Diciamo Russia ma il cuore (anzi, la memoria del cuore, se il cuore potesse averne una) dice ancora Unione sovietica, tradendo un falso lapsus.
In verità, per noi sessantottini in quiescenza, è un brutto momento. Da che parte stare? Naturalmente c’è sempre la scappatoia di quelli che “facciamo parlare la diplomazia”, ma il problema -anzi la “contraddizione”- resta e sanguina. Ed emerge il dubbio che lavora dentro di noi come un tarlo: sarà vero che Putin è come lo Zar? come Stalin? Oppure ce la stanno raccontando a modo loro? Da una parte Stuart Mill e dall’altra Gengis Khan.
Molti hanno pensato che la globalizzazione, assieme con le magnifiche sorti e progressive che oggi camminano con le gambe degli I-phone, portasse la pace perpetua e che tutto si potesse contenere dentro una sana e regolata guerra commerciale, magari tra la Apple e Huawei. Non è andata così. Non è mai andata così.
La Russia non è solo un grande contenitore energetico, un mercato per prodotti di lusso in un mare di arretratezza e miseria. La Russia è una protagonista della politica globale. Se l’Europa lo ha dimenticato non è colpa di Putin. Spetta all’Europa decidere se, correndo il rischio necessario, cercare di tirare dentro di sé la Russia o di ricostruire, attraverso la NATO, la nuova cortina di ferro.
Risuona, nelle stanze del Cremlino, un vecchio interrogativo: quante divisioni ha la Ursula von der Leyen?
Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.
Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Chè quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!
Trilussa.
Che tristezza e delusione, caro Emanuele Ceglie, per noi sessantottini che gridavamo potere al popolo, viva Lenin, viva Mao Tse tung, sicuri di creare un mondo migliore.
È trascorso più di un secolo, da quanto il grande poeta Trilussa scriveva la suddetta poesia, e “quel popolo coglione” ancora applaude il dittatore sanguinario di turno che lo manda al massacro per interessi personali. Soldati russi ed ucraini!! non sparatevi fra di voi, Ma rivolgete le armi verso i vostri superiori che ve lo ordinano. Basta! basta! versare sangue innocente. Difendiamo la nostra democrazia rappresentativa che è l’unica angora di salvezza che ci resta Speriamo che torni il sereno, io non ci credo, ma lo auguro a chi legge, anche agli intellettuali che come al solito resistono silenti.
Antonio De Matteo Milano
Ed è anche passato più di un secolo, caro Antonio De Matteo, da quando il gagliardo Lenin invitava i soldati-contadini russi a rivolgere le armi contro lo Zar che li aveva mandati a combattere nella prima grande guerra contro il proletariato tedesco, anch’esso in armi. Purtroppo il saggio Trilussa non può aiutarci a capire quello che accade perché non conosceva il sottile vantaggio della geo-politica nella capacità di interpretazione dei fatti e misfatti del mondo. Ma noi sappiamo e quindi possiamo, volendo, capire. Mentre scendiamo, per ripararci dalle schegge, nel bunker sicuro della nostra liberal-democrazia, avvertiamo che nelle stanze del Cremlino qualcuno si sta nuovamente interrogando: quante divisioni ha la Von der Layern? Gli intellettuali? Lasciamo perdere.
Un carissimo saluto.
Emanuele Ceglie Roma
Gli amici di Putin, il carnefice dittatore russo, uno dei tanti criminali di guerre, perché tacciono?
Potrebbero aiutarlo a rinsavire per smetterla di ammazzare donne e bambini/e
Isoliamo in tutti i modi coloro che inneggiano alla guerra. Pace, serenità e buona domenica a chi legge. Antonio De Matteo Milano
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Diciamo Russia ma il cuore (anzi, la memoria del cuore, se il cuore potesse averne una) dice ancora Unione sovietica, tradendo un falso lapsus.
In verità, per noi sessantottini in quiescenza, è un brutto momento. Da che parte stare? Naturalmente c’è sempre la scappatoia di quelli che “facciamo parlare la diplomazia”, ma il problema -anzi la “contraddizione”- resta e sanguina. Ed emerge il dubbio che lavora dentro di noi come un tarlo: sarà vero che Putin è come lo Zar? come Stalin? Oppure ce la stanno raccontando a modo loro? Da una parte Stuart Mill e dall’altra Gengis Khan.
Molti hanno pensato che la globalizzazione, assieme con le magnifiche sorti e progressive che oggi camminano con le gambe degli I-phone, portasse la pace perpetua e che tutto si potesse contenere dentro una sana e regolata guerra commerciale, magari tra la Apple e Huawei. Non è andata così. Non è mai andata così.
La Russia non è solo un grande contenitore energetico, un mercato per prodotti di lusso in un mare di arretratezza e miseria. La Russia è una protagonista della politica globale. Se l’Europa lo ha dimenticato non è colpa di Putin. Spetta all’Europa decidere se, correndo il rischio necessario, cercare di tirare dentro di sé la Russia o di ricostruire, attraverso la NATO, la nuova cortina di ferro.
Risuona, nelle stanze del Cremlino, un vecchio interrogativo: quante divisioni ha la Ursula von der Leyen?
Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.
Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Chè quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!
Trilussa.
Che tristezza e delusione, caro Emanuele Ceglie, per noi sessantottini che gridavamo potere al popolo, viva Lenin, viva Mao Tse tung, sicuri di creare un mondo migliore.
È trascorso più di un secolo, da quanto il grande poeta Trilussa scriveva la suddetta poesia, e “quel popolo coglione” ancora applaude il dittatore sanguinario di turno che lo manda al massacro per interessi personali. Soldati russi ed ucraini!! non sparatevi fra di voi, Ma rivolgete le armi verso i vostri superiori che ve lo ordinano. Basta! basta! versare sangue innocente. Difendiamo la nostra democrazia rappresentativa che è l’unica angora di salvezza che ci resta Speriamo che torni il sereno, io non ci credo, ma lo auguro a chi legge, anche agli intellettuali che come al solito resistono silenti.
Antonio De Matteo Milano
Ed è anche passato più di un secolo, caro Antonio De Matteo, da quando il gagliardo Lenin invitava i soldati-contadini russi a rivolgere le armi contro lo Zar che li aveva mandati a combattere nella prima grande guerra contro il proletariato tedesco, anch’esso in armi. Purtroppo il saggio Trilussa non può aiutarci a capire quello che accade perché non conosceva il sottile vantaggio della geo-politica nella capacità di interpretazione dei fatti e misfatti del mondo. Ma noi sappiamo e quindi possiamo, volendo, capire. Mentre scendiamo, per ripararci dalle schegge, nel bunker sicuro della nostra liberal-democrazia, avvertiamo che nelle stanze del Cremlino qualcuno si sta nuovamente interrogando: quante divisioni ha la Von der Layern? Gli intellettuali? Lasciamo perdere.
Un carissimo saluto.
Emanuele Ceglie Roma
Gli amici di Putin, il carnefice dittatore russo, uno dei tanti criminali di guerre, perché tacciono?
Potrebbero aiutarlo a rinsavire per smetterla di ammazzare donne e bambini/e
Isoliamo in tutti i modi coloro che inneggiano alla guerra. Pace, serenità e buona domenica a chi legge. Antonio De Matteo Milano