Qualche anno fa un agricoltore friulano, produttore di mais, mi disse: “sono biologico, ma certificato”. Sorrisi, ma mi resi conto che stava cercando di dirmi qualcosa che andava oltre la battuta. Gli chiesi cosa intendeva dire e rispose in poche parole: «La certificazione mi serve per il mercato, ma io sono biologico davvero, non sono solo quello che c’è scritto nel certificato».
Ci penso spesso, e – in particolare – ci penso adesso.
Penso che gli agricoltori biologici, quelli bravi, quelli che hanno chiaro in testa che il biologico è una questione di sistema, di coerenza, una scelta radicale, vorrebbero poter essere “biologici e basta”. Vorrebbero vivere in un mercato e in una società in cui le persone li riconoscessero da quello che fanno, da come si comportano nei loro campi, dai loro prodotti. Senza bisogno di troppi distinguo, senza bisogno di tante spiegazioni.
Magari un giorno succederà, io continuo a sperarci. Perché in un protocollo per la certificazione, non ci può stare tutto quello che significa essere biologici.
L’altro giorno, nella lista dei commenti di un post su Facebook ho letto «Sono di sinistra, ma voto PD». Come quel giorno a Codroipo, la prima reazione è stata un sorriso. Ma poi ho ripensato a quel produttore.
Ho pensato che anche noi persone di sinistra vorremmo non dover fare tutti questi distinguo. Vorremmo essere riconosciute senza incertezze, per quel che diciamo e quel che facciamo, per il frutto del nostro lavoro, e per il modo in cui lavoriamo, non importa se facciamo i panettieri o i presidenti del consiglio.
Vorremmo essere riconosciute per il modo in cui reagiamo di fronte a fascismi vecchi e nuovi, a paternalismi vecchi e nuovi, a maschilismi vecchi e nuovi, a nazionalismi vecchi e nuovi. Vorremmo essere riconosciute per quello che facciamo, per come rispondiamo ai nostri compagni che chiedono aiuto – non importa che lingua parlino – e per come studiamo quando ci sembra di non aver capito bene, o quando ci sembra che saperne di meno significa rischiare di lasciare invendicata un’ingiustizia.
Vorremmo, banalmente, essere riconosciute per quel che votiamo.
Vorremmo poter pensare che alcune questioni non saranno mai messe in discussione dai partiti che votiamo: l’attenzione verso l’ambiente, la difesa della dignità di tutti, la libertà di parola, il rispetto della cultura e delle culture, la lotta alla povertà e all’ignoranza, il rifiuto della violenza, sempre, verbale o fisica, il senso della democrazia, che sta nel lavorare per il bene di molti e non per soddisfare le istanze di pochi.
Certo, il giorno in cui potremo dire “sono di sinistra” senza fare distinguo è probabilmente ancora lontano. Ma le cose di destra le riconosciamo, non ci sevono i distinguo. I fascisti li riconosciamo, sempre e comunque.
Vorremmo poter dire in totale pienezza di coscienza «Sono di sinistra e quindi voto PD».
Perché lo sappiamo che da queste elezioni deve uscire un PD forte, forte nei numeri proprio. Non solo e non tanto per i conteggi parlamentari, ma anche perché questo paese deve dare un segnale, deve dirlo che non vuole quell’altra roba, deve dirlo che non è il paese che oggi sembra: sempre più ignorante, sempre più imbarbarito, sempre più spezzettato nei legami tra i suoi abitanti, vengano da dove possono, da dove riescono, da dove succede che vengono. Siamo qui ora, insieme, cerchiamo di guardarci in faccia e capire chi siamo. Ci serve un PD che si prenda questa responsabilità, quella di strapparci fuori dalla barbarie che incombe e quella di assumere su di sé anche tutti i dubbi di chi lo voterà.
Vorremmo, il 5 marzo, ritrovarci un un PD forte e vittorioso, ma dovrà essere cosciente del fatto che non sarà stata una vittoria dovuta. Vorremmo che questo PD, come quegli enti certificatori, si rendesse conto, che essere scelti “per contrarietà”, come diceva Guccini, non può essere la massima aspirazione di un partito o di un ente. Quando veniamo scelti, nella nostra vita individuale, perché “siamo il meno peggio” non ci basta. Quando chi ci sceglie lo fa pensando che comunque vorrebbe altro, solo che non lo trova, non ci piace.
E allora, caro PD, caro Renzi, caro Martina, caro Gentiloni: è vero, c’è un’urgenza, e su quell’urgenza – respingere i fascismi – io e tanti altri ci muoveremo, senza baldanza, ma con convinzione. E spero che saremo in tanti. Perchè l’urgenza c’è davvero.
Però, se ce la facciamo, se alla fine avremo un governo a maggioranza PD, ricordatevi che l’agenda è proprio quella: diventare un partito di sinistra. Rifiutare trattati intercontinentali tossici e che pesano solo sui più deboli, portare a termine l’iter dello ius soli, varare una legge contro il consumo di suolo, proteggere e incentivare l’agricoltura di qualità…
Il lavoro che ci vuole per arrivare a cambiare quel MA (votiamo Pd) in QUINDI (votiamo PD) è la grande responsabilità con cui vi auguro di svegliarvi il 5 di marzo.
Perché noi, noi che vi voteremo, siamo gente di sinistra.
6 Comments
Sottoscrivo tutto, E (non uso apposta il MA) ribadisco che la sinistra non è una cosa sola, non è una definizione statica e immutabile, custodita da qualcuno.
La sinistra è una cosa ampia, aperta, non univoca, e resta sinistra anche se il mio vicino la pensa un po’ diversamente da me, anche se non condividiamo tutto di tutto, anche se sui singoli problemi possiamo proporre soluzioni diverse.
Si può stare insieme anche nella diversità, purché si accettino le regole democratiche che noi stessi ci diamo, e non esaltiamo solo le differenze, con l’intento di dimostrare che solo noi siamo “quelli veri”, quelli più puri, quelli che hanno capito tutto.
Serve condividere valori di fondo, principi, orientamenti di medio lungo periodo. Questo è essenziale.
Ma nel breve, nel governo quotidiano della politica, guida chi ha la maggioranza, e gli altri si mettono a disposizione, senza tanti mal di pancia.
Anche a me non piace, e mi ferisce, quel MA, e preferisco il QUINDI.
Ma per pronunciarlo serve un po’ di umiltà, di spirito di gruppo, di lungimiranza, di visione del bene comune.
E’ appena uscito un libro di Francesco Cundari, “DEJA VU”, del quale ho letto le prime pagine. Narra la storia delle infinite
liti a sinistra negli ultimi 25 anni (ma poteva partire anche da Livorno, un secolo fa).
Fa male al cuore, provoca vero dolore, leggere quanto abbiamo sprecato, per miopia e vanagloria, per orgoglio personale e smania di protagonismo.
Purtroppo ha sempre pagato, e caro, tutto il Paese, i cittadini, i lavoratori, che volevamo rappresentare.
Questo dovrebbe pesarci sulla coscienza, portandoci a dire convintamente: “Sono di sinistra, quindi voto PD”.
Confermo , anche io “sono di sinistra, del PD e voto PD”
Saluti a tutti.
Camillo Repetti
Cinzia coglie senz’altro nel segno indicandoci come sia fondamentale passare dal MA al QUINDI nel motivare il voto al PD. Per quanto mi riguarda personalmente vale, comunque, il QUINDI, senza se e senza “ma”! Lo dico perché penso stia proprio in quel “MA”, quando non diventa addirittura “E QUINDI NON”, la chiave di lettura delle mille distinzioni e dei troppi “malpancismi” di coloro che, non si capisce in virtù di quale arcano, si dichiarano, e sono convinti di essere, “più di sinistra” di me, di noi. E non vorrei dover rifare qui l’elenco, lungo e corposo, delle leggi DI SINISTRA approvate con i governi Renzi e Gentiloni. Credo che negare la matrice DI SINISTRA di quelle leggi sia comportamento ipocrita e disonesto! Sui punti finali invocati da Cinzia, premesso che li condivido in toto, vorrei ricordarle che per i “trattati internazionali tossici” dobbiamo, purtroppo, fare i conti con la realtà nella quale l’Italia è inserita, l’UE, e del molto preoccupante scenario internazionale, sempre più destabilizzato, nel quale ci troviamo ad operare. E’ del tutto evidente che solo perseguendo una linea univoca a livello europeo le nostre scelte potranno pesare in campo internazionale, ed è lì, nella Comunità Europea che noi dobbiamo agire ed incidere. Da soli potremmo pesare meno di nulla. Penso che lo “ius soli” sarebbe passato già nella scorsa legislatura, sarebbe bastato portarlo a votazione un anno prima. Sul consumo di suolo si sta già facendo parecchio e sul tema Galletti ha operato bene, così come ha operato molto bene Martina da Ministro delle Politiche Agricole, dando un deciso impulso proprio alla valorizzazione delle coltivazioni, degli allevamenti e delle produzioni di alta qualità, orientando decisamente a scelte di tipo biologico.
Io voto PD ed ho votato per anni il pc e i suoi derivati; ma qualcuno mi spiega cosa vuol dire oggi la frase “io sono di sinistra“? Mi piacerebbe che ha spiegarmelo fosse uno di sinistra “puro e duro” Che non vota Renzi perché non è di sinistra.
Preciso subito che se essere di sinistra vuol dire:
1) vivere una società dove tutti siamo uguali e la proprietà privata sparisce;
2) dobbiamo accogliere tutti quelli che vogliono venire in Italia in base alle loro esigenze e non alle nostre;
3) considerare tutti gli imprenditori ladri a priori ; io dichiaro subito di non essere di sinistra. Buona giornata a tutti
Antonio De Matteo
Scusate ma “a spiegarmelo” l’ho dettato con l’iPad e non ho guardato cosa ha scritto: non credo di essere Renziano analfabeta.
Sicuramente hai ragione. Sono assolutamente convinto che tu sia Renziano, ma non analfabeta.