Mi sembra che il professor Michele CIliberto su Strisciarossa riesca a offrirci una lettura molto più organica di quella che ho saputo fare io per questo vi invito a leggerlo con la dovuta attenzione.
Un abbraccio
Sergio
È veramente singolare, per non dire strabiliante, la discussione politica di queste ore. Riassumo i dati: la Lega ha tolto la fiducia al governo, si è aperta la crisi, occorre capire cosa fare. La Lega chiede che si vada alle elezioni, ridando la parola al popolo, fonte della sovranità.
I 5 stelle non ne vogliono sapere perché perderebbero i due terzi della loro forza parlamentare, scomparendo di fatto dalla vita politica italiana, come non era difficile prevedere. Vivono questa possibilità come un vero e proprio incubo: dalla gestione del potere a tutti i livelli ricadrebbero nel nulla da cui sono usciti, sfruttando con abilità e spregiudicatezza il rancore e il risentimento che da decenni percorrono la società italiana, acuiti in modo drammatico dalle violente diseguaglianze generate dalla crisi economica esplosa nel 2007-2008 e non ancora conclusa.
Quali siano i loro obiettivi è quindi chiaro. Lo strumento che intendono usare è il taglio del numero dei parlamentari, che difatti sposterebbe le elezioni almeno di sei mesi, consentendo – almeno questa è la loro speranza – di riguadagnare una parte almeno del consenso perduto. Sperano in quello che Machiavelli chiama il “beneficio del tempo”.
Per dare dignità alla loro posizione è uscito dalla tomba in cui si era rinchiuso il loro profeta terrorizzato dalla possibilità che la creatura a cui aveva dato vita morisse nelle fasce: naturalmente ha parlato con toni alti, elevati, del destino dell’Italia, del futuro comune. Ha usato parole che mettessero in evidenza il suo profilo di padre della patria. Non c’è da obiettare alcunché: ha fatto il suo mestiere, cercando di evitare che un impegno durato anni ed anni finisse nel niente. Polverizzato dalla abilità degli avversari e dalla incapacità degli “unti” che aveva prescelto per guidare il suo popolo dall’Egitto alla terra promessa.
Purtroppo per lui, fra i suoi non c’era, e non c’è, un Davide in grado di abbattere Golia con un colpo di fionda. Questo, anche per un grande profeta, è un problema serio che non si risolve con le parole. Nessuno stupore dunque per quello che ha fatto, sta facendo e farà: altro che regola del duplice mandato, qui è la terra che trema. Figuriamoci se non si può buttare alle ortiche una Regola. Si tratta della vita o della morte del movimento.
La cosa che stupisce in questo avvio di crisi è invece un’altra: l’ex timoniere dello schieramento avversario, quello che l’ha guidato prima a grandi successi poi a un’abissale catastrofe, ha scoperto d’improvviso, che bisogna allearsi col profeta. Perché – anche per lui – sono in pericolo mortale i destini dell’Italia. L’unica via per salvarsi dai barbari alle porte è allearsi col profeta, dando vita a un governo istituzionale. Anzi, a un governo di salvezza nazionale, come nei momenti più drammatici della vita di una comunità. Addio dunque ai vecchi rancori, agli insulti, alle invettive acuite dall’odio, basta con tutto questo: bisogna unirsi, salvare l’Italia, impedire che si precipiti nell’abisso.
Belle parole anche queste, è da affermazioni come queste che si riconoscono i leader.
Ma leader di che cosa? Non del Pd, che ha un legittimo e serio segretario eletto dalle primarie solo qualche mese fa. Ma del gruppo parlamentare, o di una parte di esso, che l’ex segretario ha composto scegliendo fra i suoi fedelissimi in una notte dei lunghi coltelli e poi fatto eleggere. Una truppa personale di fedeli, che si contrappone in modo frontale al partito che li ha eletti. Anzi che si sostituisce al partito, come ha dichiarato senza timori uno dei suoi principali centurioni. In questo modo i gruppi parlamentari del Pd si sostituirebbero di fatto agli organismi dirigenti del partito. Un vero e proprio colpo di mano, se si vuole usare un ‘espressione nobile.
Ma perché il capo di questo manipolo di eroi si è svegliato e agisce mettendo in pericolo di vita lo stesso partito di cui sarebbe un iscritto? Perché del Pd non gli interessa niente. Anzi, la sua distruzione è la condizione perché si realizzi quello che ha in mente: un nuovo partito. Di centro, di destra, di sinistra? Non è questo il punto: comunque un nuovo partito al suo comando, che sia parte essenziale del nuovo governo da costruire, di cui egli dovrebbe essere un leader fondamentale. Un partito con una buona base parlamentare costituita da tutti quelli che nelle elezioni vedono solo lo strumento per la loro decapitazione, dopo appena un anno di benefici e di prebende. E ne hanno paura. Non vogliono mettere la testa sul ceppo, sancire la fine alla loro carriera politica.
Al di là dei proclami di alta etica pubblica, è la difesa del loro “particulare” che unisce i seguaci del profeta e dell’ex leader del Pd. Li unisce l’attaccamento disperato al potere, allo scranno in Parlamento. Fuori del Parlamento, infatti, questa gente che fa? Come dice il poeta: dagli altari nella polvere…
Il vecchio segretario del Pd in questi giorni deve vivere su una nuvola, come Napoleone dopo Marengo. Finalmente la gente riparla di lui, è uscito dall’ombra, dal silenzio. E la cosa più singolare è che gli uni e gli altri dicono di schierarsi contro il voto per fare una nuova legge che rottami un buon numero di parlamentari: nemmeno Totò sarebbe stato in grado di inventare una situazione più comica. Come si vede non c’è rapporto tra essere e fare: si è il contrario di quello che si dice di voler fare. Si dichiara in questo caso di voler buttar fuori dal Parlamento vecchi arnesi della politica, e si fa di tutto per restarvi, accettando qualunque compromesso. La potenza del potere e dei vantaggi del potere, come insegna un proverbio siciliano, è un afrodisiaco potentissimo…
In sintesi, da un lato ci sono quelli che non vogliono le elezioni per conservare il potere. Dall’altro quelli che non le vogliono per riprendere il potere, quello più importante e redditizio: il potere governativo. E su questa base si stanno creando le condizioni materiali di un accordo fra i 5 stelle e una parte, vedremo quanto consistente, del Pd. Il peggio di quello che c’è nella politica italiana viene presentato come l’unica via di salvezza.
Ma ci siamo dimenticati da chi è costituito il gruppo dirigente dei 5 stelle? Rinvio per questo al ritratto di Di Maio fatto in una recente intervista da Emanuele Macaluso. Ma quella fenomenologia è perfetta anche per gli altri capi e capetti del movimento. Forse è bene ricordarli: Toninelli, Bonafede, Fraccaro, Castelli, Trenta, Di Battista, Castelli…E il quadro non è migliore se pensiamo alla nave renziana: Lotti, Boschi, Rosato, Bonifazi…
Ecco, il nuovo governo costituzionale dovrebbe essere imperniato su questi personaggi, i quali si stanno candidando a guidare il Paese. Sulla base di quello che hanno fatto, non è difficile comprendere cosa potrebbero fare. Se potessi esprimermi in termini religiosi, direi che è in atto un gigantesco, e miracoloso, processo di transustanziazione: il pane e il vino si stanno trasformando, il profeta e l’ex segretario stanno diventando un’altra cosa. Si stanno impastando con lo stesso grano… Sono pronti a celebrare il nuovo governo, si sono redenti, per difenderci dai barbari.
Ma i barbari chi sono? Gli italiani che sono stati falcidiati dalla crisi, che hanno maturato un lungo e profondo risentimento, e che hanno cercato volta per volta una forza politica che li rappresentasse e rispondesse alle loro esigenze. E che volta per volta hanno puntato prima sull’ex segretario, poi sul profeta, ora su Salvini. In Italia tutto cambia, ma non questo blocco di forze – tenuto insieme dal rancore, dalla paura della miseria, della povertà, dai colpi delle vecchie e nuove diseguaglianze – che ha cercato e continua a ricercare un interlocutore politico, che sia in grado di dargli una speranza.
È popolo pronto a tutto, perché ha visto mettere in discussione la propria vita e quella dei suoi figli. Per questa gente quello che conta non sono le sigle politiche, ma la capacità di incarnare speranze, individuando obiettivi ed anche nemici da abbattere. Nemici che proprio per la violenza della crisi diventano mortali. È quello che è riuscito a fare Salvini. Ha dato un’interpretazione della crisi, l’ha resa credibile e l’ha comunicata con successo. Ha avuto un consenso sempre più largo. L’ha fatto da destra, da estrema destra, interpretando il peggio degli italiani certo. Ma l’ha fatto con intelligenza, tenacia, forza anche fisica: perché non riconoscerlo? Fra tanti abatini ha segnato molti gol, come faceva Rombo di tuono (per riprendere una espressione di Brera).
Salvini è un gravissimo problema politico, questa è la verità. Ma come lo si affronta, come si combatte questa deriva di destra? Mettendo insieme Grillo e Renzi? Ma davvero c’è qualcuno che sul serio pensa questo? C’è qualcuno che pensa che un trasformismo di questa entità – basato solo sulla difesa del proprio “particulare” – sia la via da battere per uscire dalla palude in cui ci ha messo Salvini?
Lo so anche io: la politica è fondata sugli interessi. Ma è ma anche “pazzia”, cioè capacità di rompere gli schemi ordinari. Certo, ma il binomio Grillo- Renzi non è pazzia, audacia politica. E’ solo piccolo gioco trasformistico per salvare se stessi. Altro che l’Italia.
Bisogna invece uscire dai giochini della piccola politica. Bisogna scendere in campo aperto, battersi, scegliere la grande politica. E per farlo occorre muovere dalla crisi sociale, come è naturale per una forza di sinistra, e creare un fronte largo capace di battere le destre. I pastrocchi fanno solo perdere tempo. Bisogna scendere in campo subito. Non è scritto da nessuna parte che si debba perdere.
21 Comments
Il prof. Ciliberto, mio autorevole collega, ha ragione. Aggiungo solo che la tattica esaperata alla fine è perdente (non è ciò che si è rimproverato a D’Alema fino alla estenuazione?), perché non propone speranze, orizzonti, idee stimolanti capaci di entusiasmare e coinvolgere. Di fatto, è figlia della sconfitta, della sua accettazione, e quindi destinata a essere sconfitta ancora.
Forse le elezioni le perdiamo, ma se le chiediamo su un grande progetto almeno poniamo le basi per una ricostruzione della nostra identità e forza, da spendere in futuro, anche all’opposizione; che in una democrazia, se ben esercitata, ha un grande valore, insostituibile. Rinunciare a questo vuol dire non cominciare mai, privilegiando lotte interne di potere. O il PD è capace di fare questo, di elaborare un progetto di società e proporlo al paese, o deve rassegnarsi a essere comprimario, a rimorchio delle agende altrui. Certo, una vittoria di Salvini spaventa, ma una alternativa rappresentata da un PD forte, unito, e caoace di progettualità e azione politica coerente, anche se minoritaria, può essere più efficace nel contrasto a derive autoritarie e sovraniste assai più che un accordo tra perdenti senza un progetto politico e una visione di società da opporre alla destra.
Quello che mi viene da pensare su come è gestita questa crisi è che ha ragione Battiato: ninte è come sembra; cioé, nessuno dice la verità, o ciò che pensa, ma dice il contrario di quello che realmente vorrebbe e ha in mente. Usciamo da questa situazione opaca e perversa, diamo un esempio al paese e diciamo chiaramente ciò che vogliamo fare. il problema non è un governo istituzionale o un governo di legislatura o un govenro tecnico, sono i contenuti. per fare un esempio banale: la riduzione dei parlamentari, base di un accordo anche per una parte del Pd, è una cosa intellettualmente disonesta per come è presentata. Infatti, nasce dalle peggiori pulsioni antipolitiche, non risolve nulal se non dare in pasto alla demagogia un tema importnate come una riforma della legge elettorale etc., che non può essere strumento per coprire altre operazioni. Il Pd non ha imparato nulla dalla affrettata riforma federalsta del 2001, che ora ha come conseguenza l’autonomia differenziata etc.? Vorei un partito talmente sicuro delle sue ragioni da poter anche sfidare i demagoghi e parlare al paese; fose se riuscissimo a convincerci che molti italiani-elettori sono capaci di pensare,e a quelli dobbiamo rivolgerci, mostreremmo di saper imparare dai nostri errori, e dai nostri miti, spesso evocati a sroposito (Berlinguer etc.)
Prof. Clemente, nelle sue parole, come in quelle di Ciliberto, leggo la solita, cronica malattia della sinistra.
Un idealismo che porta ad accettare la sconfitta, purché onorevole e preparatoria di future riscosse, che poi non arrivano mai. Il sol dell’avvenire, detta in poche parole.
Io sarò un cinico pragmatico, o un pericoloso opportunista, faccia Lei, ma credo che le battaglie si combattono per vincere e che bisogna evitare di combattere battaglie che non possono essere vinte.
La politica (e la storia) ci mette a disposizione un ampio ventaglio di possibilità, tutte da discutere, elaborare, costruire, far crescere, ma diverse dall’andare incontro petto in fuori all’ennesima disfatta.
Una forza politica DEVE avere l’obiettivo di governare (art. 49 della Costituzione: concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale) e non può decidere di saltare un giro consapevolmente.
Quella sì che sarebbe una gravissima mancanza di rispetto verso gli elettori.
Bisogna avere sagacia, maturità, capacità, per costruire le migliori condizioni per concorrere e governare.
Ovvio che poi si può anche perdere, ma mai, dico mai, questa opportunità può essere programmata.
Quindi, come giustamente sta facendo tutto il PD, seppur con qualche incertezza e mal di pancia (il tenutario del nostro blog ne sa qualcosa!), si esperiscano tutte le possibilità ragionevoli senza chiusure ideologiche.
Siamo molto ma molto più bravi dei 5 stelle, dobbiamo solo dimostrarlo, agendo con intelligenza, fino all’ultimo.
Partita finisce quando arbitro fischia, mi pare dicesse l’allenatore Boskov.
E Mattarella non ha ancora neanche tirato fuori il fischietto dal taschino.
Caro Ernesto,
credo sinceramente che l’equivoco stia proprio in una lettura statica che tu fai della realtà che ci circonda. Prova a non partire dalle percentuali dei voti raccolti nelle ultime elezioni dai vari partiti e nemmeno dai voti indicativi forniti da tanti sondaggi. Partiamo da un altro punto di vista, partiamo dal numero potenziale di votanti che noi potremmo avere in Italia. L’Italia è sempre stato un paese ad alta partecipazione politica, con una popolazione vogliosa di partecipare alla trasformazione del mondo, cosa che ci ha portato ad alte percentuali di votanti. Adesso, invece, dobbiamo esser felici quando superiamo di un po’ il 50%. Allora io penso: da chi è formata quella grande moltitudine di persone che non vota? E’ un risultato numerico endemico di una società arretrata e sostanzialmente incapace di cogliere nel parlamento la possibilità di un cambiamento o, piuttosto, è in larga parte una quantità di persone che ha perso ogni speranza in questi nostri partiti? Io credo profondamente in questa seconda lettura. Tutta la mia esperienza quotidiana fra la gente e nel mio lavoro di giornalista mi porta a concludere che tantissime persone sarebbero pronte ad andare a votare se fossero mosse emotivamente non solo da un programma politico ma dalla presenza di persone oneste e serie che conquistino la loro fiducia. Oggi questo non lo abbiamo. Ad una grande quantità di italiani l’intero arco dello schieramento politico appare confuso in una miscela largamente intercambiabile: tutti uguali, tutti ladroni, tutti disonesti, tutti magna magna… E la stessa idea di fare un nuovo governo oggi sfruttando la possibilità di una legge che dimezzi i parlamentari riconosce indirettamente e accetta la realtà di questa visione della politica. In pratica i grillini e con loro Renzi e Franceschini e Goffredo Bettini etc, presentano lo specchietto per le allodole del dimezzamento dei parlamentari come contentino ad una collettiva rabbia populista. Questa è la realtà, Ernesto. Il PD deve scegliere la strada del voto, il PD deve, come ci dice Macaluso, scegliere la strada eroica della contrapposizione politica con la destra. Questo dobbiamo fare. E se noi spostiamo il 25, il 30, il 35% dei non votanti oggi verso di noi, ce la possiamo fare. Certo che per farcela bisogna che ci presentiamo alle elezioni coerentemente cresciuti in capacità politica. Che significa: un programma serio che ponga al centro della sua attività l’ambiente, il lavoro, la sanità e l’istruzione da una parte e candidati capaci di trasmettere attraverso la loro storia personale valori etici e capacità direttive dall’altra. Insomma, dobbiamo presentare anche visivamente un gruppo dirigente rinnovato che risponda ai desideri espressi da tutto il nostro partito nel momento in cui abbiamo eletto segretario Zingaretti. Chi nel partito non accetta questo (ed è inutile che vi faccia l’elenco di chi sono) se ne può andare tranquillamente a fare una nuova entità partitica. Faranno la fine di LeU e il PD non avrà che da guadagnarci.
Ho letto con interesse le espressioni di entrambi i punti di vista, con quel piacere che si sente – come sempre sul blog! – davanti all’argomentazione (che bello l’habitus argomentativo! Ma quanti dei nostri politici lo indossano?).
Entrambe le posizioni esprimono una preoccupazione per la democrazia, quella più “strategica” di Ernesto, rivolta alla gestione della crisi di governo, e quella più “garibaldina” di Sergio, che invece ritiene che la democrazia, hic et nunc, si difenda uscendo dalla trincea e buttandosi nella mischia di fronte al “nemico”, seppur dotato quest’ultimo di artiglieria in questo momento più pesante.
Io, da parte mia, provo a riflettere solo su una cosa. Ecco : il popolo votante di questi ultimi dieci e più anni, questo popolo caratterizzato da un eterno “moto ondoso” , affetto da una elettorale “schizofrenia”, una ossessione compulsiva verso la ricerca di un “uomo forte della speranza” che salvi la vita dei suoi figli (i nostri figli) dalla crisi (come scriveva il dott. Ciliberto), questo popolo che, come un’onda mossa dalle maree, si é spostato come una massa dura, un pachiderma disperato da un leader “forte e diverso” all’altro (da Berlusconi a Grillo, da Grillo a Renzi, da Renzi a Di Maio-creatura di Grillo, da Di Maio a Salvini) , questo popolo reso massa mobile dall’intercambiabilità totale dei “volti decisi della speranza” (volti o maschere, ognuno di essi?), questo popolo ci perdonerà un’altra fuga dalle urne, un’altra proroga alla consegna nelle sue mani del suo destino di popolo?
Che volto del Pd leggerà ed iconizzerà tutta questa gente, la massa volatile ma monolitica perchè disperata, accorrente in rassicurante branco verso il primo Mosè che percuote la roccia (o le istituzioni democratiche) per farne zampìllare acqua nel deserto?
Un volto tremolante e spaventato, sfuggente, che ha timore di uscire dalla trincea ed affrontare petto a petto l’uomo dal petto nudo e volgare del Papeete (o della battaglia del grano, ugualmente osceno e volgare e animalescamente nerboruto)?
Questa massa che sono i nostri vicini di casa, di ombrellone, di ufficìo, di bar, di studio, dipingerà nella mente una icona anemica e spaventata del nostro partito?
Aumenterà la sua rabbia, la sua distanza, la sua indifferenza ai colori e alle bandiere, la sua rivendìcazione del bisogno, per la vita dei suoi figli, di credere in un capo? Per sentirsi “visti”, importanti, “contanti qualcosa”?
Non so, sono solo riflessioni sul pericolo di aumentare la temperatura che brucia sotto i corpi – desideranti pane e cure per i propri figli – componenti questa “massa dal moto ondoso” a cui non preme la coerenza, ma la salvezza dalla paura della rovina, dalla paura non condannabile della fame di pane e vita.
Possiamo rimandare un “manifesto” di parole vive che riporti quest’onda disperata verso di noi?
Solo un volto deciso e pietroso nella coerenza e nella potenza delle parole li conquisterà, potrà essere per essi una nuova marea. E allora potrebbero scegliere questo volto anche se fosse umano, schizzando via – seppur sempre schizofrenici e impulsivi – da quello disumano. Ma dobbiamo far loro sentire la stessa speranza di cavar acqua da una roccia.
Massimiliano
Che bella la tua poesia, Massimiliano, hai descritto con immagini bibliche suggestive le vicende di questi giorni italiani. E’ così. Sarà difficile trovare un gruppo dirigente capace di far zampillare l’acqua dalla roccia ma dobbiamo provarci. Di questo ne sono convintissimo.
Qualunque motivazione trovassimo per giustificare un voto con i grillini per continuare questa legislatura ci si ritorcerebbe contro. Ormai i grillini si sono smascherati, la stragrande maggioranza delle persone che li hanno votati sperando nel cambiamento si è resa conto di che razza di ipocriti in mala fede che sono. Tutti gli italiani hanno ormai capito che l’obiettivo dei 5 Stelle è quello di rimanere al potere, costi quel che costi. Sono pronti a tutto e, come si sono prestati a sorreggere Salvini, potrebbero essere pronti a sorreggere anche una brava persona indicata da noi, dal PD. Ma a quale prezzo? Gli elettori coglierebbero in questa operazione una nostra totale disponibilità all'”inciucio” e, insieme a questa, una paura del giudizio elettorale del popolo. Perderemmo ancora voti e giustamente. L’unico che non ha nulla da perdere ma solo, forse, da guadagnare è Renzi: se si va ad elezioni lui e i suoi scompaiono, se si fa un governo di transizione rimangono tutti loro a fare il bello e il cattivo tempo comportandosi con i grillini come si è comportato Salvini. Se Zingaretti accetta questa scelta è la fine per lui e per il nostro PD, cioè quel PD che sembrava essersi rinnovato dopo il congresso. Non è una voglia garibaldina che mi spinge a uscire dalle trincee e scendere in campo ma è l’unica possibilità che abbiamo per ripartire con un PD nuovo, onesto, forte, scevro da ogni elemento opportunista di sottogoverno e capace di guadagnarsi la fiducia dalla maggioranza degli italiani. Il popolo italiano non è quello che ci descrive Salvini. Per qualche piazza e periferia in cui l’agitarsi dei fascisti può raccogliere adesioni abbiamo città, paesi, campagne che aspettano solo un segnale di speranza nella democrazia. A noi tocca darlo.
Sono le idee che spostano il mondo e non possiamo, non dobbiamo fermarle, ma incoraggiare tutti ad esprimere la propria senza demonizzare quella dell’altro. Questo blog ci da la possibilità di farlo: ci confrontiamo, dissentiamo, proviamo a far passare la nostra idea, ma alla fine siamo tutti coscienti che dobbiamo arrivare ad un compromesso il più onesto e concreto possibile. Grazie a Sergio ,grazie a tutti per l’impegno, la passione che impieghiamo nell’esprimere le nostre idee, a volte non chiare a volte fallate, a volte quasi giuste, ma ci proviamo:
è un bene per la democrazie, per il nostro spirito, per la nostra cultura per la nostra gioia di vivete e tutti ne traiamo vantaggio.
Viva il blog di Sergio Staino, viva la democrazia rappresentativa, viva L’Italia e L’Europa unite. Buona giornata a tutti Antonio De Matteo
Amici, ma cosa ha fatto Renzi di cosi brutto e cosa sta facendo se non provare a rimettere la direzione di marcia populista appena trascorsa con argomentazioni trasparenti e a mio parere logiche.
Dai 5 stelle non si andrebbe con il cappello in mano come si sarebbe fatto un anno fa, ma con nostre proposte come appunto avevano fatto Bersani e poi Renzi e che loro hanno sdegnatamente rifiutato e umiliato chi le faceva.
Oggi, se vogliono e lo vogliono restare sulla poltrona, devono accettare le proposte del PD e lo possiamo fare perché ci siamo seduti a mangiare i pop corn e li abbiamo fatti governare da soli e i risultati si sono visto, 5 stelle implosi e Lega alta nei sondaggi ma in realtà in difficoltà se non si va alle elezioni.
Poi non capisco chi di voi dice che gli elettori che abbiamo perso li riprendiamo facendo proposte elettorali giuste.
Scasate ma quando siamo andati alle passate elezione cosa abbiamo scritto sui programmi elettorali per cui non ci hanno votato, puttanate.
E in ultimo, perché gli italiano brava gente ha votato quelli che gli promettevano calci in culo ai migranti e reddito di cittadinanza.
Scusate i francesismi ma sono veramente stizzito da quello che leggo dei professoroni e a loro dico alla Salvini, fatevi eleggere.
Camillo
Quando si comincia a chiamare i compagni professoroni mi va via la voglia di discutere. Comunque è vero che considero Renzi un delinquente politico, alla pari di Travaglio e di tutto il gruppo dirigente grillino. Può darsi che gli interessi privati di Renzi possano coincidere con una scelta tattica nell’immediato favorevole al PD e quindi alla società italiana ma la mia sensazione rimane che sarebbe una vittoria di Pirro perché daremmo a Salvini una grossa carta da giocare alle prime difficoltà del governo “giallo-rosso”. L’unica speranza che vedo è che il gioco sarebbe interessante se lo guidasse il Segretario Zingaretti e se quest’ultimo riuscisse a piazzare come primo ministro un nome come quello di Cassese. Ma sono sicuro che Renzi non accetterà mai di restare nelle retrovie e boicotterà il tutto.
Ma nel gioco democratico che è l’anima della Costituzione non si può far di tutto per rimandare un voto perché il “popolo ignorante” non ci ha capito e non ci capirà, e dunque voterà per il barbaro, il disumano.
La democrazia non può essere paura della partecipazione elettorale del popolo. La democrazia ha in sè la sofferenza del rischio, se vuole rimanere “partecipazione” .
È un momento in ogni caso complesso, angosciante,duro, e comprendo anche le tue parole, Camillo.
Ma resto convinto che la democrazia è doveroso, doloroso rischio, perchè il popolo non ci faccia pagare, un giorno, le nostre paure.
Massimiliano
Il popolo è un insieme di anime che va orientato ed è quello che fanno i singoli partiti politici. Il PD, secondo me, deve presentarsi al popolo italiano e chiedere il consenso su un programma ben preciso fatta di pochi punti e soprattutto deve dimostrare di aver provato fino in fondo a risolvere i problemi che assillano la società italiana. Non capisco quindi perché, secondo alcuni, su questo blog non dovremmo provare a colloquiare con una parte del movimento cinque stelle per vedere se è possibile formare un’opposizione al centro destra che mi sembra abbastanza unito.
Capisco ancora meno quelli che volevano fare l’accordo con Movimento 5 Stelle prima del governo giallo verde ed adesso invece non voglio nemmeno provare a parlare con i cinque stelle azzoppate. Mi riesce poi impossibile accettare il ragionamento che tifa per l’elezioni subito per mandare via la corrente renziana che ancora adesso è maggioritaria nel PD, secondo me, Io credo che in questo momento il segretario del partito democratico Italiano stia facendo un buon lavoro insieme a Matteo Renzi: il compromesso storico di Enrico Berlinguer prevedeva le due anime cattolica e comunista, ed adesso quest’ultima non c’è più e fa fatica a ritrovare una nuova filosofia, ma per continuare a vivere deve proseguire con “il compromesso storico “ di Enrico.
Avanti insieme signori/edel PD o ci estingueremo come i dinosauri. Caro Sergio facciamo un fioretto insieme: io se vuoi ti chiamo compagno e tu però non dai più del “cafone” a Matteo Renzi anche se lo pensi. Mi sembra abbastanza equilibrato come fioretto o no? Buon ferragosto ed un grande abbraccio a tutti, questa volta ci vuole Ernesto, Antonio De Matteo
Scusate compagni ma dove vivete? Come è possibile pensare che con un eventuale voto anticipato si possa ribaltare la tendenza populista e sovranista? Ma parlate con la gente comune o parlate solo tra addetti ai lavori che sono poi quelli che ci hanno fatto odiare dal popolo. Pensate davvero che gli astenuti possano votare noi? Siete degli illusi perché la stragrande maggioranza di loro non guarda alla politica, guarda al proprio interesse e se qualcuno gli promette di più se votano danno il voto a quello.
Cari compagni eruditi io sono uno normale e vivo tra la gente che lavora e sento come parla questa gente. Credetemi non parla come Voi.
Vi voglio mettere a conoscenza che il ns. nemico oggi è la destra non Renzi e sopratutto mi rivolgo a te Sergio smettila con questa ossessione su Renzi , ti può far male alla salute e alcune vignette falle anche contro i ns. veri avversari rideremmo comunque.
Marco bs
Buon Ferragosto a tutti, amici e compagni, dilettanti e professori, cafoni e delinquenti (politici).
Niente barricate a Ferragosto, fa caldo ed è meglio raffreddare i bollenti spiriti e gli impulsi bellicosi.
Le prime piogge porteranno maggiore lucidità ed equilibrio
(all’occorrenza le piogge possono essere sostituite con docce belle fresche).
Si, in ogni caso nessuno qui vive su Marte, Marco, si sta discutendo semplicemente di strategie che rimangano nel sano solco della Costituzione e della sovranità del popolo dell’art. 1. È, lo so benissimo, un comma complessissimo da interpretare, e il gioco delle alleanze parlamentari (anche trasformistiche) non lo calpesta, giuridicamente parlando.
Però la “sostanza” della democrazia ci vieta, come principio di “etica democratica”, a non fuggire le elezioni quando i sondaggi ci danno indietro.
Ad ogni modo per fortuna le vie di uscita da questo caos passano per le scelte lungimiranti del nostro Presidente Mattarella, in cui ho assoluta fiducia.
Un abbraccio, Marco, a te e a tutti!
Massimiliano
ci vieta[…] di fuggire le elezioni
(scusate l’errore preced. di forma)
Perdonatemi un’altra sola osservazione, e perdonamela tu, Marco.
Riguarda il punto della “gente comune” che “non parla come voi”, come tu scrivi, Marco.
A tal proposito io credo che non si debba dimenticare il ruolo e la delicata missione degli intellettuali nella società : lo dico perchè ognuno di noi che ha avuto la fortuna di studiare dovrebbe (sarebbe auspicabile che fosse così) sentirsi coinvolto nella missione, appunto, dell’intellettuale. E quest’ultima è quella di analizzare, leggere, interpretare la realtà ed esprimerla con le parole, perchè più gente possibile comprenda.
L’intellettuale non deve parlare “come parlano tutti”, semmai deve saper parlare “a tutti”. Gramsci, Pasolini, Silone, erano intellettuali, e non parlavano come le “masse” che amavano e che intendevano guidare. Parlavano al popolo, non parlavano “come” il popolo (forzo qui di necessità il significato di popolo intendendolo – ripeto, forzatamente, perchè non so come dire altrimenti – come l’insieme dei cittadini meno colti, quello che un tempo era il proletariato, o meglio ancora il sottoproletariato) .
Gramsci, Pasolini, Vittorini, parlavano al popolo e con il popolo, ma non avrebbero mai parlato “come” il popolo (ribadisco la necessaria forzatura espressiva) : altrimenti si sarebbero trasformati in populisti, cosa che verosimilmente detestavano, cosa che verosimilmente sapeva loro di fascista. Se oggi noi parlassimo “come” la gente “non erudita” (anche tu hai usato il termine eruditi, Marco) diventeremmo delle potenziali guide alla M5s, dei Di Maio che si travestono di “rosso” sperando che la gente creda all’assurdità secondo cui “rosso”, o popolare, o solidale, è chi “parla come gli incompetenti”, dunque “è uno di noi!” , che manda a quel paese gli odiosi professori o scienziati o intellettuali o letterati, l’odiosa èlite…
Ma non è questo parlare il ruolo fondamentale e vitale degli intellettuali, degli scolarizzati. Il loro/nostro ruolo è cercare di chiarificare la realtà.
Approfondire, mettere in crisi, parlare al popolo essendo impopolari, chiarificare.
Parlare a… non “parlare come…”.
Un abbraccio a Marco e a tutti.
Massimiliano
Madonnina santa, Massimiliano, vorrei riempirti di baci.
Sergio
Grazie, Sergio ; sono io che sento di ringraziare te e gli altri compagni (o amici, che è lo stesso) del blog, perchè tutti, nessuno escluso, sia quelli con cui sento più unità di intenti che quelli magari più distanti, mi stanno dando l’opportunità di scrivere e crescere.
Mi sento di nuovo dietro i banchi di quel laboratorio di libertà, di storia e di politica che è stato il mio liceo, a Napoli, inizio anni ’90. Però allora ero più impacciato e timido, e non parlavo nè intervenivo mai.
Qui sul blog mi sento “adulto tra quei banchi” ; é un mio sogno ricorrente a occhi aperti : partecipare alle discussioni politiche di classe, ritornare indietro essendo però quello di oggi. E partecipare, finalmente.
Qui accade.
Buon Ferragosto!
Tutto giusto Massimiliano. Impeccabile.
Parlare a … e non parlare come …
Ma, parlando a …, è fondamentale comunque farsi capire, stabilire un contatto; in una parola, comunicare.
Altrimenti sono solo pippe. E scusami la volgarità.
Le masse di cui parli tu, anni ’50, ’60, ’70, erano masse molto diverse da quelle di oggi. Esprimevano una cultura, un’ideologia, avevano nei partiti, o nelle parrocchie, punti di riferimento culturali, modelli di vita. Persino le letture venivano indicate e consigliate. Bello o brutto che fosse, questo era il quadro. Era più fa-cile farsi ascoltare ed anche farsi capire, sia dagli amici che dagli avversari.
Oggi purtroppo (o per fortuna per certi versi) non è più così. Il bombardamento dei media, tutti i media, è tale da non lasciare più spazio alla riflessione, all’analisi meditata. I punti di riferimento sono ben altri, e non proprio positivi.
Guarda come ci stiamo accapigliando su questo blog, o nel partito, noi che dopotutto siamo attenti osser-vatori, abbastanza attrezzati, esperti e civili.
Guarda come la divisione, o il rigetto, avviene spesso sulla fonte dell’opinione (chi la esprime), PRIMA che sull’opinione stessa.
Figurati con gente “dopata” dai social, dai grandi fratelli, da una programmazione televisiva imbarazzante, anche nelle sue produzioni teoricamente più evolute come i talk show!
Non voglio qui fare considerazioni etiche, voglio solo dipingere una situazione di fatto, che quasi inevita-bilmente costringe tutti a schematizzare, ad essere diretti, a volte tranchant, a privilegiare l’obbiettivo del messaggio rispetto al contenuto del messaggio stesso. Se il messaggio funziona, arriva, altrimenti cade nel vuoto e resta lettera morta.
Basta così, hai senz’altro capito cosa voglio dire.
Noi dobbiamo comunque essere efficaci nella comunicazione, altrimenti siamo morti. Intellettuali e non.
E dobbiamo continuare ad insistere sulla diffusione della cultura, della formazione, sull’abitudine allo stu-dio, all’approfondimento, all’analisi. Non basta mai: non ci sono scorciatoie, almeno per noi di sinistra.
Sta a noi parlare in modo da essere ascoltati, capiti e non fraintesi, e così chi parla non avrà alibi: se dice sciocchezze, in molti lo capiranno e non si faranno abbindolare.
Tutto questo ci porta dritti al problema davvero epocale del linguaggio ed dell’uso della rete, alla necessità di regolamentarne l’uso ed impedirne l’abuso, problema sul quale mi sono pronunciato più volte; quindi non sto a ripetermi.
La nostra società attuale, con giovani come Massimiliano, ha ed avrà un futuro assicurato, come ho avuto modo di scrivere altre volte. Vorrei però aggiungere le mie considerazioni che, lungi da me nel trasformarle in consigli, possano aiutare a risolvere problemi simili che io ho già affrontato ed in qualche modo risolto.
Ormai vecchio sono giunto alla seguente conclusione: i sogni sono necessari, le filosofie pure, ma i problemi hanno bisogno di soluzione immediata o quasi e quindi l’unico modo per aiutare la nostra comunità a crescere e quella di dare per ogni problema il proprio contributo rischiando anche di sbagliare. Certo nel risolvere il problema ognuno di noi tiene conto della sua filosofia, ma la concretezza è necessaria se si vuole spingere avanti la storia umana. Ad esempio Sull’emigrazione possiamo essere per l’accoglienza, ma poi bisogna dire che non possiamo accogliere tutti altrimenti facciamo l’errore che abbiamo fatto quando governavamo: tiriamo qui un sacco di gente che poi non riusciamo a gestire. La soluzione quindi per quanto mi riguarda e quella che ho già espresso tante volte: ingressi controllati ,mediante i corridoi umanitari, integrazione assicurata ed aiutare la popolazione emigrante nel proprio paese d’origine a livello europeo. Poi queste cose, se siamo d’accordo a maggioranza, bisogna poi spingere per farle. Concludo dicendo che, secondo me, i giovani devono essere più concreti di noi vecchi: a loro tocca risolvere i problemi della nostra società. Grazie per l’attenzione e buona giornata a tutti Antonio De Matteo Milano
Ma sono d’accordo, Ernesto.
In un mondo di bombardamento media bisogna saper parlare come minimo il “linguaggio dei tempi”, per difendersi dalle armi-media degli “avversari”, e creare reti di comunicazione popolare social.
Sono d’accordissimo. Altrimenti è tutto inutile, e si verrà sconfitti, anche perchè purtroppo tanti non leggono i libri o i giornali (altri presìdi pedagogici degli anni che hai citato) , ma si informano su facebook e “vivono” tra w.app e instagram.
Il che non è niente di male, in teoria, ma, come dicevi tu, fa di tanti, di tanto popolo, dei ricettori e ascoltatori dell’ “immediato”, delle menti che si formano un’idea in base all’ultimo twitt del leader più social e aggressivo del momento. Quindi serve anche il twitt, serve il post, serve il link, anche da parte nostra, serve sperimentare un linguaggio snello e fresco. È assolutamente così! Io non voglio perdere le elezioni. Non voglio che cadiamo nel dimenticatoio.
Ero solo critico nei confronti di un’idea, come avevo inteso, quasi di irrugginimento del nostro ruolo intellettuale, almeno di noi che non veniamo intervistati dal tg e non andiamo ai talk show dove (purtroppo) si forma buona parte dell’opinione pubblica.
I politici, appunto, quelli che compaiono da Fazio o da (sigh..) Vespa, o da Floris o da L.Gruber – per inciso non li seguo, non riesco a galleggiare in quel fiume di parole o di scontri rintronanti -, loro devono parlare un linguaggio semplice e diretto, e lo stesso devono fare da twitter o da facebook.
Ma questo era un problema anche della prima repubblica : a scuola si parlava della scaltra scelta dì incomprensibilità da parte dei politici, nelle loro uscite in tv ; si parlava e criticava il “politichese” , ecc.
Io credo che, come dicevi anche tu quando scrivevi sul puntare sulla cultura e sull’abitudine allo studio, che noi non dobbiamo snaturarci, dobbiamo bensì conquistare le masse, prima con efficacia “social”, certo! , altrimenti parleremo al deserto, ma poi, una volta “vicini”, cercare di coinvolgerli e abituarli ad un altro modo di parlare e di ascoltare, e indirizzare instancabilmente alle fonti più obiettive e critiche, anche per informarsi (che poi sono anche on-line, come tanti quotidiani), non stancarci di consigliare libri o puntatine alle edicole dove si vende la carta stampata.
Non so, temo sempre di essere fuori dal tempo, io che da due anni mi sono levato da Facebook per “respirare”, ma non mi piace che una società possa pretendere dagli intellettuali una “metamorfosi social del linguaggio” . Preferisco una presenza nuova sui social stessi, ma conservando il linguaggio pedagogico della dialettica comprensibile e dell’argomentazione.
Anche Sergio, per esempio, è “migrato” su uno spazio social, che può diventare un forum per tutti, e Cuperlo ha il suo diario su Fb. Ma potremmo, Sergio, noi stessi, Cuperlo, altri, far abdicare la forma del nostro linguaggio, capitolare, appendere al chiodo le nostre parole e non farne più dono agli altri?
Non so se ciò sarebbe rispettoso nei confronti del popolo.
Ma ho inteso perfettamente ciò che volevi dire, Ernesto.
Grazie!
Massimiliano
… come ho compreso anche le parole di Antonio..
Grazie!