi appassiona il gioco su cosa sia di destra e cosa di sinistra.
Si finisce inevitabilmente a parlare per stereotipi.
Conviene invece ribadire i pochi incrollabili principi della sinistra:
– uguaglianza di diritti, doveri e possibilità di sviluppo per tutti,
– libertà di azione ed espressione nel rispetto delle uguali libertà altrui,
– giustizia sociale e solidarietà fra tutti i cittadini, nessuno escluso,
e poi valutare i provvedimenti sulla base del semplice crivello:
“serve o no a fare funzionare meglio (dove il meglio è indicato dai principi suddetti) la società nel suo complesso?”
Basta e avanza per un sano riformismo, razionale, fattibile, concreto.
Il resto è solo propaganda, da lasciare a Salvini, Di Maio ed altri parolai, anche se di successo.
Con il giochino cos’è di destra e cos’è di sinistra ha già fatto incredibili danni quel simpatico anarcoide di Gaber. Lasciamo perdere. a me basta l’origine dei due termini quando durante la Rivoluzione Francese chi era per abolire il privilegio regale si mise a Sinistra e chi era per mantenerlo a Destra. Da lì poi Libertè Fraternitè Egalitè. Certo oggi quei sacri principi vanno rimodulati in un mondo sconvolto dall’esplosione demografica, dalla mondializzazione del mercato e quindi del lavoro e dalla incredibilmente veloce progressione della tecnologia. La Sinistra in tutto il mondo non riesce ancora a dare risposte forti in grado di battere gli egoismi della Destra. Quello che per me è certezza è che cambiare nome non serve a nulla.
Va bene, Trotta e Faggioni, non vi piace il gioco cosa è di sinistra e cosa no, ma non è che date risposte enunciando principi o richiamandovi alla rivoluzione francese. Se fosse così semplice saremmo tutti d’accordo e non staremmo qui a lacerarci tutti i giorni. Evidentemente qualcosa non va nel “tarare” queste risposte alle domande della società. E poi c’è la seconda cosa, alla quale nessuno ha risposto: è davvero così stupida l’idea di consultare sistematicamente gli iscritti sulle scelte politiche, in modo diffuso come possono consentire solo le tecnologie, piuttosto che attraverso i vecchi rituali congressuali che sanciscono solo le conte delle forze (forze… ormai debolezze) in campo?
Beh, è ovviamente difficile per tutte le forze politiche tarare, come dice Iacobone, le risposte e lo è particolarmente per i riformatori in quanto, non accettando il mondo come è, vanno alla ricerca di un futuro che non possono conoscere ma solo immaginare. Da qui le frequenti polemiche, che devono trovare sintesi in un articolato sistema partecipativo, oggi tutto da costruire. Le tecnologie possono offrire strumenti importanti, che è doveroso utilizzare ma solo come strumento innovativo di un ampio dibattito dove sia possibile confrontare le diverse tesi. Le primarie, a conclusione di un iter a più tappe coinvolgente l’intero popolo di riferimento, devono concludere quel percorso. Le tecnologie credo debbano affiancare il percorso per renderlo più agibile e proficuo. Non per nulla si parla di informatica, cioè scienza dell’informazione, non della decisione. I vecchi congressi erano tarati dalle inevitabili collezioni di tessere, ma comunque rappresentavano il massimo consentito allora di un percorso democratico. Oggi si può sperimentare qualcosa di meglio ed è doveroso per una forza democratica andare avanti in quel senso.
Il problema è quello di riuscire a cogliere i pareri e i suggerimenti della periferia (compreso il singolo iscritto o cittadino), ponendo quesiti o consentendo che qualcuno ne ponga o esprima una opinione, possibilmente in modo ordinato (temi “grossi” e anche le “varie”). Se fosse esistita una sistematica azione di questo genere, avremmo “virato” in tempo su alcuni temi, a cominciare dall’emigrazione così come avveniva (dico questo pur essendo un sostenitore di Renzi ; oltretutto si pensi ai suoi “competitor” interni : Orlando….non aggiungo altri nomi che fanno solo danno).Eppure, in tanti campi, le idee c’erano e ci sarebbero, ma la tempestività è fondamentale. Ora, a lungo, ci toccherà solo criticare gli altri al governo. Credo che i compliatori della propaganda elettorale andrebbero presi a calci in culo (quantomeno allontanati definitivamente)
E poi. Dopo aver compiuto tutti gli atti di scioglimento. Dopo aver rifondato e dato vita ad un Movimento. Riaffermato nuovi valori e anche stabilito forme organizzative del tutto inedite. Chi ci assicura il non ripersi delle perenni divisioni, ed anche dal non ripetere scene poco edificanti come quelle che ci hanno fatto vergognare di una appartenenza di cui in passato sono sempre stato orgoglioso? Dove li mettiamo quelli che sempre si propongono di mettere un succo diverso nell’uva da vendemmiare?