L’accelerazione sulla riforma costituzionale che diminuirà il numero dei parlamentari è un fatto nuovo e molto pericoloso.
Lo è perché questo taglio è – forse – sostenibile solo nel quadro di una generale revisione del sistema dei contrappesi che reggono il nostro equilibrio democratico; tagliare oggi i parlamentari e rimandare a domani la riflessione sui loro diritti, doveri, sul rapporto con l’esecutivo e sulla legge elettorale è nient’altro che un gravissimo taglio alla democrazia.
Ѐ evidente che la diminuzione dei parlamentari fosse il “rospo da baciare” per poter fare il nuovo governo; ma la decisione di PD e LEU di accettare il taglio solo in presenza di contestuali aggiustamenti – tra cui una legge elettorale proporzionale, addirittura da inserire in Costituzione – sembrava preludere a un percorso in cui la contemporaneità dei processi avrebbe tutelato la democraticità complessiva del sistema.
Questa ipotesi cozza però con l’evidente necessità per Luigi di Maio di uscire dall’angolo in cui si è trovato confinato con il nuovo governo: non è probabilmente un caso che la calendarizzazione di questa riforma sia contemporanea all’emersione di un documento firmato da decine di parlamentari, da molti interpretato come una sconfessione nei suoi confronti, e sia seguita da un ulteriore rilancio sull’introduzione del vincolo di mandato.
Di fatto, Di Maio usa la riforma costituzionale come una clava per garantirsi un’agibilità politica, riprendendo il controllo dei gruppi parlamentari; allo stesso tempo, la segreteria del PD sembra ora orientata non più verso un sistema proporzionale bensì un misto-maggioritario, probabilmente per evitare il rischio di ulteriori fuoriuscite, anche qui, dai gruppi parlamentari. C’è, infine, un’ulteriore torsione governista poiché, come esplicitamente dichiaratoda Riccardo Fraccaro, l’autore della riforma, l’esecutivo grazie a questo taglio sarà ancora più forte.
Nel mentre la Lega sta raccogliendo rapidamente i voti nei consigli regionali per ottenere un referendum volto a cancellare la parte proporzionale della vigente legge elettorale. Il combinato disposto (per usare un concetto che ricorda l’ultimo tentativo di scempio della nostra Costituzione) del taglio e di un eventuale successo del referendum leghista è evidente: un drastico calo della rappresentatività nel nostro sistema istituzionale a favore invece di un ulteriore rafforzamento dell’esecutivo.
Insomma, dalla padella nella brace: rischiamo di finire al galoppo in un sistema iper-maggioritario e iper-verticistico; esattamente il contrario di ciò di cui avrebbe bisogno il nostro Paese, che in questi anni ha scontato un gravissimo deficit di rappresentanza, mentre i governi si sono sentiti liberi di fare e disfare senza dover rispondere pienamente delle proprie scelte.Sarebbe infatti impossibile prevedere una legge proporzionale qualora un referendum desse come esito una legge maggioritaria, ma il timore è che tutto ciò che preme al capo politico del partito di maggioranza relativa in Parlamento sia solo di ottenere uno scalpo da esporre per riconquistare centralità nella scena politica.
Allora è responsabilità di PD e LEU non cadere nella trappola e non mettere a rischio il futuro delle nostre istituzioni, rimandando la votazione parlamentare sulla riforma Fraccaro almeno a dopo il referendum richiesto dalla Lega. E magari usare il tempo guadagnato per far capire alla cittadinanza che la diminuzione dei rappresentanti del popolo non si risolverà in altro che non sia la diminuzione della democrazia per tutti.
Comment
Scusate se intervengo sul fatto della legge elettorale che dopo il referendum se vinto, sarà iper maggioritaria.
Ma mi sembra di aver letto di un giurista che ha precisato che se si approva prima la legge elettorale proporzionale, il referendum sarà nullo.
E’ plausibile la cosa?
Grazie
Camillo