Sono cresciuto stretto tra due chiese : una rossa, l’altra bianca. Comunisti da una parte, cattolici (democristiani) dall’altra. Le sezioni del Partito Comunista Italiano, buie, gli uomini con il berretto che giocano a carte. Le parrocchie con l’odor di chiuso e le ragazze recluse nell’attenta veste. (Anche se sul muro di una scuola di suore una mano geniale aveva aperto prospettive diverse, scrivendo : le figlie di Maria son le prime a darla via. Ovvero : come passare dalle convergenze parallele agli equilibri più avanzati).
Il quartiere si divideva tra famiglie operaie (tendenzialmente comuniste), impiegatizie e bottegaie (tendenzialmente democristiane) e poi le persone di una terza categoria, a Genova (e in altre parti dell’italia del Nord) chiamate « legére ». Non so se la grafìa è quella giusta. Le « legére » erano quelli che vivevano di espedienti, non si sa bene come.
« Quello lì cosa fa ? Lavora ? » « No, è una legéra ». Una maledizione, una sentenza. Le legére non erano così immediatemente riconducibili a uno schieramento politico. Comunisti e cattolici li guardavano con diffidenza, rispettivamente, proletaria e piccolo-borghese. Io diffidavo di entrambe le chiese e dei loro paradisi. In chiesa, ci sono andato solo fino alla prima comunione. Poi basta. Al catechismo mi avevano detto : « quando riceverai l’ostia sentirai qualcosa che non si può spiegare ». Io mi son detto : vediamo. Al momento venuto, ero stato non so quanto in ginocchio con un male cane e poi via, l’ostia mi si era attaccata al palato procurandomi una sensazione di fastidio. Spiegabilissima. Lì mi ero detto : « mi sa che mi hanno raccontato delle musse ». Nel senso di : mi raccontano delle frottole. « Mussa », in genovese, è parola di duplice significato. Il primo è, appunto, quello di frottola. Il secondo è diverso e indica l’argomento prediletto di conversazione di noi maschi oltre alle partite di calcio (avete indovinato ? No, non è la la filosofia medievale). Insomma, niente chiesa bianca. E nemmeno rossa. Andavo ogni tanto a giocare a ping-pong nelle sezioni del PCI e la pallina rimbalzava tra i libri di Marx e Lenin : mi sentivo di sinistra, ma i comunisti, anche loro, quanto a frottole (l’Unione Sovietica, la poderosa avanzata, il paradiso dei lavoratori) non scherzavano mica. Entrambi, comunisti e cattolici, avevano un difetto imperdonabile : promettevano il paradiso. Uno rosso e l’altro bianco. Uno terreno e uno ultramondano. Promettevano di fare di quel legno kantianamente storto dell’essere umano un legno perfettamente dritto. Io non avevo nessuna voglia di paradisi, e pensavo già allora che l’idea di raddrizzare il legno storto non possa che portare al disastro. E poi c’era anche un’altra ragione. Nelle sezioni del partito e nelle parrocchie si andava per stare con gli altri, il che mi faceva un po’ paura. L’enfer, c’est les autres, diceva Sartre. Gli altri fanno paura, perché per quanto possiamo negarlo, ci assomigliano sempre un po’.
E allora per tante ormai morte stagioni e quasi fino alla presente e viva (e il suon di lei), ho vissuto in fondo come un esule, uno straniero, tra quelle due chiese che parevano eterne. Nel mio quartiere genovese di allora ci son tornato proprio pochi giorni fa, ora che è passato un secolo in più (era, allora, il Novecento). Tra le gioie defunte e i disinganni, dice il poeta. Camminando ho visto un circolo del Partito Democratico : dove quelle due chiese di allora stanno più o meno assieme, nello stesso luogo. C’è la bandiera, ci sono le persone dentro che giocano a carte. Non ci sono più le pagine dell’Unità esposte fuori, ci sono state fino a poco tempo fa, ma ora l’Unità non esce più. Le ragazze (va pur detto) sono vestite diversamente: meglio così, vi assicuro. Ho chiacchierato un po’, sulle panchine dei giardini che mi hanno visto bambino : perché il tempo prende e il tempo dà, e ora gli altri non mi fanno quasi più paura. In pochi minuti ho ritrovato le parole della politica, quelle tra cui ero cresciuto. Il PD, le amministrazioni locali che hanno fatto cose buone e certamente altre meno, Rifondazione Comunista oggi dissolta e ricomposta in mille rivoli, persone di sinistra che mi dicono di avere votato Movimento Cinque Stelle in funzione anti-PD, e io chiedo «ma non ti danno fastidio certe posizioni del M5S su temi come l’immigrazione, o i diritti civili, o certi silenzi come quello sull’evasione fiscale ? E la mancanza di democrazia interna», « Sì, certo, ma adesso era necessario votarli ». Io non sono d’accordo, ma non importa, non è quello il punto.
Nel quartiere del ponente genovese dove sono cresciuto, ora guardo i giardini, il monumento ai caduti inaugurato quando ero bambino, e vedo che qui la politica c’è ancora. Nelle strade, nelle piazze, nelle cose da fare, nel 25 aprile che arriva e poi il 1° maggio, nella manifestazione e nella petizione, nell’assessore da contattare, nel partito con cui litigare. Qui la politica è ancora una cosa diversa da un battibecco continuo sulle reti sociali, o da un commento ai programmi televisivi. Ho passato un po’ di tempo a chiacchierar di politica con persone magari mai incontrate prima, e mai neppure una volta ho sentito una di quelle frasi del tipo « i politici, tutti ladri », « la politica è uno schifo », « basterebbe togliere di mezzo tutti i politici e tutto andrebbe bene », quegli stereotipi che, a ogni mio ritorno in Italia, mi invadono e mi soffocano da tutte le parti, chiudendo ogni possibilità di dialogo. Critiche sì, eccome, aspre, verso il potere (come è giusto, necessario che sia, come sempre deve essere); ma mai livore contro la politica in sé. Ecco : ho trovato (ri-trovato) un’isola di civiltà. Io diffidavo di quelle due chiese, rossa e bianca. E ancora oggi ne diffido un po’, come di chiunque prometta paradisi terreni o ultramondani. Ma ho il sospetto che forse sia proprio grazie a quelle due chiese di allora se qui, in questo luogo dove fui bambino, ancora resiste un’idea di partecipazione, di comunità, di politica come luogo da abitare e in cui vivere, agire.
E mi chiedo quanto potrà ancora resistere, questa idea. Un paese in cui i partiti (che della partecipazione politica sono gli strumenti e il luogo di elezione) sono ormai non solo decaduti nella generale considerazione, ma anche, più prosaicamente, in bancarotta. Il Partito Democratico ha gran parte dei suoi dipendenti in cassa integrazione. Tredici dipendenti del PD siciliano sono stati licenziati in questi giorni, vista « l’impossibilità di un rientro dalla cassintegrazione alla scadenza della proroga autorizzata ». A destra, Lega e Forza Italia (nonostante i soldi di Berlusconi) non stanno molto meglio, anzi. I giornali di partito (L’Unità, ma anche La Padania) hanno chiuso. Il vecchio finanziamento pubblico ai partiti è scomparso l’anno scorso, nel giubilo generale, sostituto dal sistema del 2 per 1000 e dalle donazioni dei privati. « Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale », dice l’articolo 49 della Costituzione Italiana. Grazie ai partiti, agli stramaledetti partiti, che oggi sembrano essere l’Asse del Male per tanti (sprovveduti) italiani, è stato possibile fare politica « e concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale ». Qualche volta bene, altre volte male, perché l’essere umano è quel legno storto di cui si diceva e la realtà non è mai perfetta, non è mai linda come il bucato. Se i partiti scompaiono, come stanno facendo, se non hanno più soldi per le loro attività, nel plauso degli sciocchi la politica diventerà un esercizio di marketing, un reality show riservato sempre di più a un’élite. A chi può contare, per farsi eleggere, su soldi propri o finanziamenti di origine privata. O magari a chi ha una bella faccia che funziona in televisione. Luigi di Maio del M5S, in campagna elettorale, ha parlato, ovviamente tra il giubilo estasiato dei suoi sostenitori, di « una politica senza soldi, nella quale gli eventi sul territorio e le campagne elettorali vengono finanziate da microdonazioni completamente volontarie dei cittadini ». La politica senza soldi ? Ma che bella idea : sarà quella in cui la politica sarà fatta solo da chi i soldi ce li ha già, e tanti, o sa dove trovarli, per conto suo. La politica dei ricchi di famiglia.
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Ieri sera 4 maggio a “Otto e mezzo”, davanti a Gruber e Giannini, Walter Veltroni ha ricordato come, durante la grandiosa manifestazione del Circo Massimo del 2008, lui dal palco vedesse le facce felici della gente in piazza e quelle molto meno felici dei dirigenti alle sue spalle che, aggiungo io perché lui l’ha sottinteso, già si preparavano a sfiduciarlo e buttarlo via.
Un’immagine iconica del PD, anzi direi della sinistra, e non solo italiana.
Nessuno dei presenti in studio ha ricordato che quei dirigenti sono in gran parte ancora lì, esclusi quei pochi che hanno tolto il disturbo, per mietere così tanti successi con LeU e robetta varia.
Renzi allora aveva 33 anni, faceva il Presidente della Provincia di Firenze e non immaginava che sarebbe diventato lui il problema del PD!
Cari compagni (amici, fratelli, …),
siete così sicuri che basta farne fuori un altro per far risorgere la sinistra ed il sol dell’avvenire?
Non è che dovremmo pretendere un bagno di umiltà ed una profonda autocritica da chi l’unità l’apprezza solo se è lui l’uno?
Siete scandalizzati da Renzi?
Io non ancora finisco di scandalizzandomi per la scissione di Livorno di cent’anni fa …! Figuriamoci!
Se la sinistra non è capace di schiacciare questo demone del frazionismo, del protagonismo, della mancanza di tolleranza e del non saper fare squadra anche senza esserne il capitano, ebbene la sinistra non è adatta alla democrazia.
Vuol dire che alla sinistra serve il totalitarismo, lo stalinismo, insomma serve il tiranno che impone, premia e punisce.
La storia più brutta e vergognosa, in altre parole.
Inutile dire che, in questo caso, io sto da un’altra parte. Non so dove, ma non qui.
Nell’attesa di chiarirci una volta per tutte (ma è davvero possibile?) sui fondamentali della convivenza sociale, non resta che provare e riprovare, sperando nell’impossibile.
En marche.
Come sempre caro Ernesto, sei di una lucidità impressionante perché dici cose semplici e allo stesso tempo pesanti che fanno riflettere, io ho già fatto queste riflessioni e convengo che bisogna andare avanti con il rinnovamento ma con decisione e chi ci sta ci sta e saluti a tutti gli altri che prenderanno altre strade.
Rimarremo in meno, può darsi ma spero che tutti almeno remino dalla stessa parte.
Cordiali saluti.
Repetti Camillo
Caro Ernesto, avevo con fatica archiviato l’intervista di Veltroni dalla Gruber. Anzi, parte dell’intervista, perché non ce l’ho fatta a seguirla tutta. Mancava Veltroni allo stalking mediatico cui è stato sottoposto il PD. Un Veltroni cugino alla lontana, forse neanche più parente, di quello ascoltato circa un mese or sono. Del resto, il PD è un partito-partito “ma anche” un partito-movimento. Ne sono un fondatore ma non un difensore, quando c’ero io stavamo al 34% ora che c’è stato lui siamo al 19%. Ricordo a Veltroni che noi attivisti, attraverso mille difficoltà e discriminazioni (anche nella nostra vita professionale) non abbiamo mai sacrificato il nostro “piccismo”, il nostro “piddismo” sull’altare “dell’audience” come a me pare abbia fatto lui dalla velenosa Gruber, longa mano di Travaglio. Mi chiedo: crede veramente Veltroni in quello che ha affermato con fare donabbondiano circa la Renzizzazione del PD oppure è stato costretto dalla sgusciante conduttrice a speronare la sua creatura, senza aver mai discusso la sua opinione in un circolo del suo partito e non solamente con alcuni dirigenti, al telefono e su loro iniziativa? Non sono Renziano, ma l’attacco mediatico a questa persona rasenta il mobbing. Va bene Staino che imputa a “Giordano Bruno” ( paragone spontaneo se si pensa che forse quell’epilogo è l’unico rimedio alla necessaria derinzazione del PD) la chiusura dell’Unità ( e sono d’accordo con lui se è vero com’è vero che la difesa del quotidiano era possibile con risorse assolutamente alla portata di noi suoi estimatori). Ma da Veltroni, il primo a distribuire gadget con il giornale quando era lui a dirigerlo, mi sarei aspettato altro, anche in relazione alle sorti dell’Unità. Prendo atto e ne riparleremo. Proprio adesso in tv si è ricordato che solo nel 2016 si è riusciti a completare la Salerno-Reggio Calabria. Non lo nomino, ma quel signore era il Presidente del Consiglio pro-tempore. Bravo. Sono orgoglioso che invece del reddito di cittadinanza si è pensato che, in prospettiva, quella via potrà essere, a breve, un forte incentivo a collocare attività produttive nel sud. Vedremo. Intanto godiamoci il sig.Lucci su Nemo che, rivolto ad una nostra rappresentante, se ne uscito, riferito ad un microfono, con “… aho!, io stai a mette in bocca…”. Una mascalzonata che meriterebbe un passaggio in tribunale. Tralascio la servile intervista alla on.le Lezzo dei 5S subito dopo. UN abbraccio
Massimo, sei davvero strano. Critichi giustamente l’orrido Travaglio per la dialettica zeppa di doppi sensi e dietrologie fantasiose e poi usi quasi lo stesso linguaggio. A me il discorso di Veltroni è piaciuto molto e non ho visto differenze dal Veltroni che apprezzo da molti anni. Sono cose dette con grande coerenza e soprattutto con grande pacatezza. E’ impensabile e assurdo dire che è stato imbeccato dai programmisti di Cairo. Sono argomentazioni che fanno male a chi come te ha elaborato giudizi molto diversi su quel che è successo. Confrontiamoci, la realtà è unica e prima o poi la dovremo riconoscere entrambi. Quello che bisogna finire, e prego te e tutti quelli che la pensano come te, è questa storia che ogni pur minima critica all’operato di Renzi sia un perfido attacco contro un povero compagno tanto ingenuo e tanto bravo. Quante ne sono state dette ad Occhetto, a D’Alema, allo stesso Veltroni o a Prodi? Potrei elencarne a centinaia. Prendiamola con più calma, il tempo darà ragioni e farà capire chi sta sbagliando e, se c’è, anche chi è in malafede. Ma basta con le scelte drastiche, o così o me ne vado, o così o te ne vai. Non ne posso più. O sbaglio?
Quanto vorrei stare davanti a te quando affermi queste cose! Avverto, come tu fai con me e di questo ti ringrazio, la passione di una vita dedicata alla buona politica, alle idee, alle battaglie di emancipazione delle classe deboli. La mia era pura amarezza perché vorrei che i miei dirigenti, che ho seguito e stimato da sempre, non affidassero, in questo momento di bieco attacco alla nostra organizzazione, le loro legittime critiche ai metodi ed ai contenuti dell’azione politica dell’attuale direzione , che peraltro in parte ampiamente condivido, ad un mediatore che anche tu definisci fortemente inaffidabile (Gruber-Travaglio). Ciò detto, per la stima che ho di te e di quel simpatico bonaccione di Bobo, prendo atto del tuo pacato ed argomentato pensiero ed impreco contro questo coso che forse ha armato le dita e le ha scollegate con il cervello che, ormai, subisce l’attacco mediatico fatto di trivialità e futilità. Però Veltroni, con cui condivido la militanza politica fin da quando siamo nati, accetti da parte mia almeno una preghiera: stia lontano da quei personaggi che nulla hanno a che spartire con la sua ( la nostra) fede politica. Non c’è da parte loro alcuna volontà di capire ed analizzare. Sono scandalosi corpi contundenti che dovremmo lasciare alle loro elucubrazioni. Chiedo scusa se mi sono lasciato andare. Lungi da me di offendere Veltroni, ci mancherebbe. Un aneddoto. Quando era direttore dell’Unità, in sei uscite ci ha costretti a leggere e meditare sul Nuovo Testamento che probabilmente molti di noi non avremmo neanche sfogliato. Ancora lo ringrazio. Un caro saluto
Visto? Chissà se non sia proprio per questo che oggi mi ritrovo a fare una tavola a fumetti la domenica sul giornale della Cei.
Sui talk show che a volte uno è costretto a frequentare anche contro la sua volontà posto una mia recente tavola a fumetti fatta per la rivista dello Spi CGIL Liberetà, guardala.
io ero di un’altra chiesa: quella repubblicana (sapete: a Carrara il PRI era un partito di massa). L’impegno politico, o meglio civile, era il sale della vita. Quante discussioni sulla programmazione, sulla politica dei redditi. Passione civile di cui mi pare si scorgano ormai ben poche tracce. un abbraccio e pensiamo e agiamo per difendere tutti insieme la Democrazia.
Cari compagni, di fronte ad un bellissimo scritto di Maurizio per una volta lasciamo perdere Renzi e altri e godiamoci questa lettura