L’INTERVISTA
Sergio Staino
Marinella Venegoni
Fra le tante vite di Sergio Staino, da più di quarant’anni anni padre di Bobo che ci tiene compagnia su queste pagine, c’è dal 2020 anche quella di presidente del Club Tenco, l’augusta e sempre discussa Rassegna della Canzone d’Autore di Sanremo che festeggerà i cinquant’anni dal 19 al 22 ottobre al teatro Ariston di Sanremo. Erede di Amilcare Rambaldi, il fioraio-poeta che fondò il Club cinque anni dopo il suicidio di Luigi Tenco, Staino è un Presidente presente e attivo, sempre pronto a buttarsi nella mischia con la sua soffice eleganza toscana, nel nome della passione per una musica eternamente messa in discussione.
Com’è successo che un vignettista di rango come lei approdasse a una rassegna di musica d’autore?
«Ero un grande fanatico di Paolo Conte già quando non lo conosceva nessuno. Amavo Azzurro di Celentano, Messico e nuvole di Jannacci, Onda su onda di Lauzi e mi sono accorto che queste canzoni che mi piacevano tantissimo erano sue. A Roma aveva aperto per Jannacci, al Festival dell’Unità, e i compagni lo fischiarono. A Fiesole gli portai degli originali di mie vignette comparse su Linus che gli erano piaciute e mi invitò al Tenco: “Vieni vieni che mi dedicano una giornata”. Era il 1981, ho scoperto un mondo, e conosciuto un sacco di persone: non solo Amilcare Rambaldi con la sua genialità e dolcezza uniche, ma Francesco Guccini, e Carlin Petrini con il quale sono stato fra le dodici persone che costituirono il primo passo verso Slowfood, e Michele Serra… e insomma c’era una voglia di innovazione, trasgressione e ironia che non si trovava da nessuna parte».
Il riferimento con oggi sarebbe duro, le cose sono cambiate tanto.
«C’era quest’aria da arte dell’incontro che poi è diventata un riferimento. Ora il concetto di canzone si è allargato e si è arricchito, come i punti d’incontro. Allora c’era molto conformismo, e la parte più creativa veniva tenuta in un angolo. Al Tenco si prese i suoi spazi».
Anche il Club Tenco è molto cambiato.
«Con il Festival non c’è più rivalità, l’attenzione è diventata trasversale, molti che si sono conosciuti da noi poi sono andati a vincere là. Qui resta questo senso di ricerca, è cresciuto “Il Tenco ascolta”, che va da tante parti d’Italia a sentire ragazzi. Abbiamo avuto come padrini che attirano attenzione gente come Paola Turci e Daniele Silvestri, artisti che ci mostrano affetto e ci aiutano con un semplice rimborso spese e a volte nemmeno quello».
Quest’anno?
«Si va dalla canzone di protesta di Gualtiero Bertelli a Claudio Baglioni, il che mi ha attirato molte critiche: ma lui ha scritto cose molto belle, va valorizzato. Purtroppo non siamo riusciti a far venire da San Pietroburgo il cantautore premiato Jurij Sevcuk, artista contro le guerre: ci son state tante restrizioni ma sarebbe stato un bel segnale, ha grandi qualità artistiche: di lui parlerà sul palco Anna Zafesova».
Le sue due edizioni sono state precedute da polemiche del rappresentante della famiglia Tenco che chiedeva si togliesse il nome alla rassegna. Quest’anno non si è letto ancora nessun comunicato bellicoso.
«Ho una grande speranza che i familiari di Tenco vengano ospiti, ho chiesto che diventino soci del nostro Club. Dori Ghezzi – che adoro e tanto ha fatto per la canzone d’autore – ha fatto da mediatrice con la famiglia, spero tanto li abbia convinti e che si possa chiudere com’è nello spirito del Premio Tenco».
Ci sarà a presentare, con lo storico Antonio Silva, anche Morgan.
«Una presenza importante. Io lo stimo molto per la sua capacità didattica, l’ho sentito parlare di Bindi a Roma, riesce a spiegare i valori di tutti. Più di 700 ragazzi si sono prenotati per l’Ariston il 19 alle 11, quando parlerà delle canzoni su cui è nato il Club Tenco». —
La Stampa, 12 ottobre 2022
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