Caro Sergio,
un paio di rapide considerazioni, per cercare di farmi capire quando dico una cosa del resto scontata, sulla inadeguatezza delle risposte del Pd a quanto sta avvenendo, e sulla necessità, sempre più urgente, di passare ad una fase costituente sui contenuti, evitando regolamenti di conti interni, accuse e difese,entrambi inutili e dannose.
1) Rai: non interessa molto il cittadino comune, ma emerge ogni volta che vi sono cariche da rinnovare. Quanto avviene adesso è il frutto dell’applicazione di una riforma che abbiamo fatto noi. Riforma sbagliata, perché non poteva ottenere il risultato che pure avevamo indicato, di ridurre, o eliminare, la presa dei partiti sulla Rai. Ora, accusare la attuale maggioranza di voler occupare la Rai è cosa ovvia, e la stupida arroganza di Salvini ci aiuta (chi però crede che che alla fine i 5S si sfileranno e che siano diversi per favore legga le dichiarazioni a favore della scelta di Foa di loro esponenti). Purtoppo, la facile risposta dell’attuale maggioranza è: lo avete fatto anche voi. Ed hanno ragione,e comunque non serve dire che noi siamo più pluralisti, o più civili o più abili, o che i nostri erano migliori.
Il fatto è che o studiamo e proponiamo una vera riforma della Rai, meglio tardi che mai, chiara e semplice nelle sue linee portanti, che davvero sia capace di limitare i danni dell’attuale sistema, o la nostra credibilità dura lo spazio di una polemica estiva, lasciando le posizioni invariate. Nessuno davvero crede che noi vogliamo qualcosa di diverso.
2) musei la domenica. Anche qui, il ministro ha fatto una gaffe perché ha detto, correggendosi poi, che il governo del cambiamento, appunto, cambiava, ma dava di questo provvedimento motivazioni risibili. Però il tema dei musei, dell’autonomia dei direttori, delle finalità ultime della gestione del sistema museale, sono cose fondamentali, che vanno ben oltre la gratuità domenicale. Argomenando meglio, è possibile sostenere infatti che aperture gratuite flessibili, o destinate prioritariamente ai musei poco visitati, non in concorrenza temporale, cioé in concomitanza, con i musei maggiori, può essere una buona cosa. Ciò che dovremmo però discutere è il fatto che il sistema dei beni culturali non è na vacca da mungere, non può riguardare prioritariamente le entrate dei biglietti. Già oggi visitare alcuni musei non è un’esperienza culturale, è un percorso di guerra che comincia con la prenotazione, la fila e le gomitate per fermarsi10 secodi davanti al Tondo Doni o altro feticcio. Ancora una volta, molte delle questioni aperte sono state affrontate da noi con una evidente subalternità rispetto alla visione mercantilistica che prevale nel comune sentire, non solo di sinistra. Tremonti dice che con la cultura non si mangia, ma noi intanto non ci siamo fatti mancare nulla nella delegittimazione delle soprintendenze e nella assenza di una politica della gestione dei beni culturali. Qualcuno vede una profonda differenza fra questa destra e la nostra proposta di “valorizzazione” (altra parola da bandire se usata senza cautele)? Se non per il fatto, apputno, che noi siamo più civili nel dire le cose (non sempre)
Queste considerazioni per tornare al punto iniziale. Rifondare una proposta politica vuol dire, secondo me, approfondire i temi, arrivare a una defizione concettuale e ideale che possa diventare patrimonio comune nostro; il che non vuol dire azzerare opinioni diverse al nostro interno, nella vasta platea che ci auguriamo si attiviella discussione, se c’è un patrimonio comune queste vanno benissimo, anzi servono.
Nel caso di Rai e Beni culturali ( o solo museali, per cominciare) siamo indietro, o non abbiamo risolto ambiguità evidenti. Non emerge una politica, insomma, quindi le dichiarazioni estemporanee valgono ben poco.
Tutto questo richiede una premessa, che dobbiamo adoperarci allo spasimo perché entri nlla coscienza e percezione dei cittadini: un progetto politico richiede tempo, e lavoro faticoso; il cambiamento, quando diventa contenuto autosufficiente e autogiustificatorio, è una follia; di riforme si muore, se non sappiamo perchè le facciamo e quali esiti possono avere, presumibilmente almeno; e qualio priorità ci diamo, visto che una riforma alla settimana, al giorno o al mese ha tolto l’elettore di torno.
Vogliamo dire che i Beni culturali sono una priorità? bene, allora dobbiamo dire cosa voliamo fare in ciascun settore (tutela, ambiente, gestione ec.) con quali risorse, con quale personale, con quale assetto organizzativo. Ma ogni eventuale proposta è credibile se, e solo se, è inquadrata in una idea forte, che non è uno slogan,ma che può essere comprsa, condivisa, e creare entusiasmo, magari.
Il PD non ha sbagliato a fare la riforma della RAI, ma sbaglia adesso a protestare contro l’insediamento della nuova dirigenza voluta dal governo in carica. Per quanto mi riguarda chi vince ha diritto ad avere nei posti chiave collaboratori fidati e con le stesse idee. Il partito democratico deve contestare i risultati dei suddetti dirigenti e non le persone. Certo questo non deve valere per lo specialista o il semplice tecnico, ma per ”l’alto dirigente” si.
Rispetto comunque chi la pensa diversamente da me. Buona serata a tutti Antonio De Matteo
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Caro Sergio,
un paio di rapide considerazioni, per cercare di farmi capire quando dico una cosa del resto scontata, sulla inadeguatezza delle risposte del Pd a quanto sta avvenendo, e sulla necessità, sempre più urgente, di passare ad una fase costituente sui contenuti, evitando regolamenti di conti interni, accuse e difese,entrambi inutili e dannose.
1) Rai: non interessa molto il cittadino comune, ma emerge ogni volta che vi sono cariche da rinnovare. Quanto avviene adesso è il frutto dell’applicazione di una riforma che abbiamo fatto noi. Riforma sbagliata, perché non poteva ottenere il risultato che pure avevamo indicato, di ridurre, o eliminare, la presa dei partiti sulla Rai. Ora, accusare la attuale maggioranza di voler occupare la Rai è cosa ovvia, e la stupida arroganza di Salvini ci aiuta (chi però crede che che alla fine i 5S si sfileranno e che siano diversi per favore legga le dichiarazioni a favore della scelta di Foa di loro esponenti). Purtoppo, la facile risposta dell’attuale maggioranza è: lo avete fatto anche voi. Ed hanno ragione,e comunque non serve dire che noi siamo più pluralisti, o più civili o più abili, o che i nostri erano migliori.
Il fatto è che o studiamo e proponiamo una vera riforma della Rai, meglio tardi che mai, chiara e semplice nelle sue linee portanti, che davvero sia capace di limitare i danni dell’attuale sistema, o la nostra credibilità dura lo spazio di una polemica estiva, lasciando le posizioni invariate. Nessuno davvero crede che noi vogliamo qualcosa di diverso.
2) musei la domenica. Anche qui, il ministro ha fatto una gaffe perché ha detto, correggendosi poi, che il governo del cambiamento, appunto, cambiava, ma dava di questo provvedimento motivazioni risibili. Però il tema dei musei, dell’autonomia dei direttori, delle finalità ultime della gestione del sistema museale, sono cose fondamentali, che vanno ben oltre la gratuità domenicale. Argomenando meglio, è possibile sostenere infatti che aperture gratuite flessibili, o destinate prioritariamente ai musei poco visitati, non in concorrenza temporale, cioé in concomitanza, con i musei maggiori, può essere una buona cosa. Ciò che dovremmo però discutere è il fatto che il sistema dei beni culturali non è na vacca da mungere, non può riguardare prioritariamente le entrate dei biglietti. Già oggi visitare alcuni musei non è un’esperienza culturale, è un percorso di guerra che comincia con la prenotazione, la fila e le gomitate per fermarsi10 secodi davanti al Tondo Doni o altro feticcio. Ancora una volta, molte delle questioni aperte sono state affrontate da noi con una evidente subalternità rispetto alla visione mercantilistica che prevale nel comune sentire, non solo di sinistra. Tremonti dice che con la cultura non si mangia, ma noi intanto non ci siamo fatti mancare nulla nella delegittimazione delle soprintendenze e nella assenza di una politica della gestione dei beni culturali. Qualcuno vede una profonda differenza fra questa destra e la nostra proposta di “valorizzazione” (altra parola da bandire se usata senza cautele)? Se non per il fatto, apputno, che noi siamo più civili nel dire le cose (non sempre)
Queste considerazioni per tornare al punto iniziale. Rifondare una proposta politica vuol dire, secondo me, approfondire i temi, arrivare a una defizione concettuale e ideale che possa diventare patrimonio comune nostro; il che non vuol dire azzerare opinioni diverse al nostro interno, nella vasta platea che ci auguriamo si attiviella discussione, se c’è un patrimonio comune queste vanno benissimo, anzi servono.
Nel caso di Rai e Beni culturali ( o solo museali, per cominciare) siamo indietro, o non abbiamo risolto ambiguità evidenti. Non emerge una politica, insomma, quindi le dichiarazioni estemporanee valgono ben poco.
Tutto questo richiede una premessa, che dobbiamo adoperarci allo spasimo perché entri nlla coscienza e percezione dei cittadini: un progetto politico richiede tempo, e lavoro faticoso; il cambiamento, quando diventa contenuto autosufficiente e autogiustificatorio, è una follia; di riforme si muore, se non sappiamo perchè le facciamo e quali esiti possono avere, presumibilmente almeno; e qualio priorità ci diamo, visto che una riforma alla settimana, al giorno o al mese ha tolto l’elettore di torno.
Vogliamo dire che i Beni culturali sono una priorità? bene, allora dobbiamo dire cosa voliamo fare in ciascun settore (tutela, ambiente, gestione ec.) con quali risorse, con quale personale, con quale assetto organizzativo. Ma ogni eventuale proposta è credibile se, e solo se, è inquadrata in una idea forte, che non è uno slogan,ma che può essere comprsa, condivisa, e creare entusiasmo, magari.
Il PD non ha sbagliato a fare la riforma della RAI, ma sbaglia adesso a protestare contro l’insediamento della nuova dirigenza voluta dal governo in carica. Per quanto mi riguarda chi vince ha diritto ad avere nei posti chiave collaboratori fidati e con le stesse idee. Il partito democratico deve contestare i risultati dei suddetti dirigenti e non le persone. Certo questo non deve valere per lo specialista o il semplice tecnico, ma per ”l’alto dirigente” si.
Rispetto comunque chi la pensa diversamente da me. Buona serata a tutti Antonio De Matteo