Sergio
Si potrà eccepire sulla scelta dell’associazione dei parenti delle vittime del ponte Morandi di non partecipare alla cerimonia di inaugurazione?
Non parlo delle scelte individuali, dei singoli familiari, su cui non è assolutamente lecito interferire in alcun modo, questo è fuori discussione, quanto della presa di posizione della loro associazione organizzata, quindi di una scelta “politica”, e come tale a mio parere suscettibile di essere commentata.
In breve, che diritto ha un’associazione di ergersi a giudice di una tragedia complessa come quella del crollo del ponte Morandi e compiere gesti di protesta eclatanti? E contro chi? Contro lo Stato? Contro i presunti colpevoli con un processo in corso? Contro il destino cinico e baro?
Il solito grande saggio Renzo Piano ha ricordato come una tragedia non si dimentica ma si elabora, si metabolizza, diventa vissuto, storia. Appunto.
E un’associazione, quindi un’entità “politica”, non un singolo individuo, dovrebbe contribuire a questa elaborazione presidiando indagini e processo, tenendo vivo il ricordo, sollecitando il ristoro dei danni alle vittime dirette ed indirette del disastro, svolgendo in definitiva il ruolo di garante dei cittadini coinvolti e colpiti. È già un compito importante e molto gravoso.
Il Presidente Mattarella è stato fin troppo indulgente ad assecondare la posizione ipercritica dell’associazione, incontrandone i membri separatamente e fuori della cerimonia ma, a fronte dell’eccezione sulla revoca o meno della concessione ad autostrade, ha sottolineato come quell’aspetto non rientri nelle sue responsabilità.
Non ha potuto esplicitare che però non è neppure responsabilità dell’associazione entrare nell’operatività delle scelte di politica infrastrutturale del Paese.
Non posso non chiedermi: che senso ha che l’associazione dei parenti cerchi di interferire nelle scelte del Governo sui rapporti con il concessionario, peraltro già sotto processo e già oggetto di una lunga e complessa trattativa di rinegoziazione delle condizioni di concessione?
I parenti e la loro associazione sono parte in causa di una tragedia e come tali possono costituirsi, e certamente lo avranno fatto, parte civile nel processo contro i responsabili. La legge gliene da il diritto e l’associazione fa benissimo ad esercitarlo. Il processo perseguirà responsabilità penali, che come si sa sono personali, di individui che hanno eventualmente commesso reati. Le parti civili saranno tutelate.
Ma sulle scelte di politica infrastrutturale, che influenza si vorrebbe avere? Decidere sommariamente sui rapporti tra una società concessionaria e lo Stato? Salvaguardando l’interesse di chi?
Già il Presidente del Consiglio, nelle ore immediatamente successive al disastro, si produsse molto improvvidamente in una incredibile e sorprendente dichiarazione sulla politica che non avrebbe il tempo di aspettare i tempi della giustizia, come se in un moderno stato di diritto si potesse procedere per via sommaria.
Si è poi constatato come tale dichiarazione avesse il solo scopo di soddisfare gli istinti più biecamente populisti della sua coalizione di allora, ma le parole restano e pesano, ancora oggi.
La domanda è sempre la solita: si cerca giustizia o vendetta?
La risposta è una sola e non ammette deroghe, anche se il populismo imperante pretenderebbe risposte diverse per lisciare il pelo al presunto “sentimento popolare”. Già i mezzi di informazione, quasi tutti, usano senza ritegno il dolore delle vittime (in questa come in mille altre occasioni) per dare sugo alle cronache e rinfocolare polemiche sulle quali costruire ore di trasmissioni o montagne di testi. Io mi sarei aspettato dall’associazione delle vittime un contributo di razionalità organizzata e non un atto politico di protesta, evidentemente ammiccante al qualunquismo ed al populismo imperanti.
In conclusione, può darsi che io mi stia amminchiando su una questione tutto sommato marginale; d’altronde, l’associazione delle vittime è ovviamente libera di fare come crede e deve rispondere ai suoi iscritti, che evidentemente non sono nemmeno tutti concordi, visto che qualche partecipazione individuale alla cerimonia c’è stata e Mattarella, di nuovo, ha fatto benissimo a darle la dovuta evidenza.
Però io credo che noi riformisti, ordinati amanti e cultori dello Stato di diritto, non dobbiamo mai indulgere al populismo in nessuna forma, dobbiamo essere sempre vigili e non mancare di sottolineare i tanti cedimenti che quotidianamente passano sotto i nostri occhi. È una scintilla da tenere viva, molto più pregnante delle sofisticate e spesso eccessive pedanterie del “politicamente corretto”.
Ernesto Trotta
Comment
Bravo Ernesto: condivido tutto quello che hai scritto a proposito ” del ponte ed il populismo “, ma perché succede quello che tu hai evidenziato?
Cerco di esporre il mio pensiero. Il genere umano, a partire dal famoso e caotico ” 1968″ ha incrementato e sviluppato un algoritmo fortemente individualista ed assolutista. Ormai siamo portati a pensare: l’idea individuale, che pur bisogna difendere e cercare di realizzare, è la migliore e deve essere spinta avanti senza se e senza ma, ignorando o respingendo il parere altrui. Cosi nascono i ” comitati del no” ai quali chi aderisce non ha il diritto di discutere, ma solo quello di sostenere, senza poter riflettere, la negazione di una regola che la comunità a maggioranza si è data. Abbiamo poi, secondo me, gli ” aglomerati di firme” sul ” no tav”, no vasche”, “no vaccinazioni”, ecc. che per far cadere l’idea altrui arrivano, pur essendo una piccola minoranza guidata da un capo incontestabile ed insostituibile, alla violenza estrema. Faccio un esempio, che conosco bene. Le “vashe di laminazione” atte ad impedire lo straripamento e gli allagamenti del fiume seveso in Lombardia, previste ed approvate dai rappresentanti della maggioranza dei votanti lombardi, non si riescono a realizzare perché uno sparuto gruppo di persone continua a proporre ricorsi, che la nostra democrazia rappresentativa prevede e difente, regolarmente respinti dalla maggistratura o da altri enti preposti al controllo dalla nostra società. Io però sono fiducioso e spero nel rafforzamento del compromesso delle idee. Infatti quando constato che un rivoluzionario, come il nostro grande vignettista, Sergio Staino ,condivide il tuo articolo suddetto ed ammetta che la strada maestra sta nel compromesso dei pensieri, allora vuol dire che gli umani stanno percorrendo la strada giusta per arrivare ad una società più equa, democratica e solidale. La suddetta mia convinzione è ulteriormente “cementata” dall’ affermazioni di un ex contestatore e fondare del famoso gruppo ” lotta continua “, il sig Adriano Sofri che, a proposito delle prossime votazioni in Toscana per il nuovo governo regionale, scrive: ” alle elezioni si partecipi, non per realizzare i propri ideali, ma per sostenere il contesto istituzionale a loro più favorevole e respingere quello più esiziale “. Pensate che la filosofia del giornale ” lotta continua” era quella rivoluzionaria di Lenin: lo stato socialdemocratico è peggio della monarchia assoluta perché evita la protesta popolare concedendo il “contentino” Concludo scrivendo: la nostra attuale democrazia rappresentativa non solo è il miglior algoritmo politico per guidare una societàmoderna, democratica e solidale, ma si rafforza sempre di più con il passare del tempo. Con piacere e speranza dico a tutti buona giornata.
Antonio De Matteo Milano