Chi si domanda perché l’Onu abbia sentito il bisogno di celebrare – oggi, 3 maggio – la giornata mondiale della libertà di stampa forse s’è perso il comizietto di Luigi Di Maio ieri sera a Porta a porta, su quella tv dove una volta i grillini avevano il divieto di mettere piede (e che oggi occupano una sera sì e l’altra pure, avendo ottenuto il singolare privilegio di essere sistematicamente i soli politici in studio). Cos’ha detto Di Maio? Ha spiegato che “negli ultimi 50 giorni i telegiornali Rai ci hanno trattato con i guanti bianchi perché avevano paura che andassimo al governo e sostituissimo i direttori”. Un timore infondato? No, ha rivelato Di Maio: “Lo faremo molto presto”.
Dunque la “rivoluzione” grillina, se mai ci sarà, comincerà con un’epurazione dei media, assai simile a quella che Berlusconi decretò con l’ormai celebre editto bulgaro contro Biagi, Santoro e Luttazzi. E confermerà che anche loro, come la stragrande maggioranza dei partiti che hanno occupato la stanza dei bottoni, vorranno subito mettere le mani sull’informazione del servizio pubblico. Un bell’inizio. Del resto, il Movimento 5 Stelle ha sempre considerato la libera stampa come un nemico da annientare, diffondendo la bufala che i grandi giornali oggi siano finanziati dallo Stato, una bufala che lo stesso Di Maio continua a diffondere annunciando – l’ultima volta l’11 gennaio di quest’anno – che appena andranno al potere loro aboliranno “i finanziamenti ai quotidiani e all’editoria” (guardandosi bene dal rivelare che nessun grande giornale riceve da molti anni un solo euro di finanziamento pubblico).
Del resto, se l’ultimo rapporto di Reporter Sans Frontières colloca l’Italia al 46mo posto anche e soprattutto a causa “della rivendicata ostilità nei confronti dei media, incoraggiata da alcuni responsabili politici”. E se sono tanti i Paesi dove “l’odio del giornalismo minaccia la democrazia”, per l’Italia il rapporto fa un solo nome, e cita espressamente il Movimento 5 Stelle, “che ha spesso condannato la stampa per il suo lavoro”.
Sia chiaro: non è l’unica minaccia, per i giornalisti, e neanche la più pericolosa. Sono certo più inquietanti le intimidazioni che i cronisti subiscono, lo ricorda lo stesso rapporto, “dalla mafia, da gruppi anarchici o fondamentalisti”. Perché le minacce di morte, le pallottole spedite come “ultimo avviso”, i piani per sbarazzarsi dei giornalisti scomodi carpiti ai boss grazie alle intercettazioni, hanno un peso notevole in questo imbarazzante piazzamento nella classifica della stampa libera che in Europa vede dietro di noi solo Serbia, Polonia, Grecia e Albania. E le storie di Paolo Borrometi, il cronista siciliano al quale il fratello di un capomafia ha scritto “ti vengo a cercare e ti massacro”, o quella della nostra Federica Angeli a cui un boss del clan Spada urlò “te sparo in testa se scrivi” sono solo due tra le decine di chi oggi è costretto a una vita sotto scorta solo per aver fatto il suo dovere di giornalista. Solo nel 2017, il rapporto che “Ossigeno per l’informazione” ha consegnato al presidente Mattarella ha elencato 423 intimidazioni, minacce, abusi e ritorsioni ai danni di cronisti, blogger, fotoreporter e videomaker.
Il fatto è che le intimidazioni di mafia, camorra e ‘ndrangheta non sono nuove, e la scia di sangue che parte da Mauro De Mauro e arriva a Mauro Rostagno – passando per Giuseppe Fava, Giancarlo Siani, Peppino Impastato, Mario Francese, Giuseppe Alfano, Cosimo Cristina e Giovanni Spampinato – non consente a nessuno di abbassare la guardia.
La vera novità di questi ultimi anni è che in tutto il Paese, e non solo nelle regioni ad alto tasso di criminalità, tira un’aria sempre più brutta per la libera stampa. Un’aria avvelenata dai politici, a cominciare da quelli che due anni fa strillavano contro le minacce alla libertà di stampa. Impossibile dimenticare le parole di Grillo sui direttori dei telegiornali, “gentaglia che pagherà”, o quelle che pronunciò nella piazza di Mascalucia: “Non ce l’ho con i giornalisti, ma io non dimentico niente, e un giorno gli faremo un c… così”. Fu lui, del resto, a inventarsi la gogna mediatica per i cronisti, battezzando sul suo blog il premio (di insulti) al “Giornalista del giorno”, poi quello al “Giornalista dell’anno” (“Quello che più si è distinto per il suo livore prezzolato”) e infine “Lo sciacallo del giorno”.
Oggi c’è Di Maio, certo, al posto di Grillo. Ma un anno fa è stato proprio l’attuale candidato premier a spedire all’Ordine dei giornalisti una lista di cronisti che – secondo lui – danneggiavano il Movimento 5 Stelle con le loro inchieste e i loro articoli sullo scandalo Romeo al Campidoglio. E dunque è proprio a lui che si riferisce Reporter Sans Frontières quando denuncia chi “non esita a comunicare pubblicamente l’identità
dei giornalisti che lo disturbano”. Ma evidentemente l’unica stampa che Di Maio considera libera è quella che lo difende (sparando letame sui suoi avversari), e l’unica tv che gli piace è quella che gli concede la libertà di parlare da solo.
Sebastiano Messina, La Repubblica, 3 maggio 2018
7 Comments
Io vorrei che Franceschini, e tutti quelli che auspicano un dialogo con il M5S, si rendessero conto (e trovo francamente incredibile che non lo facciano!) che non è con i loro elettori che dovremmo dialogare, ma con la struttura organizzativa perversa di un Partito-non-Partito, camuffato da movimento, guidato da un blog di un privato cittadino e controllato da una s.r.l. di un altro privato cittadino.
A me pare un’enormità, sulla quale non varrebbe la pena spendere nemmeno due parole.
Che vuol dire responsabilità verso il Paese?
Qualcuno crede davvero che i 5 stelle possano abdicare al loro farneticante modo di fare politica in favore di una forza strutturata (sia pur litigante) come il PD?
Ma qualcuno mi (ci) spiega dov’è l’errore? Cosa non abbiamo capito?
Dimenticate per un attimo il vostro incubo Renzi.
Ma come si fa a promuovere un accordo con quella classe dirigente?
Altro è riprendersi i voti che ci hanno portato via: questo lo si fa con la politica, un progetto credibile, l’unità del Partito.
Tutte cose che, volendo, non mancherebbero. Siamo capaci e lo abbiamo dimostrato.
Ma parlare di politica con Di Maio è un’altra cosa …
Ma come si fa a continuare a dire che la minoranza dem voleva a tutti i costi un’alleanza con Di Maio e c.? La minoranza ha detto solo di andare a parlarci, di confrontarsi, di dialogare. L’unica persona del PD che credeva (e forse crede ancora) in una possibile alleanza è Emiliano e la minoranza dem, anche per questo, non ha nessuna fiducia in Emiliano. La minoranza ha chiesto solo di non fare sceneggiate inutili e dannose chiudendo la porta a priori e dando con questo la netta impressione a tutti quei nostri elettori che hanno votato 5 Stelle che siamo una forza caparbia e supponente. Era la nostra capacità politica che doveva far uscire dall’incontro le enormi contraddizioni su cui sono nati e si sono sviluppati i 5 Stelle con l’obiettivo non di fare un governo insieme ma di far capire agli ex nostri elettori che errore avevano fatto a spostare il loro voto in quella direzione. Questo era il dovere di un partito che sa fare politica ma questo sarebbe stato un atteggiamento che sfuggiva al controllo di Renzi e, per questo e solo per questo, lui ha affossato tutto. Mi sembra elementare.
Sergio
La tua ingenuità mi pare tanto disarmante quanto surreale.
Ma davvero credi ci sia bisogno di una sceneggiata di incontro per “far uscire le enormi contraddizioni …”?
Ma davvero credi che chi non ci ha votato non sappia perché lo ha fatto?
Il M5S esiste da quasi dieci anni; è, diciamo così, ben conosciuto nelle sue caratteristiche peculiari, e chi lo ha votato lo ha fatto perché non si è fidato di noi, o perché era stufo della nostra eterna litigiosità, o perché gli abbiamo toccato qualche interesse, o perché si è convinto che esistesse chissà quale piano segreto, orchestrato con banche e circoli massonici, per minare la società italiana, così perfettina e pulitina già di par suo …!
Tutti hanno tifato contro il PD, reo di aver messo in fila una serie impressionante di riforme che, seppur a volte affastellate, hanno comunque smosso dalle fondamenta il panorama politico italiano.
Abbiamo pagato la presunzione di voler fare quello che altri non hanno mai fatto: e l’hanno fatto due governi che non erano solo renziani (pensa all’efficacia dell’azione proprio di Franceschini ai Beni Culturali!).
Ora l’elettorato deve capire che eravamo noi l’alternativa vera per il cambiamento, non questi dilettanti incapaci, ai quali proprio NON dobbiamo togliere le castagne dal fuoco, col rischio pure che ci usino da parafulmine.
Ripeto la domanda, dov’è l’errore in questo ragionamento?
E lasciamo da parte Renzi, per una volta.
Finalmente Renzi con l’intervista incriminata ha chiuso l’ipocrisia dei dirigenti, tanti, che caldeggiavano un accordo, non come dice qualcuno, solo un ascolto, ma un accordo per delle poltrone.
Repetti Camillo
Concordo a pieno con Sergio Staino, l’intervento di Renzi da Fazio è sbagliato nel metodo e nei tempi, nei contenuti, sia pure nelle varie sfumature tutti i maxi dirigenti, fatta eccezione Emiliano trovavano improbabile una alleanza con i 5stelle.
Perchè l’ingerenza dolosa di Renzi per me è sbagliata,
Perchè era in atto una consultazione del Presidente della Camera richiesta dal Presidente della Repubblica e dove la delegazione PD rappresentata dal suo Segretario si era impegnata pubblicamente in un confronto con il M5S e che avrebbe deliberato l’esito in Direzione.
Dopo l’intervento di Renzi in TV quella Direzione non aveva più motivo di esistere salvo cambiare l’ordine del giorno per l’ennesimo scontro, tutto questo oltre a delegittimare ed indebolire il segretario reggente evidenzia un PD ancora lacerato in pugno a Renzi e soggetto ad una ulteriore scissione (e questa volta non vanno via solo quei rompicoglioni dei comunisti)
Siccome Renzi non è un fesso valuta ogni sua mossa ed allora mi chiedo dove vuole andare e che Partito ha in mente di fare.
Nessuno nega a Renzi di dire la sua, ma di farlo nei luoghi e nei tempi appropriati al suo ruolo di senatore di Scandicci.
Ancora una volta il PD ha manifestato la capacità di svolgere l’azione di parafulmine di tutti i guai del Paese mettendo in secondo piano le responsabilità di quelli che hanno vinto le elezioni.
Caro Ernesto,
come vedi, senza esserci messi d’accordo, Ciro Rosiello ti ha risposto anche per me.
Sergio
Caro Ernesto, con te sono d’accordo su tutto ciò che hai detto, ma questa volta Sergio ha ragione. Per far emergere le intrinseche contraddizioni del programma 5s dovevamo andare la e dati all mano far vedere agli italiani ( e ai ns. elettori che hanno votato Grillo) dove un programma di quel tipo avrebbe portato il Paese.
Marco bs