A Padova, dove la discussione è stata riaperta da una benvenuta iniziativa della consigliera Margherita Colonnello e del suo collega Simone Pillitteri, era appena stata salutata la nomina della prima rettrice donna della gloriosa università locale, la neuropsicologa Daniela Mapelli. Nel 1992 era stata eletta la prima rettrice donna in assoluto, a Roma, Biancamaria Tedeschini Lalli. Ora ce ne sono 7, anche la Sapienza romana ha avuto la prima, nel 2020, Antonella Polimeni. Prima, l’intera galleria di ritratti dei rettori padovani era maschile, come la statuaria di Prato della Valle. Prima del 1992, l’intera galleria plurisecolare di ritratti dei rettori italiani era maschile, come i busti del Gianicolo, tranne la valorosa travestita. Prima di poco fa, non poche delle fotografie del nostro personale curriculum politico e sociale erano pressoché interamente maschili.
Dunque si integri pure la gran piazza con qualche statua supplementare, per risarcimento. A me pare però che casi così puri, per così dire, di unilateralità maschile, di tale inavvertita naturalezza, possano avere un futuro illustre restando così come e dove sono, tal quali, semplicemente cambiando destinazione o, se la parola sembri troppo solenne, didascalia. Che visitatrici e visitatori, scolaresche e gruppi in pensione, vi siano attratti dalla inesplicabile singolarità. “Guardate bene i monumenti, contateli, girategli attorno, e poi rispondete alla domanda: che cosa notate di strano? Di stranissimo?”.
Questa la mia considerazione sulla transizione ecologica e culturale. (Che si aggiunge alla domanda che ormai rifaccio automaticamente: qual è la quota percentuale di donne nel totale delle persone detenute?).
Auguri a voi per il Quirinale. (Il 4 per cento, circa: bisogna che gli uomini delinquano molto di meno, o le donne molto di più).
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