Il popolare vignettista fiorentino riflette sul suo percorso e prepara nuove cose
In arrivo una storia ispirata a Dostoevskj e una sul Partito comunista
In arrivo una storia ispirata a Dostoevskj e una sul Partito comunista
«Io e Bobo ci emozioniamo ancora»
Gli 80 anni ottimistici di Staino
Gli 80 anni ottimistici di Staino
Gabriele Rizza / FIRENZE
Ottanta anni, sentirseli addosso, ma guardarli con simpatia. Con ottimismo. Quell’ottimismo della volontà, mitigato dal pessimismo della ragione, che gramscianamente da sempre guida i passi di Bobo. Le sue strisce, i suoi commenti, le sue riflessioni. A proposito di riflessioni, alle quali evidentemente non eravamo abituati ma alle quali in questi mesi di clausura ci siamo dovuti piegare come fosse un obbligo, un dovere morale, quali sono state quelle di Bobo? «Ultimamente Bobo riflette poco volentieri perché se si mette a farlo passa dritto all’opposizione. Se riflette su quello che fanno e come si comportano certi suoi ministri, gli prende un acuto senso di disperazione. Finirebbe per spararsi. E invece di cose da fare, di progetti da portare avanti ne ha ancora tanti. Vorrebbe ridiscutere un po’ di più del suo partito, vorrebbe contribuire a dargli una prospettiva al di là di questo avventurismo del quotidiano che non porta da nessuna parte, aiutarlo a levare di mezzo gli opportunisti, sarebbe un bel segnale di rinnovamento».Sergio Staino e Bobo convivono da 40 anni e da allora condividono il gusto della politica e il gesto della militanza. Una sana indignazione e una giusta serenità li anima. Complice il tempo che non fa sconti («a 80 anni io vivo il fascino della quarta età, lui invece è rimasto ai suoi primi 40, subisce ancora delusioni») forse si diventa più saggi e si finisce per somigliarsi («ci siamo difesi dal coronavirus con pazienza e rispetto») ma di certo si creano incroci fra ieri e oggi, questi sì degni di riflessione: «Non è il solito mantra della sinistra che non riesce a stare unita. È che non si può pensare solo a se stessi. Se personalità del calibro di Amendola e Ingrao, di Pajetta e Terracini non avessero messo da parte il proprio protagonismo di partiti ne avremmo avuti non due o tre ma una ventina». E allora ci ritorna in mente quanto scrisse a suo tempo Umberto Eco: «Lo storico del futuro che voglia capire che cosa è successo a una generazione italiana, dovrà tener presente anche Bobo, forse più che dei libri di Toni Negri, dei discorsi di Berlinguer, o delle annate di Lotta Continua».In questa sorta di tritacarne che sintetizza la politica dei giorni nostri, che spazio è rimasto alla satira? «Il problema è che una volta l’evoluzione della politica, i suoi scontri, le sue ipocrisie, avevano tempi lunghi. Non rischiavi la bruciatura. Oggi la situazione cambia ogni due ore. Prendiamo i Cinque Stelle, in una giornata cambiano posizione cinque volte. Come fai a preparare con un anticipo, anche minimo, una vignetta che risulti non superata. C’è una necessità di affrettarsi che ci manda fuori giri. Al contrario la satira di costume e sociale ci dà più respiro per lavorare e forse ci permette di andare più nel profondo di quanto non faccia quella scopertamente politica. Che è entrata in crisi non solo per la mancanza di passione dei diretti interessati ma soprattutto per quell’incitamento all’odio e al rancore che i populismi diffondono nelle classi popolari». Forse la forza di Bobo più che nell’indignarsi sta nell’emozionarsi. Senza fare bilanci, che servono a poco perché poco si impara dalle lezioni della storia, Bobo traghetta la sua immagine con giustificato orgoglio. Così a breve, il 25 giugno, per La Nave di Teso, esce “Quell’idiota di Bobo” dove l’idiota del titolo è nientemeno che il protagonista di Dostoevskj, mentre nel 2021 è attesa «una storia sentimentale del Partito comunista che mi ha chiesto la Mondadori, per la quale sto scavando nel passato, come forse dovrebbe fare un vecchio di 80 anni».Appunto 80 anni: ricordi, episodi, memorie che vengono a galla, vecchie fratture, scossoni, riverberi, emozioni. Dimenticando Bobo cosa emerge dallo zainetto di Sergio Staino voltandosi indietro: «Il 26 luglio del ’43, dopo quel fatidico 25 luglio. Mi nonno che mi mette in mano una bandierina rossa di carta e mi porta con sé all’assalto della Casa del fascio di Piancastagnaio. Chissà forse ci avevo preso gusto. Dopo un po’ mi disse che non era il caso di insistere e mi riportò a casa. Avevo tre anni, me lo ricordo come fosse oggi».
6 Comments
Carissimo Sergio,
bella intervista. Come sai, condivido la tua visione delle cose, e mi preoccupa molto il fatto che non si riesca spesso a avanzare dubbi e critiche senza essere accusati di essere intellettuali insoddisfatti e autoreferenziali. Per chiarire, io voterò persino Giani, come ho sempre votato a sinistra; una volta la Bonino, per non votare un candidato del PD nel mio collegio che non mi andava. Ma questo fa parte, credo, dell’esercizio del libero arbitrio, e della protesta legittima contro liste precostituite che tutti i nostri leaders alla fine hanno accettato, anche non essendo d’accordo (almeno alcuni); un esempio di quei compromessi al ribasso che poi rendono difficile e non entusiasmante votare PD, mentre l’entusiasmo dovrebbe essere componente essenziale del nostro DNA.
Oggi però vorrei utilizzare il tuo blog per attirare l’attenzione su una cosa molto pericolosa: la rimozione violenta di simboli del passato considerati inaccettabili per le loro posizioni o azioni. Quindi i generali sudisti, Cristoforo Colombo (una vecchia storia, la contestazione al Columbus Day, una volta ho discusso della questione al consiglio comunale di Tucson, su invito del sindaco), ma anche Churchill e Montanelli. Ora, è chiaro che molti omaggi con statue e strade riflettevano epoche storiche per fortuna condannate, come per Mussolini, o Pinochet. Il pericolo è di abolire la storia invece di capirla e insegnarla bene ai giovani a scuola; questo è l’unico antidoto alla barbarie, a un giudizio sommario sulla storia che non è mai semplice o sommaria, come ci piacerebbe. Occorre separare il giudizio politico, etico, dalla comprensione di ciò che avvenne. Quindi abbattere le statue di dittatori i cui regimi sono caduti è giusto, anche simbolicamente, fa parte dello svolgimento della storia. Ma abbattere Churchill, che era un colonialista, ma nche un difensore della democrazia occidentale (da conservatore inglese aristocratico), e abbatterlo dopo decenni in nome di un giudizio etico per forza semplicistico implica gettare via il bambino e l’acqua sporca. Era, come tutti, uomo del suo tempo, con i difetti e i pregi, ma non era Hitler.
Cosa dovremmo dire di Giulio Cesare, sanguinario sterminatore di Galli? O di Thomas Jefferson, schiavista, padre di afro-americani concepiti con le sue schiave,e padre della democrazia americana? Aboliamo la costituzione americana? O di Napoleone? Eliminiamo il suo codice? O distruggiamo Les Invalides? Se poi passiamo ai film, come Via col Vento insegna, dovremmo cancellare dalla nostra cultura praticamente tutto John Ford, per dirne una, o molte, moltissime opere straordinarie, magari anche Proust? Perché dovremmo salvare un borghesuccio invaghito della decadenza, o apprezzare un Visconti che profittava del suo ruolo di potere per fare sesso con i suoi attori? Posso comprendere che in alcune situazioni specifiche certe censure siano gisutificate; per esempio, a Yale hanno cambiato nome a un college che era stato intitolato a un attivo commerciante di schiavi. Si può cambiare il nome a una strada, abbattere una statua, cum grano salis, ma non si possono abolire né la storia né le opere dell’ingegno, che ci piacciano o no. Solo l’acquisizione di una coscienza critica ci può salvare dalla barbarie che nascerebbe, paradossalmente, dalle buone intenzioni e dai buoni sentimenti di chi vorrebbe cancellare la storia che non ci piace, che non corrisponde alle nostre belle utopie o speranze. Cancellare, cioé, la nostra possibilità di capire noi stessi e il nostro tempo. Non so se il tuo blog sia il luogo giusto per una riflessione di questo genere. Io comunque te l’affido
Grazie Guido saluti da Roberto Barni
Concordo pienamente e mi meraviglio che ancora qualche fondamentalista non abbia proposto di radere al suolo il colosseo. Riccardo Monni
Caro Sergio,
anch’io condivido la posizione espressa da Guido Clemente. Secondo me è in atto una sorta di bigottismo laico molto pericoloso, che potrebbe perfino degenerare in forme di intolleranza che vanno oltre l’etica o la politica.
Ti abbraccio
Grazia
Caro Sergio,
questa cosa della statua dello schiavista Colston sembra aver turbato i sonni e il senno di molti.
“Di questo passo bruceranno anche i libri!” urlano i più timorosi, dimenticando che i libri e le biblioteche sono stati sempre bruciati dai dittatori, anche sotto forma di papi,re, imperatori e condottieri e mai dalle cosiddette democrazie.
Osano toccare Churchill, Colombo e, si parva licet componere magnis, Montanelli? Sono barbari ovviamente.
O invece sono giovani ( la stragrande maggioranza) che hanno potuto leggere e studiare più di quello che la scuola ammannisce?
Così hanno scoperto di uno che tutto quello che aveva fatto di buono nella vita era unicamente la carità con i soldi della tratta schiavistica, non meritava una statua. Dagli torto.
Che poi ci sia chi esagera è banale, e nessuno crede che ci sarà un governo che toglierà mai una statua di Churchill.
E’ cursioso ma non ho visto un alzata di scudi così vasta nei confronti delle malefatte di Orban, il quale è uno che potrebbe persino erigerla oggi una statua a Colstan.
Io poi farei proiettare “Via col vento” in tutte le scuole, obbligatoriamente, spiegando che bella storia d’amore il geniale registra è stato capace di raccontare, ma spiegando in quale contesto falso come Giuda sia stato inserito o come ha scritto
meglio il regista John Ridley:”È un film che, come parte del racconto della “Causa Persa”, romanticizza gli stati Stati Confederati, legittimando l’idea che il movimento secessionista fosse qualcosa di più, o meglio, qualcosa di più nobile di quello che in realtà era stato: una sanguinosa insurrezione per mantenere il “diritto” di possedere, vendere e comprare esseri umani.”.
E spiegherei come stavano veramente le cose alla luce di quello che sappiamo oggi. E’ troppo barbaro?
Mi ha divertito poi la conclusione di Clemente:” Si può cambiare il nome a una strada, abbattere una statua, cum grano salis.” Ovviamente pensava al suo sale.
Scusa la franchezza.
Un abbraccio.
Claudio Mellana
Beh, credo che non siamo solo noi a stupirci prima ancora di scandalizzarci. Ma da un pezzo circola demenza in atmosfera…. E la suggestione dei social pandemici non aiuta
Un saluto solidale anche al tuo amico
giancarla c.
Caro professore,
come non essere stra-d’accordo con Lei?
La differenza tra noi e i talebani che distruggono i Buddha o quelli di Daesh che devastano Palmira sta appunto nella capacità laica e razionale di discernere e di non farci mai trascinare dalla furia iconoclasta.
Sono fiero di appartenere ad una civiltà che distingue, ragiona, analizza, dà giudizi, ma senza “damnatio memoriae”.
Tanto sarebbe inutile.
“La Storia siamo noi”, cantava De Gregori; anche Mussolini, Hitler e Stalin sono purtroppo patrimonio comune a milioni di individui che li hanno prima accettati, poi acclamati, e poi maledetti; noi oggi li studiamo, accertiamo che nulla hanno lasciato di positivo nel mondo, anzi, hanno provocato il male assoluto, ci preoccupiamo che il loro nefasto esempio non venga seguito, non ne permettiamo la celebrazione, ma non possiamo cancellarli.
E metterli insieme a quelli che li hanno combattuti è segno di grave confusione mentale.
Come anche ridurre la Storia ad una presunta e rigida morale, dove nulla e nessuno potrebbe salvarsi, non aiuta ad imparare dall’esperienza. Cultura è capire e giudicare, non applicare schematismi manichei.
Ho apprezzato la proposta di Banksy di rimettere al suo posto la statua di Colston a Bristol, ma circondata da altre statue di persone ritratte nel momento in cui cercano di abbatterla.
Renderebbe molto il senso di dinamicità della Storia. Tutt’altra cosa dai giudizi sommari che rimuovono un effige senza preoccuparsi di capire la complessità del mondo.
La storia umana non si cancella e soprattutto non si modifica abbattendo statue o cancellando fatti: bisogna studiare ed analizzare le azioni degli esseri umani per evitare la loro ripetizione in forme diverse ma con gli stessi,anzi peggiori risultati. La buona cultura e la corretta informazione fanno la differenza tra le varie società.
Dire che Hitler e Stalin rappresentano il male assoluto non impedisce ai posteri di ripetere il male: solo analizzando i fatti ed i disastri creati si può dare alle nuove generazioni gli anticorpi per resistere al male. La nostra società ci sta provando difendendo la democrazia rappresentativa e cercando di mediare le idee di tanti futuri, per fortuna mancati, dittatori.
Speriamo di resistere difendendo la nostra attuale società che è l’unica forma di organizzazione politica democratica, solidale e pacifica conosciuta nella storia umana.
Io continuerò ad impegnarmi, per quel poco che mi resta, nella difesa della nostra attuale società nonostante i numerosi difetti e mi auguro che siano in tanti a farlo. Buona giornata a tutti. Antonio De Matteo Pescara
Vorrei evidenziare alcune cose nel panorama politico italiano e gli ” scoop ” dei mass media che circolano in questi giorni in Italia. Parlando dei partiti politici italiani si ipotizza la nascita di una formazione politica guidata dall’attuale presidente del consiglio, Giuseppe Conte e si prevede che raccoglierebbe un 10-15% dei votanti. Non solo, ma si scrive che il PD perderebbe a favore del nuovo partito tanti voti e consentirebbe a FdI di diventare il secondo partito italiano dietro la lega.
Il nostro è uno strano paese: quando uno ha un’idea, e non riesce a farla passare nel partito in cui milita o vorrebbe entrate, crea un nuovo partito sperando di svuotare la sua vecchia casa.
La realta ci dice che dal PD sono usciti “calibri grossi”, ex segretari nazionali e ministri, e non sono riusciti a svuotare la vecchia dimora. Perché? Io credo che per chi,come me, tramite un processo di revisione e maturazione delle proprie idee ha accettato ed elaborato la sconfitta del comunismo, suo ideale in gioventù, ed ha optato per una società pluralista democratica e solidale, il PD, che registra tutte le suddette evoluzioni, sarà per sempre la sua casa in continua evoluzione come il proprio stato d’animo.
Lo stesso penso sia valido per gli ex democristiani di sinistra che non hanno niente da spartire con i sovranisti- nazionalisti – individualusti.
Concludendo, alla luce della realta, possiamo, secondo me, dire che gli iscritti e simpatizzanti del PD potrebbero cercare un segretario nuovo, ma di sicuro non sono interessati ad un nuovo partito. D’altraparte chi non è destra, sovranista-nazionalista- individualista ed antieuropeista, con chi si può accasare se non con il PD che sta realizzando il compromesso storico di Berlinguer e Moro?
In nome dei grandi politici su citati, io spero e mi auguro che il PD resista, come ha fatto finora, ed attragga sempre piu gente.
Buona giornata a tutti.
Antonio De Matteo Pescara
A proposito della convocazione
” degli stati generali” da parte del governo ed attualmente incorso, ecco una mia riflessione.
Tutti, a modo nostro, vorremmo portare a termine una rivoluzione per migliorare la nostra società, ma tutte le grandi rivoluzioni, francese, russa, cinese ecc, non hanno mai creato un periedo stabile e migliore: è solo aumentato la competitività, caratteristica prioritaria del genere umano. Solo con il compromesso delle idee si ottengano grandi risultati.
Antonio De Matteo Pescara