In molti, me compreso, sono tornati a parlare del sesso (“l’affettività”) in carcere, sulla scia dello scandalo sollevato da benpensanti, sbirri d’anima, voyeur frustrati, e relativi organi di vociferazione, e raccolto anche infaustamente dal procuratore Gratteri. Be’, era tutta una bufala. Così svelata da Ornella Favero, Presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, su Ristretti Orizzonti. “Ma possibile che nessuno si sia insospettito, leggendo gli articoli che hanno inondato il web sulle ‘casette dell’amore’ per i detenuti?… I segnali di bufala erano inequivocabili: la fonte intanto era sempre la stessa, il quotidiano La Verità, e poi la descrizione del progetto: “Le strutture dovranno ospitare detenuti in regime di carcerazione duro, fino a un massimo di 24 ore consecutive al mese per fare sesso con la propria consorte, fidanzata, amante”. Ma qualcuno davvero può immaginare la ministra Cartabia e il premier Draghi che stanziano 28 milioni di euro per le amanti dei detenuti condannati al carcere duro?
E allora le cose come stanno? Stanno che la Regione Toscana ha presentato nel 2020 un disegno di legge … e il Ministero “non ha assunto alcuna iniziativa né ha espresso valutazioni politiche, ma è stato chiamato ad esprimere un doveroso supporto tecnico ad attività di tipo parlamentare”.
E’ possibile che nessun giornalista o politico abbia pensato di fare delle verifiche di notizie, che apparivano veramente sconclusionate al limite del ridicolo? Il fatto è che siamo abituati, nel nostro Paese, a ridicolizzare nel modo più triste e squallido quello che ha a che fare con gli affetti e con la sessualità delle persone detenute, e riteniamo lecito dire qualsiasi schifezza in materia, a partire dalla solita definizione di “celle a luci rosse.
E’ possibile che il Ministero della Giustizia e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non siano riusciti a fare una comunicazione attenta, tempestiva, esauriente su questa vicenda? Ci candidiamo allora, con la nostra Rassegna Stampa quotidiana, Ristretti News, a fare noi questo lavoro, e magari a essere riconosciuti e sostenuti, perché sappiamo che tanta parte dell’Amministrazione Penitenziaria legge il nostro Notiziario, e sappiamo anche che per sopravvivere dobbiamo fare i salti mortali. Dirigo Ristretti Orizzonti, un giornale di giornalisti detenuti ‘dilettanti’ che, se sono finiti in carcere, è perché non si sono distinti per il rispetto delle regole, quindi gli dovrei poter portare come esempio i professionisti dell’informazione che fanno questo mestiere da anni, e invece succede il contrario”.
Adriano Sofri, 1 giugno 2022
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