Col c… che il blog, parla!! Spero che i “vecchi”siano andati in ferie e tornino ed I giovani abbiano qualcosa da dire per migliorare la nostra società in questo momento particolarmente difficile.
Buona giornata a tutti. Antonio De Matteo Milano
Caro Antonio, voglio provocare, l’obbiettivo del blog di far fuori Renzi è riuscito non c’è più ragione di continuare. Speriamo che Zingaretti si svegli altrimenti è finita.
Un abbraccio a tutti
Marco bs
Caro Marco,
la tua è una provocazione pesante: io non penso che Sergio avesse Come obiettivo la distruzione di Renzi. A parte, i fatti dimostrano
Che Matteo Renzi come politico è un “gigante”rispetto a quelli che ci stanno governando, ma comunque io sono fermamente convinto che un intellettuale come Sergio, onesto, intelligente e sempre disponibile con il prossimo, non potrebbe avere come obiettivo una cosa irrealizzabile e sicuramente penosa. Spero comunque che la tua provocazione solleciti Sergio a dirci qualcosa a proposito della nuova segreteria di Zingaretti.
Ad esempio, potrebbe spiegarci qual è la politica e la proposta del partito democratico Italiano sull’immigrazione. Io non ho ancora capito se esiste una proposta. Certo non penso che la proposta possa essere la semplice solidarietà alla Guardia di Finanza ed alla capitana tedesca. Se non vogliamo continuare a fare grande Salvini dobbiamo precisare e difendere almeno i seguenti punti:
1 ) le leggi dello Stato italiano vanno sempre rispettate e poi prepararsi a cambiarle se è il caso
2 ) dobbiamo accogliere gli emigranti solo tramite i corridoi umanitari rispettando le leggi italiane e garantendo la migliore integrazione possibile.
Questa volta spero che Sergio scriva qualcosa, altrimenti avrai ragione tu caro Marco e sarà inutile insistere.
Buonanotte a tutti Antonio De Matteo Milano
A proposito di migrazioni, invio una riflessione sul tema che, assieme ad altre su altri argomenti, sono state cortesemente ospitate sul blog di G. Turani (www.uominiebusiness.it).
Primo punto da mettere in chiaro: le migrazioni NON sono un’emergenza, NON sono un problema contingente dovuto a chissà cosa, anche se il cambiamento climatico, la desertificazione, il consumo incontrollato di suolo, le guerre, certamente le favoriscono.
Le migrazioni esistono da che esiste la specie umana, hanno costituito la molla del suo sviluppo, sono fondamentalmente INARRESTABILI, come inarrestabile è la voglia degli esseri umani di vivere meglio, con meno fatica fisica, con più comodità, con più tempo libero dal lavoro, con più opportunità di migliorarsi. Se siamo arrivati fin qui dopo migliaia e migliaia d’anni di evoluzione, lo dobbiamo a questa inquietudine, che ci spinge a metterci in strada verso un futuro supposto migliore.
Ciò detto, non significa stare a guardare le masse in movimento e subire passivamente, oppure alzare i famosi muri per difendersi. Come tutte le cose umane le migrazioni vanno gestite con competenza e intelligenza. E in modo strutturale, non episodico.
Tutti i Paesi più sviluppati devono attrezzarsi per accogliere tanti migranti quanti sono in grado di integrare nella propria società.
È l’integrazione l’idea guida. L’accoglienza tout court non basta. Mette a posto qualche coscienza, ma un corretto equilibrio sociale richiede molto di più. Non si possono accogliere migranti senza limiti e poi lasciarli in condizioni di abbandono, indigenza, preda della criminalità più o meno organizzata. Non c’è nulla di umanitario e caritatevole in questo. Anzi.
Dichiaro subito dove voglio andare a parare: in Danimarca.
In quel felice Paese (dico così perché fior di classifiche lo definiscono tale) la sinistra ha tolto con successo alla destra populista l’argomento dei migranti, semplicemente proponendo organizzazione, buon senso, investimenti opportuni, rigore nella legalità. Laddove la destra risponde ingigantendo il problema, spaventando la gente, rivendicando presunte superiorità identitarie e alzando barriere, la sinistra risponde con la ragione, l’organizzazione, la difesa della dignità umana, l’integrazione e l’emancipazione.
Inutile illudersi di affrontare il problema senza porsi dei limiti di accoglienza. La Danimarca ha 6 milioni di abitanti, noi 60; vuol dire che accoglieremo dieci volte di più, non cento o mille. E lo stesso vale per tutti gli altri Paesi. Il metro è la capacità di integrazione, che a sua volta è proporzionale agli investimenti destinabili all’assistenza ed alle possibilità lavorative disponibili.
È evidente che tutta l’Europa civile deve omogeneizzare le politiche di accoglienza ed integrazione, è evidente che il Trattato di Dublino va rivisto, è evidente che i Paesi più esposti come il nostro devono ricevere collaborazione da quelli meno esposti, è evidente che chi si rifiuta deve in qualche modo pagare (monetariamente, non solo moralmente) la sua scelta.
Come è evidente che i naufraghi vanno sempre soccorsi, accolti, assistiti e non usati come arma di ricatto verso il resto del mondo e che i rapporti con le ONG vanno regolamentati in modo da rendere oggettivi diritto e modalità di operare e non soggetti alle ubbie del ministro di turno.
Tutto ciò è talmente evidente che non lo si fa: Salvini continua a fare il bullo, speculando cinicamente sugli istinti più bassi del suo elettorato, come fanno i suoi amici di Visegrad, ma purtroppo c’è una tentazione diffusa ad aggiustarsi a scapito dei vicini, facendo a gara a chi è più furbo. Qui l’unica furbizia possibile, e necessaria, è prendere atto che dovremo fronteggiare questo problema ancora per decenni e che quindi bisogna collaborare, condividere, diluire, fluidificare i flussi, una volta che esistano regole certe per gestirli e controllarli.
E poi bisogna investire: qui in Europa, in accoglienza, assistenza, integrazione, abitazioni, istruzione, formazione professionale, e lì in Africa, da dove partono in massima parte le migrazioni, in infrastrutture, edilizia, agricoltura, trasformazione delle materie prime di cui quei Paesi dispongono in abbondanza. È fondamentale elevare il valore aggiunto delle esportazioni per permettere un’emancipazione in tempi ragionevoli. L’Italia è già il maggior investitore nell’Africa orientale, non partiamo da zero. È l’Europa che deve costituirsi come soggetto verso le altre grandi potenze continentali.
L’Africa è la chiave del futuro prossimo del mondo intero: può essere una seria minaccia agli equilibri globali, una bomba demografica, ma può anche costituire una enorme opportunità di investimento e sviluppo per le economie occidentali (la Cina lo fa da anni). Sono processi lunghi, ma danno frutti positivi per tutti (win-win): per chi investe e per chi vive lì, e ha bisogno di opportunità di lavoro, di sviluppo e di emancipazione, che limitino le cause di emigrazione.
Nei secoli scorsi tutto il mondo occidentale ha selvaggiamente sfruttato quell’area: è ora che lo stesso Occidente ripari i danni con raziocinio e lungimiranza, impegnandosi per garantire la pace, che in quelle zone è sempre molto precaria, soggette come sono a pesanti condizionamenti economici, a dittature, a malgoverno, a lotte tra fazioni tribali contrapposte.
In questo ambito, e soprattutto nei Paesi più soggetti al fenomeno migratorio (come la Libia, paese in guerra, che ci ricatta con i suoi campi lager, e i Paesi confinanti), c’è solo l’ONU che può intervenire senza creare squilibri geopolitici. Bisogna proporlo con forza, pretenderlo, come Italia e come Europa.
Dobbiamo cercare di essere protagonisti e non metterci all’ombra di qualcun altro. Ci manca solo la volontà politica, che non è poco, ma competenze, capacità, risorse umane e finanziarie ce ne sono in abbondanza, e debbono essere usate con intelligenza per un fine comune piuttosto che per massimizzare il tornaconto nazionale.
Purtroppo, questo sciagurato Governo non possiede, per questo e per altro, né la professionalità né la lungimiranza necessarie.
La sinistra allora deve mostrare capacità propositiva, offrendo soluzioni sistemiche e non contingenti, non deve continuare a spaccarsi e litigare sui singoli casi facendo il gioco delle destre, deve uscire dalle ambiguità, se non vuole regalare ad una destra spregiudicata e sommaria una prateria da percorrere. Resto convinto che la maggioranza dei cittadini (italiani ma non solo) non vuole muri né segregazione né respingimenti selvaggi. Vuole solo una gestione ragionevole delle città, delle periferie, dei territori in generale, non vuole vedere degrado, abbandono, illegalità manifesta e diffusa, trascuratezza. Come dargli torto?
Non è razzismo, non è difesa di un’ipotetica identità culturale, è solo difesa del proprio spazio privato, delle proprie abitudini di vita, della propria sicurezza.
Grazie ad ognuno per i pensieri, e per l’accenno alla Danimarca che condivido. D’altronde il mondo è anche di chi ha paura, di chi teme per il proprio territorio, per la propria sicurezza. Bisogna parlare con tutti ed essere capaci di “spiegarsi” con tutti. Portare dalla nostra parte anche chi ha paura del diverso, paura che “si riduca il proprio spazio fisico” dell’abitare, ecc. Dobbiamo farci carico noi, sinistra, del problema dì chi ha paura. Sono d’accordo.
Però una sola cosa : attenzione al rischio di liquidare l’atto della capitana Carola della Sea Watch 3 all’interno di un discorso sul nocumento che alla sinistra giunge dal non rispettare le leggi, prima che sìano cambìate. Non dimentichiamo mai che solo lei sapeva e sa le condizioni deglì esseri umani che aveva a bordo. Attenzione a non diventare asettici, al rischio di parlare per linee generali senza distinguere il “sapore irripetibile” di ogni singolo evento storico. Attenzione a non considerare l’istinto di giustizia, quello più impulsivo, più anarchico, sì, forse, ma proprio di chi ha toccato l’abisso di altri esseri, e non può non “rompere un muro” per portarli in salvo.
Ricordiamo Kieslowski, nei “Dieci comandamenti” del 1989, episodio 5 : ” […] ma le leggi, poi, sono sempre scritte dagli innocenti?”
E attenzione, dico questo perchè Carola ha già chiesto scusa per il provocato incidente, e aspetta con la mitezza dei giusti (non è retorica, spero si comprenda senza doverlo spiegare) di essere giudicata, e non la sfiora il pensiero di fuggire o mascherare ciò che ha fatto dietro scuse o false trovate.
Detto questo, il discorso della Danimarca é da me sottoscritto senza alcun dubbio!!
Un abbraccio ad ognuno
Chi ammazza per legittima difesa, se provata, viene assolto dal giudice terreno e forse anche dal giudice supremo,( il Padreterno per chi crede ). La regola etica, morale e legale è, è stata e sarà: la legge si rispetta e se occorre si modifica. Non rispettare le leggi vuol dire anarchia, individualismo, legge del “più forte” e solo la magistratura o Dio può stabilire e decidere chi rispetta e chi non rispetta le leggi. La politica, non può raccontare che la legge dell’avversario non si rispetta mentre la sua si deve rispettare, ma deve affidarsi al potere giudiziario con fiducia e serenità.
Quando ero giovane e partecipavo ai picchetti durante gli scioperi, mi trovavo in forte difficoltà quando chi la pensava diversamente da me mi chiedeva perché non mi fai entrare. Agivo, però come sindacalista Cgl, svelando ai pochi ‘crumiri” le pause dei turni del ‘picchettaggio”, in modo che loro potessero entrare e non mi sentivo un “venduto”. Per me vale sempre il seguente principio: non puoi imporre con la forza la tua idea! e se sei costretto a farlo devi presentarti davanti al tuo giudice ed accettare il suo giudizio. Ernesto condivido tutto quello che tu hai scritto, ma peccato che non possiamo governare io e te
Un abbraccio a tutti Antonio De Matteo
Siccome sono stato frainteso, mi spiego meglio semplicemente ricordando innanzitutto che i capi di imputazione alla Rackete devono essere ancora indagati e dimostrati, e secondariamente che nessuno – nessuno – di noi può dire di sapere quali fossero le condizioni delle persone a bordo della Sea Watch. E se ce ne fosse stato solo uno – uno! – provato dal caldo e dall’astenia fino a dar l’impressione all’equipaggio di star rischiando la vita?
Dobbiamo fare ancora il solito esempio della Caritas che nel 2008 si disse pronta a conseguenze penali pur di non consegnare alla giustizia i clandestini che soccorreva e a cui dava alloggio (dopo legge sul reato di clandestinità)?
Ma perchè su un blog di questo livello di cultura e anche di “compagnia affettiva” (per me è così) dobbiamo continuare a creare “partiti” e “partitini” ad ogni sana discussione?
Io non mi sento di dire che al governo sarei migliore degli altri. Ma soprattutto ho invocato la complessità, rìuardo alla Rackete, non l’assoluzione?
Possibile che non possiamo essere uniti neanche dalla complessità?
Un abbraccio forte
Caro Massimiliano,
possiamo essere uniti nella complessità solo se rispettiamo le regole e le leggi e mi pare che tutti noi siamo d’accordo su questo.
Io ed Ernesto non abbiamo mai scritto che “saremmo migliori degli altri al governo” ; ma semplicemente sosteniamo idee diverse da quelle dei governanti attuali. Per quanto mi riguarda io non voglio formare un nuovo partito, ma credo anche Ernesto, e continuerò a votare il partito democratico Italiano. Non capisco quindi la tua irritazione anche se apprezzo la tua passione nei confronti di chi rischia la galera per aiutare il prossimo. Io penso che il blog di Staino debba avere il seguente obiettivo: fare circolare le idee e contribuire a creare un’idea maggioritaria che possa governare la nostra comunità. Possiamo non essere d’accordo per la risoluzione di alcuni problemi, ma il rispetto dall’idea altrui ci deve sempre unire. Un grande abbraccio ed un Ringraziamento sentito a te Massimiliano e a tutti coloro Che hanno avuto la bontà e la pazienza di leggere le miei idee. Antonio De Matteo Milano
Ciao Antonio… forse sono stato aggressivo e ti chiedo scusa, se è stato così.
Avevo solo avuto l’impressione che alcuni particolari della vicenda fossero stati sottovalutati nella loro problematicità.
Ma chiaramente, a freddo, comprendo benissimo che non è il caso tuo nè quello di Ernesto, sempre ariosi e precisi nelle argomentazioni.
Io ho una formazione filosofica – come percorso di studi – che mi porta ad essere molto sensibile ai rapporti a volte complicati e drammatici tra diritto positivo ed etica pura, razionale…kantiana, diremmo, per fare un solo esempio.
Era per questo che mi ponevo e mi pongo certi quesiti e li ritengo comunque fecondi per la politica, e per ogni discorso che tocchi i problemi del diritto positivo delle nazioni.
Ti chiedo ancora scusa, con sincerità, se sono parso irritato o aggressivo.
In questi giorni ho scritto al Mattino (forse sbagliando, non so…) due lettere, di cui una sì, quella davvero irritata (la seconda no, era solo una richiesta serena di un chiarimento giuridico) indirizzate a Carlo Nordio, che il 30 giugno aveva pubblicato un articolo contenente espressioni offensive (a mio parere tali) nei confronti della Rackete e dei parlamentari pd che erano sulla nave. Ora sono più calmo anche su questa cosa. Ma era per mostrarti cosa scatta (purtroppo?) in me in alcuni frangenti…
Dunque di nuovo un abbraccio, Antonio, e grazie del tuo (di abbraccio) nel quale mi sento “stretto” con affetto e compreso anche nelle mie immaturità. Ciao!
Massimiliano
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Col c… che il blog, parla!! Spero che i “vecchi”siano andati in ferie e tornino ed I giovani abbiano qualcosa da dire per migliorare la nostra società in questo momento particolarmente difficile.
Buona giornata a tutti. Antonio De Matteo Milano
Caro Antonio, voglio provocare, l’obbiettivo del blog di far fuori Renzi è riuscito non c’è più ragione di continuare. Speriamo che Zingaretti si svegli altrimenti è finita.
Un abbraccio a tutti
Marco bs
Caro Marco,
la tua è una provocazione pesante: io non penso che Sergio avesse Come obiettivo la distruzione di Renzi. A parte, i fatti dimostrano
Che Matteo Renzi come politico è un “gigante”rispetto a quelli che ci stanno governando, ma comunque io sono fermamente convinto che un intellettuale come Sergio, onesto, intelligente e sempre disponibile con il prossimo, non potrebbe avere come obiettivo una cosa irrealizzabile e sicuramente penosa. Spero comunque che la tua provocazione solleciti Sergio a dirci qualcosa a proposito della nuova segreteria di Zingaretti.
Ad esempio, potrebbe spiegarci qual è la politica e la proposta del partito democratico Italiano sull’immigrazione. Io non ho ancora capito se esiste una proposta. Certo non penso che la proposta possa essere la semplice solidarietà alla Guardia di Finanza ed alla capitana tedesca. Se non vogliamo continuare a fare grande Salvini dobbiamo precisare e difendere almeno i seguenti punti:
1 ) le leggi dello Stato italiano vanno sempre rispettate e poi prepararsi a cambiarle se è il caso
2 ) dobbiamo accogliere gli emigranti solo tramite i corridoi umanitari rispettando le leggi italiane e garantendo la migliore integrazione possibile.
Questa volta spero che Sergio scriva qualcosa, altrimenti avrai ragione tu caro Marco e sarà inutile insistere.
Buonanotte a tutti Antonio De Matteo Milano
A proposito di migrazioni, invio una riflessione sul tema che, assieme ad altre su altri argomenti, sono state cortesemente ospitate sul blog di G. Turani (www.uominiebusiness.it).
Primo punto da mettere in chiaro: le migrazioni NON sono un’emergenza, NON sono un problema contingente dovuto a chissà cosa, anche se il cambiamento climatico, la desertificazione, il consumo incontrollato di suolo, le guerre, certamente le favoriscono.
Le migrazioni esistono da che esiste la specie umana, hanno costituito la molla del suo sviluppo, sono fondamentalmente INARRESTABILI, come inarrestabile è la voglia degli esseri umani di vivere meglio, con meno fatica fisica, con più comodità, con più tempo libero dal lavoro, con più opportunità di migliorarsi. Se siamo arrivati fin qui dopo migliaia e migliaia d’anni di evoluzione, lo dobbiamo a questa inquietudine, che ci spinge a metterci in strada verso un futuro supposto migliore.
Ciò detto, non significa stare a guardare le masse in movimento e subire passivamente, oppure alzare i famosi muri per difendersi. Come tutte le cose umane le migrazioni vanno gestite con competenza e intelligenza. E in modo strutturale, non episodico.
Tutti i Paesi più sviluppati devono attrezzarsi per accogliere tanti migranti quanti sono in grado di integrare nella propria società.
È l’integrazione l’idea guida. L’accoglienza tout court non basta. Mette a posto qualche coscienza, ma un corretto equilibrio sociale richiede molto di più. Non si possono accogliere migranti senza limiti e poi lasciarli in condizioni di abbandono, indigenza, preda della criminalità più o meno organizzata. Non c’è nulla di umanitario e caritatevole in questo. Anzi.
Dichiaro subito dove voglio andare a parare: in Danimarca.
In quel felice Paese (dico così perché fior di classifiche lo definiscono tale) la sinistra ha tolto con successo alla destra populista l’argomento dei migranti, semplicemente proponendo organizzazione, buon senso, investimenti opportuni, rigore nella legalità. Laddove la destra risponde ingigantendo il problema, spaventando la gente, rivendicando presunte superiorità identitarie e alzando barriere, la sinistra risponde con la ragione, l’organizzazione, la difesa della dignità umana, l’integrazione e l’emancipazione.
Inutile illudersi di affrontare il problema senza porsi dei limiti di accoglienza. La Danimarca ha 6 milioni di abitanti, noi 60; vuol dire che accoglieremo dieci volte di più, non cento o mille. E lo stesso vale per tutti gli altri Paesi. Il metro è la capacità di integrazione, che a sua volta è proporzionale agli investimenti destinabili all’assistenza ed alle possibilità lavorative disponibili.
È evidente che tutta l’Europa civile deve omogeneizzare le politiche di accoglienza ed integrazione, è evidente che il Trattato di Dublino va rivisto, è evidente che i Paesi più esposti come il nostro devono ricevere collaborazione da quelli meno esposti, è evidente che chi si rifiuta deve in qualche modo pagare (monetariamente, non solo moralmente) la sua scelta.
Come è evidente che i naufraghi vanno sempre soccorsi, accolti, assistiti e non usati come arma di ricatto verso il resto del mondo e che i rapporti con le ONG vanno regolamentati in modo da rendere oggettivi diritto e modalità di operare e non soggetti alle ubbie del ministro di turno.
Tutto ciò è talmente evidente che non lo si fa: Salvini continua a fare il bullo, speculando cinicamente sugli istinti più bassi del suo elettorato, come fanno i suoi amici di Visegrad, ma purtroppo c’è una tentazione diffusa ad aggiustarsi a scapito dei vicini, facendo a gara a chi è più furbo. Qui l’unica furbizia possibile, e necessaria, è prendere atto che dovremo fronteggiare questo problema ancora per decenni e che quindi bisogna collaborare, condividere, diluire, fluidificare i flussi, una volta che esistano regole certe per gestirli e controllarli.
E poi bisogna investire: qui in Europa, in accoglienza, assistenza, integrazione, abitazioni, istruzione, formazione professionale, e lì in Africa, da dove partono in massima parte le migrazioni, in infrastrutture, edilizia, agricoltura, trasformazione delle materie prime di cui quei Paesi dispongono in abbondanza. È fondamentale elevare il valore aggiunto delle esportazioni per permettere un’emancipazione in tempi ragionevoli. L’Italia è già il maggior investitore nell’Africa orientale, non partiamo da zero. È l’Europa che deve costituirsi come soggetto verso le altre grandi potenze continentali.
L’Africa è la chiave del futuro prossimo del mondo intero: può essere una seria minaccia agli equilibri globali, una bomba demografica, ma può anche costituire una enorme opportunità di investimento e sviluppo per le economie occidentali (la Cina lo fa da anni). Sono processi lunghi, ma danno frutti positivi per tutti (win-win): per chi investe e per chi vive lì, e ha bisogno di opportunità di lavoro, di sviluppo e di emancipazione, che limitino le cause di emigrazione.
Nei secoli scorsi tutto il mondo occidentale ha selvaggiamente sfruttato quell’area: è ora che lo stesso Occidente ripari i danni con raziocinio e lungimiranza, impegnandosi per garantire la pace, che in quelle zone è sempre molto precaria, soggette come sono a pesanti condizionamenti economici, a dittature, a malgoverno, a lotte tra fazioni tribali contrapposte.
In questo ambito, e soprattutto nei Paesi più soggetti al fenomeno migratorio (come la Libia, paese in guerra, che ci ricatta con i suoi campi lager, e i Paesi confinanti), c’è solo l’ONU che può intervenire senza creare squilibri geopolitici. Bisogna proporlo con forza, pretenderlo, come Italia e come Europa.
Dobbiamo cercare di essere protagonisti e non metterci all’ombra di qualcun altro. Ci manca solo la volontà politica, che non è poco, ma competenze, capacità, risorse umane e finanziarie ce ne sono in abbondanza, e debbono essere usate con intelligenza per un fine comune piuttosto che per massimizzare il tornaconto nazionale.
Purtroppo, questo sciagurato Governo non possiede, per questo e per altro, né la professionalità né la lungimiranza necessarie.
La sinistra allora deve mostrare capacità propositiva, offrendo soluzioni sistemiche e non contingenti, non deve continuare a spaccarsi e litigare sui singoli casi facendo il gioco delle destre, deve uscire dalle ambiguità, se non vuole regalare ad una destra spregiudicata e sommaria una prateria da percorrere. Resto convinto che la maggioranza dei cittadini (italiani ma non solo) non vuole muri né segregazione né respingimenti selvaggi. Vuole solo una gestione ragionevole delle città, delle periferie, dei territori in generale, non vuole vedere degrado, abbandono, illegalità manifesta e diffusa, trascuratezza. Come dargli torto?
Non è razzismo, non è difesa di un’ipotetica identità culturale, è solo difesa del proprio spazio privato, delle proprie abitudini di vita, della propria sicurezza.
Grazie ad ognuno per i pensieri, e per l’accenno alla Danimarca che condivido. D’altronde il mondo è anche di chi ha paura, di chi teme per il proprio territorio, per la propria sicurezza. Bisogna parlare con tutti ed essere capaci di “spiegarsi” con tutti. Portare dalla nostra parte anche chi ha paura del diverso, paura che “si riduca il proprio spazio fisico” dell’abitare, ecc. Dobbiamo farci carico noi, sinistra, del problema dì chi ha paura. Sono d’accordo.
Però una sola cosa : attenzione al rischio di liquidare l’atto della capitana Carola della Sea Watch 3 all’interno di un discorso sul nocumento che alla sinistra giunge dal non rispettare le leggi, prima che sìano cambìate. Non dimentichiamo mai che solo lei sapeva e sa le condizioni deglì esseri umani che aveva a bordo. Attenzione a non diventare asettici, al rischio di parlare per linee generali senza distinguere il “sapore irripetibile” di ogni singolo evento storico. Attenzione a non considerare l’istinto di giustizia, quello più impulsivo, più anarchico, sì, forse, ma proprio di chi ha toccato l’abisso di altri esseri, e non può non “rompere un muro” per portarli in salvo.
Ricordiamo Kieslowski, nei “Dieci comandamenti” del 1989, episodio 5 : ” […] ma le leggi, poi, sono sempre scritte dagli innocenti?”
E attenzione, dico questo perchè Carola ha già chiesto scusa per il provocato incidente, e aspetta con la mitezza dei giusti (non è retorica, spero si comprenda senza doverlo spiegare) di essere giudicata, e non la sfiora il pensiero di fuggire o mascherare ciò che ha fatto dietro scuse o false trovate.
Detto questo, il discorso della Danimarca é da me sottoscritto senza alcun dubbio!!
Un abbraccio ad ognuno
Chi ammazza per legittima difesa, se provata, viene assolto dal giudice terreno e forse anche dal giudice supremo,( il Padreterno per chi crede ). La regola etica, morale e legale è, è stata e sarà: la legge si rispetta e se occorre si modifica. Non rispettare le leggi vuol dire anarchia, individualismo, legge del “più forte” e solo la magistratura o Dio può stabilire e decidere chi rispetta e chi non rispetta le leggi. La politica, non può raccontare che la legge dell’avversario non si rispetta mentre la sua si deve rispettare, ma deve affidarsi al potere giudiziario con fiducia e serenità.
Quando ero giovane e partecipavo ai picchetti durante gli scioperi, mi trovavo in forte difficoltà quando chi la pensava diversamente da me mi chiedeva perché non mi fai entrare. Agivo, però come sindacalista Cgl, svelando ai pochi ‘crumiri” le pause dei turni del ‘picchettaggio”, in modo che loro potessero entrare e non mi sentivo un “venduto”. Per me vale sempre il seguente principio: non puoi imporre con la forza la tua idea! e se sei costretto a farlo devi presentarti davanti al tuo giudice ed accettare il suo giudizio. Ernesto condivido tutto quello che tu hai scritto, ma peccato che non possiamo governare io e te
Un abbraccio a tutti Antonio De Matteo
Siccome sono stato frainteso, mi spiego meglio semplicemente ricordando innanzitutto che i capi di imputazione alla Rackete devono essere ancora indagati e dimostrati, e secondariamente che nessuno – nessuno – di noi può dire di sapere quali fossero le condizioni delle persone a bordo della Sea Watch. E se ce ne fosse stato solo uno – uno! – provato dal caldo e dall’astenia fino a dar l’impressione all’equipaggio di star rischiando la vita?
Dobbiamo fare ancora il solito esempio della Caritas che nel 2008 si disse pronta a conseguenze penali pur di non consegnare alla giustizia i clandestini che soccorreva e a cui dava alloggio (dopo legge sul reato di clandestinità)?
Ma perchè su un blog di questo livello di cultura e anche di “compagnia affettiva” (per me è così) dobbiamo continuare a creare “partiti” e “partitini” ad ogni sana discussione?
Io non mi sento di dire che al governo sarei migliore degli altri. Ma soprattutto ho invocato la complessità, rìuardo alla Rackete, non l’assoluzione?
Possibile che non possiamo essere uniti neanche dalla complessità?
Un abbraccio forte
involontario quel p.interrogativo dopo “l’assoluzione”… Scusate
Caro Massimiliano,
possiamo essere uniti nella complessità solo se rispettiamo le regole e le leggi e mi pare che tutti noi siamo d’accordo su questo.
Io ed Ernesto non abbiamo mai scritto che “saremmo migliori degli altri al governo” ; ma semplicemente sosteniamo idee diverse da quelle dei governanti attuali. Per quanto mi riguarda io non voglio formare un nuovo partito, ma credo anche Ernesto, e continuerò a votare il partito democratico Italiano. Non capisco quindi la tua irritazione anche se apprezzo la tua passione nei confronti di chi rischia la galera per aiutare il prossimo. Io penso che il blog di Staino debba avere il seguente obiettivo: fare circolare le idee e contribuire a creare un’idea maggioritaria che possa governare la nostra comunità. Possiamo non essere d’accordo per la risoluzione di alcuni problemi, ma il rispetto dall’idea altrui ci deve sempre unire. Un grande abbraccio ed un Ringraziamento sentito a te Massimiliano e a tutti coloro Che hanno avuto la bontà e la pazienza di leggere le miei idee. Antonio De Matteo Milano
Ciao Antonio… forse sono stato aggressivo e ti chiedo scusa, se è stato così.
Avevo solo avuto l’impressione che alcuni particolari della vicenda fossero stati sottovalutati nella loro problematicità.
Ma chiaramente, a freddo, comprendo benissimo che non è il caso tuo nè quello di Ernesto, sempre ariosi e precisi nelle argomentazioni.
Io ho una formazione filosofica – come percorso di studi – che mi porta ad essere molto sensibile ai rapporti a volte complicati e drammatici tra diritto positivo ed etica pura, razionale…kantiana, diremmo, per fare un solo esempio.
Era per questo che mi ponevo e mi pongo certi quesiti e li ritengo comunque fecondi per la politica, e per ogni discorso che tocchi i problemi del diritto positivo delle nazioni.
Ti chiedo ancora scusa, con sincerità, se sono parso irritato o aggressivo.
In questi giorni ho scritto al Mattino (forse sbagliando, non so…) due lettere, di cui una sì, quella davvero irritata (la seconda no, era solo una richiesta serena di un chiarimento giuridico) indirizzate a Carlo Nordio, che il 30 giugno aveva pubblicato un articolo contenente espressioni offensive (a mio parere tali) nei confronti della Rackete e dei parlamentari pd che erano sulla nave. Ora sono più calmo anche su questa cosa. Ma era per mostrarti cosa scatta (purtroppo?) in me in alcuni frangenti…
Dunque di nuovo un abbraccio, Antonio, e grazie del tuo (di abbraccio) nel quale mi sento “stretto” con affetto e compreso anche nelle mie immaturità. Ciao!
Massimiliano