Caro compagno Sergio,
Torno a parlare dopo tanto tempo che sono sparito dai radar della scrittura. E non so da dove partire.
Perciò ti racconto un lavoro sporco che mi è toccato fare qualche settimana fa: aiutare Riccardo Fizzotti, segretario del circolo di Carpignano Sesia (NO), a ripulire la sezione perché l’affitto è scaduto. Non ti racconto cosa ci fosse là dentro: libri degli anni ’60 e ’70, almanacchi, programmi e relazioni del fu Partito Comunista Italiano e de l’Unità, due bellissime bandiere falce e martello, persino dei 33 giri di Giovanna Marini e quadri di Lenin, Stalin, Gramsci, Togliatti e Berlinguer; quest’ultimo me lo sono portato a casa coi dischi e con alcuni libri degli Editori Riuniti.
“Un lavoro sporco” dico, perché anche se mi sono portato via qualcosa si tratta sempre di una cellula che si spegne. Ma ho potuto respirare come ai tempi il PCI (ma ad essere sinceri pure il PDS) fosse una macchina informativa e culturale della madonna: ogni aspetto veniva curato e redatto nei minimi dettagli; la serietà e l’appartenenza alla Cosa Rossa si vedeva tutta. E pure tra la polvere la si respirava. Sicuramente tutto questo ha fatto il suo tempo, ma fa pensare.
Mentre aiutavo Fizzotti a ripulire dentro dentro mi incazzavo… Perché in 30 anni ci siamo bruciati tutto questo. Del come abbiamo fatto a passare da quasi 2,5 milioni di iscritti (se sommiamo PDS e DC appena prima di Tangentopoli) ad oggi dove chissà se arriveremo a 250mila.
Non me la sento di dare risposte ma di mettere a nudo uno stato d’animo politico. Un compagno di sezione dice che ormai le assemblee provinciali del Partito dei grandi sembrano delle sedute psicoanalitiche, che è inevitabile quando nelle sedi politiche vogliono che si faccia tutto tranne politica, un po’ come ironizzava Cuore nel famoso titolo dei giorni in cui prendeva piede il PDS. Ma ci proviamo.
Non so se abbiamo esaurito la nostra funzione storica, quella-roba-lì per cui ci sentiamo chiamati. Se guardiamo il panorama politico sembra di sì, siamo uno scatolone senza colore, che occupa un 18% che non si capisce bene chi debba rappresentare. Però le cause per cui ci battiamo (o meglio: dovremmo batterci) rimangono: l’impoverimento del lavoro, la rottura dell’ascensore sociale, le disuguaglianze di ogni tipo. Ma questo ce lo diceva già Norberto Bobbio in uno scritto del 1994: quando vince il fronte opposto (nel nostro caso l’ordine neoliberale) non è che tu (lui si riferiva al socialismo) non servi più, ma anzi gli effetti collaterali del nemico ti danno una ragione in più per tenere botta anche se sembri aver perso questa battaglia. L’andare dietro le quinte dei vincitori per portare alla avanti alla ribalta dei vinti, di chi è rimasto indietro se vogliamo ricordare la famosissima definizione di socialismo secondo Pietro Nenni.
Voglio continuare a credere che la guerra non sia persa. Voglio continuare a crederlo guardando al Labour inglese e a Bernie Sanders che continuano a tenere botta.
Quindi no: non è perché abbiamo raggiunto i nostri obiettivi che non serviamo più. Sarebbe fantastico dire che retrocediamo e leviamo le tende perché abbiamo risolto il problema, come nelle fiabe. E allora dev’essere che non sembriamo gli stessi delle nostre radici (querce, margherite, girasoli, rose nel pugno, biancofiori o ulivi che fossero), di quelle cronache del 2007 (che ancora si possono trovare sul sito de la Repubblica) che festeggiavano il battesimo del Partito con quelle prime primarie aperte.
Anzi, mettiamola così. Mi ricordo cosa diceva la mia prof di storia e geografia in prima media quando stavamo svolgendo la correzione di una verifica: quando dobbiamo rispondere ad una domanda che chiede una definizione, dobbiamo incominciare con: “Quella cosa è…”. Ora, proviamo noi a rispondere alla domanda: “Che cosa è il Partito Democratico?”, proviamoci a dare una definizione netta e precisa. Già era difficile rispondere ai tempi con tutta la moda degli anti- e dei post-, ma almeno eri propulsivo ed eri un gatto che qualche volta il topo lo prendeva. Ora manco ci sono rimasti gli artigli e le vibrisse.
Sai poi cosa succede quando in un gruppo non ti riconosci più, quando vorresti sbattere la porta per l’ultima volta? Che te ne vorresti andare, evitandoti inutili sofferenze ed esaurimenti nervosi, evitando il senso di impotenza che hai quando hai idee e vorresti spaccare il mondo ma non sei messo (o neanche riesci a metterti) in condizione di sperimentarle e di metterle in porto: tutti quei “Vorrei, però non posso”. Ti sembra, come canta l’unico vero Capo che riconosco (non Matteo, ma Bruce Springsteen) di «spendere la tua intera viva per un momento che beh… Non arriverà».
A quel punto scatta l’ultima spiaggia: il fatto che in questo gruppo ci sono persone con le quali hai condiviso momenti, notti, esperienze, fatiche risate lacrime. È quello che mi fa raffreddare un momento la mia testa calda, la tempesta di pensieri che la riempiono, mi fermo un momento e credo di avere trovato delle amiche e degli amici. Non è poco, soprattutto quando vieni da sfighe che ti hanno portato a situazioni di abbandono improvvise, strade separate e la ricerca di un nuovo equilibrio. Non è poco, se teniamo conto che oggi un gruppo come i Giovani Democratici può servire anche a questo: a non lasciar vincere la sensazione di solitudine. Che è il non poter contare più per qualcuno e per qualcosa. È quell’amara sensazione di quando torni da un incontro, un’iniziativa un’assemblea o anche solo dalla routine quotidiana e, più che parlare ad un gruppo di persone, sembra l’adunata dei reduci di chissà quale guerra perduta.
E tanta è la sensazione di chiederti dove vai con una storia senza significato che nessuno vuole ascoltare. Di dire no a tutto questo e fanculo a questa storia. Però poi pensi ad un ultimo atto, alla “rivolta metafisica” di camusiana memoria e nel tuo dire di no ti fa dire allo stesso tempo di sì a qualcosa di diverso: cerchi di non immaginarti alla fine di un vicolo cieco con scritto Game Over.
È questo l’umore con cui ho deciso di firmare e di sostenere la candidatura nazionale di Dario Corallo, con un atteggiamento di rifiuto di questa situazione assurda non dandola per vincitrice definitiva. Il solito ma sempreverde dire di no e allo stesso tempo dire di sì fin dal nostro primo muoverci che anima il potente incipit de ‘L’uomo in rivolta’.
Ti dirò: quando ho iniziato a interessarmi di politica ero tutto sommato moderato. È questa situazione che ci fa diventare arrabbiati e cattivi per forza. Mi ricordo cosa diceva Rosa Fioravante, una ex GD di Garbagnate: «In un mondo normale sarei una moderata socialdemocratica, qui mi tocca far la parte della bolscevica, capitemi, non mi ci trovo a mio agio ma è necessario».
E guarda: quando tu crei il vuoto dentro qualcuno o peggio in tutta una società, alla fine cerchi sempre qualcosa con cui coprire questo vuoto. Quando hai un salto tra un vecchio mondo ed uno nuovo si chiama droga: il suo dilagare lo previse inascoltato Pier Paolo Pasolini più di 40 anni fa, e ancora oggi l’eroina, nella sua versione gialla e fumata nella stagnola, sta tornando a far parlare di sé. Altre volte porta al radicalismo: pensiamo a Forza Nuova e a CasaPound che va a lavare il cervello a chi si ritiene inetto; pensiamo alla generazione perduta delle SA, le Camicie Brune che nel 1929 erano 170mila e l’anno dopo, sulla scia del vuoto economico e sociale conseguente, già ne potevi contare 2 milioni.
Guardiamo alle soluzioni che sta dando la destra: tutte volte a farti risolvere da sé il problema, in chiave individualista (proprio quella che la lega a braccetto alla sua versione neoliberale). Pensiamo alla legittima difesa o al “accoglili a casa tua” a proposito dei migranti. Torna quello che Achille Occhetto diceva nel 1992 presentando in tv il programma del PDS agli elettori: «La destra e la sinistra sono due modi di vedere la vita e i rapporti umani. La destra è egoismo, è solo presente. La sinistra è solidarietà ed è anche futuro».
Sotto sotto voglio continuare a credere che questo futuro ci riserverà delle sorprese, che non ci troviamo appunto al Game Over del vicolo cieco. La speranza è l’ultima che mi vuole morire, ma anche i nervi d’acciaio iniziano a sentirsi troppo sotto pressione.
Staremo a vedere. Nel frattempo ti abbraccio e auguro a tutti i naviganti buone feste.
Manuel Tugnolo
7 Comments
Ecco un altro rivoluzionario! Caro Manuel, ma dove vuoi andare con la tua rivoluzione? Troppo complicato il tuo discorso non l’ho capito bene, ma capisco il tuo tormento. Tu sei alla ricerca della “perfezione”, quella che cercavo anch’io durante i miei anni più belli della gioventù; ma, alla soglia dei Settant’anni, dopo lunghi anni di lotte e guardando al passato ho capito che la vita umana si regge sulle “piccole cose”. I grandi progetti, sono come le rivoluzioni: crollano, miseramente e lasciano solo macerie. Non so quanti anni hai, ma da quello che scrivi mi sembri giovane: mi pare di rivedere gli stessi miei ideali di ieri all’età di vent’anni. Quindi se sei giovane hai diritto a provare e riprovare nella realizzazione di “grandi progetti”, ma se sei mio coetaneo allora forse è meglio che leggi la storia umana partendo dalla rivoluzione francese e quella bolscevica e poi forse potremmo osservare meglio la realtà insieme. Io ho cerco di conquistare quelle piccole cose che danno senso alla vita con il continuo compromesso con i miei simili. Ho votato, voto e voterò partito democratico Italiano perché è l’unica forza politica dov’è il compromesso si pratica e può resistere. Godiamoci le prossime feste sono “piccole cose”,ma possono ristorare la vita. Un abbraccio a tutti Antonio De Matteo Milano
Ciao Antonio,
Anche se ci separano 50 anni mi permetto di darti del tu, perché tra militanti e compagni mi hanno insegnato che si fa così.
Tranquillo, nulla di rivoluzionario, sessantottino o chissà cosa, solo molta voglia di fare come Albert Camus: giudicare lo status quo assurdo e ingiustificabile e da lì progettare e mettere in porto qualcosa che questo status quo lo superi, perché – come diceva quel tale – non usciremmo dalla crisi allo stesso modo con cui ci siamo finiti. Appunto come l’attacco de ‘L’uomo in rivolta’ (attenzione: rivolta, non bolscevismo facile): dicendo di no, ma dicendo di sì a qualcos’altro fin dal primo muoverci, senza accettare passivamente il destino.
Capirari come da questa impasse non usciremo con dei semplici ritocchini ma con una forte rigenerazione. Di volti, di idea di società, di organizzazione interna, di forma-Partito, di politiche chiare e distinte, di come vivere la vita di sezione, di come fare propaganda, consenso e infine egemonia (spero si possa ancora dire, anche perché a destra e all’estero Gramsci lo stanno studiando molto bene), per cui se una volta l’obiettivo era entrare in tutte le case ora devi entrare in tutti gli smartphone. Attenzione: rigenerazione e non banale tabula rasa, non dobbiamo copia-incollare o seguire nessuno. Studiamo le buone pratiche che succedono nel mondo? Torniamo a formare i nostri eletti ed amministratori?
Questo e altro potremmo dire di come applicarci, ma mi taccio perché questo non è uno spazio troppo grande. Ma stai sicuro che c’è solo imbarazzo della scelta + mettersi sotto.
Ti abbraccio e ti auguro Buone Feste,
MT
La vecchiaia è una risorsa se non si piange addosso, con gli occhi sempre volti all’ indietro.
Di addii nella vita se ne devono fare sempre, e fanno soffrire.
Ma la politica è l’ oggi, anzi il domani. Basta con le nostalgie.
Sandra Festi – Bologna
Ciao Sandra,
Anche a te do del tu presupponendoti compagna di Partito.
Nessuna nostalgia per un passato mai vissuto, tranquilla; fresco di 22 anni non accetto però l’appiattimento allo stato attuale delle cose. E uno scossone ogni tanto bisogna darlo. Per ora mi sono limitato ad uno stato d’animo dato che delle risposte provvisorie le sto cercando e non sarebbe giusto essere un re taumaturgo di chissà quale regno.
Molte cose le ho scritte qui sopra rispondendo al commento di Antonio. È un esempio non esaustivo di alcuni elementi che potremmo discutere ed implementare per sciogliere i nodi irrisolti che ci portiamo dietro dal 2007.
“I domand a better future”, “Chiedo un futuro migliore” canta David Bowie in quel bellissimo disco del 2002 (casualmente proprio quando si iniziava a teorizzare DS+Margherita) che è ‘Heathen’. Anche io lo chiedo senza averlo su un piatto d’argento, ma certo contribuendo nei limiti delle mie capacità, delle mie possibilità, dei miei pregi (abbastanza) e dei miei difetti (fin troppi!).
Abbraccio anche te e ti auguro Buone Feste,
MT
Caro compagno Sergio ,
mi permetto inviare alla Tua attenzione queste miei considerazioni presentate all’ Assemblea Provinciale del PD.
Alcune personali riflessioni, incentrate sulla situazione politica corrente, sul prossimo Congresso Na-zionale e, più diffusamente, sul significato dei termini, quanto mai attuali, di “sovranismo” e “populismo”.
La nostra situazione politica è allarmante, allertiamoci! Bisogna pensare al peggio per evitarlo.
A oltre settanta anni dalla riconquista della democrazia avvenuta con la guerra di liberazione culminata il 25 aprile 1945, la democrazia in Italia è tornata ad essere ancora in pericolo !
Nessuna conquista può dirsi definitiva. La democrazia non è manna caduta dal cielo.
“La democrazia è una parentesi nella storia dell’Umanità”, ammonisce Walter Veltroni, il padre del no-stro Partito Democratico, nato nell’ottobre 2007 dalla fusione di forze progressiste, popolari e democrati-che, eredi di coloro che, combattendo uniti nel CLN il regime, conquistatarono la libertà e la democrazia.
In tutti i Paesi dell’eurozona, tranne che in Italia, sono stati arginati i nazional populismi.
L’Unione Europea è minacciata dall’internazionale sovranista, che mira a demolirla; per salvarla dobbiamo conquistare l’Unità Politica Federale, cioè gli Stati Uniti d’Europa.
I partiti nazional populisti, giunti al governo del nostro Paese grazie a promesse irresponsabili e inganne-voli, mirano, usandolo come un grimaldello, al default del nostro Paese, a demolire l’Unione Euro-pea e all’uscita dall’euro.
Ritengo necessaria l’unione di tutte le forze democratiche, progressiste ed Europeiste del nostro Paese, così da costruire un’ampia alleanza per affrontare le prossime elezioni Europee del 26 mag-gio 2019. Occorre, allo scopo, coalizzarsi in una sorta di Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) preventivo.
Sono convinto che la vera sfida che farà risorgere il partito democratico, salvando il nostro Paese e la stessa Unione Europea, sarà la competizione non solo fra progressisti e reazionari, ma anche fra europeisti ed antieuropeisti, i cosiddetti sovranisti.
Il nostro Partito Democratico resta l’unico baluardo alla deriva nazionalpopulista e perciò, in primis, deve farsi promotore e parte attiva di questa unione, necessaria per prevalere in questo importante appun-tamento alzando la bandiera dell’Unione Europea, ovvero dell’Unione politica Europea!
All’insegna però di un’Europa che va oltre l’unione monetaria e conquista l’unità politica federale.
Diversamente, potrebbe interrompersi il cammino verso la Federazione degli Stati Uniti d’ Europa, un’Europa Federale: il sogno di Altiero Spinelli, di Ernesto ed Ada Rossi, Eugenio Colorno e Ursula Hirschmann, delineato nel “Manifesto di Ventotene”, dove si trovavano confinati dal partito fascista nel 1941.
Senza l’Europa l’Italia non si salva, ma neppure l’Unione Europea si salva senza l’Italia.
Il nostro Congresso nazionale – Deo gratias! – si celebrerà prima delle elezioni Europee!
Così avremo il nostro nuovo Segretario, legittimato della forza necessaria per affrontare al meglio queste storiche elezioni Europee.
Le elezioni del nuovo segretario e della nuova assemblea avverranno in fasi successive: la prima avrà inizio nei circoli, dove gli iscritti eleggeranno i propri delegati, tra coloro che si saranno candidati (al momento i candidati sono 7).
L’ultima fase culminerà con le primarie, aperte agli iscritti e agli elettori, dove si sfideranno i tre candidati più votati. Il nuovo Segretario dovrà ottenere la maggioranza assoluta, il 51%.
In mancanza della maggioranza assoluta, il Segretario viene eletto dalla nuova assemblea.
Al ballottaggio i due candidati più votati alle primarie,
Chi meritevolmente risulterà eletto, sic stantibus rebus, confido vorrà praticare il più che mai necessario monito di Camillo Prampolini: “Uniti siamo tutti, divisi siamo nulla”; superando le deleterie e litigiose correnti, non più tollerabili !
Ben venga il benefico pluralismo delle idee; Don Lorenzo Milani insegna: “Se scambio una lira ho sempre una lira, se scambio un’idea ho due idee!”.
Correnti di idee, dunque ! Non correnti per mero personalismo, basato sulla competizione personale, an-ziché la fraterna solidarietà, saldata dai comuni atavici valori che seguono la stella polare del Progresso Umano!
Sentiamo echeggiare, da un po’ di tempo a questa parte, i termini “sovranismo” e “populismo”. Non perché siano diventati di moda, ma per l’importante significato che nascondono; credo, infatti, che pro-prio il loro combinato disposto preluda al default del nostro Paese e attenti alla nostra stessa democrazia!
Riguardo al primo, ricordo che grazie alle forze progressiste guidate da Carlo Azeglio Ciampi e da Ro-mano Prodi nasceva l’Euro, che inizia a circolare dal 1° gennaio 2002.
Con l’euro abbiamo perso parte della sovranità – vaneggiata ora da coloro che, dichiarandosi sovrani-sti, mirano a reintrodurla nei confini degli antichi staterelli – non solo per evitare il declino del Paese in tempo di globalizzazione, ma anche allo scopo di giungere a un’unica sovranità, più progredita e pro-spera: quella della federazione degli Stati Uniti d’Europa!
Pertanto è un ossimoro, un inganno l’affermazione dei sovranisti di volere un’Europa diversa.
In realtà essi, aspirano a disgregare l’Unione Europea, ritornando alle antiche nazioni.
La sovranità si fonda su 2 pilastri: la stampa della moneta e l’esercito (il primo tentativo di costituire un esercito europeo, denominato CED, risale al 1954 e fallì per l’opposizione della Francia).
Per la prima volta nella storia, la conquista dell’unità monetaria precede quella politica, definita “La Zoppia Europea” da Carlo Azeglio Ciampi.
Poter dire “Civis Europaeus sum”, significa garantirsi da qualsiasi violazione dei propri diritti fon-damentali, così come accadeva un tempo dichiarando il proprio status di “Civis Romanus”.
Al di fuori di Roma c’era la barbarie, al di fuori dell’Europa c’è lo stesso rischio.
Declineremmo a sudditi delle superpotenze mondiali, nell’ambito della globalizzazione.
Riguardo invece al “populismo”, Norberto Bobbio diffidava dei movimenti che, disdegnando la de-mocrazia indiretta, furono prodromici di sistemi totalitari. La democrazia si fonda sulla rappresen-tanza parlamentare, partitica (art. 49 della Costituzione) e sindacale (art. 39). La democrazia è parla-mentare, quindi indiretta o, diversamente, tale non è, e ciò sin dai tempi dell’antica Grecia del-l’ateniese Clistene (570 a.C.) e di Pericle (495 a.C.
Ritengo indispensabile non disperdere i nostri atavici valori fondanti, un passo al giorno sulla strada giu-sta, la strada del progresso umano, e che ora coincide con l’obiettivo della Federazione dell’Unione Eu-ropea !
Il cammino dei democratici sulla strada del progresso umano viene da una lunga storia; gli albori dei progressisti possono metaforicamente risalire al 109 a.C., da quello Spartacus che lottò per la liberazione dalla prepotenza dell’uomo sul¬l’uomo, antesignano dell’emancipazione sociale.
Purtroppo è più facile abbagliare che illuminare; occorre portare luce, far prendere coscienza e cono-scenza, far capire che fuori dall’Euro e dall’Unione Europea il nostro Paese fallirebbe.
Se il nostro titolo del debito pubblico diventa “Junk bond”, cioè spazzatura, non sarà più negoziabile e ciò ci porterà automaticamente fuori dall’euro!
Illuminanti, al riguardo, le valutazioni delle agenzie di rating: secondo Moody’s siamo già a un punto dal downgrading a spazzatura; Standard & Poor’s recentemente ha lasciato il Paese a due punti, ma ha dato l’outlook negativo; secondo l’agenzia cinese Dagong siamo invece già spazzatura.
Diceva Winston Churchill: “La Storia dovrebbe illuminare l’anima, ma troppo spesso viene offuscata dalla memoria corta”. E Cicerone: “Historia est magistra vitae”. Tuttavia Antonio Gramsci ammoniva: “La storia insegna, ma non ha scolari”.
Ricordiamo che il governo Berlusconi nel novembre 2011 si dimise dopo aver distrutto valori e valore. Il Paese era allora sull’orlo del dissesto.
In tale frangente, con lo spread alla soglia di 575 punti base, eravamo situati sull’orlo del baratro e si rischiava il default. Il Financial time invocava: “In God’s name, go!”
Lo spread alto è il centro di irradiazione del male i governi virtuosi sostenuti dal PD, avevano ri-dotto lo spread a circa 100 b.p. ora dopo l’insediamento di questo governo, siamo di nuovo ad alto rischio con lo spread risalito a circa 300 b.p. !
E purtroppo lo spread tende a salire ulteriormente e paurosamente per la sfiducia dei mercati, le-gata alla solvibilità dei nostri titoli di stato, e per la recente bocciatura da Parte della Commissione Europea della manovra finanziaria 2019 presentata da questo Governo.
La Commissione ha infatti avviato la procedura di infrazione per deficit eccessivo, che aumenterà ulteriormente a causa di questa manovra, ritenuta dannosa e insostenibile anche da tutti gli istituti Economici preposti.
L’Italia è seconda solo alla Grecia, avendo un rapporto debito/Pil vicino al 132% (contro il 60% richiesto dall’Europa).
Il rischio default è quindi reale e ciò grazie a questo governo di nazional populisti, che procede in spregio alle regole comuni dei trattati Europei e, non potendo mantenere le promesse elettorali in-gannevoli, ha già pronto l’alibi del suo fallimento, addossando la colpa all’Europa ed ai vincoli dei trat-tati Europei.
Basti pensare che, ogni mese, l’Italia deve collocare sui mercati 40 miliardi di titoli di Stato, vale a dire circa 400 all’anno.
Purtroppo da gennaio 2019 si esaurisce il Q.E. e, ciò che più preoccupa, con il novembre successivo il salvifico Mario Draghi concluderà il suo incarico.
Il nostro Paese potrebbe ricorrere all’OMT, aiuto però condizionato a una sorta di commissariamento, tramite la Troika (UE, BCE, FMI), come successe per la Grecia, subendo un’impietosa austerità.
Ma i nazional populisti hanno già dichiarato di rifiutare l’aiuto della Troika, così l’alternativa sarebbe il fallimento del Paese e l’uscita dall’Euro e dall’U.E!
Continuiamo perciò con forza, anche per evitare il peggio, il nostro cammino, con l’alzabandiera dell’Unione Europea, ma mirando, con tutte le forze democratiche e europeiste del nostro Paese e prima che sia troppo tardi, a sconfiggere alle elezioni Europee del prossimo maggio 2019 l’alleanza dei governi sovranisti e antieuropeisti di cui anche il nostro governo fa parte. Diversamente, con Euripide canteremo: “Europa talamo d’Ade”.
Continuiamo a seguire, come sempre – voglio ripeterlo – la stella polare del progresso umano, verso gli Stati Uniti d’Europa, per costruire una società migliore, più giusta, ispirata ai valori di solidarietà, libertà, uguaglianza, una società con al centro le persone, i diritti civili e sociali, il mercato al servizio dell’uomo e non viceversa.
Ringrazio sentitamente per l’attenzione. Con cordialità.
Camillo Cavanna
Arona, 27 novembre 2018
Bravo Manuel, comincia a realizzare qualche tua idea e condividela con gli “altri”: solo quando sarete in tanti a pensarla allo stesso modo ti renderai conto di aver realizzato una cosa utile. Conta su di me, come dico anche a mio figlio solo se hai bisogno di aiuto: tocca a voi gestire la società attuale e noi anziani saremo lieti di potervi aiutare a farlo, se lo riterrete opportuno. Io non ho nessuna nostalgia per il passato e ne rimproveri da farmi: ho sempre creduto in quello che facevo ed ho continuato a salire su tutti quei treni che mi permettevano di raggiungere la meta precedentemente prestabilita. Non mi sono mai pianto addosso, nonostante le mie numerose disgrazie: la vita va vissuta con passione, altruismo e coraggio continuando a risolvere le “piccole cose” che mandano avanti la storia umana. Tantissimi auguri per il tuo futuro e le prossime feste. Un abbraccio Antonio
Caro compagno Sergio ,
mi permetto inviare alla Tua attenzione queste miei considerazioni presentate all’ Assemblea Provinciale del PD.
Alcune personali riflessioni, incentrate sulla situazione politica corrente, sul prossimo Congresso Na-zionale e, più diffusamente, sul significato dei termini, quanto mai attuali, di “sovranismo” e “populismo”.
La nostra situazione politica è allarmante, allertiamoci! Bisogna pensare al peggio per evitarlo.
A oltre settanta anni dalla riconquista della democrazia avvenuta con la guerra di liberazione culminata il 25 aprile 1945, la democrazia in Italia è tornata ad essere ancora in pericolo !
Nessuna conquista può dirsi definitiva. La democrazia non è manna caduta dal cielo.
“La democrazia è una parentesi nella storia dell’Umanità”, ammonisce Walter Veltroni, il padre del no-stro Partito Democratico, nato nell’ottobre 2007 dalla fusione di forze progressiste, popolari e democrati-che, eredi di coloro che, combattendo uniti nel CLN il regime, conquistatarono la libertà e la democrazia.
In tutti i Paesi dell’eurozona, tranne che in Italia, sono stati arginati i nazional populismi.
L’Unione Europea è minacciata dall’internazionale sovranista, che mira a demolirla; per salvarla dobbiamo conquistare l’Unità Politica Federale, cioè gli Stati Uniti d’Europa.
I partiti nazional populisti, giunti al governo del nostro Paese grazie a promesse irresponsabili e inganne-voli, mirano, usandolo come un grimaldello, al default del nostro Paese, a demolire l’Unione Euro-pea e all’uscita dall’euro.
Ritengo necessaria l’unione di tutte le forze democratiche, progressiste ed Europeiste del nostro Paese, così da costruire un’ampia alleanza per affrontare le prossime elezioni Europee del 26 mag-gio 2019. Occorre, allo scopo, coalizzarsi in una sorta di Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) preventivo.
Sono convinto che la vera sfida che farà risorgere il partito democratico, salvando il nostro Paese e la stessa Unione Europea, sarà la competizione non solo fra progressisti e reazionari, ma anche fra europeisti ed antieuropeisti, i cosiddetti sovranisti.
Il nostro Partito Democratico resta l’unico baluardo alla deriva nazionalpopulista e perciò, in primis, deve farsi promotore e parte attiva di questa unione, necessaria per prevalere in questo importante appun-tamento alzando la bandiera dell’Unione Europea, ovvero dell’Unione politica Europea!
All’insegna però di un’Europa che va oltre l’unione monetaria e conquista l’unità politica federale.
Diversamente, potrebbe interrompersi il cammino verso la Federazione degli Stati Uniti d’ Europa, un’Europa Federale: il sogno di Altiero Spinelli, di Ernesto ed Ada Rossi, Eugenio Colorno e Ursula Hirschmann, delineato nel “Manifesto di Ventotene”, dove si trovavano confinati dal partito fascista nel 1941.
Senza l’Europa l’Italia non si salva, ma neppure l’Unione Europea si salva senza l’Italia.
Il nostro Congresso nazionale – Deo gratias! – si celebrerà prima delle elezioni Europee!
Così avremo il nostro nuovo Segretario, legittimato della forza necessaria per affrontare al meglio queste storiche elezioni Europee.
Le elezioni del nuovo segretario e della nuova assemblea avverranno in fasi successive: la prima avrà inizio nei circoli, dove gli iscritti eleggeranno i propri delegati, tra coloro che si saranno candidati (al momento i candidati sono 7).
L’ultima fase culminerà con le primarie, aperte agli iscritti e agli elettori, dove si sfideranno i tre candidati più votati. Il nuovo Segretario dovrà ottenere la maggioranza assoluta, il 51%.
In mancanza della maggioranza assoluta, il Segretario viene eletto dalla nuova assemblea.
Al ballottaggio i due candidati più votati alle primarie,
Chi meritevolmente risulterà eletto, sic stantibus rebus, confido vorrà praticare il più che mai necessario monito di Camillo Prampolini: “Uniti siamo tutti, divisi siamo nulla”; superando le deleterie e litigiose correnti, non più tollerabili !
Ben venga il benefico pluralismo delle idee; Don Lorenzo Milani insegna: “Se scambio una lira ho sempre una lira, se scambio un’idea ho due idee!”.
Correnti di idee, dunque ! Non correnti per mero personalismo, basato sulla competizione personale, an-ziché la fraterna solidarietà, saldata dai comuni atavici valori che seguono la stella polare del Progresso Umano!
Sentiamo echeggiare, da un po’ di tempo a questa parte, i termini “sovranismo” e “populismo”. Non perché siano diventati di moda, ma per l’importante significato che nascondono; credo, infatti, che pro-prio il loro combinato disposto preluda al default del nostro Paese e attenti alla nostra stessa democrazia!
Riguardo al primo, ricordo che grazie alle forze progressiste guidate da Carlo Azeglio Ciampi e da Ro-mano Prodi nasceva l’Euro, che inizia a circolare dal 1° gennaio 2002.
Con l’euro abbiamo perso parte della sovranità – vaneggiata ora da coloro che, dichiarandosi sovrani-sti, mirano a reintrodurla nei confini degli antichi staterelli – non solo per evitare il declino del Paese in tempo di globalizzazione, ma anche allo scopo di giungere a un’unica sovranità, più progredita e pro-spera: quella della federazione degli Stati Uniti d’Europa!
Pertanto è un ossimoro, un inganno l’affermazione dei sovranisti di volere un’Europa diversa.
In realtà essi, aspirano a disgregare l’Unione Europea, ritornando alle antiche nazioni.
La sovranità si fonda su 2 pilastri: la stampa della moneta e l’esercito (il primo tentativo di costituire un esercito europeo, denominato CED, risale al 1954 e fallì per l’opposizione della Francia).
Per la prima volta nella storia, la conquista dell’unità monetaria precede quella politica, definita “La Zoppia Europea” da Carlo Azeglio Ciampi.
Poter dire “Civis Europaeus sum”, significa garantirsi da qualsiasi violazione dei propri diritti fon-damentali, così come accadeva un tempo dichiarando il proprio status di “Civis Romanus”.
Al di fuori di Roma c’era la barbarie, al di fuori dell’Europa c’è lo stesso rischio.
Declineremmo a sudditi delle superpotenze mondiali, nell’ambito della globalizzazione.
Riguardo invece al “populismo”, Norberto Bobbio diffidava dei movimenti che, disdegnando la de-mocrazia indiretta, furono prodromici di sistemi totalitari. La democrazia si fonda sulla rappresen-tanza parlamentare, partitica (art. 49 della Costituzione) e sindacale (art. 39). La democrazia è parla-mentare, quindi indiretta o, diversamente, tale non è, e ciò sin dai tempi dell’antica Grecia del-l’ateniese Clistene (570 a.C.) e di Pericle (495 a.C.
Ritengo indispensabile non disperdere i nostri atavici valori fondanti, un passo al giorno sulla strada giu-sta, la strada del progresso umano, e che ora coincide con l’obiettivo della Federazione dell’Unione Eu-ropea !
Il cammino dei democratici sulla strada del progresso umano viene da una lunga storia; gli albori dei progressisti possono metaforicamente risalire al 109 a.C., da quello Spartacus che lottò per la liberazione dalla prepotenza dell’uomo sul¬l’uomo, antesignano dell’emancipazione sociale.
Purtroppo è più facile abbagliare che illuminare; occorre portare luce, far prendere coscienza e cono-scenza, far capire che fuori dall’Euro e dall’Unione Europea il nostro Paese fallirebbe.
Se il nostro titolo del debito pubblico diventa “Junk bond”, cioè spazzatura, non sarà più negoziabile e ciò ci porterà automaticamente fuori dall’euro!
Illuminanti, al riguardo, le valutazioni delle agenzie di rating: secondo Moody’s siamo già a un punto dal downgrading a spazzatura; Standard & Poor’s recentemente ha lasciato il Paese a due punti, ma ha dato l’outlook negativo; secondo l’agenzia cinese Dagong siamo invece già spazzatura.
Diceva Winston Churchill: “La Storia dovrebbe illuminare l’anima, ma troppo spesso viene offuscata dalla memoria corta”. E Cicerone: “Historia est magistra vitae”. Tuttavia Antonio Gramsci ammoniva: “La storia insegna, ma non ha scolari”.
Ricordiamo che il governo Berlusconi nel novembre 2011 si dimise dopo aver distrutto valori e valore. Il Paese era allora sull’orlo del dissesto.
In tale frangente, con lo spread alla soglia di 575 punti base, eravamo situati sull’orlo del baratro e si rischiava il default. Il Financial time invocava: “In God’s name, go!”
Lo spread alto è il centro di irradiazione del male i governi virtuosi sostenuti dal PD, avevano ri-dotto lo spread a circa 100 b.p. ora dopo l’insediamento di questo governo, siamo di nuovo ad alto rischio con lo spread risalito a circa 300 b.p. !
E purtroppo lo spread tende a salire ulteriormente e paurosamente per la sfiducia dei mercati, le-gata alla solvibilità dei nostri titoli di stato, e per la recente bocciatura da Parte della Commissione Europea della manovra finanziaria 2019 presentata da questo Governo.
La Commissione ha infatti avviato la procedura di infrazione per deficit eccessivo, che aumenterà ulteriormente a causa di questa manovra, ritenuta dannosa e insostenibile anche da tutti gli istituti Economici preposti.
L’Italia è seconda solo alla Grecia, avendo un rapporto debito/Pil vicino al 132% (contro il 60% richiesto dall’Europa).
Il rischio default è quindi reale e ciò grazie a questo governo di nazional populisti, che procede in spregio alle regole comuni dei trattati Europei e, non potendo mantenere le promesse elettorali in-gannevoli, ha già pronto l’alibi del suo fallimento, addossando la colpa all’Europa ed ai vincoli dei trat-tati Europei.
Basti pensare che, ogni mese, l’Italia deve collocare sui mercati 40 miliardi di titoli di Stato, vale a dire circa 400 all’anno.
Purtroppo da gennaio 2019 si esaurisce il Q.E. e, ciò che più preoccupa, con il novembre successivo il salvifico Mario Draghi concluderà il suo incarico.
Il nostro Paese potrebbe ricorrere all’OMT, aiuto però condizionato a una sorta di commissariamento, tramite la Troika (UE, BCE, FMI), come successe per la Grecia, subendo un’impietosa austerità.
Ma i nazional populisti hanno già dichiarato di rifiutare l’aiuto della Troika, così l’alternativa sarebbe il fallimento del Paese e l’uscita dall’Euro e dall’U.E!
Continuiamo perciò con forza, anche per evitare il peggio, il nostro cammino, con l’alzabandiera dell’Unione Europea, ma mirando, con tutte le forze democratiche e europeiste del nostro Paese e prima che sia troppo tardi, a sconfiggere alle elezioni Europee del prossimo maggio 2019 l’alleanza dei governi sovranisti e antieuropeisti di cui anche il nostro governo fa parte. Diversamente, con Euripide canteremo: “Europa talamo d’Ade”.
Continuiamo a seguire, come sempre – voglio ripeterlo – la stella polare del progresso umano, verso gli Stati Uniti d’Europa, per costruire una società migliore, più giusta, ispirata ai valori di solidarietà, libertà, uguaglianza, una società con al centro le persone, i diritti civili e sociali, il mercato al servizio dell’uomo e non viceversa.
Ringrazio sentitamente per l’attenzione. Con cordialità.
Camillo Cavanna
Arona, 27 novembre 2018