Ieri il Corriere della Sera ha pubblicato un interessante articolo di Claudio Magris sui problemi che oggi travagliano il centrosinistra in Italia. Era da gran tempo che un grande intellettuale si impegnasse nel dibattito politico, non con frasi generiche, ma con una posizione chiara. Chiara e anche polemica, soprattutto verso le più recenti posizioni assunte da Giuliano Pisapia. Il quale sembra che sottovaluti un dato essenziale della situazione politica: senza il Pd non c’è e non si può costruire un centrosinistra alternativo alla destra di Berlusconi e Salvini e ai grillini. La posizione assunta da D’Alema, Bersani e altri, proponendo “un centrosinistra alternativo al Pd” è insensata e inconsistente. Ed è ciò che rileva con forza Magris.
Effettivamente, le più recenti posizioni di Pisapia sul tema appaiono equivoche. Anche l’articolo che oggi pubblica sul Corriere, rispondendo con garbo a Magris, non chiarisce il punto essenziale posto dallo scrittore: senza il Pd non c’è centrosinistra e vince la destra. A questo punto si pone una domanda: allora bisogna seguire il Pd di Renzi, il quale ha una posizione simile e contraria a quella di D’Alema e Bersani? E cioè: il centrosinistra sono io e chi vuole venga nella mia lista. È anche quel che dice con un linguaggio meno arrogante il suo vice segretario Martina. La mia risposta è no, queste posizioni vanno respinte e combattute. Nel Pd, una posizione chiara sembra quella assunta ancora una volta da Orlando, il quale propone una legge elettorale che faciliti le coalizioni e dice che il centrosinistra c’è solo se il Pd si allea con Mdp e Pisapia. Ma quest’ultimo, invece, ora ignora le posizioni di Orlando.
Se le cose stanno così, cosa dovrebbe fare la sinistra che non si identifica con il Pd? Lavorare per costruire una forza in grado di condizionare il Pd e aprire una fase nuova in tutto il centrosinistra. Magris giustamente dice: “Chi, come me, vorrebbe un governo di centrosinistra e uno stile di governo come quello di Gentiloni, è allibito dinanzi a questo disfattismo oggettivo”. È chiaro che ormai emerge la candidatura di Gentiloni, nella sinistra più larga. E siccome con la legge elettorale che c’è o che si propone, come spiegava bene ieri Paolo Mieli sul Corriere, non ci sono candidati premier, perché non ci sono forze che possono superare il 40%, tutti debbono trattare, nel momento in cui si debba costituire una maggioranza di governo e scegliere il Presidente del Consiglio. È chiaro che il centrosinistra può governare se Pd e sinistra di Mdp-Pisapia trattano per una maggioranza e anche per un Presidente concordato. Penso che in questo caso non emergerebbero né Renzi né D’Alema, e forse le cose cambierebbero in tutto il centrosinistra.
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Inviterei Macaluso ad esaminare con attenzione la posizione di Turani.
Ovvero, siamo sicuri che tra il PD e la sinistra più radicale ci sia compatibilità, in vista di un possibile Governo del Paese?
Turani, ed io con lui, sostiene che non c’è compatibilità.
In ogni caso, per non prendere posizioni preconcette, sempre sconsigliabili, invece di discutere di generiche alleanze tra forze (o debolezze) politiche, sarebbe molto più utile un confronto, serrato e dettagliato, sui contenuti di una possibile azione di Governo.
E’ lì che si verifica se c’è o no una qualsiasi convergenza programmatica.
Io apprezzo molto lo sforzo del PD di restare attaccato ai temi, ai fatti, alle cose ed ai provvedimenti, presi o da prendere, e non capisco la sinistra radicale cosa sia disposta a salvare dell’esperienza di Renzi e Gentiloni: ad occhio mi pare che NON ACCETTINO NULLA di quanto fatto ed infatti parlano di alternativa al PD.
E allora, temo, addio convergenza!
D’altronde, se le posizioni di MDP, Pisapia ed altri restano quelle della CGIL in tema di lavoro, per esempio, su cosa si potrebbe convergere? E sull’immigrazione, sui rapporti con l’Europa, sulla politica fiscale, su quella degli investimenti, sui rapporti con gli Enti locali, sulla scuola e l’Università, e via dicendo?
La sinistra vagheggia a mio parere un mondo che non c’è più, condannandosi alla sconfitta, come al solito.
Noi vogliamo vincere, perché sappiamo che faremmo cose molto più positive per il Paese di chiunque altro.
Abbiamo bisogno di 14 milioni di cittadini che ci danno la loro fiducia, non di alleanze generiche e potenzialmente rissose.
Ernesto Trotta “for president” (del PD, intendo)! Lucida e totalmente condivisibile la sua disamina. Aggiungo, di mio, due considerazioni. Primo, non concordo con Macaluso sulla sua tesi che sia Orlando ad avere, non tanto una posizione “chiara” quanto, piuttosto, di una qualche prospettiva. Anch’io sono convinto che l’alleanza del PD con l’ala più oltranzista della sinistra sia irrealizzabile. Inoltre Emanuele, ancora una volta, sembra dimenticare che Renzi ha ottenuto il 70% dei voti alle primarie e che oggi all’interno del partito la percentuale di gradimento della sua leadership è anche superiore. Seconda considerazione. Il mio convincimento radicato è che ormai la frattura creatasi tra il PD di Renzi e il resto della sinistra sia insanabile. Il solco profondo e invalicabile è stato l’esito del referendum che, ne sono convinto, è stato determinato da Bersani e dalla Cgil. Ciò detto, a Renzi resta solo una scelta da fare, e prima la fa meglio è: deve dichiarare che il PD non si alleerà mai con “l’altra sinistra” e che si presenterà alle elezioni da solo. E chiamare a raccolta la sinistra moderata e tutti i moderati riformisti e progressisti d’Italia, quello che è stato chiamato “il popolo del 40,9%”, ottenuto sia alle europee che al referendum. Quanto a Gentiloni “candidato premier” se ne può parlare, e penso che anche Renzi possa valutare di ritagliarsi un ruolo diverso.