Lo ius soli, o culturae che sia, c’entra molto relativamente. Meglio lasciar perdere il latinorum, anche perché Giuliano Pisapia è tutt’altro che un azzeccagarbugli, anzi qui, ormai mesi fa, si era scritto che il foro di Milano, senza farsi abbagliare dalle luminarie dei retroscena, poteva prevedere il ritorno di uno dei suoi membri più autorevoli. Da ieri lo scenario è questo. Il ritiro di Pisapia però non può essere seriamente addebitato alle priorità decise dalla maggioranza nell’ultimo scorcio di legislatura. Si può temere che la faccenda sia più complicata, che si tratti di una sorta di maledizione della sinistra continentale incapace di far convivere le sue anime, con la sola parziale eccezione di quella francese fino a che c’è riuscita. In parole povere il fallimento del tentativo di Pisapia, delineatosi come inevitabile fin dall’inizio, può essere letto come un danno collaterale della dissennata scelta della scissione “da sinistra” nel Pd e, per altri versi, di quella di Renzi di prendere a modello Macron piuttosto che i democratici americani. Va detto però che Renzi almeno si mostra figlio del suo tempo, comunque difficile per la sinistra, rispetto a quelli che riesumano, taluni senza nemmeno saperlo, il “terzo periodo” del Comintern.
Massimo Bordin, Il Foglio, 7 dicembre 2017
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Non so quale idea di sinistra abbia Pisapia, ma di certo la sua esperienza in “politica praticata” si limita al quinquennio da sindaco di Milano, carica alla quale credo sia giunto quasi contro volontà. Il suo porsi, quindi, come “mediatore” tra le mille anime che in quell’area si disperdono mi ha sorpreso e fin dall’inizio ho pensato che il suo tentativo fosse destinato al fallimento, pur pronto a felicitarmi in caso di riuscita. Evidentemente, per la riuscita del suo tentativo, non sono bastati gli unanimi riconoscimenti del suo essere persona moderata ed equilibrata.