Domenica 25 marzo, ore 17, Teatro Puccini di Firenze
Sergio Staino presenta
Sergio Staino presenta
LE RAGIONI DI UNA SPERANZA
incontro con Gianni Cuperlo
ingresso libero
Cari amici,
forse la frase in oggetto vi risulterà un po’ troppo ambiziosa però è esattamente quello che vorrei: vorrei capire le ragioni di questa importante sconfitta della sinistra, in Italia in particolare e nel resto d’Europa in generale, e poi, soprattutto capire le ragioni che ci possono rasserenare un poco in modo da andare avanti in modo utile e costruttivo. Nella sua relazione Cuperlo ci offre molti spunti di riflessione proprio su questi argomenti ed ho pensato quindi di chiamarlo a discutere con lui in diretta.
forse la frase in oggetto vi risulterà un po’ troppo ambiziosa però è esattamente quello che vorrei: vorrei capire le ragioni di questa importante sconfitta della sinistra, in Italia in particolare e nel resto d’Europa in generale, e poi, soprattutto capire le ragioni che ci possono rasserenare un poco in modo da andare avanti in modo utile e costruttivo. Nella sua relazione Cuperlo ci offre molti spunti di riflessione proprio su questi argomenti ed ho pensato quindi di chiamarlo a discutere con lui in diretta.
9 Comments
Avevo letto l’intervento di Cuperlo in direzione che come sempre è stato molto interessante, l’ho condiviso in gran parte ma su alcuni punti mi è sembrato ancora attardarsi su argomenti e analisi che secondo me hanno contribuito alla sconfitta elettorale.
A mio parere per poter fare una analisi corretta del risultato elettorale è opportuno che il PD scelga di fare opposizione e non entrare in nessun gioco di governo.
E’ giunto il momento e non solo perchè il popolo ci ha collocato all’opposizione, della chiarezza, basta ambiguità.
La campagna elettorale si è giocata su due argomenti, l’azione di governo degli ultimi 5 anni e i programmi per i prossimi 5, i partiti usciti vincenti dalla consultazione hanno sempre ritenuto insufficiente quello che si è fatto e si sono presentati con proposte diametralmente opposte alla nostra, bene ci dimostrino che avevano ragione loro senza poter additare scuse da una eventuale coalizione del tipo” noi volevamo ma gli altri non ce l’hanno permesso.
Dall’opposizione, che non vuol dire aventino, si può metabolizzare meglio la sconfitta e si può ricostruire o meglio rifondare questo partito con delle linee programmatiche di largo respiro e che tengano conto dei nuovi problemi che la società del 2000 ci pone davanti. Poi va rimesso mano allo statuto mi vengono in mente due punti: basta con il limite dei due mandati perchè oltre a non aver alcun senso è difficile da rispettare e diventa fonte di divisione e di liti, le cariche elettive di partito devono essere scelte solo dagli iscritti al Partito da almeno un anno per evitare i signori delle tessere e le primarie le lascerei solo in caso di primarie di coalizioni costruendo un albo di elettori della sinistra. Le candidature devono nascere dai circoli e passare, oltre al vaglio delle commissioni regionali, anche a quella nazionale per evitare casi come Mancini in Calabria o parentopoli varie. Infine una maggior presenza e attività dei Probiviri.
Basta critiche oltre il limite della decenza politica di appartenenza, non si può accusare il segretario di essere di destra o peggio di Berlusconi, basta con lo sputtanamento a mezzo stampa fra gruppi dirigenti, una volta si chiamava disciplina di partito, non dico di rifarsi al centralismo democratico ma almeno prendiamo esempio dal Movimento 5 Stelle.
Cari miei,
qui o tutto il Partito si rende conto che è indispensabile cambiare il modo di stare insieme o finiremo peggio dei socialisti francesi.
Cambiare significa “fidarsi”, osservare le regole, condividere gli obbiettivi di medio lungo termine.
Significa accettare in toto il proprio ruolo, maggioranza o minoranza che sia, sostenere le proprie posizioni ma non considerarle le uniche possibili, soprattutto quando si è in minoranza.
Qui c’è sempre qualcuno convinto di avere la verità in tasca: così non si fa un Partito e soprattutto non si vince nulla.
La prima domande da porre a tutti è: volete un Partito di governo o un Partito “di ideali”?
Tra queste due posizioni NON c’è alcuna possibile mediazione. L’una esclude l’altra, semplicemente.
Pensateci: anche il M5S (loro così puri!) sta sperimentando la necessità di discutere, di trovare punti d’incontro.
In Italia non ci sono 15 milioni di persone che condividono ideali di sinistra, non ci sono mai state. Se vuoi quei voti per vincere e governare devi mediare, devi elaborare un progetto accettabile da una maggioranza almeno relativa (insomma la vocazione maggioritaria che non abbiamo mai digerito a sufficienza).
Il Partito della Nazione: quello di Reichlin, non quello ridicolizzato e sbeffeggiato dai nostri avversari.
Chi ritiene prioritario un progetto politico puro e coerente, ligio agli ideali (ammesso di averne) e si accontenta di rappresentare una sia pur consistente minoranza non può condividere tali posizioni; dirà sempre che si sta svendendo la sinistra, che si tradiscono i deboli e gli esclusi, ecc. ecc.
Siamo franchi, ed anche un po’ cinici: fortunatamente in Italia non ci sono 15 milioni di esclusi e quindi non si può solo correre dietro alla loro rabbia, al loro scontento, alla loro protesta.
Se davvero vogliamo fare qualcosa per loro (e do per scontato che un Partito di centrosinistra voglia farlo davvero), allora dobbiamo a maggior ragione andare al Governo e da lì agire, anche a loro favore.
Dall’opposizione (quella strutturale, non quella temporanea alla quale siamo costretti adesso, a causa della nostra imperizia) si può fare poco o niente: pacche sulle spalle o poco più, lavarsi la coscienza, sentirsi solidali, cortei, appelli, mobilitazioni, ma mentre governano GLI ALTRI, i Salvini, i Di Maio e compagnia cantante.
Noi dobbiamo prepararci a riprenderci i voti che sono schizzati via un po’ dappertutto (M5S, astensione, Lega, sinistra radicale) e per farlo dobbiamo essere ed apparire compatti, determinati, liberandoci delle scorie del passato.
E se serve il lanciafiamme, stavolta usiamolo davvero.
Nei famosi territori serve una sola cosa: sbattere fuori in malo modo tutti i quei dirigenti o presunti tali che curano i loro interessi e misurano col bilancino fettine spesso infinitesime di potere con azioni di dubbia moralità.
Ci vuole un centro molto forte e determinato, e poi tocca fidarsi.
Caro Ernesto,
se tra un partito che va al governo e un partito che ha degli ideali non c’è mediazione, allora questo non è il mio partito.
Sergio
Ed è un peccato, perché dall’opposizione non si cambia il mondo (salvo fare una rivoluzione …).
Credo di aver detto chiaramente, ed in più occasioni, che partito di governo NON significa partito senza ideali, ci mancherebbe altro!
Significa solo porsi l’urgenza e l’improrogabilità di metterli in pratica, per quanto le condizioni date (o che si riesce a creare) rendano possibile.
E’ questione di priorità logiche: il fine è e deve essere il Governo del Paese, ma non il giorno di poi, al più presto.
Io parto dal presupposto che i nostri ideali, anche adattati e resi compatibili con la necessità di raccogliere 15 milioni di voti, siano sempre molto più forti di quelli (ammesso che esistano come tali e non solo come interessi bruti) della destra.
A me pare quasi un’ovvietà, ma vedo che un tale pensiero continua a suscitare scandalo.
Me ne dispiaccio molto, perché vedo allontanarsi sempre più l’orizzonte riformista.
Mi hai sconvolto perché lo hai posto in modo antitetico. Io sono sempre stato dell’avviso che il peggior governo di sinistra è comunque sempre molto meglio del miglior governo della destra quindi sfondi una porta aperta. Spero che ci siamo chiariti.
Un partito politico è un’associazione tra persone accomunate da una medesima finalità politica ovvero da una comune visione su questioni fondamentali della gestione dello Stato e della società o anche solo su temi specifici e particolari.
Credo che bisogna sempre partire da questo assunto e poi certo che si deve puntare a governare, e se necessario con compromessi che guardano al bene del Paese.
Quindi non condivido l’alternativa o partito di governo o partito di ideali, senza ideali, senza linee programmatiche chiare non si è un partito ma semplicemente un comitato elettorale, come a volte è sembrato il PD in tutti questi anni ed allora potrai fare tante cose buone ma queste verranno sempre disperse nella confusione della lotta politica e il gruppo dirigente spazzato via.
Ideali e visuale di lungo respiro sono la bussola per non disperdersi.
Per il resto concordo
E’ la solita storia della botte piena e la moglie ubriaca.
Ovvio che servono principi e ideali, ma da soli ti portano dritto all’opposizione, perenne e irrilevante.
La politica vera è la ricerca dell’equilibrio. Il resto sono chiacchiere.
L’assunto è il Governo (“potere” come verbo e non solo come nome); come arrivarci, dipende dalle condizioni al contorno.
La Costituzione all’art. 49 recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
E come ci concorri, se governano gli avversari?
Un Partito che cura solo gli ideali è al massimo un’associazione culturale e non determina alcuna politica nazionale.
Il difficile è arrivare al potere senza diventare un comitato d’affari.
Siamo capaci o no?
Già prima della nascita del PD, il vero problema della “sinistra” è stato quello di non riuscire a (o volere?) tenere una salda linea politica, che seppure non poteva escludere i “compromessi”, quasi sempre ineludibili in politica, non doveva però degenerare, come invece è avvenuto, in “consociativismo”. Qui, purtroppo, entra in ballo la “qualità” del quadro dirigente che, come dimostra anche l’atteggiamento tenuto verso chi ha “sparigliato” le carte, per intenderci Matteo Renzi, ha visto la propria messa in discussione come una “criminal assassination”, con tutto ciò che ne è seguito. Ma in questo abbiamo colpa anche noi, che abbiamo accettato troppo a lungo che le cose (e le persone) andassero in un certo modo.
Condivido la lucida analisi di Ernesto di come dovrebbe essere il PD.
Partito di governo senza se e senza ma, però senza troppi compromessi al ribasso, si deve puntare sui valori della sinistra e poi metterli in pratica con proposte di riforme progressiste ma che si calino nella realtà quotidiana delle persone.
Vi ricordate l’appoggio senza se e senza ma al governo Monti dove ci ha portato.
Se dobbiamo sbagliare, meglio farlo da soli consapevoli che magari certe leggi le devi fare comunque senza balbettare, vedi ius soli e altre.
Avanti con le idee ma con la finalità di governo per renderle reali.
Repetti Camillo